ANDREOTTI,
ANM E DINTORNI Pubblico
volentieri, con il consenso dellinteressato questo scritto di Francesco Maria Agnoli
sulle recenti vicende della sentenza Andreotti. Spero
che la riflessione di F.M. Agnoli stimoli molti interventi da parte dei visitatori di
questo sito. o.d.g. Questa
volta ha ragione il collega Angelo Piraino. Uno sciopero ci vorrebbe e sarebbe proprio il
senso delle istituzioni ad imporlo, perché uno Stato dove i provvedimenti giudiziari
vengono abitualmente osannati o deprecati a seconda dell'utilità che le contrapposte
fazioni pensano di poterne ritrarre ha un concetto tanto distorto della giustizia da
trovarsi veramente sull'orlo dello sfascio (o anche più in là). Chiediamoci in quale
altro paese del mondo tutti o quasi i rappresentanti delle istituzioni (incluse quelle
più alte) si sarebbero profusi, non riservatamente e in via di amicizia, ma col massimo
clamore mass-mediale possibile, in esternazioni di solidarietà e fiducia ad un
condannato (sia pure non in via definitiva e, quindi, tuttora presunto innocente),
che necessariamente implicano l'ostentazione della più totale sfiducia nei confronti dell'organo
giudiziario che ha condannato un sicuro innocente (del resto nella maggior parte di queste
esternazioni non vi era proprio nulla di implicito, perché alla decisione della Corte
d'assise di appello perugina sono state applicate tutte le possibili definizioni negative
-se non sbaglio, non è mancata nemmeno quella di "oscena"-). Si
tratta, quindi, di difendere non il provvedimento di carcerazione emesso dai magistrati
cosentini o la sentenza perugina di per sé considerati, che possono essere benissimo,
l'uno e l'altra, sbagliati, ma la stessa posizione istituzionale della magistratura e la
sua credibilità presso quel popolo in nome del quale pronunciamo quelle sentenze,
che invece si fa di tutto per convincerlo a non condividerle e anzi a considerarle, più
che sbagliate (l'errore è sempre possibile e, entro certi limiti, scusabile), frutto di
prava volontà e di oscuri disegni. Allora
sciopero? Oltre tutto questa volta si tratterebbe di uno sciopero "bipartisan",
sicché nessuno potrebbe attribuirci l'intenzione di voler favorire la maggioranza o
l'opposizione. Tuttavia è innegabile che ora come ora non vi è spazio per un'altro
ricorso a questo strumento dopo il fiasco dello sciopero d'inizio anno (il successo o il
fallimento di queste manifestazioni si contano, come ben sanno i sindacati
"seri", non sul numero dei partecipanti, ma sui risultati e non solo questi sono
mancati, ma gli effetti conseguiti sono stati tutti, come dimostrano anche le attuali
aggressioni da destra e da sinistra e il generale disinteresse per le prese di posizione e
le richieste dell'ANM, largamente peggiorativi della situazione precedente). Tuttavia
il fatto che lo sciopero sia scarsamente praticabile e che l'ANM sia all'angolo come un
pugile suonato in attesa di un probabile colpo da KO, non esclude la necessità di fare
sentire forte la nostra voce, per denunciare con vigore sia il tentativo di condizionare
anche con manifestazioni di piazza le decisioni dei magistrati cosentini, sia quello di
strumentalizzare l'innegabile incredulità con la quale l'opinione pubblica ha accolto la
sentenza perugina per condurre in porto una manovra non di riforma, ma di stravolgimento
degli attuali assetti giudiziari. Quanto
meno si dovrebbe ricordare a chi veramente non lo sa, ma anche a chi ha finto di non
saperlo, che la deprecata sentenza è stata pronunciata da una Corte d'Assise, un organo
nel quale i giurati godono di una larga maggioranza di sei a due sui togati, e che,
quindi, si tratta del prodotto di quella "giustizia popolare" alla quale proprio
alcuni rappresentanti della maggioranza governativa (ma ora forse anche dell'opposizione)
vorrebbero concedere più largo spazio con notevoli ampliamenti "all'americana"
della competenza delle giurie. Certo
è difficile credere che la risposta forte sia rappresentata dal freddo comunicatino della
Giunta, che nemmeno spiega come sia composto l'organo che ha assunto la contestata
decisione nei confronti dell'imputato Andreotti e che si conclude con una frase
evidentemente riservata agli addetti ai lavori, ma criptica per tutti gli altri. Cosa può
difatti comprendere la gente comune, quella che forma l'opinione pubblica, dell'invito
rivolto al legislatore perché elimini "la contraddittorietà tra un sistema
accusatorio di 1° grado ed un giudizio di appello ancorato ad un sistema diverso
dal predetto e quasi del tutto privo delle caratteristiche
dell'oralità" e come può ricollegarlo alla sentenza Andreotti? Se
non ci fosse da piangere ci sarebbe davvero da ridere. Francesco
Mario Agnoli |