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Pubblico volentieri questo stimolante contributo dell’Associazione Calamandrei di Napoli al dibattito in corso sul nuovo ordinamento giudiziario.

o.d.g.

ASSOCIAZIONE CALAMANDREI

 

La necessità di un ripensamento

 

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Negli anni decorsi abbiamo assistito al serrato confronto, che talvolta è diventato aperto scontro, tra Magistratura e Avvocatura, schierate su posizioni apparentemente contrastanti e inconciliabili.

La disarmonia, invero, appariva insuperabile considerando la differenza degli interessi rispettivamente tutelati, quelli dello Stato nell’interezza come istituzione democratica, perseguito dalla Magistratura, e quella del singolo come portatore di posizioni giuridiche soggettive, ricercato da parte dell’Avvocatura.

Tale confronto ha prodotto negli anni risultati obiettivamente confortanti anche se talvolta la ricerca di maggiori tutele è stata sfruttata da soggetti inclini a vivere ed operare al di fuori delle regole istituzionali.

Ancora oggi, talvolta, assistiamo a un novello inasprimento dei toni del dibattito che lascia perplessa quella parte dell’Avvocatura che presta attenzione ai fenomeni di fondo più che a quelli epidermici.

Posto, infatti, per certo che singoli episodi di violazione delle regole e dei diritti meritino di essere segnalati e perseguiti, attualmente l’attenzione dell’Avvocatura non può che essere spostata verso le aggressioni continue, arroganti e spavalde che da parte del potere esecutivo della Repubblica Italiana si rivolgono a quello giudiziario.

Il ripetuto riferimento al rispetto delle scelte operate dal popolo nel segreto delle urne elettorali per inferirne una collocazione degli eletti in un limbo di libertà dalle leggi che regolano la vita della collettività e quindi una volontà punitiva nei confronti dei Magistrati istituzionalmente preposti al controllo della detta osservanza, nonchè l’approvazione di leggi velocemente raffazzonate per bloccare procedimenti giudiziari che riguardano personaggi della vita politica, sono campanelli di allarme per l’intera Avvocatura.

Questa è infatti ontologicamente deputata alla difesa di tutti i cittadini, singolarmente considerati, a prescindere dalle loro capacità economiche, idee politiche e collocazioni partitiche.

Già la duplicità di ruoli di alcuni colleghi che da un lato difendono imputati eccellenti e dall’altro occupano poltrone istituzionali e che quindi sono in grado di adottare o sollecitare provvedimenti legislativi favorevoli a detti imputati, farebbe rivoltare nella tomba i Padri della Costituzione e comunque, costituendo una violazione del principio di parità dei cittadini di fronte alla legge, è un boccone amaro da digerire anche per i più tolleranti operatori del diritto.

Il rinnovamento della composizione del gruppo dei Magistrati distaccati presso il Ministero della giustizia e l’attribuzione a quelli di speciali indennità dimostra, poi, il tentativo del potere esecutivo di creare situazioni di disparità economica tra gli stessi Magistrati per poter imporre loro le sue scelte.

Aggiungasi il progetto di riforma dell’ordinamento giudiziario che tende all’appiattimento dei Magistrati sulle posizioni espresse dal potere esecutivo tramite il Ministro della giustizia.

Rilevasi ancora la denigrazione sistematica della funzione giudiziaria e la pretesa di rimproverarne la sordità agli interessi degli eletti dal popolo.

In questo momento storico, perciò, nel quale si odono voci interessate che criticano pure le decisioni della Corte Costituzionale, che è l’organo deputato al controllo dell’attività del legislatore, è evidente che l’Avvocatura non può rimanere sulle vecchie posizioni sopra delineate.

Oggi non è più il momento di discutere su una pretesa subalternità della funzione del difensore del singolo rispetto a quella del tutore delle istituzioni.

Oggi è il momento di rivendicare la pienezza del mandato difensivo che non può avere orizzonti diversificati a seconda dell’imputato e del ruolo da quello rivestito nella società civile.

Il primo custode dell’osservanza delle regole trasfuse nella Costituzione e nelle leggi è infatti l’Avvocato, il cui ruolo, insostituibile in ogni Stato civile, ha la medesima ampiezza e importanza, sia che egli difenda un piccolo delinquente sia che egli difenda un imputato eccellente.

Una Magistratura che sia subalterna al potere esecutivo, come si sta attualmente cercando di delineare, è un attentato ai principi di libertà e di democrazia di cui è custode l’Avvocatura.

Ogni esperienza storica in cui si è verificata tale subalternità ha rappresentato, in una alla compressione della libertà, l’imbavagliamento dell’Avvocatura.

A tal fine, non possiamo accettare che il Pubblico Ministero, che rappresenta nel processo gli interessi della collettività, venga staccato dall’ambiente giudiziario e dalla relativa cultura per essere inserito nell’ambiente amministrativo e sottoposto al Governo, che è espressione della sola maggioranza e non già della intera collettività.

I principi fondanti della cultura giuridica degli Avvocati, dei Pubblici Ministeri e dei Giudici devono continuare a essere gli stessi, ma ciò non può ottenersi se non facendoli nascere e crescere in un ambiente in cui si respiri la stessa cultura del rispetto della legge e dei pari diritti degli individui.

Rivendicando, quindi, la essenzialità della funzione difensiva e la pari dignità con quella magistratuale, è oggi il momento di ripensare al nostro ruolo: per poter continuare a essere il baluardo della democrazia e dei suoi ideali di libertà, non possiamo non contrastare le pulsioni di un potere esecutivo oligarchico e sprezzante dei diritti sia dei cittadini che di quelli della collettività essendo teso soltanto a perseguire interessi di parti sociali ben individuate.

Soltanto recependo tale necessità di riappropriazione della nostra funzione, potremo auspicare di conservare la nostra libertà intellettuale e la dignità della nostra toga.