AVVOCATURA, SEPARAZIONE DELLE CARRIERE, ED
ALTRO
Ritengo utile
pubblicare semnza alcun commento uno stralcio dellintervista rilasciata a Diritto e
Giustizia dallavv. Berti, Presidente dellO.U.A.
Pubblico,
altresì, il documento dellUnione Camere Penali sullo sciopero e, infine, una
dichiarazione dellavv. Buccico, Presidente del C.N.F.
Lascio agli amici
che seguono questo sito la valutazione ed interpretazione dei documenti.
Mi limito a
ricordare la contrarietà di M.I. allo sciopero, perlomeno nel presente contesto, espressa
nel documento della direzione nazionale reperibile su questo sito e ad auspicare che le
asperità e le prese di posizione del mondo dellavvocatura qui di seguito riportate
siano solo espressione di tensioni interne alla stessa e possano non tradursi in fatti concreti.
LINTERVISTA DELLAVV.
BERTI
Un tema sul
quale oggi le Camere penali sono piuttosto isolate è quello della separazione delle
carriere. Qualè la posizione dellOua?
«Siamo
assolutamente in linea con lUcp. Al di là delle valutazioni pragmatiche e
realistiche, è impensabile che lavvocatura italiana non faccia tutto il possibile
per tentare di vincere una battaglia che non è solo di principio. Dalla separazione delle
carriere passa, infatti, la strada per leffettiva realizzazione del sistema
accusatorio attraverso la professionalizzazione specifica del pubblico ministero.
Il governo sbaglia a puntare sulla separazione delle funzioni solo per non acuire lo
scontro con la magistratura.
Noi crediamo fino in fondo alla separazione delle carriere e, in coerenza con la nostra
storia, stiamo lavorando per questo. A partire da un convegno che si terrà a Milano il
prossimo 22 giugno cui abbiamo chiamato esponenti di tute le forze politiche che
condividono la nostra battaglia».
Scioperano
i magistrati, forse anche le Camere penali: lOua cosa farà?
Noi
condividiamo lidea di chi dice che non sui possono sacrificare principi e proposte
politiche fondamentali sullaltare dello sciopero dei magistrati. È una strada
sbagliata e pericolosa perché tra gli operatori della giustizia cè un malessere
diffuso. Come avvocati abbiamo molti motivi di doglianza: dai contenuti della proposta di
revisione delle circoscrizioni, alla mancanza di qualunque proposta sulla legge
professionale forense, al part time. Ma soprattutto siamo preoccupati dalla
mancanza di stanziamenti adeguati, premessa necessaria di ogni progetto di riforma futuro
ma anche per la realizzazione delle riforme già approvate. Nellultimo anno agli
avvocati sono state affidate funzioni essenziali di servizio ai cittadini: dalla difesa dufficio
al gratuito patrocinio. Funzioni onerose e impegnative per le quali non sono state
previste adeguate risorse finanziarie.
Come si vede i problemi non sono pochi, se prendesse strada lidea che gli unici
risultati si ottengono proclamando giornate di sciopero o dastensione, il governo
potrebbe trovarsi di fronte ad amare sorprese».
UNIONE DELLE CAMERE PENALI
ITALIANE
(risoluzione approvata dalla
giunta Roma, 27 maggio 2002)
Sul tema della riforma dell'Ordinamento Giudiziario e delle cosiddette
trattative in corso tra il Ministro della
giustizia e l'Associazione Nazionale Magistrati, la Giunta dell'Unione delle camere penali
italiane ribadisce il proprio fermo dissenso sia quanto al metodo, sia quanto ai contenuti
della proposta originaria e delle successive concessioni
del Governo.
Quanto al metodo:
- è mancata una previa, ampia consultazione di tutte le componenti
associative, giudiziarie e forensi, in vista della proposta governativa;
- dopo che questa è stata tradotta in un disegno di legge, ormai presentato in
Parlamento, il Governo, attraverso il Ministro della giustizia, ha aperto una impropria
trattativa bilaterale con l'Associazione Nazionale Magistrati per concordare modifiche a
quel testo, al fine di provocare la revoca dello sciopero già indetto per il 6 giugno
2002 e poi differito al 20 giugno nella prospettiva di un seguito di tale trattativa;
- la scelta di privilegiare l'Associazione Nazionale Magistrati nel riconoscimento di una
legittimità politica ad imporre modifiche al disegno di legge, svilisce la rilevanza
generale e trasversale dei problemi della giustizia relegandoli al piano, necessariamente
subordinato e ristretto, degli interessi corporativi;
- ciò è tanto più grave e incomprensibile, ove si consideri che la legge di Ordinamento
Giudiziario attiene ai massimi assetti istituzionali, dovendo corrispondere alla qualità
e ai fini della giurisdizione ormai chiaramente delineati dalla Costituzione, specialmente
dopo la riforma del 1999, dovendo tale legge in ogni sua parte promuovere e garantire
l'indipendenza, l'imparzialità, la terzietà del giudice e uno statuto autonomo del
pubblico ministero, che ne promuova e garantisca separatamente
l'autonomia nell'esercizio del potere-dovere di esercitare l'azione penale;
- pertanto, la riforma dell'Ordinamento Giudiziario non può essere oggetto riservato di
trattative bilaterali ed è motivo di allarme che il governo mostri sudditanza o
arrendevolezza a modifiche ordinamentali come se si trattasse di rivendicazioni sindacali,
sotto la minaccia di uno sciopero e con la pretesa che il testo governativo sia fatto
oggetto di emendamenti blindati in Parlamento;
- ad aggravare questo contesto di inaccettabile ingerenza il Governo ha estraniato e del
tutto ignorato l'avvocatura, in particolare l'Unione
delle Camere Penali, interpellata una sola volta in una sede del tutto isolata,
fuori da qualsivoglia confronto.
Quanto al merito:
il Governo, sia nel testo originario del d.d.l., sia (e anche più) nella
disponibilità ad indebolirlo ulteriormente, mostra la propria sostanziale, deleteria
rinuncia ad una riforma ordinamentale che, ferma l'autonomia e l'indipendenza di giudici e
pubblici ministeri, ne separi ruoli e carriere, come è ormai preciso dovere imposto dalla
Costituzione;
questa rinuncia condiziona anche gli altri, complessivamente modesti interventi recati dal
d.d.l. governativo, in particolare quello sulla diversa composizione dei consigli
giudiziari e quelli sull'accesso, la formazione, l'aggiornamento, il controllo della
professionalità e dell'efficienza dei giudici e dei pubblici ministeri;
in particolare, primario è certamente l'obbiettivo di abbandonare demotivanti automatismi
e mortificanti logiche di spartizioni correntizie nelle progressioni in carriera e
nell'attribuzione di incarichi direttivi, privilegiando, invece, professionalità ed
efficienza; ma sul punto le scelte che emergono dal d.d.l. e dalle notizie sulle c.d. trattative appaiono inadeguate e ancora
deplorevolmente compromissorie.
Tutto ciò rilevato, la Giunta dell'Unione delle Camere Penali Italiane
denuncia
all'opinione pubblica i rischi di una riforma dell'Ordinamento
Giudiziario di contenuto inadeguato, difforme ed elusiva degli obblighi costituzionali e
fatta oggetto di trattative bilaterali con l'Associazione Nazionale Magistrati;
invita
le cosiddette parti di tale
trattativa parasindacale a desistere da essa, contribuendo così a spostare il dibattito e
il confronto nel Parlamento e nel Paese;
conferma
l'appello ad una mobilitazione generale
degli avvocati penalisti italiani, anche in vista di nuove e più incisive iniziative in
difesa delle prerogative del Parlamento e per sollecitare tutte le forze politiche ad
affrancarsi dagli interdetti corporativi e a promuovere una riforma organica
dell'Ordinamento Giudiziario idonea ad attuare la Costituzione, ponendo al centro di essa
la separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri.
LE DICHIARazioni
dellAVV. BUCCICO
«Aspettiamo
da troppi anni un nuovo Ordinamento giudiziario, il solo fatto che sia all'ordine del
giorno è una buona notizia. Non c'è dubbio che la separazione delle carriere sia
fisiologica con un sistema accusatorio, però oggi questo determinerebbe lacerazioni
conflittuali inaccettabili. La vicenda Napoli dimostra che oggi il sistema è fragile e
occorre trovare punti d'incontro». E sul punto, sebbene con opposto stato d'animo, il
presidente del Cnf esprime la stessa valutazione di molti magistrati: «la separazione
delle funzioni prevista nella proposta Castelli è oggettivamente l'anticamera
della separazione delle carriere».
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