VISITA DEL INCONTRO ISTITUZIONALE CON LE AUTORITA' Agrigento - Teatro Comunale "Luigi Pirandello", 11
febbraio 2003 Signor Presidente della Regione, sono felice di ritrovarmi ad Agrigento. E' ben presente alla mia
mente, soprattutto in quest'anno 2003, che si annuncia cruciale per la storia
dell'unificazione dell'Europa, la mia visita precedente in qualità di Presidente della
Repubblica; quando, insieme con il Presidente della Repubblica Federale Tedesca Johannes
Rau, firmammo, l'8 giugno del 2000, quella che è stata poi ricordata come la "Dichiarazione
di Agrigento". Tanta gloria degli antichi, tanta storia, sono motivi d'ispirazione
per noi moderni. Ci propongono anche un difficile confronto. Il passato va visto e vissuto
come un patrimonio, e come una sfida. Del futuro, la responsabilità è tutta nostra. Ho
colto, nelle vostre parole, proponimenti che si ispirano a sentimenti come questi che ho
appena espresso. In Sicilia sono già stato, in qualità di Presidente della
Repubblica, più d'una volta: a Palermo ripetutamente, a Catania, a Messina: ivi
commemorammo i cent'anni dalla nascita di Gaetano Martino, uno dei padri dell'Europa, il
cui nome onora la Sicilia e l'Italia. La mia mente ritorna anche a quella che era stata la mia ultima
visita in Sicilia prima dell'elezione alla Presidenza, quando partecipai, in qualità di
Ministro del Tesoro, a un convegno che promossi a Catania nel dicembre del 1998,
intitolato: "Cento idee per lo sviluppo: un cantiere che si apre".
Espressi nella mia relazione il convincimento che bisognava "partire dalle idee
per promuovere una cultura del fare". La riunione di lavoro che si è tenuta nei
giorni scorsi ad Agrigento si ispira a questi stessi principi e mira alla loro attuazione.
Dissi allora: "Penso, e l'Italia tutta pensa con me, che il
lucido sacrificio di tanti eminenti siciliani, politici, magistrati, agenti dell'ordine,
sacerdoti, sindacalisti, imprenditori, abbia acceso la grande fiamma di una nuova
consapevolezza, che ha coinvolto l'intera isola. Da questa rinnovata coscienza civile, da
cui i giovani appaiono particolarmente animati, oltre che da una più intensa azione dello
Stato, è scaturito un impegno operativo senza precedenti che sta dando risultati
cospicui". Anche alla luce di alcuni recenti significativi successi nella lotta
alla mafia, mi sento di ripetere queste parole con convinzione. Nel pronunziarle, si
affaccia alla mia memoria, come sicuramente alla vostra, la figura esemplare di Rosario
Livatino. Questa fiducia, premessa di un ordinato vivere insieme, è legata
anche alla capacità operativa e ai mezzi messi a disposizione degli organi preposti al
mantenimento dell'ordine pubblico e di chi amministra la giustizia nel nome del popolo,
essendo soggetto soltanto alla legge, che è chiamato a interpretare e ad applicare. E' dalla Costituzione - come ricorda il documento approvato il 6
febbraio, all'unanimità, dal Consiglio Superiore della Magistratura - che la Magistratura
stessa, come tutte le istituzioni di garanzia, trae originaria legittimazione. Autonomia e
indipendenza della Magistratura sono condizioni essenziali ed irrinunciabili
dell'esercizio imparziale delle funzioni ad essa affidate. La giustizia è il valore
fondante di ogni società democratica. ll mantenimento dell'ordine e della legge, e quindi la lotta alla
mafia, sono premessa necessaria per una politica di sviluppo civile ed economico. Ma il
circolo si chiude solo affermando che, a sua volta, una politica di sviluppo è premessa
strutturale, indispensabile, dell'obiettivo che ci proponiamo, che è la sconfitta della
mafia. Questa prospera nel sottosviluppo, vive del sottosviluppo. Chi, nelle singole città siciliane, o a Palermo nelle sedi del
governo regionale, o a Roma nei luoghi di governo deputati a favorire in generale la
crescita del Mezzogiorno, è impegnato a crearne le condizioni infrastrutturali,
strutturali, culturali, così facendo combatte la mafia; bonifica il terreno in cui essa
alligna. Così come la combattono, in prima linea, coloro - insegnanti,
sacerdoti, uomini e donne impegnati nel volontariato - che si dedicano all'opera di
educazione dei giovani, nella scuola e nella società. Voglio affermare con forza un principio che vale non solo per la
Sicilia, ma per tutti. Non esiste il destino. Nessuno è schiavo del passato Ne ho
continuamente conferma nei miei viaggi in Italia. E' bensì vero che ci sono circostanze che frenano e altre che
aiutano a liberarsi del proprio apparente destino. Oggi giuocano a vostro favore fattori
importanti. L'essere inseriti in una vasta area di pace e di benessere, che ha nome Unione
Europea, è forse fra tutti il più importante. Lo è anche il fatto che l'Italia d'oggi,
uno dei Paesi più avanzati del mondo, dispone di mezzi che un tempo non aveva. Un altro
ancora è la nuova centralità del Mediterraneo. Pochi giorni fa ero in Algeria, e la visita ha contribuito a rendermi
particolarmente consapevole di due cose. Primo: il terrorismo fondamentalista è nemico di
tutti; nemico dell'Algeria, un paese arabo e musulmano, dove si è reso responsabile di
innumerevoli stragi, prima ancora di essere nemico dell'Occidente e del mondo intero. Secondo: mi ha colpito la vicinanza fra noi e loro. Il Mediterraneo
più che come un mare va visto come un lago, alle cui sponde ci affacciamo noi e loro. E
dalla crescita di un sistema di rapporti economici, culturali e politici intenso, fecondo,
costruttivo, dipende il nostro come il loro futuro. Lo sviluppo delle regioni della costa
meridionale del Mediterraneo, anche con la nostra partecipazione, è la premessa
necessaria per ridurre e per porre fine al doloroso traffico di uomini, donne e bambini,
in cerca di un benessere che oggi è loro negato nelle terre d'origine. Ma voi avete ragione nell'affermare che per fare di questa provincia,
estremo lembo di Europa, il punto di partenza di un ponte lanciato verso il Sud del
Mediterraneo e verso l'Asia, bisogna completare infrastrutture viarie, ferroviarie, aeree,
che colleghino, secondo i tempi veloci dell'età moderna, le varie aree della Sicilia tra
loro, e la Sicilia con l'Italia e l'Europa. L'impegno di tutti, a tutti i livelli di responsabilità
amministrativa, dai Comuni, alle Province, alla Regione, al governo centrale, deve essere
strenuo, instancabile, deve saper passare dalla fase delle intenzioni a quella delle
realizzazioni. In democrazia, la politica deve avere un'anima, deve essere concepita come
un servizio, e come un impegno di lavoro. Raccomando qui, come sempre altrove: non fate
sogni, fate progetti. Definiteli, e poi battetevi per trovare, qui o altrove, le risorse
necessarie per aiutarvi a realizzarli. Una lunga esperienza mi dice che se i progetti ci
sono, le risorse finiscono sempre per trovarsi. E datevi delle scadenze, dei punti
d'arrivo per la realizzazione delle opere necessarie per il vostro sviluppo, sottoponendo
costantemente i lavori in corso a un attento monitoraggio. Assicuratevi che i tempi siano
rispettati, e che i progetti non s'impantanino in quelli che vengono definiti contenziosi
e altri farraginosi impedimenti. Cancellate queste parole dal vostro vocabolario
amministrativo e politico. Voi stessi avete indicato le vie maestre del vostro sviluppo: la
costruzione di infrastrutture e vie di comunicazione che cancellino la vostra marginalità
geografica, e consentano lo sfruttamento pieno di quegli straordinari beni culturali che
il mondo vi invidia; l'investimento nella formazione dei giovani, di cui la nascita del
vostro polo universitario è uno strumento importante. E, non meno importante, l'avvio a
soluzione del problema della carenza di acqua, per la popolazione, come per un'agricoltura
impegnata in un importante processo di trasformazione e di ammodernamento: i progressi
compiuti in pochi anni dalla vostra agricoltura, particolarmente nel settore
viti-vinicolo, sono stati notevoli. Chiedo a tutti di sentire appieno la responsabilità delle funzioni a
ciascuno di noi affidate; di aver sempre presente che il bene della comunità nazionale ha
come presupposto il rispetto, sostanziale e formale, dell'ordinamento che ci siamo dati,
il rispetto reciproco fra le istituzioni in cui si articola il nostro Stato. Questi sono i principi cui la politica deve ispirarsi, per generare
fiducia. Dalla creazione di un clima di fiducia, fra le forze politiche, fra
le istituzioni create dalla Costituzione, e fra i cittadini e le istituzioni, dipende il
futuro della nostra Italia. Bisogna essere sempre, in ogni nostro comportamento,
consapevoli dei valori in giuoco, per il bene di tutti gli Italiani. Concludo tornando ai temi regionali. Le vie che conducono a un
maggior benessere dei cittadini hanno come premessa comune uno Stato ben articolato nelle
sue strutture, fondato su autonomie che avvicinino il più possibile i politici
responsabili a coloro che li hanno eletti. Esso sarà fondato in alcune aree soprattutto sull'industria
tradizionale o sulle nuove tecnologie, in altre sulla specializzazione della produzione
agricola, in altre ancora sulla valorizzazione dei beni culturali, o su una giusta
mescolanza di tutti questi e di altri itinerari della crescita; e sempre sarà fondato
sulla buona amministrazione, come sulla capacità di lavorare insieme di settore pubblico
e privato, su quella che, fin dalla lontana visita di tre anni fa a Catania, ho preso
l'abitudine di chiamare "l'alleanza delle autonomie". Ma non bisogna mai dimenticarsi del principio di solidarietà. Siamo
tutti italiani; ci riconosciamo appieno solo nella Patria Italia. |