Unione delle camere penali Appello alla politica, allaccademia ed alla Magistratura Lurgenza
di un confronto sulla questione giustizia La Giunta dellUcpi ritiene necessario e utile, con lintento
di sbloccare quella perniciosa situazione di stallo in cui sta macerando la questione
giustizia, avviare ed alimentare un confronto, basato su un dialogo franco e
pluralista, allo scopo di superare le sterili contrapposizioni attuali ed affrontare con
concretezza i nodi del sistema giudiziario. Da qui lesigenza di uninterlocuzione diretta con il mondo
della politica, della cultura giuridica e con la magistratura allo scopo di chiarire quale
debba essere, secondo il nostro punto di vista, il corretto presupposto su cui instaurare
il confronto . La contemporanea emersione dei due casi giudiziari costituiti dalla
sentenza di condanna del Senatore Andreotti e dalla cattura di numerosi appartenenti al
movimento dei Forum sociali italiani, affrontando seppur da sponde opposte, il
potere politico istituzionale da un lato e il molteplice movimento antagonista dallaltro
- il delicato rapporto tra giustizia e politica, ha posto le condizioni per una
riflessione sui mali della giustizia penale del nostro paese che, con equilibrio e
pacatezza, potesse finalmente sposare uno spirito costruttivo. In realtà, ed è questa la prima considerazione da cui partire, se
inizialmente si erano colti segnali in questo senso la discussione, secondo schemi ormai
noti, è presto sconfinata nel clima di scontro che caratterizza da tempo il dibattito
sulla Giustizia. Così, i significativi spunti di riflessione che da quei casi sono
emersi (la valutazione della chiamata di correo, la pronuncia di una sentenza di condanna
a più di 20 anni dal fatto, la delicata problematica sottesa alla riforma di una sentenza
di assoluzione cui si è pervenuti attraverso la mera rivisitazione dei giudici dappello
degli elementi di prova raccolti nel contraddittorio e nelloralità dai primi
giudici, la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, il ricorso a
fattispecie di reato di impronta autoritaria ed ormai desuete proprio perché gravemente
incidenti sulla sfera del diritto costituzionale di manifestazione del pensiero, il
ricorso allo strumento della misura cautelare fuori da un quadro di esigenze cautelari che
per la loro gravità imponessero la scelta della misura più afflittiva) sono stati
travolti dalla sterile dinamica della contrapposizione ad ogni costo ispirata dalla difesa
oltranzista, preconcetta e quindi vuota, di principi e schemi concettuali. Insomma, ancora una volta abbiamo dovuto assistere alla stucchevole
esibizione di numerosi esponenti della maggioranza e dellopposizione sui temi del
garantismo mentre indossavano e dismettevano i panni del novello garantista, a seconda che
si affrontassero gli effetti discendenti dalluno o dallaltro provvedimento
giudiziario; ancora una volta abbiamo assistito alla nuda e ostinata difesa della
giurisdizione e dei singoli giudici e pubblici ministeri da parte di una magistratura che,
più in alcune sue componenti che nel suo complesso, sembra mostrare intolleranza al
civile confronto anche verso le critiche che vengono mosse al suo operato; spirito che, al
contrario, dovrebbe animare il confronto con i propri interlocutori. Autorevoli, ma comunque minoritarie, in questo contesto, le voci che
hanno espresso la volontà di affrontare costruttivamente le delicate questioni oggetto
del dibattito nella convinzione della necessità di una riforma organica della giustizia;
e su di esse avremo modo di tornare. A questo punto, allora, è utile ribadire che la posizione dellUcpi,
rispetto ai termini del confronto di cui si è detto prima, si incentra sullinderogabile
necessità di adeguare, in modo organico ed armonico, il processo penale ai principi che
hanno ispirato la riforma dellarticolo 111 della Carta costituzionale e che in quellarticolo
oggi sono sanciti. Tale riforma, infatti, lungi dal costituire esclusivamente un
approdo, seppur di fondamentale importanza, postula lesigenza di unopera di
globale revisione del processo penale. Le due vicende giudiziarie già ricordate emblematicamente
rappresentano tale esigenza, ricomprendendo in essa anche lurgenza della riforma del
codice sostanziale. È proprio questultima riforma, la cui necessità sembra essere
stata trascurata anche dagli addetti ai lavori, ad essere reclamata dalla vicenda della
cattura di esponenti del movimento dei Forum sociali italiani, alcuni dei quali, in questi
giorni, vengono scarcerati con motivazioni che fanno riferimento al concetto di abiura ed
al ripudio della violenza. Questa terminologia tradisce il ricorso ad un apparato
concettuale e ad istituti di diritto sostanziale propri di una legislazione di ispirazione
autoritaria e, in quanto tali, assai lontani dai principi costituzionali vigenti cui al
contrario dovrebbe ispirarsi un diritto penale del fatto e minimo e, come tale, moderno e
rispettoso dei diritti della persona. Anche la vicenda Andreotti dimostra lesigenza di revisionare il
Cpp alla luce dei principi del giusto processo. In questa direzione ha unindubbia valenza la problematica
relativa al sistema delle impugnazioni attualmente vigente che, con riferimento allappello
esperibile da parte del pubblico ministero nei confronti della sentenza di assoluzione,
prevede la possibilità di condanna senza che
il giudice dappello debba procedere alla rinnovazione dellassunzione di quelle
fonti di prova che nel giudizio di primo grado avevano consentito il giudizio di
assoluzione. Si tratta, allevidenza, di un nodo problematico che in un
sistema processuale ormai ispirato al sistema delloralità e del contraddittorio,
necessita di essere affrontato e risolto. Obiettivo cui si deve tendere garantendone la condizione minima ed
indispensabile perché venga perseguito e raggiunto: che listituto processuale sia
trattato per quello che è e che rappresenta senza alcuna strumentalizzazione,
semplicemente adeguandolo ai principi costituzionali. Così, una sentenza di condanna che intervenga a 23 anni di distanza
dal fatto rischia di sembrare per ciò stesso ingiusta, proprio perché si pone come
concreta negazione del principio di ragionevole durata del processo. Principio che esalta, ed il dato interpretativo va bene sottolineato,
innanzitutto un diritto dellimputato a essere giudicato prontamente e non la pretesa
dello Stato di esercitare il potere punitivo con una rapidità che comporti il sacrificio
delle garanzie del cittadino e della formazione della prova fuori dal contraddittorio
processuale quale metodo più proficuo per la corretta ricostruzione del fatto. Ed alla luce di questo principio, così correttamente interpretato,
è assolutamente necessario individuare i correttivi tali da garantirne la compatibilità
al sistema costituzionale. In questo senso, sembrano essere viziate da una malcelata indulgenza
verso concezioni autoritarie del processo penale, tutte quelle posizioni che pretendono di
raggiungere il rispetto del principio della ragionevole durata del processo colpendo
esclusivamente le garanzie, considerate inflazionate e fonte dei ritardi del processo e,
con singolare amnesia, non affrontando il problema delle disfunzioni degli uffici che non
possono certo gravare sullimputato. Una riflessione seria e pacata sulla giustizia penale, pertanto,
dovrebbe avere come punto centrale la generale condivisione della esigenza di procedere ad
una revisione del processo penale e ad una riforma del diritto penale in modo da adeguare
luno e laltro ai dettami costituzionali. Se ciò è tanto importante da costituire un dato imprescindibile,
non possiamo al contempo però nascondere la difficoltà di scorgere nel panorama attuale
le condizioni necessarie affinché tale condivisione possa raggiungersi. Se da un lato le forze politiche di maggioranza si sono impegnate in
interventi riformatori di breve respiro, spesso ispirati al soddisfacimento di interessi
particolari, daltro lato le forze politiche di minoranza non hanno saputo resistere
alla tentazione di demonizzare ogni ipotesi di riforma anche prescindendo dal suo
contenuto. In questo contesto la stessa magistratura, lungi da quella
condivisione che si è indicata, sembra ormai attestata
su una posizione non tanto di contrasto delle riforme in cantiere, quanto di reazione
contro le riforme che nella scorsa legislatura sono intervenute nel processo penale
(giusto processo, indagini difensive, legge sui collaboratori di giustizia). Preoccupano le posizioni
di coloro che, allinterno della Magistratura, non esitano a ritenere queste riforme
come la causa di un processo penale contraddittorio e disorganico, trasformato in un
percorso ad ostacoli o come la causa di una devastazione del processo determinando uninflazione
di pseudogaranzie utilizzate per ostacolare lo svolgimento dei processi. Preoccupano le posizioni espresse, da ultimo, dagli organi direttivi
dellAnm il cui tenore, tanto perentorio da sembrare un aut aut, rischia di soffocare
ogni orientamento, anche interno alla stessa magistratura, proteso ad un confronto pacato
e ad una riflessione serena. Si tratta di posizioni che, reiterate dopo le sentenze della Corte
costituzionale nn. 32 e 36 del 2002 , sembrano dimostrare come una parte della
magistratura sia lontana dal condividere lo spirito della riforma del giusto processo. Al contrario di tenore diverso appaiono le riflessioni del Segretario
di Magistratura democratica che, prescindendo dalle soluzioni proposte, appaiono ispirate
alla necessità di procedere a riforme che siano frutto di una riflessione collettiva e
siano condivise dalla politica, dalla cultura giuridica e dallavvocatura, non
ritenendosi più utile la mera difesa della giurisdizione quando si registra uno
scollamento tra la società civile e la giurisdizione stessa. Appare degno di nota che questultimo atteggiamento abbia
provocato una significativa presa di posizione, nel senso della disponibilità al
confronto, del presidente della Commissione giustizia della Camera e che, nel medesimo
solco, anche il maggior di partito di opposizione si sia mostrato disponibile al dibattito
presentando un proprio articolato progetto. Al mondo della cultura giuridica spetta il fondamentale compito di
fornire spunti di riflessione e di stimolare la discussione delle tematiche dibattute in
modo da concorrere fattivamente alla definizione degli istituti che dovranno dare concreta
attuazione ai principi costituzionali. Se si realizzeranno le condizioni per tale confronto, da un lato si
supererà il disegno di legge Pittelli, che giudichiamo improprio ed inadeguato per
raggiungere lobiettivo della revisione del Cpp alla luce dei principi del giusto
processo, e daltro lato la separazione delle carriere tra giudici e pubblici
ministeri non sarà più vissuta come un disegno inserito in un progetto di controriforma
della giustizia, ma come una naturale
conseguenza dellapplicazione dellarticolo 111 della Costituzione. Il nostro scopo, che auspichiamo divenga obiettivo comune e porti nel
più breve tempo possibile allorganizzazione di incontri tra tutte le parti
interessate, è quello di superare le sterili contrapposizioni attuali e di affrontare con
concretezza i nodi del sistema giudiziario italiano. |