cariche.jpg (7757 bytes)

MAGISTRATURA INDIPENDENTE

Comitato direttivo centrale 24.5.03

Appunto di Giulio Romano

 

OBIETTIVI

 

1)      Riconoscimento del principio secondo il quale ogni magistrato, anche il meno conosciuto neanche iscritto all’associazione, deve poter partecipare a qualsivoglia selezione con le stesse possibilità degli altri ed essere scelto o meno, unicamente sulla base dei propri meriti.

2)      Verifica della validità o meno dei presupposti del trattamento differenziato magistrati ordinari ed amministrativi.

3)      Verifica della idoneità del trattamento economico dei magistrati componenti la commissione esami avvocato.

4)      Introduzione di una norma che distingua nettamente posizione ordinamentale, competenze e retribuzione del magistrati professionali ed onorari.

5)      Studio di possibili riforme finalizzate ad evitare l’indiscriminato, strumentale ricorso alla giurisdizione.

6)      Studio di possibili riforme che consentano “a costo zero” di aumentare l’efficienza del sistema giurisdizione.

7)      Adozione di iniziative di formazione volte ad aumentare le capacità di gestione manageriale dei magistrati nonché ad ovviare allo stress conseguenza dell’attività svolta

 

 

 

 

Sviluppo sintetico dei singoli punti

 

 

PUNTO 1

 

L’8.4.02 in un forum sul ruolo e sul futuro del C.S.M. il vicepresidente Verde ha affrontato chiaramente la questione della degenerazione correntizia del C.S.M. rappresentando l’esistenza di “una logica secondo cui in ogni occasione si deve tener conto del pluralismo ideologico che, nei fatti, si concreta in spartizione di qualsiasi presenza in funzione del peso numerico dei gruppi espressivi del pluralismo”.

Ciò giustifica la disaffezione che si avverte tra i colleghi, nuoce alla nostra attendibilità e dunque è il primo dei problemi che occorre affrontare.

Proverò a fare un esempio.

Se è vero che la nomina dei componenti del C.S.M. riflette (ed è giusto che rifletta) il pluralismo ideologico, è altrettanto vero che i colleghi che supportano il loro operato (componenti dell’ufficio studi, del comitato scientifico, della segreteria generale) sono chiamati a fornire a tutti nel medesimo modo il loro contributo tecnico nel generale interesse dell’esercizio della giurisdizione. Se non fosse così questi colleghi sarebbero eletti o scelti per chiamata diretta invece che con una sorta di concorso/selezione per titoli e colloquio.

Occorre allora che l’A.N.M. si impegni per il riconoscimento del principio secondo il quale ogni magistrato, anche il meno conosciuto neanche iscritto all’associazione, deve poter partecipare a qualsivoglia selezione con le stesse possibilità degli altri ed essere scelto o meno, unicamente sulla base dei propri meriti.

 

 

PUNTO 2

 

Quando chiedo ai colleghi per quale motivo i magistrati amministrativi sono retribuiti meglio di quelli ordinari ricevo sempre la stessa risposta: quello per la giurisdizione amministrativa è un concorso di secondo grado.

Credo che tale risposta non sia convincente.

Il fatto che l’esercizio della giurisdizione in un determinato settore sia attribuito a vincitori di un concorso di secondo grado deve essere la conseguenza del ritenere che quel settore sia particolarmente rilevante e vada perciò riservato a persone dotate di maggior preparazione.

A questo consegue, come effetto, un miglior trattamento retributivo.

Orbene, a parte la considerazione che non esistono settori della giurisdizione “ontologicamente” di maggior rilievo (tanto che materie ora attribuite ad una giurisdizione sono nel tempo passate all’altra) veramente si vuol sostenere che ordinanze di custodia cautelare, condanne all’ergastolo, decisioni in materia di affidamento di minori, sono meno importanti, impegnative, rischiose delle decisioni di un T.A.R.?

Credo che noi, tramite l’A.N.M., dovremmo smetterla di accontentarci di una risposta fuorviante ed iniziare a discutere della validità o meno dei presupposti di un trattamento differenziato che probabilmente è ingiustificato.

D’altra parte se con l’avvento delle scuole di specializzazione il complessivo sistema di riferimento

sta cambiando, in una fase storico-politica nella quale pare che tutto possa essere stravolto non si vede perché l’argomento in questione non possa essere neanche discusso.

 

 

 

 

PUNTO 3

 

Uno degli scopi dell’Associazione nazionale magistrati, secondo l’articolo 2 dello statuto, è quella di tutelare gli interessi morali ed economici dei magistrati nonché il prestigio ed il rispetto della funzione giudiziaria.

A tal proposito occorre rilevare che l’attività svolta finora dall’Associazione non è stata del tutto soddisfacente.

Un esempio chiarirà meglio quello che intendo dire.

La legge prevede che magistrati facciano parte della commissione di esame per l’abilitazione alla professione forense.

Tale incarico, che sovente comporta molto impegno, viene svolto dai magistrati senza alcuna riduzione degli ordinari carichi di lavoro ed a fronte di un corrispettivo così esiguo da apparire offensivo.

Molte colleghe mi hanno fatto rilevare di non essere nemmeno riuscite a recuperare le spese alle quali erano andate necessariamente incontro per affidare ad altri i figli che, nelle ore pomeridiane di svolgimento delle prove e correzione degli elaborati, non avevano potuto accudire personalmente.

Osservo che se tale incarico fosse da noi svolto del tutto gratuitamente nulla ci sarebbe da rilevare dovendosi anzi i magistrati sentire lusingati dal fatto che il Legislatore abbia ritenuto opportuna la loro presenza nelle commissioni di esame; tuttavia allora sarebbe doverosa una adeguata riduzione degli ordinari carichi di lavoro.

Poiché invece trattasi di incarico remunerato, è assolutamente indecoroso che lo sia nella esigua misura che tutti sappiamo.

Quanto appena rilevato ancor prima che gli interessi economici dei magistrati, riguarda la tutela ed il prestigio della funzione giudiziaria ma sino ad ora non ha suscitato alcun iniziativa utile da parte dell’ANM.

Credo sia ora di affrontare questa ed altre simili situazioni perché se non cominciamo a dimostrare

autostima non possiamo pretendere che gli altri ci rispettino.

 

 

PUNTO 4

 

La accresciuta importanza del ruolo svolto dai giudici onorari (avvenuta sotto più governi) rischia di avere, anzi sta già avendo, rilevanti conseguenze sui rapporti tra la giurisdizione e gli altri poteri dello Stato e sulla posizione dei magistrati togati nel sistema.

Se non poteva che essere condivisa la necessità di favorire il più rapido esercizio della giurisdizione ricorrendo all’ausilio sempre più ampio dei giudici onorari, va tuttavia rilevato che, soprattutto con il ricorso alla figura del giudice di pace, è stato avviato un processo di inflazione della giurisdizione nel suo insieme.

Ciò è avvenuto perché non si è segnalato, prima di tutto ai fini ordinamentali, che era necessario tracciare una linea di demarcazione orizzontale che chiarisse la differenza tra la categoria dei vincitori di quello che è ritenuto uno dei concorsi più difficili e quella dei magistrati onorari.  

Così del tutto incoerentemente avviene che i magistrati professionali si occupino di materie (ad esempio la remissione del debito o la conversione di pene pecuniarie) di difficoltà ed importanza inferiore ad alcune di competenza dei giudici onorari.

In questa maniera, mentre ci si lamenta degli attacchi, veri o presunti, mossi da questo o quel governo alla giurisdizione, non ci si rende conto che, magari inconsapevolmente e forse animati dai migliori intenti, i legislatori e governi susseguitisi negli ultimi periodi e diversi tra loro, hanno di fatto indebolito il ruolo della giurisdizione nei suoi rapporti con gli altri poteri.

In relazione a tale problema l’attività della A.N.M. è stata insufficiente.

Credo allora, e da tempo vado dicendo, che occorra riflettere sulla assoluta necessità dell’introduzione nell’ordinamento giudiziario del principio secondo il quale la più rilevante delle competenze attribuite alla magistratura onoraria deve essere meno importante di quella di minor significato attribuita alla magistratura togata; conseguentemente, al fine di evitare che i ruoli risultino invertiti e così a difesa del sistema ancor prima che nostra, occorre chiarire quali possono essere i limiti massimi di remunerazione dei magistrati onorari.

 

L’idea quindi è quella di proporre un articolo 4 comma 2 bis del R.D. 30.1.41.n.12 che esprima tale principio e costituisca il necessario presupposto per le conseguenti modifiche di attuazione e coordinamento.

 

 

PUNTO 5

 

La giurisdizione può essere paragonata ad un grande lago: i magistrati sono incaricati di svuotarlo ma nessuna si preoccupa di limitare effettivamente la portata degli affluenti.

Anche i più consistenti interventi di depenalizzazione sono infatti del tutto inadeguati allo scopo.

Nel settore di cui attualmente mi occupo (magistratura di sorveglianza) chiunque può presentare, senza alcun tipo di costo, quante e quali istanze vuole tutte le volte che desidera.

L’acquirente che abbia fatto acquisti e che non sia in grado di onorare le cambiali firmate può presentare una querela per truffa contro il venditore: poi si vedrà!

Nel settore civile anche la pretesa che nel corso del processo si rivela più infondata di regola impegna fino all’ultimo il magistrato.

Tutti abbiamo avuto davanti agli occhi l’assurdità del ricorso in Cassazione avverso le sentenze di patteggiamento.

Il problema diviene allora quello di restituire dignità alla giurisdizione e favorire una presa di consapevolezza di tale dignità da parte dei cittadini e degli altri operatori del diritto.

Nel mio piccolo ho adottato il documento che segue in allegato, rivolgendomi direttamente agli utenti.

I detenuti hanno rapidamente compreso che l’iniziativa, migliorando l’efficienza del sistema era loro vantaggiosa; i difensori dopo alcune perplessità hanno convenuto che un sistema più efficiente non poteva che incrementare la dignità anche della professione forense e che nel medio e lungo periodo tale maggior efficienza compenserà l’iniziale riduzione del lavoro.

Analoghe iniziative, finalizzate ad evitare che il magistrato sia ridotto ad una sorte di distributore semiautomatico di provvedimenti, a volte del tutto inutili rispetto ai corretti fini della giurisdizione, sono sicuramente possibili anche in altri settori del diritto.

Su tale argomento è opportuno sviluppare una riflessione comune che, tramite l’A.N.M., possa divenire parametro generale di condotta e magari spunto per riforme che gioverebbero a tutti coloro che intendono fare un uso non strumentale della giurisdizione.

 

Allegato

Ai ristretti nelle case circondariali di Velletri e Rebibbia III

Oggetto: nuova organizzazione del Tribunale e dell’Ufficio di Sorveglianza di Roma

A decorrere dal 20.1.03 entrerà in vigore la nuova organizzazione tabellare degli uffici di sorveglianza di Roma.

Con la riforma, secondo le indicazioni fornite dal Consiglio Superiore della Magistratura, si è inteso modificare l’assetto organizzativo degli uffici in modo da consentire una migliore e quanto più possibile rapida, risposta alle istanze dei ristretti.

E’ infatti noto che, a causa della sproporzione tra i carichi di lavoro da una parte e gli organici e le dotazioni degli uffici dall’altra, non sempre è possibile rispondere in maniera tempestiva ed adeguata alle richieste pervenute.

Va tuttavia rilevato che lo sforzo innovativo che ha portato al citato riassetto organizzativo non potrà portare a significativi risultati concreti senza il comportamento responsabile anche di coloro che sono  i primi interessati.

Invero l’esperienza insegna che moltissime sono le istanze che vengono respinte.

Sovente ciò accade perché, nella errata convinzione che un rigetto non comporti alcun nocumento, i ristretti presentano domande evidentemente del tutto prive (secondo consolidate indicazioni giurisprudenziali assolutamente note agli operatori penitenziari ed anche a moltissimi detenuti) dei requisiti minimi necessari ad una positiva valutazione o addirittura inammissibili.

Diversamente va rilevato che il rigetto delle domande costituisce in buona parte dei casi un fatto negativo il sistema, in quanto è del tutto evidente che le risorse impegnate per definire istanze palesemente infondate comportano un allungamento dei tempi necessari alla definizione dei procedimenti che hanno invece possibilità di essere decisi positivamente.

Ciò evidentemente vale non solo per l’attività dei magistrati ma anche per quella, ad esempio, dei direttori, degli operatori dell’area educativa, degli assistenti sociali, delle forze di polizia, delle cancellerie, degli ufficiali giudiziari.

Per esemplificare l’obiettivo tendenziale non deve essere quello di definire in un anno 1000 procedimenti di cui 900 con rigetto, ma di deciderne un numero minore però con un maggior numero di accoglimenti adottati in tempi più brevi; infatti è verosimile che alcuni operatori ( si pensi agli educatori ed agli assistenti sociali) ove non impegnati in procedimenti  destinati a concludersi negativamente, potranno dedicare più tempo alla vera e propria realizzazione di quei presupposti che costituiranno la premessa per l’accoglimento di istanze che altrimenti sarebbero da respingere.

Tale obiettivo può essere realizzato solo se anche i più diretti interessati, acquisita consapevolezza di quanto rappresentato, sapranno assumere condotte responsabilmente coerenti; l’entrata in vigore del citato nuovo assetto organizzativo costituisce l’occasione per formulare ai ristretti un appello in tal senso. D’altra parte invocare una maggior efficienza della “macchina-giustizia” ha senso solo si contribuisce al suo miglior, utile funzionamento.

E’ appena il caso di evidenziare che è assolutamente indiscusso il diritto per tutti i detenuti, secondo le proprie valutazioni e quelle dei rispettivi difensori, di presentare tutte le istanze che ritengono opportune, le quali saranno sempre e comunque parimenti valutate.

Per converso le direzioni e gli operatori penitenziari vigileranno perché siano inoltrate, anche d’ufficio, le domande di coloro che dovessero apparire meritevoli di benefici e che, per le ragioni più varie, risultassero non attivarsi direttamente.

Roma 16.1.2003

                                                   Dr. Giulio Romano

                                            Magistrato di sorveglianza

 

 

PUNTO 6

 

Da più parti si evidenzia l’enorme arretrato degli uffici giudiziari e se ne attribuisce in buona parte la responsabilità alla scarsa laboriosità e managerialità dei magistrati; se ciò in parte è vero ed  è perciò necessario dimostrare capacità di fattiva autocritica, tuttavia è stato evidenziato che molto dipende in realtà dalla inadeguatezza degli strumenti, prima di tutto normativi, dei quali dobbiamo avvalerci.

Così si finisce con il parlare di riforme ma, poiché si parte dall’assunto che le riforme costano mentre le uniche possibili sono indicate essere quelle a costo zero, ogni iniziativa finisce con l’arenarsi.

Se senza risorse economiche tutto è più difficile, tuttavia va detto che non è possibile rinunciare aprioristicamente alla razionalizzazione degli strumenti a disposizione.

Così ad esempio un rilevante risparmio di risorse è stato realizzato, senza nocumento per il risultato finale, con la legge n.277 del 2002 che ha modificato, semplificandolo, il procedimento per la concessione della liberazione anticipata.

Altrettanto potrebbe proporsi per quanto ad esempio attiene alla remissione del debito.

Molti altri sono i casi nei quali con interventi piuttosto semplici e che non implicano complesse scelte di fondo si potrebbe razionalizzare il sistema; nessuno meglio dei magistrati è in grado, incorrendovi quotidianamente, di individuarli e di proporre soluzioni alternative finalizzate alla razionalizzazione delle risorse e quindi alla loro economia.

L’idea allora è quella di raccogliere tutte le segnalazioni dei colleghi e le eventuali soluzioni rappresentate, confrontarsi su queste ultime e comunicare a nome di tutti coloro che hanno dato il loro contributo l’esito del lavoro all’A.N.M. perché le rappresenti nelle opportune sedi istituzionali.

Solo così potremo affermare che non ci limitiamo a lamentarci senza proporre e solo così potremo permetterci di valutare non congrue le soluzioni da altri prospettate.

 

 

 

 

PUNTO 7

 

Quella del giudicare è attività dell’uomo che riguarda altri uomini; dunque per essere buoni giudici non basta essere validi giuristi ma occorre anche essere persone mature ed equilibrate.

Tutta l’attività del giudicare è imperniata sui rapporti con gli altri; il magistrato deve rapportarsi con le parti, con i testimoni, con i consulenti, con i tanti operatori del diritto in frangenti sovente difficili.

Ci si chiede sempre di più di ricoprire funzioni manageriali e di gestione di risorse umane.

Molti di noi non hanno difficoltà a rappresentare l’esistenza di momenti di stanchezza e stress, conseguenza ad esempio dell’elevato numero di decisioni che sono chiamati ad adottare nell’unità di tempo.

La situazione è aggravata dal fatto che non di rado, soprattutto in alcune realtà, il magistrato finisce con il vivere in modo isolato.

A fronte di ciò la nostra formazione è ancora di tipo eminentemente tecnico-giuridico; il resto è lasciato alle caratteristiche personali del singolo ed all’esperienza la quale però, come noto, è frutto anche degli errori commessi.

In un recente passato (con l’importante ausilio del dr. Stefano Gentili, psicologo ed esperto del tribunale di sorveglianza) è nata l’idea di sviluppare un programma per la formazione del magistrato nel settore delle competenze di ruolo (cfr. allegato).

L’iniziativa, pur avendo raccolto più di un genuino consenso, non è stata ancora realizzata.

L’idea è quella di aprire un confronto sulla utilità del programma ideato, sui modi per migliorarlo e renderlo quanto più possibile conforme alle esigenze dei magistrati, sensibilizzandoli nei confronti di un settore, al quale si rivolgono ormai da tempo con sempre maggior interesse tutte le imprese private.

 

Allegato

 

IPOTESI DI PROGETTO PER LA FORMAZI ONE DEI MAGISTRATI ALLE COMPETENZE DI RUOLO

 

1)      ORGANIZZAZIONE DELL’UFFICIO E RAPPORTI CON IL PERSONALE

Ogni magistrato, sia dirigente dell’ufficio, sia responsabile di unità organizzative di modesta entità numerica, deve saper:

a)verificare le specifiche attitudini delle unità di personale a sua disposizione

b)verificare le capacità produttive massime delle predette unità

c)verificare le aspirazioni e gli interessi delle predette unità in relazione agli specifici compiti in concreto attribuibili, al fine di coinvolgerle nel perseguimento degli obiettivi istituzionali e così per massimizzarne il rapporto qualità-quantità dell’operato

d)individuare gli obiettivi ed i sotto-obiettivi da perseguire in modo da evitare che i carichi di lavoro eccessivi ingenerino sfiducia nell’utilità dell’operato del personale con conseguente senso di alienazione rispetto agli obiettivi generali dell’ufficio

e)prevenire e risolvere possibili conflittualità tra se stesso ed il personale nonché all’interno di quest’ultimo

f)individuare forme di incentivazione del personale che rafforzino il senso di appartenenza all’istituzione (cfr. sub c)

g)stabilire contatti non mediati con il personale al fine di coinvolgerlo nelle decisioni relative agli assetti organizzativi

h)gestire l’autorità in modo non autoritario, fermo ma rassicurante

 

 

2)      ESERCIZIO DELLE FUNZIONI

Ogni magistrato nell’esercizio delle funzioni deve:

a)sapersi relazionare con le parti private e tecniche in un’ottica non di “vinco o perdo” in modo da favorire le possibilità di conciliazione (sia pacificazione sia transazione)

b)aver sviluppato specifiche abilità di intervista in modo tale da consentire sia all’interrogato sia al testimone di prospettarsi in modo corretto le conseguenze delle scelte dichiarative operate

c)stabilire proficui rapporti collaborativi anche con coloro che non appartengono all’ufficio individuando obiettivi comuni da perseguire (forze di polizia, servizi sociali etc.)

d)stabilire valide modalità comunicative con chi si trova in situazione di minorata difesa (si pensi al detenuto che per ciò solo può essere indotto a comportamenti manipolativi) in modo da evitare di precludere il colloquio ma anche di esserne fuorviato

e)saper gestire l’ansia da ripetute, continue decisioni

 

GIULIO ROMANO

 

Sommario

 

La gestione centrata sui risultati

 

- Gli elementi della gestione per obiettivi

- La definizione degli obiettivi

- Tradurre obiettivi in piani d’azione

- Scegliere ed assegnare gli obiettivi alle risorse

- L’assegnazione di obiettivi come metodo e strumento di lavoro

- L'assegnazione degli obiettivi in relazione alle caratteristiche individuali come strategia di sviluppo dei collaboratori

 

 

    La motivazione delle risorse

 

- Le leve motivazionali per la gestione dei collaboratori: motivazione ed empowerment

-   La teoria del goal setting: l’obiettivo come fattore motivante

-   Altre teorie di riferimento sulla motivazione

-   Dalla teoria alla pratica: gli interventi motivanti

-   La funzione del feedback per la motivazione e lo sviluppo delle risorse

-          Tipologie e tecniche di feedback

 

      La leadership autorevole

 

-   Dal potere imposto al potere riconosciuto

-   Stili e modelli di gestione

-   La flessibilità gestionale: il leader situazionale

-   Uno strumento operativo: la matrice di Blanchard per una gestione efficace

-   Il leader come promotore delle potenzialità dei collaboratori

-   Il processo di delega: vantaggi e rischi di uno strumento di leadership

 

     La gestione delle conflittualità

 

- Creare e mantenere il consenso

- Il concetto di conflitto: definizione e funzioni

- Quali sono i comportamenti che producono conflitti

- La relazione con il collaboratore

- I conflitti nel gruppo: riconoscimento e  gestione delle dinamiche

 

     Tecniche di negoziazione

 

- Trattativa e negoziazione

- Le azioni necessarie per promuovere l'integrazione: la gestione produttiva della relazione con la controparte

- Le fasi della negoziazione

- Le differenze tra interessi e posizioni: l'analisi dei perché 

- La scoperta degli interessi sotto la posizione

- Il ruolo della creatività: uscire dai propri schemi mentali

- La tecnica del brainstorming per l’individuazione delle alternative

 

     L’ottimizzazione dell’intervista

 

- Colloquio ed intervista: le dinamiche interpersonali

- I fattori di distorsione nella trasmissione delle informazioni

- Regole per la codifica e la decodifica del messaggio

- I segnali significativi: comunicazione verbale, non verbale, prosodia

- Tecniche di ascolto attivo

- Una chiave di lettura relazionale: il modello dell’Analisi Transazionale

 

La comunicazione sintonica

        - Entrare in sintonia : la comunicazione in funzione dell'interlocutore

- Il concetto di Stile Sociale

- Un modello di riferimento come chiave di lettura: il modello RIP

- L'osservazione neutrale del comportamento

- Riconoscere il proprio stile sociale e quello dell'interlocutore

- Sviluppare la versatilità come competenza comunicativa

 

    La gestione dello stress

 

- Ansia, stress e burn out: legami e differenze

- Tecniche di prevenzione e gestione

- Lo stress da relazione

- Le reazioni di attacco e di fuga

- Il confronto relazionale con le due tipologie di reazioni