cariche.jpg (7757 bytes)

AVVOCATURA, SEPARAZIONE DELLE CARRIERE, ED ALTRO

 

Ritengo utile pubblicare semnza alcun commento uno stralcio dell’intervista rilasciata a Diritto e Giustizia dall’avv. Berti, Presidente dell’O.U.A.

Pubblico, altresì, il documento dell’Unione Camere Penali sullo sciopero e, infine, una dichiarazione dell’avv. Buccico, Presidente del C.N.F.

Lascio agli amici che seguono questo sito la valutazione ed interpretazione dei documenti.

Mi limito a ricordare la contrarietà di M.I. allo sciopero, perlomeno nel presente contesto, espressa nel documento della direzione nazionale reperibile su questo sito e ad auspicare che le asperità e le prese di posizione del mondo dell’avvocatura qui di seguito riportate siano solo espressione di tensioni interne alla stessa e possano non  tradursi in fatti concreti.

 

L’INTERVISTA DELL’AVV. BERTI

 

Un tema sul quale oggi le Camere penali sono piuttosto isolate è quello della separazione delle carriere. Qual’è la posizione dell’Oua?
«Siamo assolutamente in linea con l’Ucp. Al di là delle valutazioni pragmatiche e realistiche, è impensabile che l’avvocatura italiana non faccia tutto il possibile per tentare di vincere una battaglia che non è solo di principio. Dalla separazione delle carriere passa, infatti, la strada per l’effettiva realizzazione del sistema accusatorio attraverso la professionalizzazione specifica del pubblico ministero.
Il governo sbaglia a puntare sulla separazione delle funzioni solo per non acuire lo scontro con la magistratura.
Noi crediamo fino in fondo alla separazione delle carriere e, in coerenza con la nostra storia, stiamo lavorando per questo. A partire da un convegno che si terrà a Milano il prossimo 22 giugno cui abbiamo chiamato esponenti di tute le forze politiche che condividono la nostra battaglia».

Scioperano i magistrati, forse anche le Camere penali: l’Oua cosa farà?
Noi condividiamo l’idea di chi dice che non sui possono sacrificare principi e proposte politiche fondamentali sull’altare dello sciopero dei magistrati. È una strada sbagliata e pericolosa perché tra gli operatori della giustizia c’è un malessere diffuso. Come avvocati abbiamo molti motivi di doglianza: dai contenuti della proposta di revisione delle circoscrizioni, alla mancanza di qualunque proposta sulla legge professionale forense, al part time. Ma soprattutto siamo preoccupati dalla mancanza di stanziamenti adeguati, premessa necessaria di ogni progetto di riforma futuro ma anche per la realizzazione delle riforme già approvate. Nell’ultimo anno agli avvocati sono state affidate funzioni essenziali di servizio ai cittadini: dalla difesa d’ufficio al gratuito patrocinio. Funzioni onerose e impegnative per le quali non sono state previste adeguate risorse finanziarie.
Come si vede i problemi non sono pochi, se prendesse strada l’idea che gli unici risultati si ottengono proclamando giornate di sciopero o d’astensione, il governo potrebbe trovarsi di fronte ad amare sorprese».

 

UNIONE DELLE CAMERE PENALI ITALIANE

(risoluzione approvata dalla giunta – Roma, 27 maggio 2002)

Sul tema della riforma dell'Ordinamento Giudiziario e delle cosiddette trattative in corso tra il Ministro della giustizia e l'Associazione Nazionale Magistrati, la Giunta dell'Unione delle camere penali italiane ribadisce il proprio fermo dissenso sia quanto al metodo, sia quanto ai contenuti della proposta originaria e delle successive concessioni del Governo.
Quanto al metodo:

- è mancata una previa, ampia consultazione di tutte le componenti associative, giudiziarie e forensi, in vista della proposta governativa;
- dopo che questa è stata tradotta in un disegno di legge, ormai presentato in Parlamento, il Governo, attraverso il Ministro della giustizia, ha aperto una impropria trattativa bilaterale con l'Associazione Nazionale Magistrati per concordare modifiche a quel testo, al fine di provocare la revoca dello sciopero già indetto per il 6 giugno 2002 e poi differito al 20 giugno nella prospettiva di un seguito di tale trattativa;
- la scelta di privilegiare l'Associazione Nazionale Magistrati nel riconoscimento di una legittimità politica ad imporre modifiche al disegno di legge, svilisce la rilevanza generale e trasversale dei problemi della giustizia relegandoli al piano, necessariamente subordinato e ristretto, degli interessi corporativi;
- ciò è tanto più grave e incomprensibile, ove si consideri che la legge di Ordinamento Giudiziario attiene ai massimi assetti istituzionali, dovendo corrispondere alla qualità e ai fini della giurisdizione ormai chiaramente delineati dalla Costituzione, specialmente dopo la riforma del 1999, dovendo tale legge in ogni sua parte promuovere e garantire l'indipendenza, l'imparzialità, la terzietà del giudice e uno statuto autonomo del pubblico ministero, che ne promuova e garantisca separatamente l'autonomia nell'esercizio del potere-dovere di esercitare l'azione penale;
- pertanto, la riforma dell'Ordinamento Giudiziario non può essere oggetto riservato di trattative bilaterali ed è motivo di allarme che il governo mostri sudditanza o arrendevolezza a modifiche ordinamentali come se si trattasse di rivendicazioni sindacali, sotto la minaccia di uno sciopero e con la pretesa che il testo governativo sia fatto oggetto di emendamenti “blindati” in Parlamento;
- ad aggravare questo contesto di inaccettabile ingerenza il Governo ha estraniato e del tutto ignorato l'avvocatura, in particolare l'Unione delle Camere Penali, interpellata una sola volta in una sede del tutto isolata, fuori da qualsivoglia confronto.
Quanto al merito:
il Governo, sia nel testo originario del d.d.l., sia (e anche più) nella disponibilità ad indebolirlo ulteriormente, mostra la propria sostanziale, deleteria rinuncia ad una riforma ordinamentale che, ferma l'autonomia e l'indipendenza di giudici e pubblici ministeri, ne separi ruoli e carriere, come è ormai preciso dovere imposto dalla Costituzione;
questa rinuncia condiziona anche gli altri, complessivamente modesti interventi recati dal d.d.l. governativo, in particolare quello sulla diversa composizione dei consigli giudiziari e quelli sull'accesso, la formazione, l'aggiornamento, il controllo della professionalità e dell'efficienza dei giudici e dei pubblici ministeri;
in particolare, primario è certamente l'obbiettivo di abbandonare demotivanti automatismi e mortificanti logiche di spartizioni correntizie nelle progressioni in carriera e nell'attribuzione di incarichi direttivi, privilegiando, invece, professionalità ed efficienza; ma sul punto le scelte che emergono dal d.d.l. e dalle notizie sulle c.d. trattative appaiono inadeguate e ancora deplorevolmente compromissorie.

Tutto ciò rilevato, la Giunta dell'Unione delle Camere Penali Italiane

denuncia

all'opinione pubblica i rischi di una riforma dell'Ordinamento Giudiziario di contenuto inadeguato, difforme ed elusiva degli obblighi costituzionali e fatta oggetto di trattative bilaterali con l'Associazione Nazionale Magistrati;

invita

le cosiddette parti di tale trattativa parasindacale a desistere da essa, contribuendo così a spostare il dibattito e il confronto nel Parlamento e nel Paese;

conferma

l'appello ad una mobilitazione generale degli avvocati penalisti italiani, anche in vista di nuove e più incisive iniziative in difesa delle prerogative del Parlamento e per sollecitare tutte le forze politiche ad affrancarsi dagli interdetti corporativi e a promuovere una riforma organica dell'Ordinamento Giudiziario idonea ad attuare la Costituzione, ponendo al centro di essa la separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri.

 

LE DICHIARazioni dell’AVV. BUCCICO

 

«Aspettiamo da troppi anni un nuovo Ordinamento giudiziario, il solo fatto che sia all'ordine del giorno è una buona notizia. Non c'è dubbio che la separazione delle carriere sia fisiologica con un sistema accusatorio, però oggi questo determinerebbe lacerazioni conflittuali inaccettabili. La vicenda Napoli dimostra che oggi il sistema è fragile e occorre trovare punti d'incontro». E sul punto, sebbene con opposto stato d'animo, il presidente del Cnf esprime la stessa valutazione di molti magistrati: «la separazione delle funzioni prevista nella “proposta Castelli” è oggettivamente l'anticamera della separazione delle carriere».