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Chiusano si candida per il dopo-Frigo e dà sponda ai magistrati

Vittorio Chiusano ed Ettore Randazzo: sono loro – per il momento – gli unici due candidati a prendere il posto di Giuseppe Frigo alla presidenza delle Camere penali.
Due nomi noti all’interno dell’Unione e non solo: Chiusano, 74 anni, torinese, è stato presidente dell’Unione nei primi anni ’90, ed è attualmente presidente del Consiglio dei presidenti dell’Ucp. Randazzo, 54 anni, di Siracusa, ha ricoperto numerosi incarichi al vertice dell’Ucp ed è attualmente responsabile delle scuole di formazione.
Con una prassi inusuale, le candidature sono state presentate pubblicamente con largo anticipo sulla data del Congresso, previsto dal 3 al 6 ottobre a Sirmione. Sebbene non si conoscano ancora i programmi ufficiali né la squadra dei due contendenti, abbiamo provato a sondare le rispettive opinioni su alcune delle questioni del momento.
Chiusano e Randazzo si dichiarano grandi amici, professano stima reciproca, ma per il resto sono divisi quasi su tutto.
Sciopero magistrati. Per Chiusano lo sciopero «non solo è legittimo e per nulla eversivo» come strumento di protesta, ma  anche condivisibile nel merito, perché su molti aspetti «i magistrati non hanno torto».
Randazzo ritiene invece che lo sciopero «ponga problemi di compatibilità con la struttura costituzionale di uno Stato di diritto», soprattutto se anziché rappresentare uno strumento di protesta “sindacale”, viene utilizzato per intervenire sulla legge che regola i rapporti tra i magistrati e gli altri poteri dello Stato, ovvero l’Ordinamento giudiziario.
Al di là delle divergenze sullo legittimità o meno dello sciopero, che rispecchiano le opinioni presenti in modo trasversale nell’avvocatura come nel mondo politico, quel che più colpisce sono le valutazioni sul merito della protesta. Chusano, infatti, ritiene che nel progetto di legge del Governo per la riforma dell’Ordinamento giudiziario vi siano i presupposti, potenzialmente, per la messa in discussione dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura: «i criteri di accesso e la valutazione per la progressione in carriera, affidata ad una Commissione non completamente autonoma dal potere politico sono un fatto pericoloso. Su questo i magistrati hanno ragione, così come hanno ragione nel lamentarsi di essere stati costantemente oggetto di attacchi deligittimanti e irridenti. Quando viene meno un cardine fondamentale di uno Stato di diritto, ovvero che i provvedimenti giurisdizionali si possono criticare ma si devono accettare, le proteste sono comprensibili. Non dimentichiamo che lo scorso dicembre il Senato ha approvato un ordine del giorno di una gravità eccezionale, in cui si interferiva con un processo in corso, peraltro dicendo cose non vere. Queste cose in un Paese democratico non possono essere accettate».
Meno netto il giudizio di Randazzo: «i magistrati si stracciano le vesti, in queste circostanze ognuno enfatizza i toni anche per avere maggiore risalto mediatico. Ritengo che siano stati esasperati problemi che forse in parte ci sono, ma riguardanti alcuni processi, alcune persone e non certo, quindi, nelle dimensioni denunciate». Sulla proposta di riforma dell’Ordinamento giudiziario, Randazzo vede un contrapposizione netta tra le richieste dei magistrati e quelle dei penalisti: «il fulcro di tutto è il giudizio sulla separazione delle carriere. Per noi il progetto del Governo è insufficiente perché si limita a ribadire la separazione delle funzioni, per i magistrati è inaccettabile perché costituisce il presupposto per la separazione delle carriere. Se c’è accordo, è solo su aspetti marginali».
Sciopero avvocati. Sui due giorni di astensione dalle udienze indetti dall’Ucp, i due candidati alla presidenza esprimono una valutazione concorde: «non è uno sciopero contro i magistrati, ma contro il merito del progetto di riforma dell’Ordinamento giudiziario del Governo» e contro il metodo seguito dall’Esecutivo: «il provvedimento è troppo importante per non essere portato all’attenzione dell’avvocatura – ha detto Chiusano – è un’umiliazione mortificante che non possiamo accettare»; gli fa eco Randazzo: «il Governo ha mostrato scarsa sensibilità verso le istanze degli avvocati, la cui voce è indispensabile perché non è di parte ma al servizio dei diritti di tutti. Non può essere certo sufficiente la visita di cortesia, di un oretta che il ministro ci ha concesso qualche tempo fa».
Il futuro. Il maggior timore di Randazzo è quello che si proceda a «macchia di leopardo. Abbiamo bisogno, invece, di riforme organiche, a partire dalla riscrittura del codice di procedura. Non si capisce perché ci sia una preoccupazione generale per il codice penale e un sostanziale disinteresse per quello di rito, che ha chiaramente bisogno di esser riscritto».
Il timore di Chiusano è che si torni indietro sulla strada del Giusto processo: «i progetti di legge presenti in Parlamento non vanno nella direzione di garantire la celebrazione di processi autonomi e indipendenti, come luogo di accertamento della verità». Il riferimento, neanche troppo implicito, è al “disegno di legge Anedda” (Atto Camera 1225, leggibile in arretrati del 23 marzo 2002).
Rappresentanza politica dell’avvocatura. «Se si riconosce la rappresentatività politica dell’Ucp per ciò che riguarda il penale, possiamo anche ragionare sull’ipotesi della rappresentanza unitaria», così Ettore Randazzo, che aggiunge: «se le altre associazioni si renderanno conto della ragionevolezza e della logicità delle nostre condizioni, i margini per un accordo ci sono».
Non gli fa eco, questa volta, Chiusano: «la rappresentanza di tutti gli avvocati è del Consiglio nazionale forense. Ritenere che debba limitarsi alla tenuta degli Albi mi pare riduttivo. Un altro organismo non serve. Per la rappresentanza politica, in senso stretto, bastano le associazioni, che si fondano sul libero consenso dei loro iscritti».

Mimmo Torrisi