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 ANCORA SULLA SEPARAZIONE DELLE FUNZIONI/  CARRIERE

 

          Il passaggio tra le  funzioni requirenti e giudicanti come originariamente previsto dal Progetto di Riforma dell’Ordinamento Giudiziario  è sottoposto ad una combinazione di condizioni tale da creare di fatto  un rigido e ingiustificato  sbarramento tra una funzione e l’altra:

Partecipazione al corso di qualificazione organizzato dalla Scuola della Magistratura ( corso al quale si può partecipare non più di una volta ogni tre anni ) ;

Ottenimento da parte di detta Scuola di uno specifico “attestato di idoneità“ ( con validità per tre anni );

Esercizio della nuova funzione in un distretto diverso , escluso quello di cui all’art. 11 /1° cpp  ;

 

          Ed e’ agevole pensare a come la creazione di un tale sbarramento possa poi funzionare come “volano” per accelerare quelle più drastiche e franche riforme volte alla separazione tout court delle carriere : se “di fatto”  si saranno create le condizioni per minimizzare e ostacolare il più possibile i passaggi di funzione, si prenderà poi atto di come tali passaggi si siano necessariamente ridotti  drasticamente , e si potrà finalmente così far passare docilmente la  introduzione della separazione delle carriere come il riconoscimento e la regolamentazione di una situazione di fatto già creatasi.

 

         La separazione delle funzioni così come prevista in tale Progetto, (e nel quadro complessivo delle riforme attuate – mortificazione del CSM –  e di quelle contenute nel medesimo progetto di legge delega) appare:

Priva di qualsiasi collegamento funzionale con le esigenze di efficienza, satisfattività del sistema giustizia, non risultando risolutiva o migliorativa di nessuno dei problemi seri e reali che inficiano l’esercizio della giurisdizione (da un processo penale ormai devastato e arrotolato su se’ stesso in una deriva burocratico-formalista che ha travolto e vulnerato l’unica vera garanzia che e’ quella di accertare la verità, a un processo civile che si sta avviando verso una “privatizzazione” e una marginalizzazione del Giudice, alle inefficienze organizzative e strutturali , alle normative involute …. );

Anzi, disfunzionale rispetto ad alcuni problemi che vorrebbe risolvere e irrilevante rispetto ad altri:

se si ritiene e si paventa che i PM siano insensibili alle istanze difensive e scarsamente “imparziali”, le possibili soluzioni in ambito ordinamentale su cui discutere potrebbero essere, ad es., quelle di una temporaneità nella funzione del PM e di una sempre maggior fluidificazione del suo ruolo rispetto a quello del Giudice, ma non certo quella di rendere i PM sempre più incardinati nel loro ruolo di “accusatori” e di “avvocati dell’accusa”, secondo una deriva burocratica disgiunta da una cultura della giurisdizione e della imparzialità;

 e nemmeno appare plausibile la giustificazione per cui un PM “separato” garantirebbe maggiormente la terzietà del Giudice evitando l’appiattimento di quest’ultimo sulle determinazioni del primo (e di tal guisa occorrerebbe anche garantire il non appiattimento del Giudice d’Appello rispetto a quello di primo grado -- “e se l’estensore di una sentenza di 1° grado va poi a far parte o addirittura a presiedere la Corte d’Appello nel cui ambito si svolgerà il giudizio di impugnazione?”: lo spessore argomentativo e razionale di una tale domanda e’ identico a quello delle ragioni che postulano a favore della separazione delle carriere);

 e circa l’argomento per cui sarebbe il nuovo disposto dell’art. 111 Cost. ad esigere che Pm e Giudici siano separati secondo il principio della parità delle parti, può appena ragionarsi che la “parità delle parti” e’ questione, evidentemente, che coinvolge i ruoli , le funzioni e i poter processuali, ma che ben poco o nulla ha a che vedere con gli  assetti ordinamentali riguardanti la carriera dei magistrati;

La separazione delle funzioni così come prevista appare invece collegata funzionalmente all’obiettivo perseguito della completa separazione delle carriere in vista della introduzione della discrezionalità nell’esercizio della azione penale e del conseguente necessario controllo politico del PM.

 

       In realtà  l’unitaria cultura della giurisdizione, “l’osmosi tra le diverse funzioni, con la possibilità di un sistematico passaggio dei magistrati dall’una alla altra agevolato dalla unicità di carriera, e’ presupposto indispensabile per garantire la finalizzazione esclusiva della attività dell’ufficio del Pubblico Ministero alla ricerca della verità” e costituire quindi una reale garanzia per ogni cittadino.

 

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     Tali considerazioni, evidentemente, assumono ancor più valore pensando alle altre proposte che si sono sovrapposte (progetto Bobbio sui concorsi separati),e dai sempre più frequenti e autorevoli interventi da parte di esponenti del Governo e dell’attuale Maggioranza volti a propugnare una più franca separazione delle carriere, anche disvelando, ove ve ne fosse stato bisogno, le reali finalità sottintese alla separazione delle funzioni.

 

    Credo davvero che la questione assuma oggi una assoluta centralità, e che non ammetta né distrazioni né arretramenti (né trattative “difensive” e “accondiscendenti” del tipo: accontentiamoci e non ostacoliamo forme di separazione delle carriere, magari “nette” come vorrebbe anche parte della opposizione, altrimenti sarà peggio: perché garantire che passaggi dichiaratamente intermedi e forme criptiche di separazione delle carriere risultino “indolori” e sottostimati nella loro portata e significato? poi sarà ancora più difficile contrastare in modo coerente e credibile gli ulteriori passaggi!!).

     Una base ragionevole di discussione può essere sul punto una forma di incompatibilità endocircondariale, ma per il resto meglio difendere fin da ora e subito principi che mi appaiono irrinunciabili (il percorso -– forse iniziato proprio col nuovo codice di procedura penale e con una sorta di apodittico feticismo accusatorio impermeabile anche ad elementari esigenze di ragionevolezza (vedi ad es. l’art. 500 cpp ) e proseguito col c.d. “ giusto processo” e con la mitizzazione della “parità delle parti” presenta ora degli scenari e delle accelerazioni fin troppo chiari: dalla “netta” separazione delle funzioni ad una effettiva separazione delle carriere, che ha come REALE OBIETTIVO E CONSEGUENZA INELUDIBILE ,magari gradualizzata , la discrezionalità della azione penale, il controllo politico del PM (e quindi del Giudice), la lesione del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge; e tutto ciò senza che tali riforme siano seriamente in grado di garantire un qualche effettivo miglioramento del sistema giustizia .

 

    E l’importanza della questione esige chiarezza e approfondimento e, auspicabilmente, una posizione ferma, compatta e unitaria di tutta la magistratura.

Umberto Monti