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           Pubblico questo stimolante intervento di Sergio Gallo al recente dibattito che ha avuto luogo all’assemblea nazionale di Fiuggi tenutasi nello scorso mese di ottobre

o.d.g.

                 UN FUTURO PER M.I.

                                                    Sergio Gallo

 

 E’ questo un momento davvero importante nella lunga storia di MI perchè  particolarmente critico della sua stessa vita.

Voglio però, avendo deciso di non intervenire nè con discorsi nè con scritti nel periodo immediatamente successivo alle elezioni per il Csm, dire brevemente alcune cose.

Voglio cioè in primo luogo dirvi che ero orgoglioso, sono orgoglioso e sarò sempre orgoglioso di appartenere a M.I., a questa splendida comunità di magistrati, donne e uomini, liberi.

E voglio ringraziarvi per l’opportunità che mi è stata concessa  perchè ha significato un riconoscimento per il mio lavoro ma non sotto il profilo meramente personale bensì quale responsabile di un gruppo locale, come quello napoletano, che in questi anni ha tenuto la scena con le sue professionalità, con le sue idee, con le sue iniziative.

Tutto ciò premesso dico con estrema franchezza e proprio per il particolare momento che stiamo vivendo che un gruppo dirigente serio non può che procedere ad una attenta analisi, revisione ed anche autocritica individuando con precisione le cause che hanno provocato la sconfitta elettorale di MI.

Dico con estrema chiarezza che sono cause per la maggior parte endogene.

La nostra crisi, paradossalmente ma non tanto, ha una sua origine temporale ben precisa e va collocata nella vittoria elettorale della Casa delle libertà. Invero fino a quel momento avevamo gioco facile ad attaccare l’Esecutivo di centro-sinistra su molti temi, a cominciare dalla Legge Pinto, e soprattutto avevamo quasi un ruolo propulsivo rispetto alla inerzia della sinistra giudiziaria.

Dopo la vittoria elettorale del centro-destra le cose sono cambiate sia perchè molti iscritti, simpatizzanti e dirigenti avevano votato per il cambiamento e dunque vi era una aspettativa legittima a che il nuovo Esecutivo sentito più vicino, quantomeno nelle idee e negli uomini, approntasse una riforma della giustizia nel segno della efficienza e comunque preservando la tutela della dignità dell’ordine giudiziario sia perchè taluni esponenti del Gruppo venivano chiamati a collaborare direttamente col Ministro della Giustizia.

Ebbene dobbiamo dire con estrema franchezza che buona parte di quelle aspettative sono andate deluse: infatti a fronte del continuo, reiterato e ripetuto invito del Capo dello Stato a dare una risposta alla richiesta di efficienza del sistema giustizia, si sono succeduti interventi normativi di natura sostanzialmente emergenziale con scopi differenti da quella esigenza  primaria sentita da tutti.

Interventi emergenziali diretti a raggiungere scopi ben più immediati e contingenti legati a situazioni processuali ben precise e dunque  così viene licenziata la legge sul falso in bilancio e sulle rogatorie e la legge Cirami sul legittimo sospetto.

Contemporaneamente viene approntato un disegno più generale il cui unico scopo è quello di ridimensionare il ruolo del potere giudiziario: di qui la riforma elettorale del CSM e la proposta di riforma dell’ordinamento giudiziario.

A fronte di queste iniziative sia dell’Esecutivo sia del Parlamento iniziano manifestazioni anche plateali di protesta di larghi settori della magistratura. Non dubito che a volte si sia trattato di manifestazioni pretestuose e certo non spontanee benchè si sia voluto far credere il contrario ma è innegabile che le stesse riscuotano un notevole successo nei colleghi.

Giustamente ci dissociamo dalle forme di protesta più esasperate e pur tuttavia in quel contesto si verifica un primo incidente di percorso: la critica di un nostro autorevole esponente al discorso pronunciato da Maurizio Laudi nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario a Torino.

Non voglio entrare nel merito della polemica ma già allora si evidenziano le tre cause endogene del nostro futuro crollo:

1) mancata percezione di quello che noi, nel nostro documento definiamo un trend, una tendenza cioè di insofferenza di larghi settori della magistratura alle iniziative del nuovo Esecutivo;

2) l’uso degli strumenti telematici per la propagazione e il coordinamento di idee e iniziative;

3) la chiara percezione esterna di contrasti molto vivaci all’interno di MI.

Se ci fate caso è la situazione che poi si riproporrà di lì a cinque mesi in relazione alla vicenda dello sciopero prima e delle elezioni per il Csm poi.

La differenziazione interna di MI è poi rimarcata al Congresso nazionale dell’ANM di Salerno perchè dobbiamo dirci ancora una volta con estrema franchezza che se lì vi sono stati due discorsi del tutto antitetici ebbene non è difficile individuarli in due autorevoli esponenti proprio di M.I.

Voglio poi solo brevemente accennare alle vicende del Consiglio nazionale di MI per la designazione dei candidati al CSM. Su quanto è realmente accaduto avrei molte cose da dire ma mi sono sempre astenuto dal farlo anche quando ho letto di recente un intervento di uno strano personaggio siciliano il quale dice cose non corrispondenti alla realtà dei fatti e che non ho ancora capito bene per quali motivi ha inteso candidarsi autonomamente.

Per quanto mi riguarda non lo ritengo meritevole di alcuna replica perchè la mia formazione culturale è sempre stata improntata ad un sano antindividualismo e per me conta più la comunità in cui mi riconosco che estemporanee prese di posizioni che poi alla fine danneggiano la comunità medesima.

Ciò per quanto riguarda il passato, per il futuro a livello propositivo mi richiamo e mi riporto integralmente al nostro documento nonchè al documento inviato al Presidente e al Segretario Generale col quale il gruppo napoletano ritiene necessario dare un forte segnale di aggiornamento del gruppo dirigente.

Tuttavia quel documento accenna ad un punto che ritengo invece doveroso approfondire sia pure brevemente ed è quello dell’accettazione o meno della logica bipolare e dunque degli sviluppi del potere giudiziario in un sistema maggioritario.

Argomento complesso e che richiederebbe un convegno.

Vi dico sinceramente che nulla mi spaventa ed anche la possibilità di una mutazione genetica del potere giudiziario da potere neutro per eccellenza a potere concorrente dell’indirizzo politico, peraltro già largamente teorizzato da alcuni settori della magistratura, non mi coglierebbe di sorpresa anche alla luce delle analisi comparativistiche che si succedono.

E pur tuttavia sono pur sempre convinto,  essendo legato ad una concezione organica dello Stato ed attratto dalle ricostruzioni della magistratura come organo dello Stato-comunità, che qualunque opzione culturale venga scelta il potere giudiziario non possa non essere in un sistema di Stato di diritto che un potere neutro, anzi il potere neutro per eccellenza.

Accenno solo brevemente agli argomenti che porto a sostegno di questa tesi, che poi è la base della concezione tradizionale di Magistratura Indipendente.

La funzione giudiziaria, per quanto ingigantita, per quanto snaturata da una continua richiesta di supplenza che proviene dalla comunità nazionale, non può partecipare appieno alla funzione di indirizzo politico.

In caso contrario la magistratura diviene non solo soggetto politico ma anche soggetto politicamente responsabile e dunque controllabile.

Dunque la politicizzazione dell’attività giudiziaria provocherebbe una conseguente richiesta da parte del sistema politico di controllo e la fine di ogni indipendenza.

Infine la situazione attuale è ben diversa da quella dei primi anni ‘90: lì un potere neutro quale la magistratura rischiava di non essere più tale per il suo interventismo e la sua funzione di supplenza. Oggi lo scenario è del tutto opposto laddove in una fase di riappropriazione delle prerogative della politica la perdita della neutralità della magistratura significa perdita di autonomia e indipendenza ed assunzione di una funzione di supporto di questo o quello schieramento politico.

Sono dunque convinto che la logica del bipolarismo potrebbe divenire deleteria non per MI ma per la magistratura tutta e sono convinto che la stragrande maggioranza dei giudici desidera solo svolgere il proprio compito nel rispetto della dignità del proprio ruolo.

Dunque sempre con più forza dobbiamo riaffermare il nostro programma sintetizzato in tre concetti: autonomia, indipendenza e apoliticità.

Afferma l’attuale Vice-Presidente del Consiglio che compito della politica è quello di rendersi indipendente dal potere giudiziario.

Mi sembra una istanza corretta e noi dobbiamo contribuire a ciò affermando che compito della magistratura è quello di rendersi indipendente dal potere politico.

Solo così può avere ancora un senso il dettato costituzionale ma anche l’evoluzione istituzionale dei Paesi occidentali. Solo così noi rendiamo un servizio al Paese.

In caso contrario attueremo un collaborazionismo della peggiore specie e soprattutto per nulla richiesto.

Concludo dicendo che la svolta di MI passa attraverso una modernizzazione del proprio messaggio ma anche e soprattutto attraverso un pieno recupero della propria identità e del senso di appartenenza.

Solo così la nostra comunità potrà riprendere un cammino difficile ma affascinante e per far ciò occorre la condivisione sentita e reale da parte di tutti e l’abbandono definitivo di spinte individualistiche.