SENTENZA N.62 ANNO 2004 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: - Gustavo ZAGREBELSKY Presidente - Valerio ONIDA Giudice - Carlo MEZZANOTTE - Fernanda CONTRI - Guido NEPPI MODONA - Annibale MARINI - Franco BILE - Giovanni Maria FLICK - Francesco AMIRANTE - Ugo DE SIERVO - RomanoVACCARELLA - Paolo MADDALENA - Alfio FINOCCHIARO ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale dellart. 80, comma 20, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato legge finanziaria 2001), promosso con ordinanza del 14 gennaio 2003 dal Tribunale di Palermo nel procedimento civile vertente tra Balistreri Giuseppe e Ferraro Angela, iscritta al n. 302 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dellanno 2003. Visto latto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 26 novembre 2003 il Giudice relatore Romano Vaccarella. Ritenuto
in fatto
1. Il Tribunale di
Palermo, nel corso di un processo di opposizione allesecuzione di un provvedimento
di rilascio per finita locazione, in cui il conduttore-opponente aveva dedotto di versare
nelle condizioni, previste dallart. 80, comma 20, della legge 23 dicembre 2000, n.
388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
legge finanziaria 2001) al fine di ottenere la sospensione dellesecuzione medesima
(nella specie, per avere nel nucleo familiare un ultrasessantacinquenne, non disponendo di
altra abitazione o di redditi sufficienti ad accedere alla locazione di altro immobile),
con ordinanza pronunziata il 14 gennaio 2003, ha sollevato, in riferimento allart. 3
della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dellart. 80, comma 20,
della legge n. 388 del 2000.
Il giudice rimettente
riferisce che, promossa lopposizione allesecuzione con ricorso depositato il
24 gennaio 2002 e cioè nella vigenza del decreto-legge 27 dicembre 2001, n. 450,
convertito con modificazioni dallart. 1 della legge 27 febbraio 2002, n. 14, che
aveva prorogato fino al 30 giugno 2002 il termine di sospensione previsto dalla norma
impugnata con ordinanza del 3 giugno 2002 è stata revocata la sospensione,
concessa in via durgenza ai sensi dellart. 625, secondo comma, cod. proc.
civ., per la carenza del requisito personale, richiesto dal citato art. 80, comma 20, in
uno a quello reddituale, consistente nella presenza nel nucleo familiare del conduttore di
persona ultrasessantacinquenne o handicappata grave e che, nel vigore della successiva
proroga del termine di sospensione disposta fino al 30 giugno 2003 dallart. 1
del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122, convertito, con modificazioni, dallart. 1
della legge 1° agosto 2002, n. 185 con istanza depositata il 16 settembre 2002 lopponente
ha chiesto, e poi ottenuto in via cautelare, la revoca dell'ordinanza del 3 giugno 2002,
avendo prodotto un nuovo certificato di stato di famiglia e di residenza dal quale risulta
inclusa nel proprio nucleo familiare una persona ultrasessantacinquenne. Sullistanza
della locatrice-opposta, diretta alla revoca della nuova ordinanza di sospensione, è
stata rimessa alla Corte la questione in esame.
Il giudice rimettente
osserva che lart. 1 del decreto-legge n. 450 del 2001, vigente al momento della
instaurazione del giudizio a quo, nel disporre
lulteriore proroga del termine di sospensione delle procedure di rilascio, non
precisava le modalità processuali con cui i soggetti in possesso dei requisiti previsti
dallart. 80, comma 20, della legge n. 388 del 2000 potessero ottenere il
riconoscimento di detto beneficio, ragion per cui il Tribunale di Palermo, come del resto
molti altri, aveva ritenuto necessaria linstaurazione, come nel caso di specie, di
un giudizio di opposizione allesecuzione. Solo il successivo decreto-legge n. 122
del 2002 aveva introdotto un apposito procedimento semplificato, ad iniziativa del
locatore, senza peraltro dettare alcuna norma transitoria per i giudizi di opposizione
già pendenti; sicché il processo in corso, ad opinione del rimettente, doveva essere
istruito e definito coerentemente con il rito e le forme imposte dallatto
introduttivo.
Il Tribunale osserva, quanto
alla rilevanza della questione, che essa concerne una norma di cui va fatta applicazione
in sede di definizione della controversia concernente loperatività della
sospensione ex lege dellesecuzione.
In punto di non manifesta
infondatezza, il giudice rimettente considera poi come in assenza di qualsivoglia
norma di coordinamento tra la legge n. 388 del 2000 (e successive proroghe) e la legge 9
dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad
uso abitativo), dettanti peraltro discipline fondate su diversi presupposti (la prima non
tiene alcun conto, a differenza della seconda, delle condizioni del locatore)
entrambe possono ritenersi contemporaneamente e parallelamente operanti. Ciò posto, e
valutata limpossibilità di applicare al caso concreto lart. 6, comma 5, della
legge n. 431 del 1998, stante il suo carattere di eccezionalità, il giudice a quo ritiene irragionevole il diverso trattamento
previsto dal legislatore del 2000: lart. 80, comma 20, infatti, prevede come
requisito concorrente con quello reddituale, alternativamente, la presenza nel nucleo
familiare del conduttore di un soggetto ultrasessantacinquenne o affetto da grave handicap, ma non prevede a differenza dellart.
6, comma 5 che il soggetto il quale versi in tali condizioni faccia parte del
nucleo familiare e sia convivente con il conduttore da almeno sei mesi.
Osserva ancora il Tribunale
che dagli atti del giudizio a quo risulta che
il soggetto ultrasessantacinquenne, la cui presenza nel nucleo familiare del conduttore
legittimerebbe laccoglimento del ricorso, è entrato a comporre detto nucleo solo in
data successiva sia alla proposizione della domanda che alla prima pronunzia cautelare
sulla stessa; circostanza che, ad avviso del rimettente, non influirebbe sulla decisione
dellopposizione ex art. 615 cod. proc.
civ., avente ad oggetto laccertamento dei requisiti indicati dal citato art. 80,
comma 20, tra i quali non figura, irragionevolmente, quello temporale (con grave rischio
di strumentalizzazioni e distorsioni).
Considera infine il giudice a quo come neppure la temporaneità della norma
denunciata possa costituire ostacolo alla rilevanza della questione, viste le numerose
proroghe di cui essa è già stata oggetto e quelle possibili per il futuro.
2. E
intervenuto, rappresentato dellAvvocatura generale dello Stato, il Presidente del
Consiglio dei ministri il quale ha eccepito, in primo luogo, linammissibilità della
questione per linapplicabilità nel giudizio a
quo della invocata sospensione dellesecuzione per rilascio di immobili adibiti
ad uso abitativo: tale sospensione, prevista dal più volte citato art. 80, comma 20, è
stata prorogata dallart. 1 del decreto-legge n. 122 del 2002, il quale fa
riferimento alla precedente proroga disposta dallart. 1, comma 1, del decreto-legge
n. 450 del 2001, la quale, a sua volta, faceva riferimento alle procedure iniziate
nei confronti degli inquilini in possesso dei requisiti indicati al comma 20 dellarticolo
80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388; sicché di tali proroghe potrebbero
beneficiare soltanto gli inquilini nei cui confronti fossero state iniziate procedure di
sfratto alla data di entrata in vigore della legge n. 388 del 2000.
Ad avviso della difesa
erariale intervenuta, la questione sollevata sarebbe comunque manifestamente infondata nel
merito per la disomogeneità delle situazioni comparate, posto che lart. 80, comma
20, della legge n. 388 del 2000, nel disporre provvidenze pubbliche in favore di inquilini
bisognosi assoggettati a procedure esecutive di sfratto, prevede, in via moratoria, la
sospensione ex lege di queste ultime al
ricorrere di determinati presupposti, mentre lart. 6, comma 5, della legge n. 431
del 1998 è norma a regime che, ricorrendo taluni requisiti (tra i quali, peraltro, non vè
quello di avere nel nucleo familiare soggetto ultrasessantacinquenne diverso dal
conduttore), dispone il differimento, fino ad un termine massimo di diciotto mesi, delle
esecuzioni di cui al comma 1 del medesimo articolo. Considerato
in diritto
1. Il Tribunale di
Palermo dubita della legittimità costituzionale, in relazione allart. 3 della
Costituzione, dellart. 80, comma 20, della legge 23 dicembre 2000, n. 388
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
legge finanziaria 2001), in quanto creerebbe una irragionevole disparità di trattamento,
ai fini della sospensione delle procedure di sfratto, tra gli inquilini ai quali tale
norma fa riferimento e quelli che debbono valersi del disposto dellart. 6, comma 5,
della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli
immobili adibiti ad uso abitativo), ed in quanto, inoltre, la norma impugnata sarebbe di
per sé del tutto irragionevole per la mancata previsione di un riferimento
temporale quanto al possesso dei requisiti richiesti allinquilino per poter
usufruire della sospensione stessa.
2. Preliminarmente
deve respingersi leccezione di inammissibilità proposta dallAvvocatura
erariale, ad avviso della quale la norma impugnata non potrebbe applicarsi al caso di
specie; sicché la questione di legittimità costituzionale sarebbe irrilevante.
Tale tesi si fonda sul
rilievo che poiché il periodo di sospensione (originariamente di 180 giorni dallentrata
in vigore della legge n. 388 del 2000) è stato prorogato (dapprima fino al 31 dicembre
2001: decreto-legge 2 luglio 2001, n. 247; quindi fino al 30 giugno 2002: decreto-legge 27
dicembre 2001, n. 450; poi fino al 30 giugno 2003: decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122;
da ultimo fino al 30 giugno 2004: decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147) con formulazione
che fa riferimento alla «sospensione delle procedure esecutive
, già disposta ai
sensi dellarticolo 80, comma 22
, iniziate nei confronti degli inquilini in
possesso dei requisiti indicati al comma 20
» tali proroghe riguarderebbero
soltanto le procedure già iniziate alla data di entrata in vigore della legge n. 388 del
2000 e, come tali, investite dalla sospensione da quella legge introdotta.
Tale interpretazione, pur se
possibile in base alle parole sopratrascritte della norma, è improponibile in quanto
anche a prescindere dalla sua dubbia conformità a Costituzione (art. 3)
essa trascura di considerare che la lettera dei vari decreti-legge di proroga va
coordinata con il disposto dellart. 80 della legge n. 388 del 2000, il quale prevede
una sospensione delle procedure esecutive di sfratto coordinata al reperimento, da parte
dei Comuni, di immobili da destinare agli inquilini che versino nelle particolari
condizioni di bisogno ivi indicate. Essendo indubbio che lart. 80 citato non è
norma che esaurisca la sua efficacia allo scadere dei 180 giorni dalla sua entrata in
vigore e cioè a quella che la norma stessa definisce, significativamente, la sua
prima applicazione ma, al contrario, una norma che mira ad avviare un
meccanismo permanente di reperimento da parte dei Comuni di immobili da destinare a
persone bisognose soggette a sfratti, è altrettanto indubbio che i successivi
provvedimenti di proroga investono la norma di base in tutta la sua portata permanente,
e non già limitata alla sua prima (e, secondo la tesi dellAvvocatura, unica)
applicazione.
In conclusione, uninterpretazione
sistematicamente corretta del combinato disposto dellart. 80 citato e dei successivi
provvedimenti di proroga comporta che il richiamo operato da tali successivi provvedimenti
allart. 80 mira esclusivamente ad individuare i requisiti soggettivi che, del tutto
a prescindere dal momento in cui è iniziata o potrebbe iniziare la procedura esecutiva di
sfratto, debbono possedere gli inquilini beneficiari della proroga.
3. La questione di
legittimità costituzionale posta dal rimettente assumendo quale tertium comparationis lart. 6, comma 5, della legge n. 431 del 1998
è infondata, non potendo tale norma essere adottata quale termine di confronto con la
norma impugnata.
Di ciò, invero, sembra aver
consapevolezza lo stesso rimettente allorquando rileva che lart. 6, comma 5, citato
non consente, attesa la sua eccezionalità, una applicazione analogica del requisito
temporale in esso previsto; e la circostanza che, ad avviso del rimettente, sia altrettanto
eccezionale la norma impugnata conferma, con limpraticabilità del ricorso allanalogia,
limpossibilità di operare un confronto tra le due norme indicate.
In effetti a
prescindere dalla correttezza della loro qualificazione come eccezionali
le due norme (art. 6, comma 5, della legge n. 431 del 1998 e art. 80, commi 20-22,
della legge n. 388 del 2000) hanno in comune esclusivamente la generica finalità di
procrastinare nei Comuni ad alta tensione abitativa il momento di effettiva
attuazione del rilascio forzato dellimmobile locato in vista della piena entrata a
regime del sistema tendenzialmente liberalizzato introdotto dalla legge n. 431
del 1998 (sentenza n. 310
del 2003), ma divergono radicalmente sotto altri e ben più pregnanti profili.
In primo luogo, i requisiti
soggettivi dei beneficiari delle due norme sono profondamente diversi: non soltanto
perché lart. 6, comma 5, ha come destinatari inquilini nei cui confronti, attesa la
prevedibile temporaneità del loro interesse ad occupare limmobile locato
(assegnatario di alloggio di edilizia residenziale pubblica o di ente previdenziale o
assicurativo; prenotatario di alloggio cooperativo in costruzione; acquirente di alloggio
in costruzione; proprietario di alloggio che abbia iniziato azione di rilascio), la
procedura esecutiva appare inopportuna per lo sproporzionato disagio che essa creerebbe
allinquilino rispetto al vantaggio che ne conseguirebbe il locatore, ma anche
perché, laddove ha come destinatari inquilini bisognosi di particolare protezione, li
individua secondo criteri divergenti da quelli utilizzati dallart. 80, comma 20,
della legge n. 388 del 2000: in particolare, la prima norma considera disgiuntivamente le
condizioni personali (età di 65 anni del conduttore, cinque o più figli a carico,
presenza nel nucleo familiare e convivenza da almeno sei mesi di un portatore di handicap o di un malato terminale) e quelle
reddituali (tipizzate nelliscrizione nelle liste di mobilità o nella
percezione di un trattamento di disoccupazione o di integrazione salariale), laddove la
seconda norma esige sia le une (esistenza nel nucleo familiare di ultrasessantacinquenni o
handicappati gravi) sia le altre (genericamente
individuate nel non disporre di altra abitazione o di redditi sufficienti ad accedere allaffitto
di una nuova casa).
In secondo luogo, è del
tutto evidente e tale da dar conto anche delle segnalate differenze circa i
requisiti soggettivi il meccanismo radicalmente diverso al quale le due norme danno
vita: lart. 6, comma 5, mira ad attenuare gli effetti, nei Comuni ad alta tensione
abitativa, dellentrata a regime del sistema liberalizzato, e pertanto
prevede la possibilità per il giudice dellesecuzione di accordare agli inquilini
normali, per una sola volta ed a loro domanda, un termine di grazia non
superiore a sei mesi con decreto avverso il quale è proponibile opposizione (camerale) e
la possibilità di accordare agli inquilini protetti il differimento dellesecuzione
fino a diciotto mesi; lart. 80, commi 20-22, invece, prevede una sospensione ex lege dellesecuzione
(al fine di consentire ai Comuni il reperimento di immobili da destinare agli sfrattati
bisognosi) per il tempo dalla legge stessa (via via) indicato.
La prima norma si ispira al
sistema della graduazione, con conseguente previsione di un potere discrezionale del
giudice dellesecuzione quanto alla fissazione del momento del rilascio entro un
termine determinato nel massimo dalla legge, laddove la seconda norma prevedendo la
sospensione automatica delle procedure per il tempo fissato dalla legge risponde
alla logica propria del (nominalmente) cessato regime c.d. vincolistico: sicché di questultima
norma (e non certamente della prima) questa Corte ha dovuto sottolineare, a fronte delle
numerose proroghe che si sono succedute e che si sono sopra ricordate, che «la procedura
esecutiva
non può essere paralizzata indefinitamente con una serie di pure e
semplici proroghe, oltre un ragionevole limite di tollerabilità [in quanto] il
legislatore
non può indefinitamente limitarsi
a trasferire lonere
relativo [alla protezione di categorie di soggetti bisognosi] in via esclusiva a carico
del privato locatore» (sentenza
n. 310 del 2003, che affronta un profilo di illegittimità costituzionale in questa
sede non dedotto).
Non è casuale, può
aggiungersi, ma ulteriore conferma della profonda diversità delle due norme, che il
decreto-legge n. 122 del 2002, nel disporre la terza proroga del termine di sospensione
introdotto dalla legge n. 388 del 2000, abbia avvertito lesigenza di creare un
procedimento ad hoc sostanzialmente inverso rispetto a quello di
cui allart. 6, commi 3 e 4, della legge n. 431 del 1998 secondo il quale è
il locatore a dover adire il giudice dellesecuzione per contestare la sussistenza
dei presupposti della sospensione dedotti dallinquilino in sede di accesso dellufficiale
giudiziario (deduzione di fronte alla quale lufficiale giudiziario deve arrestare la
sua attività).
In conclusione, la generica
comune funzione di procrastinare il compimento dellesecuzione forzata non è tale, a
fronte delle radicali difformità quanto a presupposti e struttura che si sono indicate,
da consentire di utilizzare lart. 6, comma 5, della legge n. 431 del 1998, quale tertium comparationis nel sindacato di legittimità costituzionale, ex art. 3 della Costituzione, del censurato art.
80, comma 20, della legge n. 388 del 2000; sicché la relativa questione deve ritenersi
infondata.
4. Infondata è anche
la questione sollevata con riguardo alla intrinseca irrazionalità della norma denunciata
per la mancata previsione di ogni riferimento al momento in cui deve sussistere il
possesso dei requisiti richiesti per usufruire della sospensione ex lege della procedura esecutiva di sfratto.
Osserva questa Corte che la
censura sarebbe fondata qualora davvero la norma consentisse esclusivamente la lettura che
ne offre il giudice rimettente, ma deve escludersi che essa sia lunica consentita
dal suo tenore letterale, e sottolinearsi, per contro, che è ben possibile una sua
interpretazione conforme al canone di ragionevolezza di cui allart. 3 della
Costituzione.
Lart. 80, comma 20,
della legge n. 388 del 2000, infatti, individua i beneficiari della sospensione negli
inquilini nel cui nucleo familiare vi siano ultrasessantacinquenni
o handicappati gravi.
E del tutto evidente
che la locuzione nucleo familiare non allude, qui, ad un concetto tecnico e
ben definito (come fa, ad esempio, ai fini dellindividuazione dei beneficiari degli
assegni familiari, lart. 38 del d.P.R. n. 818 del 1957): ai fini del soddisfacimento
dellesigenza di godere di unabitazione il legislatore ricorre senza
pretendere di interferire nella complessità e varietà dei rapporti interpersonali, con loperare
tra di essi selezioni che suonerebbero come ingerenze in sfere strettamente personali
ad una nozione empirica di nucleo familiare, in tal modo alludendo ad un rapporto
dotato di un grado di stabilità e continuità tale da consentire di definirlo, a
prescindere da (meramente eventuali) relazioni di coniugio, parentela o affinità, come
afferente ad un nucleo familiare.
Peraltro, la norma de qua richiede che lultrasessantacinquenne o
lhandicappato grave sia inserito nel
nucleo familiare dell«inquilino», e cioè di soggetto che occupa limmobile
in questione in forza del titolo costituito dal contratto di locazione; laddove colui che
occupa limmobile dopo lo spirare del termine di durata della locazione è un occupante
senza titolo, tenuto a corrispondere al proprietario non già il canone, bensì una
indennità (appunto) di occupazione.
E evidente, allora,
che lesigenza di un minimo di stabilità e continuità della relazione
interpersonale sottesa allatecnica locuzione nucleo familiare è
soddisfatta dalla norma esigendo che linserimento nel nucleo familiare del soggetto
(ultrasessantacinquenne o handicappato grave) in
relazione al quale è concesso il beneficio della sospensione ex lege deve risalire quanto meno al momento in cui
sussisteva ed era efficace il contratto di locazione, e con esso la qualità di inquilino.
Così come è evidente che siffatto requisito è verificabile dal giudice dellesecuzione
con rapidità e semplicità del tutto compatibili con il carattere sommario dellaccertamento
demandatogli dalla legge in caso di contestazione da parte del locatore.
Non a caso, daltra
parte, la giurisprudenza dominante intende il requisito reddituale come riferito al
complesso dei componenti il nucleo familiare, ed adotta quale utile parametro
di riferimento, al fine di stabilire se il reddito familiare sia sufficiente
per accedere allaffitto di una nuova abitazione, i limiti di reddito stabiliti
(dalle singole normative regionali e delle Province autonome) per conseguire lassegnazione
di un alloggio di edilizia residenziale pubblica (cfr. circolare del Ministero dei Lavori
pubblici del 23 febbraio 2001): tale giurisprudenza, infatti, da un lato presuppone che
nucleo familiare possa definirsi solo quello connotato da un minimo di
stabilità e continuità e, dallaltro lato, conferma che il requisito reddituale
(del nucleo familiare) per godere della sospensione dello sfratto deve sussistere al
momento (cessazione della locazione) determinante per quello (speculare) dellinserimento
nelle graduatorie dei potenziali assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica.
Interpretata nel senso per
cui linserimento nel nucleo familiare dellultrasessantacinquenne o dellhandicappato grave deve risalire ad epoca anteriore
alla cessazione del rapporto di locazione la norma denunciata si sottrae ad ogni censura
di irrazionalità per la (pretesa) assenza, in essa, di un riferimento temporale quanto al
possesso dei requisiti richiesti per beneficiare della sospensione ex lege della procedura di sfratto. Per questi
motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara
non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità
costituzionale dellart. 80, comma 20, della legge 23 dicembre 2000, n. 388
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
legge finanziaria 2001), sollevata, in riferimento allart. 3 della Costituzione, dal
Tribunale di Palermo, con lordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2004. Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente Romano VACCARELLA, Redattore Depositata in Cancelleria il 12 febbraio 2004 |