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LA LETTERA APERTA DI ANTONELLO MURA E FAUSTO ZUCCARELLI IN UN ARTICOLO SU DIRITTO E GIUSTIZIA DEL 31.5.2002

 

Una lettera aperta ai colleghi, per spiegare i passaggi cruciali che hanno caratterizzato il Consiglio direttivo centrale del 25 maggio scorso, e le ragioni che hanno indotto Magistratura indipendente ad uscire dalla giunta Anm. Diffuso nella serata di mercoledì, il documento (leggibile nei correlati) è firmato dal presidente e dal segretario generale della corrente più moderata dell’associazione magistrati, e difende la strategia adottata dell’ex segretario Antonio Patrono nel confronto serrato con il ministro della Giustizia sulla riforma dell’Ordinamento giudiziario. Sabato scorso, spiega la lettera, Mi aveva proposto al comitato direttivo centrale Anm di denunciare «l’inadeguatezza» di maggioranza ed esecutivo in materia di giustizia, e l’incoerenza delle varie proposte sul tavolo, in un clima di «costante delegittimazione» del lavoro dei magistrati e delle loro aspettative. Su un piano più pratico, MI chiedeva al parlamentino delle toghe di sollecitare l’adozione da parte del ministero di un «piano operativo complessivo di interventi», e di prendere atto dei progressi comunque raggiunti nelle trattative con il Guardasigilli, e di mantenere quindi lo stato di agitazione ma di sospendere lo sciopero già fissato per il 6 giugno. Un modo, questo, per venire incontro alle parole del presidente Ciampi, perplesso sulla prospettiva di un’astensione dalle udienze delle toghe.
Nonostante queste premesse, il Comitato centrale approvava un altro documento, presentato dagli altri gruppi, che rinvia ma non sospende lo sciopero, sollecitando allo stesso tempo «lo stralcio dal ddl sull’Ordinamento giudiziario di tutta una serie di norme – alcune delle quali il Ministro aveva ripetutamente dichiarato qualificanti il suo provvedimento (e, quindi, per lui irrinunciabili) – che comprendevano anche quelle sulle quali già il confronto aveva condotto a risultati». Un modo, secondo MI, per escludere nei fatti ogni “spazio di manovra” alla giunta e al presidente, equivalente ad una «ineluttabile conferma dello sciopero, sia pure in data diversa da quella originaria».
Per questo, MI decideva di votare contro il documento (poi approvato dalla maggioranza), e di uscire dalla giunta, in parallelo alla dimissioni del suo esponente, Patrono, dalla carica di presidente. Una scelta condivisa dai firmatari della lettera aperta, convinti, come l’ex presidente, della necessità di mantenere lo stato di agitazione, «senza revoca dello sciopero ma con rimessione della decisione sull’opportunità e sui tempi della sua effettuazione all’esito di un Cdc che valutasse – nelle settimane prossime – la concreta evoluzione della trattativa con il Ministro». La rottura, profonda, provocata dalle dimissioni di Patrono è quindi ascrivibile, conclude la lettera, «all’assoluta chiusura degli altri gruppi rispetto ad una proposta che ritenevamo e che continuiamo a valutare come la più equilibrata e potenzialmente proficua nell’interesse della magistratura».