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Il ministro: la giustizia si amministra in nome del popolo, studino. La replica: guardi piuttosto la parte che lo riguarda

Castelli ai magistrati: rileggete la Costituzione

«Indulto dannoso, meglio l’amnistia. La clemenza invocata dal Papa è applicata già con larghezza»

ROMA - «I magistrati rileggano la Costituzione. Ma tutta, non solo le parti funzionali alla difesa delle loro prerogative». L’appello rivolto dall’Anm alle toghe di presentarsi alle cerimonie per l’inaugurazione dell’anno giudiziario sventolando una copia della Costituzione non è andato giù a Roberto Castelli. Il ministro della Giustizia, in un’intervista al quotidiano La Provincia di Como, bacchetta duramente il «sindacato» dei magistrati, boccia senza scampo l’indulto («è meglio l’amnistia, è dannoso e inutile») e prende le distanze dal Papa per il suo invito, davanti a senatori e deputati, a compiere un gesto di buona volontà nei confronti dei detenuti: «Quella clemenza invocata dal Santo Padre viene applicata da tempo ed in modo assai largo nel nostro Paese», sostiene il Guardasigilli. La replica del vicepresidente dell’Anm Piero Martello è altrettanto dura: «Castelli deve leggere la norma della Costituzione secondo cui spettano al ministro l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi relativi alla Giustizia». IL MINISTRO - Si annuncia un gennaio caldo per la giustizia. Le cerimonie di apertura dell’anno giudiziario, il probabile voto sull’indulto in Parlamento, i congressi di tre delle quattro correnti della magistratura: il dibattito rischia di infuocarsi. E le parole di Castelli non lasciano spazi al dialogo: «I magistrati debbono rileggersi l’articolo 101 della Costituzione: stabilisce come la giustizia venga amministrata in nome del popolo italiano. Invece - accusa il Guardasigilli - ce ne sono alcuni, quelli più ideologizzati, che tendono a considerarsi al di sopra delle leggi». Cita la Fini-Bossi sull’immigrazione («a molti magistrati non piace, una parte della legge non viene applicata da tutti») e si scaglia contro il «sindacato» delle toghe: «Questa presidenza dell’Anm rischia di apparire come un organo politico della sinistra che ha, come unico obiettivo, quello di fare una battaglia infinita contro il governo».
I MAGISTRATI - «Non abbiamo atteggiamenti di riguardo per nessuno», è la risposta di Martello all’accusa di Castelli al vertice del «sindacato» delle toghe di essere il braccio armato dell’opposizione. «L’Anm ha sempre manifestato la sua opinione e il dissenso tutte le volte che venivano adottati provvedimenti che riteneva contrari ad una buona amministrazione delle giustizia. E l’ha fatto con tutti gli schieramenti - ricorda Martello -, come per esempio è successo con la Bicamerale, che non era certo iniziativa dell’attuale maggioranza».
LE REAZIONI - «Non ho parole... Le affermazioni del ministro non mi stupiscono, ancora una volta impressiona il fatto che chi ha responsabilità di governo della giustizia pronunci certi giudizi nei confronti dei vertici dell’Anm e della magistratura», tuona Anna Finocchiaro, responsabile giustizia Ds. «Alle cerimonie i magistrati portino due copie della Costituzione. Quella in più va spedita a Castelli», incita le toghe Gianfranco Pagliarulo (Pdci). Il presidente della commissione Giustizia della Camera Gaetano Pecorella (Fi) ha proposto l’abolizione delle cerimonie per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. «Sono inutili parate, è un rito ripetitivo ed astratto», aggiunge Giuseppe Gargani, responsabile Giustizia di Forza Italia. «Si rifiuta qualsiasi forma di dialogo e di osservazione. Eppure la democrazia si fonda anche sul confronto delle opinioni», osserva l’ex procuratore di Milano Gerardo D’Ambrosio. «Le cerimonie sono utili solo se il confronto è pacato ma non se servono come scontro tra i partiti», è l’opinione di Mario Cicala, esponente di Mi, la corrente moderata dei magistrati. E l’ex vicepresidente del Csm e avvocato Carlo Federico Grosso definisce «quanto mai stravagante» la proposta di Pecorella.

Flavio Haver

 

 

 

INDICE EDIZIONI

Martedì 7 Gennaio 2003


LA CONTESTAZIONE PER L’APERTURA DELL’ANNO GIUDIZIARIO
Castelli attacca: «Toghe politicizzate»

Quest’anno ha scelto di essere a Milano. Sarà in quella Corte d’Appello che il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, dirà la sua, dopo la relazione del procuratore generale Mario Blandini. Con Francesco Saverio Borrelli in pensione da dieci mesi, con Gerardo D’Ambrosio che ha lasciato poco tempo fa, non si prevedono faville quel 18 gennaio nei palazzi di giustizia milanesi. Ma sarà un caso, visti i rapporti tesi tra il ministro e l’Anm, finita nell’occhio del ciclone per la proposta fatta ai suoi iscritti di sfilare con la Costituzione tra le mani durante le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario. Castelli, come la Casa della Libertà, non ha gradito. Risultato: lo scontro con l’Anm è ormai senza fine, con rispettivi scambi di stilettate. Il Guardasigilli che accusa le toghe di politicizzazione e di non applicare (in alcuni casi) le leggi; e l’Anm che replica a muso duro, respingendo l’accusa di essere un partito politico.
«Fa molto piacere questa scelta dell’associazione, ma i magistrati leggano tutta la Costituzione, perché alcuni potrebbero essersi dimenticati di quanto c’è scritto», esordisce il ministro in una intervista a ”La Provincia di Como”. Aggiungendo che se continua così si va al muro contro muro con l’Anm: «Questa presidenza dell’associazione rischia ormai di apparire come un organo politico della sinistra che ha come unico obiettivo fare una battaglia infinita contro il governo». Da qui l’affondo verso «alcuni magistrati, quelli più ideologizzati, di tendere a considerarsi al di sopra delle leggi», tanto da non applicare quei provvedimenti che a loro risulterebbero sgraditi. Un esempio? «La Bossi-Fini sull’immigrazione. Secondo molte segnalazioni una parte della legge non viene applicata da tutti. Sarebbe molto grave, per questo sto svolgendo degli accertamenti».
La risposta dell’Anm non si fa attendere: «Respingiamo le accuse di politicizzazione. Non agiamo secondo un’impostazione ideologica e di parte, ma puntiamo solo a una giustizia più rapida ed efficiente», dice il segretario del sindacato delle toghe, Carlo Fucci. Il ministro parla di magistrati che non applicherebbero le leggi: «Ci auguriamo che non si confonda l’interpretazione della legge con la disapplicazione delle norme», conclude Fucci, rivendicando per tutte le toghe il diritto di critica.
Nel centrosinistra si dicono sconcertati dalle affermazioni del ministro, perché lasciano intravedere il tentativo di voler imbavagliare i magistrati. E lo sconcerto è tanto più grande in quanto segue l’ipotesi di Gaetano Pecorella, Forza Italia, presidente della commissione Giustizia di Montecitorio, di abolire le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario. Giuseppe Gargani, responsabile giustizia del partito di maggioranza, fa sapere che questa non solo è un’intenzione ma un punto del programma di riforma della Casa delle Libertà: «Del resto è un rito ripetitivo, astratto e inutile. Lo riconoscono gli stessi magistrati».
m.p.m.