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Cassazione – sezione prima civile – sentenza 29 maggio-6 giugno 2002, n. 8191

Presidente De Musis – relatore Lo savio, Pm Russo – conf. – ric. Petrelli

Premesso

Che l’avvocato Franco Petrelli, giudice di pace presso l’ufficio di Monza, ha proposto ricorso per cassazione contro il provvedimento con il quale l’ufficio elettorale centrale per il Csm ha escluso la sua candidatura nel collegio unico nazionale di cui all’articolo 23 lettera c) legge 195/58, come modificato dall’articolo 44/2002;

che l’ufficio elettorale centrale ha motivato la esclusione con la ragione che al candidato, come giudice di pace, non spetti né l’elettorato attivo né quello passivo «in quanto (il Petrelli) non rientra nella indicata categoria dei magistrati ordinari, che è quella dei giudici di merito ordinari in funzione presso il tribunale, le corti di appello o in cassazione ai sensi dell’articolo 115 dell’ordinamento giudiziario», trovando tale esclusione esplicata conferma nel disposto dell’articolo 25 legge 195/58, come modificato dall’articolo 7 legge 44/2002, che riserva ai magistrati ordinari l’esercizio del diritto di voto;

che il ricorrente critica il provvedimento impugnato con l’argomento secondo cui le norme della legge 195/58, conformemente alla previsione costituzionale, conferiscono l’elettorato attivo e passivo a tutti i magistrati ordinari e tali ad ogni effetto debbono essere considerati i giudici di pace che a norma dell’articolo 23 sub c) della stessa legge (come sostituivo dall’articolo 5 legge 44/2002) «esercitano le funzioni di giudice presso gli uffici di merito»;

che il ricorrente in subordine, per la ipotesi in cui si interpreti la legge 195/58 – come di recente modificata – nel senso che essa riserva l’elettorato attivo e passivo ai «magistrati ordinari professionali (o, se si vuole di carriera)», solleva la questione di legittimità costituzionale di una tale limitazione che si potrebbe in contrasto con i principi della Costituzione e in particolare con il disposto dell’articolo 104, comma 3, Costituzione, secondo cui i componenti «togati» del consiglio sono eletti «da tutti i magistrati ordinari» e debbono essere rappresentativi di tutte le categorie, sicché «la Costituzione senza alcun dubbio non consente che una categoria di magistrati ordinari sia totalmente esclusa dall’autogoverno della magistratura, che sia eterogovernata e non autogovernata; che, insomma, non abbia alcun diritto di «cittadinanza» all’interno del sistema costituzionale che vede i magistrati distinguersi solo per diversità di funzione»;

 

ritenuto

 

che la legge 195/58 (come modificata dalla legge 44/2002), mentre attribuisce indiscriminatamente a «tutti i magistrati» l’elettorato attivo, riconosce rilievo alla suddivisione dei magistrati in categorie quanto all’elettorato passivo, istituendo tre collegi unici nazionali a) per i magistrati che esercitano le funzioni di legittimità presso la corte suprema di Cassazione e la procura generale presso la stessa corte; b) per i magistrati che esercitano le funzioni di pubblico ministero presso gli uffici di merito e presso la direzione nazionale antimafia, ovvero che sono desinati alla procura generale della Corte di cassazione a norma dell’articolo 116 dell’ordinamento giudiziario e c) per i magistrati che esercitano le funzioni di giudice presso gli uffici di merito, ovvero che sono destinati alla Corte di cassazione a norma dell’articolo 115 dell’ordinamento giudiziario nel senso che tutti i magistrati sono indifferentemente partecipi dell’elettorato attivo, indipendentemente dalla appartenenza all’una o all’altra categoria, mentre l’elettorato passivo è riconosciuto nei limiti della categoria di appartenenza, sicché l’elettorato passivo trova, come quello attivo, fondamento nella medesima condizione di magistrato ordinario;

che la espressione «magistrati ordinari» impiegata dall’articolo 23, primo comma, legge 195/58 (come sostituito dall’articolo 5 legge 44/2002) per indicare il corpo elettorale dei componenti «togati» del consiglio deve intendersi conforme alla accezione della identica espressione adottata così nell’ordinamento giudiziario (ripetutamente e pure di recente modificato) come nella legge 374/91 (recante istituzione del giudice di pace), là dove la posizione dei magistrati onorari (che come tali appartengono all’ordine giudiziario, costituito dai magistrati professionali, secondo il differenziato lessico del primo e del secondo comma dell’articolo 4 ordinamento giudiziario) è regolata a confronto con quella dei «magistrati ordinari» (articolo 43bis, inserito dall’articolo 10 decreto legislativo 51/1998 in tema di giudici onorari addetti al tribunale ordinario; essendo per altro il giudice di pace – articolo 10 legge 374/91 – tenuto all’osservanza dei doveri previsti per «i magistrati ordinari»), così conferma la discriminazione tra magistrati ordinari e magistrati onorari;

che dalla organizzazione funzionale operata dalla legge si ricava per cento la esclusione dei giudici di pace dall’elettorato attivo, poiché l’articolo 25 della legge 195/58 (come sostituito dall’articolo 7 comma 8, legge 44/2002) riserva l’esercizio del voto – nel seggio costituito presso ogni tribunale – ai «magistrati in servizio presso i tribunali, le corti d’appello, le procure generali presso le corti d’appello, i tribunale per i minorenni e le relative procure della Repubblica, nonché i tribunali di sorveglianza» e la esclusione dall’elettorato attivo necessariamente comporta la esclusione dell’elettorato passivo (essendo elettorato attivo ed elettorato passivo, come già si è osservato, espressione della medesima condizione);

che, infine, la specifica previsione dalla causa di ineleggibilità di cui sub b) del comma 2 dell’articolo 24 legge 195/58 (come sostituito dall’articolo 6 della legge 44/2002) per gli uditori giudiziari e i magistrati di tribunale che al momento della convocazione delle elezioni non abbiano compiuto almeno tre anni di anzianità nella qualifica dà implicata ma sicura conferma che l’elettorato passivo è incompatibile con la temporaneità delle funzioni, connotato questo essenziale del giudice di pace, (che a norma dell’articolo 7 legge 374/91 «dura in carica quattro anni e al termine può essere confermato una sola volta per uguale periodo»);

che dunque a ragione l’ufficio elettorale centrale ha negato che l’avvocato Franco Petrelli, giudice di pace presso l’ufficio di Monza, quale magistrato onorario, rientri nella categoria dei «magistrati che esercitano le funzioni di giudice presso gli uffici di merito» a norma dell’articolo 23 legge 195/58 (come sostituito dall’articolo 5 legge 44/2002, e ha perciò escluso la sua candidatura per il corrispondente collegio nazionale;

che, infondata essendo la censura argomentata in linea principale del ricorrente, sia manifestamente infondata la questione di costituzionalità proposta in subordine nella ipotesi in cui la legge 195/58 sia interpretata nei senso che essa esclude i giudici di pace dall’elettorato attivo e passivo;

che, infatti, da un lato, la espressione «magistrati ordinari» ai quali l’articolo 104, comma 4, Costituzione conferisce l’elettorato attivo in ordine a due terzi dei componenti del Csm non possa intendersi comprensiva pure dei «magistrati onorari», l’ammissione della cui nomina il consecutivo articolo 106 comma 2 rimette alla discrezione del legislatore ordinario («per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli»);

che, dall’altro e correlativamente, nella espressione «appartenenti alle varie categorie», impiegata dallo stesso articolo 104, comma 4, Costituzione per definire l’elettorato passivo, non possano intendersi compresi i magistrati onorari e in particolare i giudici di pace, considerati dall’ordinamento giudiziario non già quale autonoma categoria (articolo 4 regio decreto 12/1941), ma assimilati agli altri magistrati onorari (e agli stessi giudici popolari che compongono la corte d’assise);

che dunque la espressione «magistrati ordinari» impiegata dall’articolo 104, comma 4, Costituzione per definire il corpo elettorale di due terzi dei componenti del Csm valga a designare i magistrati che svolgono professionalmente e in via esclusiva funzioni giurisdizionali, alla cui posizione, come più volte ha riconosciuto la Corte costituzionale, non è comparabile quella dei «magistrati onorari» ai fini della pretesa estensibilità a questi ultimi della speciale indennità di funzione istituita a favore dei «magistrati ordinari» (ordinanze 225/98; 272/99; 479/00);

che, infatti, la posizione ordinamentale conferita ai giudici di pace dalla legge istitutiva (legge 374/91) è caratterizzata dalla investitura onoraria, dalla temporaneità dell’incarico, dall’esercizio non esclusivo della funzione, compatibile, pur con talune limitazioni, con lo svolgimento di attività professionali e con la stessa professione forense, sicché una siffatta posizione ordinamentale, non dissimile da quella degli esperti che compongono le sezioni specializzate e degli stessi giudici popolari della corte d’assise, non corrisponde a quella dei «magistrati ordinari» che, esercitando professionalmente e in via esclusiva la funzione giurisdizionale sul fondamento di un rapporto di pubblico impiego a tempo indeterminato (che li inserisce strutturalmente nell’apparato organizzativo dello Stato, a differenza degli onorari solo funzionalmente inseriti), hanno – essi solo – titolo per esprimere la rappresentanza istituzionale dell’ordine giudiziario nell’organo di autogoverno, a confronto con la diversa qualificazione professionale della componente – di investitura politica – eletta dal Parlamento; che, in conclusione, per le ragioni fin qui argomentate il ricorso dell’avvocato Franco Petrelli debba essere rigettato.

 

PQM

 

La corte rigetta il ricorso.