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UNIONE DELLE CAMERE PENALI ITALIANE
(Documento approvato dalla Giunta il 3 maggio 2002)

La Giunta della Unione delle Camere Penali in relazione a quanto è accaduto a Napoli per  la emissione di ordinanze di custodia cautelare a carico di alcuni appartenenti alla Polizia di Stato rileva che il susseguirsi degli avvenimenti dimostra ancora una volta, al di là delle retoriche corporative, quali siano i reali pericoli, le logiche e le inerzie che minacciano davvero l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, nonché i fondamentali diritti di libertà e le garanzie dei cittadini, siano essi indagati o parti lese.
Da molti anni gli avvocati penalisti hanno denunziato l’assurda situazione che si è determinata nella Procura della Repubblica di Napoli, lacerata da conflitti interni e dominata da logiche di schieramento e di appartenenza, e diretta ancora da un Procuratore che di fatto non vuole o non riesce più a coordinare il lavoro investigativo dei magistrati del suo Ufficio, né a limitarne eventuali eccessi, neanche quando si tratta di indagini complesse e delicate come quelle che coinvolgono decine di appartenenti alle forze di polizie accusati di gravissimi reati.
Il “libro bianco” della Camera Penale di Napoli, fatto proprio per metodo e contenuti dalla Unione delle Camere Penali, benché scritto e presentato nel lontano anno 1998  è ancora di  una attualità sorprendente. Ciononostante Il CSM, investito da anni da questo problema, continua a non assumere alcuna decisione, ingabbiato in logiche correntizie e politiche che gli impediscono di intervenire e di restituire finalmente prestigio, serenità e credibilità ad uno degli Uffici Giudiziari più importanti d’Italia, compromettendo, con la sua inerzia, l’effettivo ed autonomo esercizio dell’azione penale in quel Distretto.
Quanto sta accadendo in questi giorni, di fronte ad una opinione pubblica sempre più disorientata, rappresenta l’inevitabile conseguenza di questa situazione.
In tanti hanno scoperto finalmente che per arrestare qualcuno – poliziotto, extracomunitario o tossicodipendente che sia – è necessario che vi siano delle esigenze cautelari specifiche e concrete. Noi lo sappiamo bene e lo andiamo dicendo da sempre.
Le garanzie però sono un patrimonio di tutti, non hanno colore e non possono diventare un privilegio di pochi.
Anche le regole ed i ruoli istituzionali vanno sempre rispettati, al contrario di quanto è accaduto a Napoli.
I magistrati devono apparire, oltre che essere, neutrali ed indifferenti  rispetto alle finalità del loro lavoro e delle loro indagini;
un procuratore capo, se vuole prendere le distanze dalle iniziative di un suo aggiunto e dei suoi sostituti, ha il dovere di farlo solo esercitando le prerogative riservate a chi dirige un Ufficio gerarchico;
i dirigenti di una Questura devono ottemperare alle disposizioni avute dall’Autorità Giudiziaria in ordine alle modalità di esecuzione di misure cautelari ed impedire ribellioni e proteste plateali da parte dei loro subordinati;
le più alte Autorità dello Stato non possono intervenire nel merito di una  vicenda giudiziaria interferendo, persino attraverso colloqui telefonici diretti, sulle decisioni assunte dai magistrati.
È davvero sconcertante verificare come  tutto ciò abbia messo in secondo piano sia la  presunzione di innocenza degli indagati che la doverosa verifica sulla fondatezza delle gravissime denunzie contro appartenenti alla Polizia di Stato.
Il Capo dello Stato, i Ministri competenti, ma soprattutto il CSM, non possono ulteriormente consentire che una delicata indagine giudiziaria, nella quale sono coinvolti centinaia di indagati e parti lese, per dei fatti che, se accertati, sarebbero di una gravità inaudita, diventi l’ennesima occasione di scontro interno ed esterno al mondo giudiziario che finirebbe con il nuocere più di ogni altra cosa all’autonomia ed alla credibilità della Magistratura, agevolando facili strumentalizzazioni politiche ed alimentando aspettative e pretese di impunità.