Unione
delle camere italiane
Separare le carriere tra giudici e Pubblici ministeri
per rispettare la Costituzione e lautonomia della giurisdizione
(Documento approvato dalla Giunta dellUcpi il 16 aprile 2002)
Lavvocatura penalistica chiama a raccolta tutti coloro che
hanno veramente a cuore la qualità della giurisdizione e lesigenza di rifondare lordinamento
giudiziario rendendolo finalmente coerente ai connotati essenziali di un moderno Stato
democratico-liberale come ormai chiaramente delineato dalla Carta costituzionale.
Non è più procrastinabile laffermazione definitiva di valori fondamentali quali lindipendenza,
limparzialità ma soprattutto la terzietà del giudice e la natura di parte del
pubblico ministero.
Appare di tutta evidenza che né la magistratura, né la politica hanno rispettivamente in
un unico ordine professionale di due poteri corrispondenti e funzioni che sono tra loro
costituzionalmente alternative: quella di investigazione e di azione e quella di
giurisdizione.
Da entrambi gli schieramenti si continua ad affrontare il problema con logiche
mistificanti e strumentali, utilizzando improprietà e confusioni lessicali, forse
deliberatamente impiegata a scopi diversivi, come accade quando alla richiesta di separare
la carriere si oppone la cosiddetta distinzione delle funzioni.
Il discorso sulle funzioni attiene al processo e non già allordinamento, le cui
norme delineano, semmai, le condizioni di capacità dei soggetti da investire delle
diverse funzioni e la organizzazione dei rispettivi ruoli e assetti (così, ad esempio,
alla norme processuali sulla funzione del difensore corrispondono quelle dellordinamento
professionale forense in tema di abilitazione allesercizio e sullorganizzazione).
Quando, dunque, al tema essenzialmente ordinamentale della separazione delle carriere si
risponde in quel modo, si parla daltro.
E si allude a qualcosa che cè già la separazione delle funzioni del giudice
e del pm -, in buona parte rafforzata con il codice del 1988, che ha sottratto al pm
poteri di formazione autonoma della prova e poteri su taluni diritti di libertà.
Da cinquantaquattro anni si attende invano, in attuazione dellarticolo 107 comma 6
della Costituzione, uno statuto del pubblico ministero che ne garantisca lindipendenza
separatamente dal giudice, in quanto titolare del primo del potere-dovere di esercitare lazione
penale ed il secondo di giudicare su tale azione.
Le preoccupazioni e lopposizione della magistratura associata, del tutto legittime,
alla separazione delle carriere e quelle (forse non altrettanto legittime) espresse in
varie risoluzioni del Csm, sono risalenti nel tempo, così come il richiamo ad attuarla,
proposto dalle Camere penali ben prima che, più o meno adeguatamente e strumentalmente,
della proposta stessa si appropriassero o se ne facessero avversarie le forze politiche.
Nel frattempo oltre dieci milioni di italiani, in occasione del referendum di due anni or
sono (legittimato da una decisione della Corte costituzionale, che dichiarò come la
separazione delle carriere non sia contraria alla Costituzione e sia realizzabile senza
necessità di modificare la Costituzione stessa) votarono a favore di questa riforma. È
dunque da credere che nel paese ci sia una maggioranza politica ancor oggi favorevole e
che questa maggioranza attraversi tutto larco delle forze rappresentate in
Parlamento.
Anche molti magistrati sono stati e sono altrettanto favorevoli, ricordiamo per tutti
Giovanni Falcone, dietro la cui figura e la cui memoria si fanno impropriamente scudo oggi
troppe convenienze.
Daltronde larticolo 111 riformato esige che ogni processo, quindi anche quello
penale, si svolga nel contraddittorio delle parti in condizioni di parità davanti ad un
giudice indipendente, imparziale e terzo. Il connotato della terzietà, necessariamente
distinto dai primi due che evocano rispettivamente, il primo, la soggezione del
giudice soltanto alla legge e, il secondo, lestraneità e lindifferenza di lui
rispetto agli interessi e agli obiettivi delle parti non può non significare che
il giudice deve appartenere ad una «organizzazione» distinta, diversa, separata,
autonoma, senza intrusione di altri soggetti , tantomeno se titolari di funzioni
giudiziarie diverse e alternative alla giurisdizione.
Il giudice, insomma, non deve organizzativamente condividere con nessuno (tantomeno con
pubblici ministeri e avvocati) interessi professionali, economici, di carriere. Il
cittadino imputato o vittima di un reato deve sapere che il suo giudice non ha davvero
niente a che fare né con il suo accusatore, né con il suo difensore, né con il
difensore della sua eventuale controparte privata.
LUnione delle camere penali intende realizzare un ampio e qualificato movimento di
opinione su questi temi, al di fuori di logiche di schieramento e di appartenenza, per
promuovere leffettiva terzietà del giudice, di quel giudice preteso dallarticolo
111 della Costituzione |