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ASSOCIAZIONE NAZIONALE MAGISTRATI

I magistrati e la sfida della professionalità
Valutazioni di professionalità.
I compiti del Consiglio Superiore della Magistratura
di Giovanni Mammone, componente del C.S.M.

Roma, 20 marzo 2003

SOMMARIO: 1. Il sistema di progressione in carriera dei magistrati ordinari. - 2. La funzione del Consiglio Superiore della Magistratura. - 3. La verifica della professionalità dei magistrati. - 4. Le recenti proposte di modifica della progressione in carriera dei magistrati ordinari. - 5. Alcuni spunti di riflessione. - 6. Un obiettivo concreto.

§ 1. - Il sistema di progressione in carriera dei magistrati ordinari - La progressione in carriera dei magistrati ordinari è basata su un sistema per il quale ogni magistrato deve superare, secondo scansioni temporali dell'anzianità di servizio predeterminate, una valutazione fondata sui parametri della laboriosità, della capacità, della diligenza, della preparazione nell'esercizio delle funzioni, indicati dalle leggi che regolano le varie tappe della "carriera" della magistratura (d.P.R. 17 luglio 1998 per il conferimento delle funzioni agli uditori giudiziari, leggi 2 aprile 1979 n. 97, per la nomina a magistrato di tribunale, 25 luglio 1966 n. 570 per la nomina a magistrato di appello, 20 dicembre 1973 n. 831, per la idoneità alle funzioni di legittimità ed alle funzioni direttive superiori). L'accesso ai vari "gradi" della carriera consente anche la progressione del trattamento economico.
Questo sistema è stato progressivamente introdotto in sostituzione del sistema c.d. a ruoli chiusi, nel quale la progressione in carriera era scandita non dalla maturazione dell'anzianità di servizio e dalle conseguenti valutazioni di idoneità, ma dalla vacanza dei posti di organico relativi alla funzioni giurisdizionale superiore a quella occupata. L'accesso a questi posti di organico era consentito, secondo l'originario disegno dell'ordinamento giudiziario del 1942, parte ai magistrati che superavano appositi concorsi per esami o per titoli, parte a magistrati che superavano un apposito scrutinio di merito. Il previgente sistema fu progressivamente soppresso e sostituito con quello attuale, in attuazione della disposizione della Costituzione per la quale "i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni" (art. 107, c. 3).
L'attuale sistema è, dunque, subordinato alla formulazione di un giudizio positivo circa la professionalità del magistrato sulla base dei parametri fissati dalla legge in relazione ad ogni passaggio di grado. Soggetto deputato alla formulazione di tale giudizio è il Consiglio Superiore della Magistratura, il quale procede alla valutazione del candidato sulla base del parere predisposto dal Consiglio giudiziario, nell'ambito di un procedimento amministrativo delineato nelle sue linee dalla stessa legge, destinato a concludersi con la delibera del C.S.M. e con il provvedimento amministrativo del Ministro che recepisce la delibera stessa.

§ 2. La funzione del Consiglio Superiore della Magistratura - Il contenuto dei parametri di valutazione della professionalità è delineato solo in via generale dalla legge e deve essere fissato nel suo contenuto dall'organo che effettua la valutazione (il Consiglio superiore della Magistratura), dall'organo consultivo (il Consiglio giudiziario) e dall'organo propositivo (il capo dell'ufficio), che sono chiamati ad intervenire nell'ambito del procedimento amministrativo di valutazione. Nella sostanza, la legge fa rinvio al potere di normazione secondaria del C.S.M., rimettendo ad esso la fissazione del contenuto concreto dei parametri e dell'iter procedimentale per l'adozione del giudizio valutativo.
Esercitando tale potere di normazione, con le sue circolari, il Consiglio ha enucleato una serie di criteri e principi da seguire al momento della formulazione del giudizio in punto di laboriosità, capacità e diligenza ecc., non solo da parte dell'organo di autogoverno, ma anche da parte dei Consigli giudiziari. Si richiamano al riguardo le due fondamentali circolari prot. 1275 del 22 maggio 1985, sui criteri di formulazione dei pareri dei Consigli giudiziari, e 17003 del 24 settembre 1999 sulla verifica periodica di professionalità dei magistrati all'atto della loro progressione in carriera.
Il C.S.M. con tale attività di normazione secondaria si è posto l'obiettivo di rendere veramente effettivo il momento valutativo, per avere sempre un quadro esatto della professionalità del magistrato e delle sue attitudini. Per questa ragione ha condensato in una sua struttura interna, la Quarta Commissione referente, la definizione e la gestione dei sistemi di valutazione di professionalità e tutte le progressioni in carriera, fino alle procedure di dispensa dal servizio dei magistrati. A questa Commissione è affidato il compito di proporre al Consiglio giudizi valutativi omogenei, finalizzati allo scopo di una migliore conoscenza della reale qualità professionale del magistrato.
In particolare, ritiene il Consiglio che "questo razionale accorpamento di compiti, individuando in un'unica Commissione referente il centro di propulsione e di preparazione dell'attività consiliare in tema di valutazioni di professionalità, ha evidenziato come funzione preliminare quella di provvedere ad una risistemazione normativa e procedimentale che valga a dare una soddisfacente risposta all'esigenza di regole e criteri operativi diretti sia a migliorare gli strumenti conoscitivi indispensabili alla formulazione delle valutazioni che le competono, sia ad esprimere nelle forme più obiettive ed imparziali possibili tali valutazioni, non solo a tutela dei singoli magistrati interessati, ma, soprattutto, dell'interesse generale costituito dalla scelta delle persone più idonee allo svolgimento delle diverse funzioni giudiziarie" (secondo quanto affermato dalla delibera del C.S.M. 9 luglio 1996, con cui venivano integrate le competenze della Quarta Commissione referente).
Che la Quarta Commissione sia la sede naturale e propulsiva dell'attività valutativa dei magistrati svolta dal C.S.M. è confermato dalla circostanza che il Consiglio il 13 marzo 2003, proprio su proposta di questo organismo referente, ha adottato una delibera in materia di formulazione del giudizio attitudinale previsto dall'art. 190 ord. giud. all'atto del mutamento di funzioni del magistrato per trasferimento di sede sulla base di parametri e modalità di acquisizione dei dati di conoscenza elaborati dalla Commissione stessa. Per la prima volta sono stati indicati parametri omogenei (individuati nella laboriosità, nell'equilibrio, nello spirito di indipendenza, e nella consapevolezza della cultura della giurisdizione) di valutazione del magistrato ai fini del giudizio di idoneità al mutamento delle funzioni e sono state fissate le fonti di conoscenza e di acquisizione dei dati.

§ 3. La verifica della professionalità dei magistrati - Quanto detto fino ad ora dovrebbe già avere in qualche modo sfatato un luogo comune abbastanza diffuso, e cioè che la progressione in carriera dei magistrati sarebbe "automatica" e basata sulla sola anzianità. Il sistema, come appena indicato, esclude, invece, ogni automatismo e subordina ad una "valutazione" i passaggi di grado, che sono vere e proprie tappe della carriera del magistrato, in quanto, oltre a consentire l'attribuizione di un superiore trattamento economico permettono al magistrato di accedere anche alle funzioni di appello, di cassazione ed agli incarichi direttivi superiori. La circostanza che per legge ogni passaggio di carriera è conseguenza di una valutazione del magistrato e, nella sostanza, della verifica del suo grado di professionalità, pertanto, vale ad escludere ogni automatismo di carriera.
La funzione strumentale appena evidenziata assegna alle valutazioni di professionalità effettuate dal C.S.M. un significato strategico, non solo (e non tanto) per le progressioni in carriera dei singoli magistrati, ma, più in generale, per la qualificazione della magistratura nel suo complesso, in quanto è evidente che una attività valutativa seria ed affidabile conferisce attendibilità ai giudizi di idoneità ed ha un vero e proprio significato educativo nei confronti di coloro che debbono sottoporsi ai giudizi stessi, che sono stimolati a coltivare la loro preparazione professionale e ad incrementare quelle doti di equilibrio, autonomia ed indipendenza che sono il contenuto naturale della professione del magistrato.
La consapevolezza di questa funzione ha spinto il Consiglio Superiore della Magistratura ad acquisire, con i mezzi giuridici a sua disposizione e, quindi, senza uscire dai limiti della sua potestà normativa di carattere secondario, più approfonditi strumenti di valutazione. A prescindere da interventi più radicali che coinvolgono altre Istituzioni (si pensi non solo alle più volte annunziate modifiche legislative, ma anche all'elaborazione di nuovi e corretti strumenti di elaborazione statistica dei dati lavorativi degli uffici, ancora allo stato embrionale), è infatti nella potestà del Consiglio non solo individuare i punti di sofferenza dell'attuale sistema di valutazione, ma anche darsi nuovi strumenti di indagine che rendano qualitativamente valido il giudizio formulato sui singoli magistrati all'atto della progressione in carriera.
Essenziale è la qualità delle fonti di conoscenza. Il C.S.M. ha elaborato criteri per dare oggettività al parere che il Consiglio giudiziario ed i dirigenti degli uffici formulano a proposito del magistrato in valutazione, imponendo loro di uniformarsi ai criteri elaborati dalla circolare prot. 1275 del 1985 ( ). La preoccupazione è stata quella di liberare nella maggiore misura possibile pareri e rapporti dalle considerazioni soggettive di coloro che sono chiamati ad esprimerli, sottolineando il (peraltro indispensabile) carattere di oggettività che deve caratterizzare i dati da prendere in considerazione. Pertanto, la circolare prot. 1275 del 1985 per ogni passaggio della progressione in carriera, sulla base delle norme primarie di riferimento, enuclea i parametri da prendere in considerazione, indicando le specifiche fonti di riferimento da considerare.
Questa iniziativa ha senz'altro consentito che l'attività valutativa dei Consigli giudiziari partisse da una comune base di conoscenza ed ha conferito - quantomeno nelle intenzioni - omogeneità di contenuto ai pareri espressi. Tuttavia, dai pareri dei Consigli giudiziari, per la ricorrente utilizzazione di formule estimatorie stereotipe e ripetitive, si rileva un non sempre soddisfacente sistema di acquisizione dei dati in sede istruttoria, originato non solo dalle note carenze del sistema di rilevazione del lavoro giudiziario (statistico e di qualità, di cui, peraltro, si preannunziano consistenti modifiche), ma anche dalla sostanziale mancanza di omogeneità dei pareri dei Consigli giudiziari e, prima ancora, dei rapporti dei capi degli uffici.
Al riguardo la circolare prot. 17003 del 1999 mette in risalto l'opportunità di modificare la disciplina in materia di formulazione dei pareri dei consigli giudiziari "affinché essi divengano più precisi, più specifici e più concreti - e in definitiva più attendibili - e non si limitino, come spesso ancora oggi accade nonostante le innovazioni apportate dalla circolare del 1985 - a riproduzioni in linguaggio più o meno retorico, di altri testi meramente valutativi, prive di elementi concreti di riscontro e di informazione" (cap. II della relazione introduttiva, sub par. 3).
Ed è proprio sul terreno della qualità delle fonti di conoscenza che è possibile migliorare ulteriormente. La Quarta Commissione, proprio in questi giorni, procede su preciso mandato del plenum ad un approfondimento sulla materia delle valutazioni di professionalità e sta dedicando alla materia una particolare attenzione, con il proposito di raggiungere l'obiettivo di verificare se le valutazioni stesse, così come sono oggi effettuate, abbiano un sufficiente livello di affidabilità e se, in ogni caso, le modalità di valutazione possano essere in qualche modo perfezionate ed arricchite da ulteriori strumenti di conoscenza.

§ 4. Le recenti proposte di modifica della progressione in carriera dei magistrati ordinari - L'emendamento governativo al disegno di legge n. 1296 di riforma dell'ordinamento giudiziario, attualmente in discussione dinanzi alla Commissione Giustizia del Senato della Repubblica, recentemente presentato, propone una sostanziale revisione della progressione in carriera dei magistrati.
Sintetizzando al massimo il contenuto della proposta, per la parte che qui interessa, può dirsi che le funzioni dei magistrati si distinguerebbero in funzioni di primo e secondo grado, in funzioni semidirettive e direttive di primo e secondo grado, in funzioni di legittimità e in funzioni direttive di legittimità (con distinzione in tutti i casi, salvo le semidirettive, tra requirenti e giudicanti). Verrebbe assicurata la progressione economica automatica dei magistrati secondo sette classi di anzianità (corrispondenti in pratica agli avanzamenti attualmente previsti), mentre la progressione nelle funzioni (tanto requirenti che giudicanti) sarebbe consentita solo all'esito di un concorso per titoli ed esami (scritti ed orali). Anche il conferimento degli incarichi direttivi è subordinato al superamento di un concorso per titoli ed esami; solo le funzioni direttive sono attribuite "previa valutazione dei titoli".
La valutazione di professionalità assume una funzione solo residuale, in quanto è riservata a quei magistrati che non intendono partecipare ai concorsi o che non riescono a superarli. Sono previsti tre momenti valutativi in tutta la carriera.
La proposta di modifica sovverte integralmente il sistema attualmente in vigore. Nel suo nucleo portante, essa prevede che alla progressione in carriera (sia giuridica che economica) basata sulla valutazione di laboriosità, capacità, diligenza, preparazione nell'esercizio delle funzioni, ovvero sull'accertamento della professionalità acquisita nell'esercizio concreto della giurisdizione, si sostituirebbe una progressione economica legata solo all'anzianità ed una progressione nel grado delle funzioni (non economica) scandita dal superamento di esami teorici (scritti ed orali) e pratici (valutazione di titoli costituiti da "lavori giudiziari e scientifici").
A questa impostazione possono muoversi due obiezioni di fondo.
Deve rilevarsi, innanzitutto, che il modello di carriera proposto dall'emendamento configura la carriera del magistrato secondo uno schema giuridico obsoleto, riconducibile alla visione gerarchica dell'amministrazione pubblica ed alla rigidità dei suoi comparti. Questo schema è stato definitivamente abbandonato per il lavoro pubblico con la riforma del 1992, quando, con la privatizzazione del pubblico impiego, si sono ridotte al minimo le occasioni concorsuali e si è privilegiata per l'avanzamento del personale e la configurazione della sua carriera una strada basata sulla formazione e sulla verifica di professionalità. Sostanzialmente l'emendamento prefigura una articolazione interna della magistratura che non guarda al futuro, ma che torna all'ordinamento della carriera degli anni '60, ricalcandone l'inadeguatezza alla Costituzione e legittimando le obiezioni che ad esso furono mosse in passato, quali la scarsa incentivazione dell'autonomia ed dell'indipendenza del giudice e l'incentivazione del conformismo nei confronti della giurisprudenza dominante.
Sul piano più generale della riforma della struttura della giustizia, la proposta di riforma fallisce l'obiettivo del recupero di efficienza della giustizia e della diminuzione dei suoi tempi. Una carriera basata su continue prove di esame incentiva non la laboriosità e l'efficienza del lavoro giudiziario, ma costringe i magistrati ad un costante impegno di studio, da un lato per essere esaminati e dall'altro per svolgere la funzione di esaminatori, con lo svolgimento di un'intensa attività diretta non a migliorare la qualità del lavoro (ed a porsi, quindi, al servizio della collettività), ma destinata a soddisfare un fine essenzialmente egoistico dei singoli. Qualità e recupero di efficienza della giustizia rimangono, pertanto, sullo sfondo e non sembrano neppure essere sfiorati da questa riforma.

§ 5. Alcuni spunti di riflessione - Sul disegno di legge governativo il Consiglio Superiore della Magistratura è stato chiamato ad esprimere un formale parere; una presa di posizione dell'organo di autogoverno sarà, pertanto, assunta solamente in questa sede propria. Quanto al disegno di riforma le notazioni di ordine generale appena svolte costituiscono un contributo di carattere personale che, ritengo, potranno costituire un valido, ulteriore, elemento di discussione. Intendo, invece, procedere ad alcune riflessioni specifiche sul sistema attuale di valutazione, per vedere se esso, invece di essere nella pratica abbandonato, con alcuni opportuni ritocchi possa svolgere una funzione di affidabile strumento di selezione, rispondendo alle aspettative di effettivo accertamento della professionalità dei magistrati.
Il sistema che ho in precedenza illustrato presenta, indubbiamente, vari lati deboli. Il Consiglio Superiore, valendosi del suo potere di normazione secondaria ha sopperito in sede attuativa a varie carenze, senza, però, poter intervenire su alcune vere e proprie lacune contenutistiche, cui può far fronte solamente l'intervento del legislatore.
Il primo punto da affrontare è quello della genericità dei parametri di valutazione indicati dalla legge. Formule definitorie quali laboriosità, capacità, diligenza e preparazione dimostrate nell'esercizio delle funzioni, circoscrivono parametri sicuramente rilevanti ai fini della espressione del giudizio valutativo. Il giudizio stesso, tuttavia, sarebbe tanto più attendibile ed affidabile se il legislatore desse anche un contenuto più specifico ai parametri stessi ed indicasse le fonti di acquisizione dei dati necessari a valutarne l'effettiva sussistenza per ciascun magistrato.
Altro punto particolarmente delicato è quello della frequenza delle valutazioni. Il sistema attuale è strettamente collegato alla progressione in carriera, di modo che un magistrato che resta in servizio 45-50 anni (ipotesi non certo teorica dopo il riconoscimento della facoltà di prolungare il servizio fino a 75 anni) è valutato cinque volte: per l'idoneità al conferimento delle funzioni giurisdizionali (ovvero, all'atto della destinazione alla prima sede di servizio, circa un anno dopo l'ingresso in magistratura), per la promozione a magistrato di tribunale (due anni dopo l'ingresso in magistratura), per la promozione a magistrato di appello (undici anno dopo la promozione a magistrato di tribunale), per l'idoneità alle funzioni di cassazione (sette anni dopo la promozione in appello) e per l'idoneità alle funzioni direttive superiori (otto anni dopo l'idoneità alle funzioni di cassazione). Questi momenti di valutazione sono concentrati tutti nei primi 28 anni di carriera; di modo che, ove si consideri la durata media della vita professionale sopra indicata, rimane privo di valutazione un periodo della carriera lungo più di 15 anni, nel quale esiste una qualche valutazione solamente nel caso che l'interessato proponga domande di trasferimento o di conferimento di uffici per le quali è richiesta una specifica valutazione attitudinale (per l'idoneità a ricoprire un incarico direttivo o semidirettivo, oppure per l'idoneità al passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti, o viceversa).
E' evidente che la consapevolezza di non dovere subire più alcuna valutazione obbligatoria, possono dar luogo in questo ultimo periodo a momenti di rilassamento professionale, che potrebbero essere evitati se fosse previsto un ulteriore momento obbligatorio di valutazione (eventualmente collegato ad un passaggio ulteriore della progressione economica). E' evidente che per una simile innovazione e per dare certezza giuridica a questa materia è necessario l'intervento del legislatore.

§ 6. Un obiettivo concreto - Concludo questa mia relazione con un interrogativo che, però, è allo stesso tempo un auspicio. Se l'obiettivo comune è quello di dare maggiore efficienza alla struttura giudiziaria e, allo stesso tempo, quello di garantire una adeguata risposta alla domanda di giustizia nel rispetto (ed, anzi, con la tutela) dei diritti del cittadino, mi domando se la via giusta non sia quella di garantire, con adeguati interventi legislativi, una migliore qualità dell'attività di valutazione in modo da assicurare che la professionalità dei magistrati sia veramente adeguata alla funzione che essi ricoprono nell'ambito istituzionale.
E' questa la direzione in cui potrebbe essere indirizzata una seria riforma ordinamentale, in luogo di un improbabile ritorno all'antico, basato su esami, scrutini e valutazioni para accademiche che avrebbero il solo scopo di distogliere il magistrato dal suo lavoro giornaliero, costringendolo ad una attività di studio continua e defatigante, finalizzata non ad un recupero di funzionalità della struttura giudiziaria, ma alla soddisfazione di una egoistica volontà di carriera.