CORTE
COSTIZIONALE E FATTURE FALSE
La
Corte Costituzionale (sentenza 49/2002 il 15 marzo 2002) ha dichiarato inammissibile la
questione di legittimità costituzionale degli articoli 6 e 9, comma 1 lettera b) del
D.Lgs 74/2000 nella parte in cui escludono, rispettivamente, la punibilità a titolo di
tentativo del delitto di cui allarticolo 2 del medesimo D.Lgs, e la punibilità di
chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti a titolo di concorso
nel reato di emissione di tali fatture o documenti, previsto dallarticolo 8 del
decreto stesso.
A
sollevare la questione di legittimità costituzionale era stato il Tribunale di Brescia,
il quale sosteneva che la disparità di trattamento riscontrabile tra la condotta di
emissione delle false fatture (sanzionata dallarticolo 8 del D.Lgs 74/2000 come
delitto consumato) e quella di annotazione delle medesime nella contabilità del
percettore (destinata, al contrario, a rimanere del tutto priva di risposta punitiva,
anche solo a titolo di tentativo o di concorso, qualora non seguita dalla presentazione di
una dichiarazione inveritiera) risulterebbe sfornita di ogni razionale giustificazione, e
come tale lesiva dellarticolo 3 Costituzione. Per un verso, infatti, entrambe le
condotte sarebbero dirette ed idonee alla successiva presentazione di una dichiarazione
mendace e si distinguerebbero soltanto per la maggiore o minore distanza temporale da tale
evento. Per altro verso, lutilizzatore (mandato esente da pena) rappresenterebbe il
beneficiario e, perciò il committente della falsa fatturazione, mentre lemittente
(punito a titolo di delitto consumato) si identificherebbe in un mero prestanome che
esegue pedissequamente le direttive del primo.
La
Corte nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata
dal Tribunale di Brescia ed ha chiarito alcuni punti della, invero, oscura normativa in
materia.
Escludendo
la punibilità a titolo di tentativo in materia di dichiarazione di tipo commissivo di cui
agli articoli 2, 3 e 4 dello stesso decreto legislativo si viene a stimolare la
resipiscienza del contribuente scoperto nel corso del periodo dimposta - ad evitare
che violazioni preparatorie, già autonomamente represse nel vecchio sistema
possano essere ritenute tuttora penalmente rilevanti ex
se, quali atti idonei, preordinati in modo non equivoco da una falsa dichiarazione.
Lintervento
richiesto dal giudice a quo nel senso
della dilatazione delle deroga alla strategia di abbandono del reato prodromico
verrebbe ad alterare gli equilibri complessivi del sistema.
Corte costituzionale sentenza 27 febbraio-15 marzo 2002, n.
49
Presidente Ruperto relatore Flick
Ritenuto
in fatto
1. Con ordinanza emessa il 17 gennaio 2001 il giudice per le
indagini preliminari del tribunale di Brescia ha sollevato, in riferimento allarticolo
3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli articoli 6 e 9, comma
1, lettera b), del decreto legislativo
74/2000 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore
aggiunto, ai sensi dellarticolo 9 della legge 205/99), nella parte in cui escludono,
rispettivamente, la punibilità a titolo di tentativo del delitto di cui allarticolo
2 del medesimo decreto legislativo, e la punibilità di chi si avvale di fatture o altri
documenti per operazioni inesistenti a titolo di concorso nel reato di emissione di tali
fatture o documenti, previsto dallarticolo 8 del decreto stesso.
Lordinanza di rimessione pronunciata a conclusione delludienza
preliminare premette, in punto di fatto, che nei confronti degli imputati era stata
promossa azione penale per il delitto di cui allarticolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legge 429/82, convertito, con
modificazioni, nella legge 516/82, in relazione, tra laltro, allavvenuta
annotazione di fatture relative ad operazioni inesistenti nelle scritture contabili di unimpresa
commerciale.
I fatti contestati prosegue lordinanza dovrebbero peraltro
considerarsi, per tale parte, ormai penalmente irrilevanti a fronte dellentrata in
vigore del decreto legislativo 74/2000, recante la nuova disciplina dei reati in materia
di imposte dirette e sul valore aggiunto. Nella specie non risulta, infatti, che di
seguito allannotazione delle false fatture in contabilità gli imputati abbiano
presentato dichiarazioni dei redditi infedeli, con conseguente mancanza di uno degli
elementi costitutivi del delitto di cui allarticolo 2 del citato decreto legislativo
(dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni
inesistenti); né, daltro canto, le condotte di annotazione potrebbero considerarsi
punibili a titolo di tentativo del predetto delitto, ostandovi lespresso disposto
dellarticolo 6 del decreto legislativo 74/2000. Gli autori dellannotazione non
potrebbero essere puniti, infine, neppure quali concorrenti nel reato di emissione delle
false fatture autonomamente contemplato dallarticolo 8 del decreto
legislativo 74/2000 rimanendo una simile ipotesi parimenti esclusa dallarticolo
9, comma 1, lettera b), del medesimo
decreto legislativo.
Ad avviso del giudice a quo, peraltro, lassetto
prefigurato dalle disposizioni impugnate risulterebbe del tutto irragionevole: la
disparità di trattamento tra la condotta di emissione delle false fatture (sanzionata dal
citato articolo 8 come delitto consumato) e quella di annotazione delle medesime nella
contabilità del percettore (viceversa «scriminata» dallarticolo 6, con lesclusione
della sua punibilità anche solo a titolo di tentativo) sarebbe difatti priva di
giustificazione, trattandosi di condotte «entrambe propedeutiche alla presentazione di
una dichiarazione reddituale infedele, e che ontologicamente si distinguono solamente per
la maggiore o minore distanza temporale da tale evento, idoneo a ledere gli interessi
erariali».
Lirragionevolezza denunciata risulterebbe, daltra parte, ancor più evidente
ove si consideri che lutilizzatore rappresenta il «beneficiario» e, per ciò
stesso, il «committente» della falsa fatturazione, la quale viene di solito affidata a
meri prestanome: apparirebbe dunque «aberrante» che allorquando liter criminis venga interrotto in un momento
intermedio tra lannotazione delle false fatture e la presentazione della
dichiarazione infedele lesecutore materiale della condotta preparatoria sia
punito a titolo di «frode fiscale» consumata, mentre chi ne ha commissionato,
determinato o istigato lattività resti immune da pena, anche solo a titolo di
tentativo o di concorso.
Quanto, poi, alla rilevanza della questione, il rimettente sottolinea come, in caso di
rimozione delle norme censurate, i fatti ascritti agli imputati rispetto ai quali
si imporrebbe, allo stato, la dichiarazione di non luogo a procedere risulterebbero
viceversa punibili, in base ai principi generali, per lappunto a titolo di concorso
nellattività dellemittente «e/o» di «tentativo di dichiarazione
infedele».
2. Nel giudizio di costituzionalità è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato, il quale ha
chiesto, in via principale, che la questione sia dichiarata inammissibile per difetto di
rilevanza, in quanto lintervento invocato dal rimettente implicherebbe lintroduzione
di una norma incriminatrice che non potrebbe comunque operare nel giudizio a quo.
Nel merito, la questione sarebbe ad avviso della difesa erariale comunque
infondata, in quanto le norme impugnate si inserirebbero armonicamente nelle linee della
riforma del sistema penale tributario operata dal decreto legislativo 74/2000, e
particolarmente in quella dellabrogazione delle norme incriminatrici, già
contemplate dalla legge 516/82, che colpivano violazioni solo potenzialmente dirette allevasione
fiscale, al fine di concentrare la risposta punitiva su poche fattispecie delittuose,
connotate da una rilevante capacità di offesa degli interessi erariali.
Considerato
in diritto
1. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di
Brescia dubita della legittimità costituzionale degli articoli 6 e 9, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 74/2000 (Nuova
disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, ai sensi
dellarticolo 9 della legge 205/99), nella parte in cui escludono, rispettivamente,
la punibilità a titolo di tentativo del delitto di cui allarticolo 2 del medesimo
decreto legislativo, e la punibilità di chi si avvale di fatture o altri documenti per
operazioni inesistenti a titolo di concorso nel reato di emissione di tali fatture o
documenti, previsto dallarticolo 8 del decreto stesso.
Ad avviso del giudice rimettente, la disparità di trattamento riscontrabile in
conseguenza delle norme impugnate tra la condotta di emissione delle false fatture
(sanzionata dal citato articolo 8 come delitto consumato) e quella di annotazione delle
medesime nella contabilità del percettore (destinata per contro a rimanere del tutto
priva di risposta punitiva, anche solo a titolo di tentativo o di concorso, ove non
seguita dalla presentazione di una dichiarazione inveritiera) risulterebbe sfornita di
ogni razionale giustificazione, e come tale lesiva dellarticolo 3 Costituzione. Per
un verso, infatti, si sarebbe al cospetto di condotte entrambe oggettivamente dirette ed
idonee alla successiva presentazione di una dichiarazione mendace, le quali si
distinguerebbero soltanto per la maggiore o minore distanza temporale da tale evento; per
altro verso, lutilizzatore (mandato esente da pena) rappresenterebbe il beneficiario
e, perciò stesso, il committente della falsa fatturazione, mentre lemittente
(viceversa punito a titolo di delitto consumato) si identificherebbe, di solito, in un
mero prestanome, che esegue pedissequamente le direttive del primo.
2. La questione è inammissibile.
Nel denunciare come lesiva dellarticolo 3 Cost. la disparità di trattamento fra lemittente
e lutilizzatore di fatture per operazioni inesistenti riscontrabile nella vigente
disciplina penale tributaria, quale delineata dal decreto legislativo 74/2000, il giudice
rimettente chiede infatti a questa Corte di rimuoverla tramite un riequilibrio in malam partem del rispettivo regime
sanzionatorio. Tale riequilibrio si dovrebbe realizzare segnatamente a mezzo di un
intervento ablativo delle disposizioni degli articoli 6 e 9, comma 1, lettera b), del citato decreto legislativo: così da
permettere, nella sostanza contrariamente a quanto il legislatore ha inteso
stabilire di riconoscere rilievo penale alla condotta di utilizzazione delle false
fatture (in primis, nella forma della loro
registrazione nelle scritture contabili), ancorché non seguita dalla presentazione di una
dichiarazione annuale dei redditi o sul valore aggiunto, recettiva delle risultanze delle
fatture stesse.
Un simile intervento non soltanto determinerebbe lampliamento (sia pure attraverso
la combinazione con le disposizioni generali in tema di tentativo e concorso di persone
nel reato) dellambito applicativo delle norme incriminatrici di cui agli articoli 2
e 8 del decreto legislativo 74/2000: con un effetto che non può in linea di principio
conseguire ad una pronuncia della Corte, a fronte della riserva di legge sancita dallarticolo
25, secondo comma, Costituzione (cfr., ex plurimis,
sentenze 508/00 e 411/95; ordinanze 580/00 e 392/98). Esso implicherebbe anche un
riassetto del sistema penale tributario, secondo una linea di politica criminale autonoma
e contrapposta rispetto a quella adottata dal legislatore, nellambito della sua
discrezionalità, in occasione della recente riforma.
Tale opzione politico-criminale consiste infatti, fondamentalmente, nellabbandono
del modello del cosiddetto «reato prodromico», caratteristico della precedente
disciplina di cui al decreto legge 429/82, convertito, con modificazioni, nella legge
516/82 modello che attestava la linea dintervento repressivo sulla fase
meramente «preparatoria» dellevasione dimposta a favore del recupero
alla fattispecie penale tributaria del momento delloffesa degli interessi dellerario.
Questa strategia come si legge nella relazione ministeriale ha portato a
focalizzare la risposta punitiva sulla dichiarazione annuale, quale atto che «realizza,
dal lato del contribuente, il presupposto obiettivo e «definitivo» dellevasione,
negando rilevanza penale autonoma alle violazioni «a monte» della dichiarazione stessa.
La disposizione dellarticolo 6 del decreto legislativo 74/2000, oggi denunciata, si
colloca nel solco di detta strategia. Escludendo la punibilità a titolo di tentativo dei
delitti in materia di dichiarazione di tipo commissivo di cui agli articoli 2, 3 e 4 dello
stesso decreto legislativo, essa mira infatti oltre che a stimolare, nellinteresse
dellerario, la resipiscenza del contribuente scoperto nel corso del periodo dimposta
ad evitare che violazioni «preparatorie», già autonomamente represse nel vecchio
sistema (registrazione in contabilità di fatture per operazioni inesistenti, omesse
fatturazioni, sottofatturazioni, ecc.), possano essere ritenute tuttora penalmente
rilevanti ex se, quali atti idonei, preordinati
in modo non equivoco ad una falsa dichiarazione.
Nondimeno per ragioni che non interessa scrutinare in questa sede, collegate
dalla relazione ministeriale ad una valutazione marcatamente negativa del ruolo svolto
dagli autori «tipici» del fatto incriminato, «nel quadro delle fenomeniche dellevasione»
il legislatore ha perpetuato, in via deccezione, il vecchio modello punitivo
in rapporto allemissione di fatture (o altri documenti) per operazioni inesistenti,
finalizzata a consentire levasione altrui: condotta che larticolo 8 del
decreto legislativo 74/2000 continua a reprimere penalmente in sé e per sé al
pari dellarticolo 4, comma 1, lettera d),
della legge 516/82 ancorché meramente preparatoria dellevasione stessa.
Proprio a conferma, però, del carattere eccezionale di tale deviazione dalla linea guida
della riforma, il legislatore ha inteso comunque assicurare che dal lato dellutilizzatore
la punibilità resti ancorata alla falsa dichiarazione, escludendo, con larticolo 9,
comma 1, lettera b), del decreto
legislativo 74/2000, la configurabilità del concorso dellutilizzatore stesso nel
fatto dellemittente: concorso altrimenti ravvisabile nella generalità dei casi, a
fronte dellaccordo tra i due soggetti normalmente sottostante allemissione
delle false fatture.
Ciò posto, lintervento richiesto dal giudice a quo nel senso della dilatazione della
deroga alla strategia di abbandono del «reato prodromico» verrebbe evidentemente
ad alterare gli equilibri complessivi del sistema.
La rimozione dellarticolo 6 del decreto legislativo 74/2000 la quale, tra laltro,
non varrebbe ad eliminare la disparità di trattamento denunciata, ma solo ad attenuarla:
posta lidentità delle pene edittali comminate dagli articoli 2 e 8, lemittente
sarebbe infatti punito a titolo di delitto consumato, lutilizzatore invece a titolo
di semplice tentativo rischierebbe, in particolare, di avere effetti di ricaduta in
rapporto agli altri delitti di falso in dichiarazione di cui agli att. 3 e 4 del decreto
legislativo 74/2000. Non vi sarebbe, infatti, ragione per differenziare, sotto il profilo
considerato, lannotazione in contabilità di fatture passive per operazioni
inesistenti rispetto, ad esempio, allannotazione in contabilità di fatture attive
che indichino i corrispettivi in misura inferiore a quella reale, la quale potrebbe essere
considerata, allo stesso modo, atto idoneo diretto in modo non equivoco a realizzare il
delitto di dichiarazione infedele, di cui allarticolo 4 del decreto legislativo
74/2000. In una simile prospettiva, peraltro, violazioni quali quelle in materia di
fatturazione e di annotazione nelle scritture contabili già configurate dallarticolo
1 della legge 516/82 come semplici contravvenzioni, rischierebbero di trasformarsi in
delitti, sia pure tentati.
A sua volta, la dichiarazione di incostituzionalità dellarticolo 9, comma 1,
lettera b), svuoterebbe di significato pratico
la norma incriminatrice del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o
altri documenti per operazioni inesistenti, di cui allarticolo 2 del decreto
legislativo 74/2000: per effetto dellapplicazione dellistituto del concorso di
persone nel reato, la linea di intervento penale risulterebbe in concreto spostata,
riguardo al destinatario delle fatture, dal momento della dichiarazione a quello dellemissione
della falsa documentazione («prodromico» non solo alla dichiarazione, ma alla stessa
utilizzazione).
Ne discende, dunque, linammissibilità del quesito di costituzionalità proposto.
Pqm
la corte costituzionale
Dichiara inammissibile
la questione di legittimità costituzionale degli articoli 6 e 9, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 74/2000 (Nuova
disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, ai sensi
dellarticolo 9 della legge 205/99), sollevata, in riferimento allarticolo 3
della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Brescia con lordinanza
in epigrafe.
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