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            Pubblico qui di seguito un articolo aPparso ieri 6 gennaio 2003 sul quotidiano telematico Il Nuovo.

            Nella stessa sezione “Attualità” vengono pubblicati tre articoli apparsi rispettivamente sul Corriere della Sera, sul Mattino e sull’Unità di oggi 7 gennaio 2003. Ritengo di dover pubblicare questi tre articoli senza alcun commento personale al solo fine di dare ai visitatori di questo sito un’informazione la più esauriente possibile sulla partecipazione alle cerimonie inaugurali dell’anno giudiziario.

 

DA “IL NUOVO” DEL 6 GENNAIO 2003

 

Castelli attacca i giudici: rileggano la Costituzione

 

"Trovino il tempo di riguardarla: scopriranno che non parla solo delle loro prerogative", attacca il Guardasigilli alla vigilia della manifestazione dell'Anm. I giudici: "Basta interferenze".

 

 

ROMA - Piuttosto che agitare una copia della Costituzione durante le manifestazioni per l'inaugurazione dell'anno giudiziario, i magistrati pensassero ad applicare le leggi fatte dai rappresentanti del popolo. E, ogni tanto, se l'andassero a rileggere quella Carta fondamentale tanto invocata, per scoprire che non ci sono scritte solo pagine di difesa della prerogative della giurisdizione.

Alla vigilia della manifestazione indetta dall'Anm che tante polemiche ha suscitato, il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, porta un attacco frontale ai giudici. Il Guardasigilli non usa mezzi termini.

''Mi fa molto piacere che i magistrati vogliano sventolare alta la Costituzione perché alcuni potrebbero essersi dimenticati che cosa c'è scritto in quel testo'', è l'incipit. Ma Castelli va oltre, auspicando che i giudici ''trovino anche il tempo di rileggerla. Tutta, s'intende.

Non soltanto quelle parti più funzionali alla difesa delle loro prerogative''.

L'invito del ministro è a rileggere l'articolo 101 della Carta: "Vi si legge, al primo comma - prosegue Castelli - che la Giustizia viene amministrata in nome del popolo. Un concetto che a me piace molto e che ho addirittura voluto venga scritto nelle aule magne delle Corti d'Appello''. In quell'articolo, avverte il Guardasigilli, c'è scritto che i giudici sono ''soggetti soltanto alla legge'' e ''le leggi, in base alla Costituzione, le fanno i rappresentanti del popolo eletti in Parlamento''.

Insomma, è il succo dell'intervento di Castelli, i magistrati - o almeno la parte più politicizzata di loro - non possono continuare a considerarsi al di sopra delle leggi. Le leggi le devono applicare e non contestarle. ''Senza mettere in discussione l'autonomia e l'indipendenza della magistratura'', dice il Guardasigilli continuando a riferirsi alla

Costituzione, se ne deduce che ''la Giustizia viene amministrata in nome del popolo. Applicando le leggi che il popolo si è dato''.

Invece, secondo il ministro, ''alcuni magistrati, quelli più ideologizzati, tendono a considerarsi al di sopra delle leggi''. Per esempio, la Bossi-Fini ''a certi magistrati non piace''. Per Castelli essa prevede che ''in determinate condizioni di recidiva, la clandestinità dell'immigrato sia un reato punito con la reclusione.

Secondo molte segnalazioni questa parte della legge non viene applicata da tutti. Sarebbe molto grave. Per questo sto svolgendo degli accertamenti''. Anche la parte riguardante la possibilità di espellere detenuti extracomunitari in determinate condizioni ''non mi risulta che venga applicata''.

E poi lo stoccata finale al sindacato dei giudici, l'Associazione nazionale magistrati. ''Questa presidenza dell'Anm rischia ormai di apparire come un organo politico della sinistra che ha come unico obiettivo quello di fare una battaglia infinita contro il governo. In questi termini l'associazione non fa gli interessi dei suoi associati, avendo abdicato a un ruolo attivo nel processo riformatore, ma si limita a dar voce a una visione parziale, e comunque politica, del problema giustizia''.

Niente confronto, dunque, che ''si fondi su posizioni ideologiche: questo spetta ai politici''.

A rispondere per l'Associazione nazionale magistrati è il vice presidente Piero Martello, che respinge sia l'accusa rivolta ai magistrati di non applicare la legge, sia quella destinata allo stesso sindacato delle toghe di apparire un organo politico della sinistra: non abbiamo "atteggiamenti di riguardo per nessuno", osserva in proposito.

"Sono contento che al ministro faccia piacere che sventoliamo la Costituzione visto che altri hanno detto che si tratta di un gesto di particolare gravità- premette Martello - E sono d'accordo che la Costituzione vada letta tutta: dunque non solo l'articolo 101, ma anche il 110 che dice che spetta al ministro l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla Giustizia. Leggere questi articoli fa bene a tutti, non solo ai magistrati".

(6 GENNAIO 2003; ORE 15:35, aggiornato alle 18:45)

 

 

06.01.2003

L'affondo di Castelli: i giudici non applicano le leggi

di Luana Benini

 

E ora si passa dall’ironia alla minaccia. L’avvocato di Berlusconi, nonché presidente della Commissione Giustizia della Camera, Gaetano Pecorella ha dettato la linea («Caliamo il sipario su quelle inutili parate che sono le inaugurazioni dell’Anno giudiziario») e il ministro leghista della Giustizia, Roberto Castelli, ha rincarato la dose. È entrato a gamba tesa nelle polemiche impugnando la bandiera del centro destra contro la magistratura. La cornice delle sue esternazioni è il quotidiano «la Provincia di Como». Del resto le sue più tipiche performance il ministro le ha sempre fatte rivolgendosi al pubblico «padano». Come quando nel giugno scorso sostenne a Palazzuolo sull’Oglio che il Polo era riuscito «a sventare il diabolico piano della sinistra che voleva cancellare il popolo lombardo e sostituirlo con i musulmani». Questa volta ha coniugato il tema a lui caro della inflessibilità verso gli immigrati e gli islamici con quello della censura ai magistrati.

Bombe, mica noccioline, se certe affermazioni arrivano da un Guardasigilli: «Questa presidenza dell’Anm rischia ormai di apparire come un organo politico della sinistra che ha come unico obiettivo quello di fare una battaglia infinita contro il Governo». Bacchettate sulle dita ai magistrati che hanno pensato di presentarsi all’apertura dell’Anno Giudiziario il 13 gennaio con il testo della Costituzione in mano. Il ministro sfodera l’ironia, li invita a rileggersi «tutta» la Costituzione, laddove all’art.101 sta scritto che «la giustizia viene amministrata in nome del popolo».

E secondo lui bisogna proprio «ricominciare da capo, con i rappresentanti del popolo che fanno le leggi e i magistrati che le applicano». Poi passa alle minacce: «Alcuni magistrati, quelli più ideologizzati, tendono a considerarsi al di sopra delle leggi. E si ritengono addirittura legittimati ad amministrare la giustizia in nome di principi che magari potrebbero essere condivisibili ma che non sono quelli legittimati dal popolo attraverso le leggi varate dai suoi rappresentanti».

Cosa significa questo ragionamento sibillino? È presto detto: i magistrati non applicano la legge Bossi-Fini perché a loro non piace, e in particolare non applicano la parte che prevede la reclusione «in determinate situazioni di recidiva». «Secondo molte segnalazioni - dice - questa parte della legge non viene applicata da tutti. Sarebbe molto grave . Per questo sto svolgendo degli accertamenti».

È l’ennesima dichiarazione di guerra. Per altro condivisa da tutti gli alleati del premier che si sono mossi all’unisono in questi giorni contro l’Anm. Ad eccezione del solito Domenico Fisichella, ormai in castigo nel partito di Fini, che ieri si è sfilato dall’esercizio di lapidazione dei magistrati. Giudici con la Costituzione in mano? «Trovo ingiusto criticare per questo i magistrati...questa di Fini non l’ho proprio capita». Di contro, ieri sono partiti altri strali da Franco Giardiello, An: quella dei magistrati è «una sfida e una provocazione senza precedenti». E alla fine, sia pure con sfumature diverse, il centro destra si è buttato a pesce sulla proposta di Pecorella. Ma sì, bisogna togliere ai magistrati questa occasione.

Il centro sinistra che già aveva plaudito all’iniziativa dell’Anm ieri è rimasto di sasso per le parole di Castelli. «Non ho parole - ha commentato la diessina Anna finocchiaro - Certo, le affermazioni del ministro non mi stupiscono, anche se ancora una volta impressiona il fatto che chi ha responsabilità di governo della giustizia pronunci certi giudizi nei confronti dei verti dell’Anm e della magistratura». Ferma, la risposta dell’Anm. Il ministro ci sollecita a leggere tutta la Costituzione? Anche lui faccia altrettanto, ha argomentato il vice presidente dell’associazione Piero Martello. Dunque,il ministro si rilegga «non solo l’articolo 101, ma anche il 110 che dice che spetta al ministro l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia». È vero che la giustizia è amministrata in nome del popolo, ma è anche vero che «i giudici sono soggetti solo alla legge, e dunque non devono essere soggetti a interferenze di alcuna natura». Martello respinge l’accusa di non applicare la legge e anche quella di essere pilotati dalla sinistra: «Non abbiamo riguardo per nessuno». L’appello, infine, è perché «finisca questo clima di polemiche».

Resta il fatto che è «un diritto e un dovere dei magistrati dell’Anm dire le proprie opinioni nella fase di elaborazione delle leggi in materia di giustizia». Altrettanto chiaro il segretario generale dell’Anm, Carlo Fucci: «Ci auguriamo che non si confonda la interpretazione della legge, e talvolta di diritto dovere di sollevare eccezione di incostituzionalità con la disapplicazione delle norme». In ogni caso, «la soggezione dei magistrati alla legge non può mai significare soggezione dei magistrati che amministrano la giustizia a chi emana le leggi». È proprio il quadro delle riforme annunciate che fanno da pendant con quelle già andate a segno e con quelle mancate a preoccupare l’Anm: le rogatorie, la legge sul falso in bilancio, la Cirami, e ora si annuncia la legge per la depenalizzazione della bancarotta, la legge Pittelli...

Amareggiato e molto critico verso Pecorella, l’ex procuratore capo di Milano Gerardo D’Ambrosio: la situazione di contrasto fra politica e magistratura «non dipende certo dalla magistratura, quanto invece da chi esercita il potere legislativo che ha introdotto riforme assurde e lo ha fatto senza prendere minimamente in considerazione chi era contrario, com’è avvenuto, ad esempio, con la legge Cirami». Evidentemente, spiega, non si vogliono «ascoltare critiche o dissensi dall’operato del governo», «non si vuole il confronto».