MAGISTRATURA INDIPENDENTE ASSEMBLEA NAZIONALE Fiuggi Fonte, 11-13 ottobre 2002 Relazione del Segretario Generale Il nostro statuto, rinnovato nellottobre
2000 con il condiviso intento di testimoniare attenzione per una moderna concezione della
giurisdizione e di evidenziare la dimensione di M.I. come soggetto capace di unautonoma
elaborazione culturale, assegna allAssemblea generale dei soci il compito di
deliberare sulle modalità di realizzazione
degli scopi del Gruppo, approvando uno specifico programma (cfr. art. 5). Lassise
rappresenta, quindi, il momento più significativo della vita del sodalizio perché è in
tal sede che non solo si confrontano persone ed idee, ma si verificano e si sistemano i
contenuti, creati al suo interno, nel Consiglio Nazionale[1],
nel Comitato esecutivo[2],
nelle assemblee dei distretti e dei circondari, negli incontri di studio e nei convegni[3],
nel dibattito sul nostro giornale, sulle riviste Critica
penale e Legalità e Giustizia, sul
bollettino dinformazione e, non da ultimo, nel dialettico confronto con le altre
componenti dellAssociazione Nazionale Magistrati e con lAvvocatura. Non vi è dubbio che raggiungere
questo articolato obiettivo appare oggi non agevole atteso che le recenti elezioni per il
rinnovo dei componenti togati del Consiglio Superiore della Magistratura hanno registrato
un deludente risultato non solo in termini di eletti, ma anche per numero di consensi
acquisiti. Tal fatto, sulle cui cause è
indispensabile svolgere unattenta
riflessione, è stato determinato da una
complessiva perdita di fiducia nelle rinnovate potenzialità ideali e culturali di
Magistratura Indipendente, creando così velo non solo alla complessiva intensa attività,
che in questi ultimi anni è stata profusa per riaffermare e diffondere il nostro
patrimonio di idee ma anche al nuovo interesse, che in specie i giovani magistrati avevano
manifestato per la nostra moderazione non disgiunta da fermezza nella difesa dei principi
dellautonomia e dellindipendenza della magistratura. Numerosi osservatori, sicuramente
più abili di me nellanalizzare i dati elettorali, hanno già segnalato i motivi
della vittoria conseguita dal cartello della c.d. sinistra
giudiziaria e, di contro, del nostro
insuccesso, ponendo in definitiva laccento sulla imperfetta comprensione, da parte
di molti magistrati, delle modifiche strutturali apportate dalla legge 28.3.2002 n. 44 ( Modifica alla legge 24.3.1958 n. 195, recante norme
sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura),
atteso che il passaggio dal sistema proporzionale a quello maggioritario imponeva non solo
la individuazione di un numero ristretto di candidati ai quali garantire pieno sostegno
con concreta probabilità di elezione, ma anche una coesione ed un impegno nel sostenerli
da parte dellintero Gruppo, che in realtà - tranne poche eccezioni - non si sono
realizzati. Delusioni territoriali, fanatismi
individuali, incomprensioni e contrasti personali, non disgiunti da mal celate critiche ad
alcune recenti scelte politiche nel contesto della vita associativa, hanno favorito la
presentazione di candidature autonome, chiaramente destinate a non essere premiate, un non
adeguato appoggio ai candidati indicati dal Gruppo, una scarsa sollecitazione degli
elettori più vicini alle nostre posizioni ed, in sostanza, lassenza di un lavoro di
squadra e rassegnazione per un esito, già in partenza da molti paventato come
insoddisfacente. Nellottica di valutare i soli dati numerici si può con certezza
affermare che, se solo una parte dei voti
raccolti dai c.d. candidati autonomi ( quasi tutti provenienti dalle fila di M.I.) fosse
stata convogliata sui colleghi, ufficialmente sostenuti da Magistratura Indipendente, non
solo sarebbe stato eletto Sergio Gallo, ma
anche Gianni Mammone e Franco Lo Voi avrebbero conseguito un numero di consensi più
rispondente alle loro capacità individuali ed al loro impegno personale. La stessa
Simonetta Sotgiu, che nel novero dei candidati da noi appoggiati è colei che ha ottenuto
il più alto numero di consensi, pur senza avere alcuna possibilità di elezione (come era
a tutti noto), avrebbe raccolto una messe di voti più consistente e meno distante da
quella, ampiamente lusinghiera, conseguita dal nostro candidato in Cassazione per le
elezioni del 1998. Questa interpretazione, che molti
offrono al fine di giustificare il deludente risultato definitivo, rappresenta senza dubbio la causa più evidente della nostra
frustrazione, ma è necessario approfondire lanalisi ed affermare con chiarezza che
i motivi sono stati più articolati e complessi. Non
è possibile dimenticare il forte contrasto, che caratterizzò il difficile Consiglio
Nazionale del 27 aprile 2002 quando solo formalmente trovammo consenso sul numero ed in specie sui nomi dei
colleghi, che potevamo concretamente condurre ad elezione. Non è possibile dimenticare
che molti non hanno condiviso la scelta di Magistratura Indipendente di non aderire, in
quel momento storico, allo sciopero proclamato dallAssociazione Nazionale Magistrati
nel giugno 2002 nonché la decisione unanime di tutti i
nostri componenti nel C.D.C. di uscire dalla Giunta A.N.M.. Non è posibilie
dimenticare che altre iniziative, sostenute anche dal nostro Gruppo al fine di
rappresentare alla collettività le difficoltà in cui operano i magistrati italiani, in
specie di fronte ad una azione del Governo non
protesa a risolvere i veri nodi dellinsoddisfacente funzionamento del sistema giustizia, non hanno trovato piena adesione
ed hanno indotto alcuni a manifestare criticabili valutazioni. Non è possibile
dimenticare che in alcuni casi la nostra azione è apparsa poco incisiva e troppo
condizionata dallintento di rappresentare una non facile sintesi delle diverse
sensibilità presenti nel sodalizio e ciò allevidente scopo di mantenerne lunità.
Non è possibile dimenticare che la vivace dialettica interna alla nostra ex
rappresentanza consiliare, non disgiunta da troppe divisioni su pratiche di ampio impatto
mass-mediatico, ha creato disorientamento fra i colleghi ed ha favorito ben riuscite
campagne di disinformazione, amplificate dallevidente interesse degli altri gruppi
associativi a rappresentarci falsamente come filo-governativi. Non è possibile
dimenticare che è sempre viva - ed anzi in questi ultimi tempi si è riaccesa - la ben
nota disputa su come il magistrato debba interpretare e vivere la propria funzione, se in
sostanza sia preferibile un giudice colto, pago
del suo sapere o un giudice consapevole della
sua funzione e degli strumenti di cui dispone per operare nella realtà. Se non si pone attenzione a questi ed
altri fatti, che complessivamente considerati
hanno costituito lhumus del mancato sprone per unincisiva ed
efficiente campagna elettorale, si corre il rischio di affrontare un dibattito monco e di
disperdersi in infruttuose contrapposizioni,
volte solo a soddisfare legocentrismo personale od a trovare un capro espiatorio,
cui addossare tutte le colpe per quanto accaduto. Pur se la posizione di segretario
generale, che già nello scorso luglio ha preannunciato ed oggi formalmente presenta le proprie dimissioni, potrebbe indurmi a
prediligere una superficiale disamina dellesistente ed a ricordare solo i risultati
positivi conseguiti in quattro anni di dirigenza del Gruppo (non sono stati pochi), così
sperando in qualche tiepido ringraziamento per poi uscire di scena, la immutata affezione
che da venti anni coltivo per gli ideali di M.I. mi induce a tentare, ancora una volta, di
fornire un contributo per cercare di eliminare
incertezze, equivoci ed incomprensioni nonché per dipanare il nodo culturale, che è alla
base della duplicazione di anime, che da lungo tempo - come già rappresentava Mario
Cicala nel 1991 - alimentano il nostro agire politico. Tradizionalmente i valori fondanti di
Magistratura Indipendente, che hanno caratterizzato la sua storia, il suo impegno
culturale e la sua identità nellambito associativo sono stati, oltre alla convinta
difesa dellautonomia e dellindipendenza della magistratura, lequilibrio
e la moderazione. Laffermazione di queste qualità, riprese in tempi recenti anche dagli altri gruppi
associativi, trae fondamento dalla consapevolezza dellimportanza della funzione
giurisdizionale ex se, come attività
istituzionalmente preposta a riaffermare la legalità violata, a dicere jus, a rendere Giustizia. La progressiva crescita dellintervento
giudiziario, chiamato a risolvere controversie sempre più delicate e complesse, spesso
imprevedibili, della vita democratica e come tale inevitabilmente destinato a suscitare
reazioni di tipo diverso, da quelle di plauso a quelle di aperta insoddisfazione, ha
rafforzato lesigenza di un modello di giurisdizione ispirato ai canoni dellequilibrio
e della moderazione. Tutto questo ha comportato la necessità di esprimere, anche sul
piano formale ed esteriore, quella compostezza, che è
componente essenziale della Giustizia.
Apparire, non solo essere, responsabili ed
equilibrati ! Moderazione ed equilibrio: non è difficile
comprendere quali siano le molteplici articolazioni concettuali di questi due principi.
Significa rispetto della separazione dei poteri e dunque della funzione assegnataci di
rigoroso controllo dellillegalità. Significa lealtà istituzionale, che implica
corretta osservanza delle altrui sfere di competenza, senza indebite interferenze, che
indeboliscano la democrazia nel suo metabolismo vitale. Significa esclusiva soggezione
alla legge e dunque rifiuto di ogni collateralismo, non solo politico, ma anche culturale.
In questa ottica Antonello Mura ed io, nellinviare ai colleghi gli auguri per il
Natale 2001, riprendemmo unosservazione di Enrico Redenti:
in qualche figurazione dei secoli scorsi vediamo
limmagine della giustizia bendata, non per assimilarla maliziosamente alla fortuna,
ma per significare che deve essere insensibile non solo al fascino delloro ma a
qualunque suggestione estranea. Siamo, in realtà, convinti che la
giurisdizione e lesercizio dellazione penale sono funzioni neutre, che non si
prefiggono altri obiettivi se non lapplicazione imparziale della legge. Tali
radicate convinzioni si traducono nella individuazione di un modello di magistrato, che
sia intransigente verso gli altri come verso sé stesso, attuatore obiettivo dei principi
di verità e giustizia nel processo, assolutamente riservato nei rapporti con la stampa,
deontologicamente irreprensibile e soprattutto
difensore della neutralità della sua funzione. Neutralità, peraltro, intesa non come burocratico adempimento dei propri compiti
, ma come consapevolezza che il rispetto del principio di eguaglianza di tutti i cittadini
di fronte alla legge impone un forte impegno per far prevalere la legalità; per far ciò,
è necessario anzitutto non avere collegamenti di alcun genere con gruppi politici o di
partito ed, ancora più, evitare di assumere improvvidi atteggiamenti, che possano
risultare graditi a chi governa o a chi svolge il ruolo di opposizione al fine di ottenere
un grato consenso o qualche citazione sui giornali. Tuttavia la rivendicazione di queste idee e di
questi principi non sempre è stata colta nella sua valenza positiva, perché spesso gli
organi di informazione ci hanno attribuito, e continuano, letichetta di ala
<moderata> della magistratura nel senso involutivo del termine, come componente
<reazionaria>, <conservatrice>. Ma qual è il moderatismo di M. I.? E qual è il
significato del termine <moderato>? Vuol dire essere di destra? Il regista Nanni Moretti, come ricordai allultimo
congresso A.N.M., ha scritto su Repubblica ( 5 febbraio 2002): Io sono un moderato. Infatti voto Democratici di
sinistra. Rivendicare un atteggiamento moderato implica un
modo di essere acritici, asettici ed acquiescenti? Ma acquiescenti a chi? Sempre Moretti nellarticolo citato ha
osservato: ma essere moderati non significa
essere passivi, rassegnati
. Al
di là del significato del termine e della relatività di certe distinzioni,
<destra> <sinistra>, <riformisti> <rivoluzionari>, superate dalla
storia e dalla crisi delle ideologie che ha caratterizzato lultimo periodo del
secolo scorso, ed al di là della omologazione di idee guida che attraversa
trasversalmente la magistratura associata, noi di M.I. crediamo nel valore della
moderazione, ne siamo profondamente convinti. E siamo moderati non nel senso politico del
termine, bensì in quello istituzionale, come senso di responsabilità inerente allistituzione,
come matura, spesso sofferta, consapevolezza di un ruolo sempre più complesso e sempre
più problematico. In questa dimensione deontologica non trovano spazio le inutili
polemiche, i toni aspri, le frasi ad effetto e
gli slogan, gli atteggiamenti di eccessiva
disinvoltura, che non si addicono alla nostra funzione e rischiano solo di mettere in
discussione i valori costituzionali dellautonomia e indipendenza, che garantiscono
non la magistratura ma la giurisdizione e quindi la Democrazia.
Se, quindi,
moderazione non significa acritica
acquiescenza alle posizioni dei potenti di turno, ma solo rigoroso rispetto dei confini
assegnati alla magistratura dalle leggi, Antonello Mura ed io non siamo stati certo
disposti ad accettare lezioni di coraggio o di coerenza da parte di alcuno poiché il
confronto dialettico delle idee, sempre positivo, non può trasformarsi nel predominio di
una od altra opzione culturale ma deve rappresentare la sintesi delle diverse sensibilità
affinché lunità di intenti non si trasformi in unanimismo di facciata, utile solo
per conseguire vantaggi corporativi. Su queste premesse Magistratura Indipendente,
che non ha collegamenti di sorta con alcuno e che per tal motivo in più occasioni è
consegnata al silenzio dalla stampa, ha
intessuto fino al giugno scorso, allinterno ed allesterno della A.N.M., un
serio confronto con chiunque, rifuggendo da personalismi e da convenienze del momento,
intendeva contribuire a costruire un sistema normativo sostanziale, processuale ed
ordinamentale più snello, più incisivo e soprattutto più adeguato alla domanda di
giustizia, che proviene dai cittadini. In questo contesto abbiamo rifiutato la sterile
polemica, la provocazione ed il rimbalzo di responsabilità e ciò non per paura di essere
individuati come pavidi vassalli della pretesa egemonia culturale di qualcuno o della
superiorità numerica di altri, ma perché, consapevoli della nostra identità e dei
nostri valori ideali, abbiamo ritenuto più utile e più serio affrontare i temi della
irragionevole durata dei processi, di come smaltire un abnorme contenzioso civile, di come
attuare i principi del giusto processo tutelando non solo i diritti dellimputato, ma
anche quelli della parte offesa, solitamente dimenticati; per domandarci, poi, quali siano
i rimedi più opportuni per restituire efficienza al
sistema ed evitare che lo stesso, scosso dalle emozione del momento, oscilli fra periodi in cui si predilige il formalismo delle garanzie ed altri in cui si
attua il classico giro di vite. Di tanto convinti, attraverso un intenso
confronto ideale, franco e perciò non privo di asprezze, allinterno dellAssociazione
Nazionale Magistrati avevamo contribuito ad elaborare una piattaforma ideale comune, in
cui si riconosceva la stragrande maggioranza dei giudici e dei pubblici ministeri
italiani. Ciò ha consentito lunghi anni di gestione pressoché unitaria della ANM con un evidente vantaggio in
termini di incisività e credibilità delle nostre prese di posizione. Questi positivi risultati non hanno fatto venire
meno le differenti sensibilità, che sono
proprie di ciascuno gruppo associativo, né le differenti visioni etiche cui ciascuno si ispira. Ciò non era del
resto neppure negli obiettivi della elaborazione della A.N.M., volta a raggiungere una
comune cultura della giurisdizione, valida per tutti. Una comune cultura, che
potesse essere in piena onestà intellettuale prospettata come valida a tutti i partiti ed
i movimenti di opinione presenti nella società civile. La ricerca ed il continuo raggiungimento di
espressioni ideali, in cui possa riconoscersi la stragrande maggioranza dei magistrati
italiani, richiede un vivace dibattito interno
alla A.N.M., che oggi possiamo proficuamente affrontare solo se nel nostro Gruppo si
raggiunge una coesione di intenti e si realizza unazione
corale, che non sia condizionata - così come
è avvenuto in questi ultimi tempi - dallesigenza di rappresentare non tanto la
comune condivisione dei valori di fondo, che ho brevemente ricordato, quanto piuttosto lattuazione
pratica degli stessi. Da alcuni mi è stato rimproverato di non aver
adeguatamente rappresentato le valutazioni critiche di M.I. in alcune occasioni
significative (modifiche normative, disegni di legge e dichiarazioni di rappresentanti
politici, sicuramente offensive per la dignità dei magistrati). Se così è apparso, la
causa va individuata non già nel personale apprezzamento per riforme normative (quali, ad
esempio, la legge sulle rogatorie o sul falso in bilancio) o per disegni di legge (quali,
ad esempio, il testo Pittelli o quello sul legittimo sospetto)
o per le numerosissime ingiuriose accuse, che reiteratamente
uomini politici rivolgono ai magistrati, quanto piuttosto da un arduo
sforzo, che Antonello Mura ed io abbiamo profuso per tentare di interpretare compiutamente
il pensiero di tutta M.I., evitando che di volta in volta solo una parte di essa potesse
essere soddisfatta dallagire del gruppo dirigente. Mi appare, peraltro, utile indicare le linee
direttrici, che dovrebbero costituire la bussola per la futura attività del nostro Gruppo
e tanto vale non solo per coloro, che ricopriranno le cariche di vertice, ma anche per
tutti quelli, che nei singoli distretti saranno chiamati
ad operare. In un momento di grande delicatezza della
stagione delle riforme istituzionali e di forte scontro politico (è sufficiente pensare a
quanto avvenuto ieri in occasione dellapprovazione di una pessima legge in tema di
legittimo sospetto), Magistratura Indipendente deve riaffermare il proprio impegno nella
tutela dei valori costituzionali della giurisdizione, respingendo con convinzione la
logica del bipolarismo così in campo associativo come nel dibattito in corso
nel Paese sui temi della giustizia. Il rifiuto di ogni forma di collateralismo, che
ha sempre ispirato lazione di M.I., deve trovare nellattuale quadro politico
occasione di nitida dimostrazione, con la ulteriore denuncia dellinadeguatezza delle
iniziative governative e di maggioranza in materia di giustizia (per il d.d.l. sullordinamento
giudiziario che, nonostante le modifiche apportate, non risponde alle esigenze dellassetto
costituzionale della giurisdizione; per i progetti in materia processuale, non ispirati
alla necessaria logica della razionalizzazione dei tempi dei processi, ed anzi in
controtendenza rispetto ad essa; per la grave e continua delegittimazione delloperato
della magistratura): una denuncia fermissima ed inequivoca, al pari di quella a suo tempo
rivolta da M.I. allazione delle maggioranze di centro-sinistra, che - a loro volta
inadeguate ai delicatissimi compiti istituzionali connessi alla giustizia - hanno posto le
basi per la crisi, che oggi la giurisdizione attraversa (basti pensare alle leggi Pinto e
Simeone-Saraceni nonché a quella sulle indagini difensive). Su questa linea bisogna esprimere la convinzione che, se dovessero
prevalere come anche al nostro interno si propone - le spinte ed i concreti
comportamenti volti a schierare la
magistratura sulluno o sullaltro versante politico o comunque a proporre
improvvide stabili alleanze con U.P.C., la partita di fondo sarebbe irrimediabilmente
persa: unIstituzione che entra
comunque nel gioco politico-partitico non può non subire un notevole ridimensionamento
del proprio ruolo e non può non essere esposta ed in definitiva accettare le ondivaghe
pulsioni del potere politico. Ne risulta lesigenza di valorizzare le
proposte culturali ed ideali, che già in passato Antonello Mura ed io abbiamo avanzato. In coerenza col doveroso approccio oggettivo ai
problemi, va anzitutto riconosciuta lassoluta inadeguatezza della risposta di
giustizia che il sistema oggi fornisce alle aspettative dei cittadini. Linee dazione
prioritarie mi appaiono, di conseguenza: - limpegno
per il recupero dellefficienza nel funzionamento della giustizia, con ricerca di una
maggiore produttività che, peraltro, non svilisca la funzione giurisdizionale in una
prospettiva aziendalistica, di mero efficientismo. Quindi: misurazione della laboriosità;
ricerca di modelli organizzativi diversi da quelli tradizionali; attenzione al rapporto
costi-benefici sul versante organizzativo; formazione professionale dei dirigenti degli
uffici ed accentuazione dei loro poteri organizzativi, correlata ad una reale
responsabilità di gestione; abbandono dellaccentramento burocratico ottocentesco in
favore di una maggiore flessibilità organizzativa; temporaneità degli incarichi
direttivi (si può prendere a modello la
previsione per la nomina e la conferma del Procuratore Nazionale Antimafia) più pregnanti
verifiche per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente o viceversa; -
la formazione professionale continua del magistrato, organizzata con garanzie di
pluralismo e di non condizionamento che si connettono al governo autonomo della
magistratura, e funzionale non soltanto alla necessaria specializzazione, ma anche a
garantire laffinamento di quelle doti culturali, di carattere e di comportamento e
di quelle sensibilità di fondo che costituiscono la base indispensabile per un giudice
imparziale. In tale prospettiva potrebbe essere utile non solo rendere obbligatoria, e non
facoltativa come oggi avviene, la partecipazione periodica a momenti di aggiornamento
professionale, ma anche prevedere che luditore giudiziario allatto del
conferimento delle funzioni sia assegnato per almeno un biennio ad organi giudicanti
collegiali. Ciò perché è indispensabile mantenere il necessario radicamento del
pubblico ministero nella cultura della giurisdizione ed è quindi opportuno che luditore,
nel confronto collegiale, maturi una corretta consapevolezza della prova ed acquisisca nel
corso delle udienze il rispetto del principio del contraddittorio tra le parti come regola
immanente; - limpegno per la tutela dellindipendenza
della magistratura, quale valore funzionale allimparzialità del giudizio e, quindi,
allaffermazione concreta del principio costituzionale di eguaglianza di tutti i
cittadini dinanzi alla legge. Su altro versante la consapevole responsabilità
della funzione non va disgiunta dalla legittima pretesa di un adeguato trattamento
economico. Magistratura Indipendente deve rimarcare la propria distanza da tutti gli altri
gruppi associativi, accomunati dal rifiuto di una reale trattativa sulla perequazione del
trattamento economico, falsamente rappresentata come mercimonio dellindipendenza
della magistratura, mentre in passato era stata sempre prospettata come coessenziale alleffettiva
realizzazione dellindipendenza medesima nonché protestare con vigore contro lassenza
nella legge finanziaria di qualsiasi previsione economica o di carriera per i magistrati.
In tale contesto risulta del tutto non condivisibile la proposta di innalzare letà
pensionabile per i magistrati atteso che tal fatto non solo rallenterebbe la progressione
di funzioni per moltissimi magistrati ma non apporterebbe alcun reale beneficio alla
complessiva funzionalità del sistema giudiziario. Daltro lato, alla strumentalizzazione
della magistratura quale detonatore e capro espiatorio delle contraddizioni esistenti
sulla scena politica, M.I. deve reagire richiamando i magistrati al proprio ruolo e al
peso, politico e civile, che il corretto assolvimento delle proprie funzioni è in grado
di esercitare a tutela dei diritti costituzionali dei cittadini: compito dei magistrati
è, nel riserbo, laffermazione per sentenza dei diritti, la conduzione legalitaria
delle indagini, lintelligente ed evolutiva interpretazione delle leggi, e non invece
la sottoscrizione dei programmi elettorali dei partiti, la partecipazione alle loro
manifestazioni propagandistiche od ai girotondi,
lesternazione delle proprie opinioni politiche. Questi ultimi sono, infatti,
comportamenti contrari allo spirito della Costituzione e al nostro Codice deontologico. Sono convinto che la civiltà giuridica si
sostanzia in un complesso articolato di valori, che possono in taluni momenti apparire in
conflitto fra di loro; la giurisdizione è il luogo ove magistrati indipendenti ed
imparziali danno concreta attuazione al contemperamento ed alla integrazione di valori e
interessi diversi, compiuti dal legislatore, accertando i fatti in conformità alle norme
processuali e valutandoli secondo legge. Il moderatismo, di cui ho parlato, deriva dalladesione
profonda ai valori della Istituzione cui apparteniamo, che si caratterizza per la sua
apoliticità, cioè per la capacità di collocarsi in posizione terza rispetto alle
polemiche proprie dei partiti, che legittimamente si propongono alla guida politica del
Paese. Lesigenza di apparire - oltre che essere -
terzo ed imparziale, impone al magistrato di esprimere le sue convinzioni in forme
equilibrate e pacate, nel rispetto di coloro con cui entra in dialogo e, se necessario, in
polemica, apparendo peraltro anacronistica la visione di un giudice solo bocca della legge ed affermandosi
invece la funzione del magistrato come soggetto, che partecipa con contributo tecnico allelaborazione
normativa. Dobbiamo
anche con i nostri atteggiamenti esterni meritare la fiducia dei cittadini, di tutti i
cittadini a qualunque partito diano il voto, e non ricercare il consenso da tifoseria.
Perciò abbiamo il dovere di dialogare con tutti coloro che al dialogo siano disposti; di
confrontarci con il Governo senza debolezze e senza preconcetti; così come ha fatto la
Giunta dellA.N.M. nella breve, ma incisiva e costruttiva, presidenza di Antonio
Patrono. La consapevolezza della impossibilità di
tracciare linee di confine marcate e nette, collocando tutto il male da un lato e tutto il
bene, dallaltro non mi esime dal dovere di esprimere un giudizio sui fatti di questi
ultimi tempi. Sono convinto che la magistratura nel suo insieme, in particolare in quel
complesso di attività che hanno dato luogo ai processi sulla criminalità organizzata o
che vengono etichettate sotto limpropria denominazione di mani pulite,
ha svolto un ruolo altamente positivo per la nazione italiana: ha posto in essere un
tentativo, da alcuni osteggiato e vilipeso, di ricondurre il nostro sistema sociale sotto
la legge, e quindi di renderlo capace di affrontare la sfida della modernità in un
mercato globale ed in unEuropa unita. La coscienza di aver adempiuto al nostro ruolo
in forme complessivamente positive ci legittima ancora a sottoporre a critiche il sistema
processuale penale italiano, che sempre più appare fondato sulla sistematica sfiducia nei
confronti dei magistrati. In tal modo non risulta facile spiegare alla collettività che
la crisi gravissima in cui versa la giustizia non dipende esclusivamente da una farraginosa organizzazione degli uffici giudiziari
e da un non sempre adeguato impegno dei magistrati, anche se questa visione è largamente
condivisa nellimmaginario collettivo. Il moderatismo consente, però,
anche di riconoscere i pericoli insiti in una visione del giudiziario che ponga al suo
centro esclusivamente i risultati delle indagini preliminari (anziché quelli dellistruttoria
dibattimentale in contraddittorio), svilendo infine la sentenza. Occorre una valorizzazione del potere e del
ruolo del giudice, in ogni suo aspetto, penale e civile; occorre creare strumenti
operativi perché il giudizio civile e penale sia efficace, rapido ed effettivo. Troppo spesso i confini fra giurisdizione civile e
giurisdizione amministrativa sono stati tracciati declassando la giurisdizione ordinaria a
giurisdizione pattumiera, su cui scaricare il lavoro più faticoso, più
ripetitivo e di minor importanza. Lespansione delle c.d. Autorità indipendenti
appare rivolta nella medesima direzione cosicché assistiamo ad un processo progressivo di
marginalizzazione del magistrato ordinario. Aspetti non meno importanti di questa tendenza
sono lassenza di mezzi e strumenti che sorreggano ogni aspetto della giurisdizione,
ed un declassamento retributivo che rischia di trasformare la professione di magistrato
ordinario in un mestiere residuale appetibile solo per pochi anacoreti e per molti
incapaci di trovarsi una attività più appagante. Questa rivendicazione senza iattanza di una
funzione ragionevolmente svolta legittima tutti noi alla difesa dellattuale sistema
fondato sulleffettiva indipendenza della magistratura e sullappartenenza del
pubblico ministero allordine giudiziario, in quanto tale sistema ha reso possibile lesplicazione
del necessario controllo di legalità. E legittima a proporre riforme, che tendono a
rendere più responsabile ed incisivo il governo autonomo, respingendo nel contempo le
pretese di istituire forme di eterogoverno della magistratura. E il CSM a dover
essere posto in grado di meglio individuare le cadute di professionalità, sia che esse
assumano la forma della pigrizia, sia che si concretino in atti di protagonismo od in
violazioni del rispetto dovuto al cittadino che entri in rapporto con lapparato
giudiziario; un CSM che, peraltro, concepisco come sempre più attento anche a rispettare,
nella sua azione, lautonomia dei singoli magistrati e le loro propensioni culturali
in ambito extra-giudiziario, ad assicurare trasparenza nellassegnazione di sedi e
funzioni, e ad evitare che strumentali attacchi alloperato giudiziario del
magistrato (come avviene con le migliaia di esposti allanno che pervengono al
Consiglio) possano con logica burocratica trasformarsi in fattori negativi, di ritardo e dingiustizia,
per la progressione in carriera. Queste
sintetiche osservazioni risulterebbero incomplete se non adempissi al dovere di
rappresentare, se pur in estrema sintesi, le attività - di carattere politico, culturale
ed organizzativo - che sono state condotte in questi anni da me con il prezioso contributo
di Antonello Mura e Gianni Mammone. Non
è vero, come qualcuno ingenerosamente ha voluto sostenere, che i convegni realizzati
dalla mia segreteria si siano distinti per scarsezza di mezzi e per povertà culturali. E,
invece, vero il contrario: non solo siamo riusciti, con le nostre uniche forze e senza
alcun finanziamento esterno, che pur ci era stato offerto, ad organizzare gli incontri di
Cagliari e di Firenze, che hanno riscosso diffuso apprezzamento (sia organizzativo che culturale), ma siamo
riusciti a pubblicarne gli atti, rinnovando - da ultimo una prestigiosa
collaborazione con la rivista Legalità e giustizia,
della quale già tutti gli iscritti hanno ricevuto il volume del 2001 ed a brevissimo
riceveranno i primi due del 2002, senza alcun
onere finanziario per i singoli. Né vanno dimenticati i partecipati incontri di Palermo
in occasione del 9° anniversario della morte
di Paolo Borsellino (luglio 2001) e quello di Roma, presso luniversità L.U.M.S.A.
sulla tema dellautogoverno (aprile 2002), che hanno costituito ulteriori occasioni
per rappresentare le nostre proposizioni culturali. Le
attività culturali ed il dibattito associativo
hanno trovato ulteriore diffusione non solo con
il bollettino curato da Mimmo Nastro con il contributo di altri colleghi (Gianni Mammone,
Pietro Dubolino, Mario Cicala
), ma anche e soprattutto con lintelligente
opera di Iside Russo, che dirige il nostro giornale, e di Orazio Dente Gattola, che ha
curato con costante dedizione il sito Internet, dal quale magistrati, avvocati,
giornalisti e semplici cittadini apprendono in tempo reale notizie, che comunque
riguardano il settore giustizia. A
questi colleghi manifesto un sentito ringraziamento per la preziosa collaborazione, che
senza dubbio è stato anche il motivo di alcuni positivi risultati politici raccolti in
occasione del rinnovo del C.D.C. della A.N.M. nel 1999 e di competizioni elettorali per il
rinnovo delle giunte locali dellA.N.M.. Quanto
ai profili più strettamente amministrativi, ritengo di aver consistentemente rimpinguato
le fonti economiche di M.I. (tutte
rigorosamente rappresentate dalle quote associative), pur avendo affrontato impegnative
spese sia per rinnovare totalmente gli strumenti operativi e la nostra sede sociale, per corrispondere (cosa mai
avvenuta prima) a tutti i gruppi locali contributi per gli anni solari 2000 e 2001 nonché
per affrontare lorganizzazione di convegni e competizioni elettorali. La
mia opera è stata improntata alla perfetta trasparenza e ciò ho fatto per proseguire una
tradizione ben collaudata. Sicuramente vi saranno state manchevolezze ed errori, di cui
sono pronto ad assumere ogni responsabilità. Ma ciò che più mi interessa, in queste
battute conclusive, è ricordare - sul piano politico - che le divisioni generano
debolezza e perdita di autorevolezza nei confronti dei nostri interlocutori. Più che mai
in un momento difficile per il nostro futuro è necessario riaffermare lunità del
Gruppo, per cui mi sono battuto in questi anni. Il
Presidente della Repubblica, in occasione della sua recente visita a Benevento, ha
affermato che è necessario pensare in positivo, evitando sterili contrapposizioni fra le
parti perché ed ha ricordato il motto di tal città: concordes in unum. Ritengo
che tal alto richiamo possa attagliarsi alla attuale situazione di Magistratura
Indipendente ed è per questo che auspico: non
perdiamoci di vista. Fiuggi,
11 ottobre 2002.
Fausto Zuccarelli [1] Dallottobre 2000 ad oggi il Consiglio Nazionale di M.I. si è riunito nelle seguenti date: 29.12.2000, 1.6.2001, 26.11.2001, 8.2.2002, 5.4.2002 e 27.7.2002. [2] Dallottobre 2000 ad oggi il Comitato esecutivo di M.I. si è riunito nelle seguenti date: 29.10.2000, 14.5.20011, 1.6.2001, 26.11.2001 e 5.4.2002. [3] Convegno di Cagliari (5-7 maggio 2000) su Lefficienza della giustizia tra nuovo modelli processuali e prospettiva europea e convegno di Firenze (23-25 novembre2001) su Ruolo della magistratura e tutela dei diritti dei cittadini. |