Consiglio Superiore della Magistratura Comitato di Presidenza
Al
sig. MINISTRO
della
GIUSTIZIA
R
O M A
Al
Sig. Capo dellUfficio Legislativo
Ministero
della Giustizia
R
O M A e,
p.c.
Al
Sig. Segretario Generale della Presidenza della Repubblica
R
O M A
OGGETTO:
Pratica num.25/ /2002 Parere richiesto dal
Ministro della giustizia sul disegno di legge recante Delega al Governo per la riforma
dell'ordinamento giudiziario e disposizioni in materia di organico della Corte di
Cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità, approvato dal Consiglio dei
Ministri nella riunione del 14 marzo 2002. Comunico, su
disposizione del Comitato di Presidenza, che il Consiglio Superiore della Magistratura,
nella seduta del 12/06/2002, ha approvato il seguente: «Parere del Consiglio
Superiore della Magistratura sullo schema di disegno di legge recante Delega al
Governo per la riforma dellordinamento giudiziario e disposizioni in materia di
organico della Corte di cassazione e di conferimento delle funzioni di legittimità. 1. Premessa. Il Consiglio Superiore della magistratura è chiamato a rendere
il parere prescritto dalla legge n. 195 del 1958 sul disegno di legge delega di riforma
dellordinamento giudiziario. Il contributo di riflessione del Consiglio sarà indirizzato, da
un lato, ad esaminare la rispondenza della normativa proposta ai principi costituzionali
e, dallaltro, a saggiare la sua idoneità a rendere più efficiente lorganizzazione
giudiziaria. La
particolare attenzione riservata agli aspetti costituzionali è giustificata dal rilievo e
dalla pregnanza delle norme della Costituzione che disegnano lassetto della
magistratura nonché dalla chiara indicazione di prospettiva contenuta nel testo della VII
Disposizione transitoria del testo costituzionale che parla di una nuova legge sullordinamento
giudiziario in conformità con la Costituzione.
La valutazione in termini di efficacia e di efficienza delle
disposizioni proposte costituisce un apporto che il Consiglio Superiore è in grado di
fornire in ragione delle sue competenze istituzionali e della sua esperienza in materia di
organizzazione giudiziaria e di gestione delle vicende professionali dei magistrati. 2. Il disegno di
legge delega: non una legge di riforma organica dellordinamento
giudiziario. Il disegno di legge delega reca un titolo impegnativo ed
ambizioso: Delega al Governo per la riforma dellordinamento giudiziario e
disposizioni in materia di organico della Corte di cassazione e di conferimento delle
funzioni di legittimità. Sul
piano strettamente tecnico, però, già una prima lettura del testo del disegno di legge
convince che non si è di fronte ad una legge di riforma organica dellordinamento
giudiziario.
Non sono infatti ripensati unitariamente e coerentemente lo
statuto della magistratura e lassetto della organizzazione giudiziaria. Beninteso
il disegno di legge in esame propone interventi su più punti che sono tutti cruciali per
il futuro assetto della magistratura e mira a trasformazioni profondissime dellorganizzazione
giudiziaria. Ma la tecnica normativa prescelta è quella degli innesti
su di un corpo normativo preesistente; innesti che spesso risultano non coordinati o mal
raccordati con la normativa non investita da modifiche e che rendono lintervento
normativo in più punti frammentario e disorganico. Un
dato, questo, su cui si avrà modo di tornare in seguito e che è allorigine di
numerosi problemi tecnici. .
Sotto
un più ampio profilo istituzionale, poi, il provvedimento in discussione non si presenta
come la riforma dellordinamento giudiziario conforme alla Costituzione, da lungo
tempo attesa dalla cultura giuridica, costantemente rivendicata
dalla magistratura e dovuta in forza della VII Disposizione transitoria della
carta fondamentale (che fa appunto riferimento ad una nuova legge sullordinamento
giudiziario in conformità con la Costituzione).
Una siffatta riforma dovrebbe, infatti, essere consapevolmente
orientata ad armonizzare le norme che regolano lorganizzazione giudiziaria e la vita
professionale dei magistrati ai valori essenziali tratteggiati nelle disposizioni
costituzionali che regolano la giurisdizione. Al
contrario il disegno di legge delega in esame appare criticabile proprio perché in larga
misura si discosta o si pone in contrasto con le norme costituzionali sullassetto
organizzativo e sul governo autonomo della magistratura oltre che con le disposizioni
dettate dal Costituente in tema di legislazione delegata.
3. Legge delega e
art. 76 della Costituzione. In termini procedurali la legge delega appare in più punti in
contrasto con il precetto dellart. 76 della Costituzione secondo cui lesercizio
della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione
di principi e criteri direttivi. 3.1. La totale omissione
dei principi e criteri direttivi nella materia disciplinare. Nella materia
disciplinare il contrasto tra legge di delegazione e Costituzione è immediatamente
percepibile. . Qui i principi e criteri direttivi previsti dallart. 76
della Costituzione sono del tutto omessi non essendo individuati - neppure in linea di
principio o di larga massima - i beni ed i valori che la
giurisdizione disciplinare è chiamata a tutelare, i doveri del magistrato, la
tipologia delle sanzioni irrogabili ai magistrati. Leffetto di questa triplice omissione è che la tipizzazione,
almeno tendenziale, degli illeciti disciplinari e delle relative sanzioni viene lasciata
integralmente alla discrezionalità dellesecutivo, che diviene lunico arbitro
nel definire il catalogo dei beni tutelati attraverso la giurisdizione disciplinare ed il
quadro dei doveri e delle sanzioni irrogabili. E ciò nonostante che si tratti
di una materia tuttaltro che scontata. Se
è infatti pacifico che il magistrato ha doveri di diligenza, di laboriosità, di
correttezza et similia, sulla natura e sullestensione di altri doveri ( ad es. il
dovere di riservatezza ) la discussione è assai aperta . La giustizia disciplinare si presenta dunque come un caso di
scuola di delega in bianco al Governo, del tutto incompatibile con la
Costituzione, 3.2. Lestrema
genericità di altre direttive delle legge delega. Lesempio della disciplina dellaccesso
alla Cassazione. Se poi si esamina
più a fondo il disegno di legge non si tarda a scorgere che anche in altri ambiti
delicatissimi la legge di delegazione è così generica da risolversi in un incondizionato
trasferimento allesecutivo del potere di dettare norme sullassetto della
magistratura, in palese violazione dellart. 76 Cost. Ci si limiterà qui solo ad alcune esemplificazioni preliminari
rinviando ulteriori rilievi critici allesame dettagliato delle previsioni della
delega. . In questottica costituisce un esempio significativo la
disciplina dettata per il conferimento delle funzioni di legittimità, che pure riveste
una importanza cruciale nella complessiva filosofia della legge delega. Per la copertura della metà dei posti vacanti presso la Corte di
cassazione è previsto un concorso per titoli ed esami; ma la delega non detta
alcuna prescrizione di principio e di orientamento per il governo sulle modalità del
concorso, sul peso da attribuire alla valutazione dei titoli ed agli esami, sulle prove da
sostenere ( se scritte, orali, o scritte ed orali), sulle materie di esame, sulla
eventuale differenziazione dei concorsi per i posti civili e penali
.. Anche
la procedura di provvista dellaltra metà dei posti di Cassazione per la
quale si prevede listituzione di una Commissione speciale per le funzioni di
legittimità - è caratterizzata da una notevole genericità ed indeterminatezza dei
principi e criteri direttivi della legge di delegazione che nulla dice sulle modalità di
espletamento dellattività della Commissione e sui criteri di valutazione dei
requisiti attitudinali e delle capacità professionali del magistrato che non si traducono
nella redazione di provvedimenti scritti. Sempre in questo ambito, va osservato che: a) la delega non enuncia i principi e criteri direttivi della
disciplina transitoria che dovrà accompagnare il passaggio dalle attuali
forme di accesso in Cassazione al futuro meccanismo; b) tace sui criteri di inserimento nel ruolo di anzianità dei
vincitori per saltum del concorso in cassazione; c) rimane del tutto silenziosa sulle regole per la valutazione
del servizio dei magistrati fuori ruolo che intendono accedere alla Cassazione. In sostanza essa è carente di indicazioni su scelte impegnative
e particolarmente qualificanti, capaci di imprimere alla nuova normativa un determinato
segno o un altro, radicalmente opposto. Da
questi primi esempi si deduce che la legge di delegazione andrebbe riscritta in più punti
per consentire al parlamento di dettare realmente al governo lindirizzo vincolante
previsto dallart. 76 della carta costituzionale. 3.3.Lopportunità del parere del Consiglio Superiore
sui futuri decreti legislativi delegati. Proprio
in ragione dellampiezza della materia toccata dalla delega e degli aspetti di
genericità della stessa, il Consiglio prospetta sin dora la necessità ed avanza la
richiesta di essere chiamato ad esprimere parere anche sui decreti legislativi delegati
che conterranno la disciplina puntuale e specifica di capitoli importanti dellordinamento
giudiziario. Lart.
10 della legge 195 del 1958 autorizza pienamente tale richiesta perché prevede il parere
del Consiglio non solo sui disegni di legge concernenti lordinamento
giudiziario ma anche su ogni altro oggetto comunque attinente a tale materia e
quindi anche su decreti legislativi delegati che regolino aree rilevanti dellordinamento
giudiziario. 4. Il concorso di
accesso alla magistratura. Passando ad esaminare i singoli capitoli della delega occorre
soffermarsi in primo luogo sui principi e criteri destinati a regolare la disciplina dellaccesso
in magistratura. La legge di delegazione ( art. 2, comma 1, lett. a) prevede
che a sostenere le prove del concorso per uditore giudiziario siano ammessi soltanto
coloro i quali abbiano conseguito labilitazione allesercizio della professione
forense ovvero lidoneità in qualsiasi concorso bandito dalla pubblica
amministrazione per il quale è necessario il possesso della laurea in giurisprudenza
ovvero abbiano conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche. Secondo la relazione di
accompagnamento la nuova disciplina dovrebbe assicurare la migliore qualificazione
dei partecipanti e ridurre il numero dei concorrenti ed i tempi di
espletamento delle prove. Si noti che la legge non richiede precedenti esperienze
lavorative effettive ( al pari di quanto stabilito per le magistrature amministrative) ma
solo il possesso di titoliche in taluni casi possono essere del tutto
incongrui rispetto alla professione di magistrato. Così la idoneità in qualsiasi concorso bandito
dalla pubblica amministrazione per il quale è necessario il possesso della laurea in
giurisprudenza può risultare in molti casi criterio preselettivo troppo generico e
sostanzialmente insignificante se si considera la varietà di tali concorsi ed il fatto
che la maggior parte di essi prevede prove scritte ed orali su materie molto diverse da
quelle previste nel concorso in magistratura. Analoghe considerazioni possono valere per il
conseguimento del dottorato di ricerca - soprattutto se conseguito in materie eccentriche
rispetto a quelle del concorso in magistratura - in quanto il dottorato mira a sviluppare
ed affinare attitudini solo in parte coincidenti con quelle necessarie per il magistrato. Labilitazione allesercizio della
professione forense è invece titolo sicuramente significativo ed omogeneo rispetto alla
professione del magistrato. Riguardo ad esso lunica ragione di perplessità
scaturisce dalla mancanza di uniformità degli standards di esame nei diversi distretti. I titoli individuati come necessari per lammissione
al concorso in magistratura non costituiscono, dunque, sicura garanzia né di una
pregressa esperienza lavorativa nè della qualità tecnica dei partecipanti ( beninteso
nelle materie professionali proprie del magistrato ordinario). A queste
osservazioni critiche - che hanno di mira solo la struttura e la logica interna del
sistema proposto nella legge delega vanno poi affiancate altre considerazioni di
carattere sistematico. Il meccanismo di accesso alla magistratura ordinaria è
stato di recente oggetto di una riforma radicale ed articolata. In particolare, nellorizzonte
di una formazione comune dei laureati in giurisprudenza che aspirano allesercizio di
professioni legali sono state istituite scuole di specializzazione per tali professioni,
destinate a tracciare un percorso di formazione e selezione, allinterno del quale si
colloca anche il concorso per uditore giudiziario. La delega governativa proposta cancella questa riforma
tuttora in corso di sperimentazione; con leffetto che lunica, residua funzione
delle scuole di specializzazione per le professioni legali consisterebbe nel conseguimento
di un diploma valutato ai fini del compimento del periodo di pratica forense. Le Scuole, ormai già istituite, non avrebbero più
alcuna rilevanza ai fini della formazione e dellingresso nella carriera nella
magistratura ordinaria; e, soprattutto, si abbandonerebbe la prospettiva di una formazione
comune del giurista quale valore fondante del sistema e di un ordinamento fondato su
moduli didattici uniformi che formino a monte della vicenda concorsuale i giuristi
destinati ad intraprendere le carriere del magistrato, dellavvocato, del notaio. Né può trascurarsi che il sistema del «doppio
concorso», nel dilatare i tempi per laccesso in magistratura, può determinare
conseguenze negative per i meno abbienti, introducendo una disparità di trattamento tanto
più vistosa in assenza di qualsiasi previsione di incentivi o borse di studio. In conclusione sul punto: la normativa introdotta dalla
legge delega appare disarmonica rispetto alla normativa di recente varata in materia ( con
la quale dovrebbe essere coordinata in tema di scuole forensi) ed introduce criteri di
preselezione che - se hanno il pregio di archiviare definitivamente il negativo sistema
dei quiz - non appaiono adeguati rispetto alla professione del magistrato. 5. Il ruolo attribuito alla Corte di cassazione. In
particolare: i due canali di accesso alle funzioni di legittimità ed il trattamento
economico dei magistrati della Corte. Un aspetto particolarmente problematico della legge di
delegazione è costituito dal nuovo ruolo che essa attribuisce alla Corte di cassazione. Dall'impianto
della delega, infatti, la Cassazione emerge come organismo fortemente differenziato dalla
magistratura di merito ( non, com'è naturale, per le funzioni di legittimità esercitate
ma) per le modalità di accesso e di organizzazione, per il trattamento economico dei suoi
componenti e per i compiti che le sono assegnati in materia di formazione. Innanzitutto
la legge di delegazione detta una disciplina particolare dei canali di accesso alla Corte
prevedendo, per metà dei posti disponibili, un concorso per titoli ed esami e, per la
restante metà, una procedura di selezione imperniata sulla valutazione attitudinale da
parte di una Commissione speciale per le funzioni di legittimità ( artt. 10 e 11). Alla
Corte è poi attribuito un peculiare ruolo nella formazione (come si dirà in funzione
essenzialmente selettiva) dei magistrati in quanto la Scuola della magistratura è
istituita presso la Cassazione ed è da essa cogestita con il Ministro della Giustizia. Inoltre
ai magistrati in servizio presso la Cassazione è riservato un trattamento retributivo
privilegiato grazie allattribuzione a tutti i suoi componenti - residenti o meno in
Roma - di una indennità di trasferta per venti giorni al mese( art. 13). L'ultimo
tratto del regime speciale prefigurato per il giudice di legittimità è rappresentato
dalla composizione dellorganismo collegiale interno, che non è costruito come il
Consiglio giudiziario della Cassazione ma come Consiglio direttivo, che cumula in sé i
caratteri di organismo ausiliario del CSM e di organo di gestione. Sui
compiti assegnati alla Corte nel settore della formazione dei magistrati e sulle
caratteristiche dell'organismo consultivo destinato ad operare presso la Cassazione si
dirà in dettaglio più avanti nei capitoli del parere dedicati alla Scuola della
magistratura ed ai Consigli giudiziari. In
questa sede conviene svolgere alcune sintetiche considerazioni sulle procedure di accesso
alla Corte, da un lato richiamando integralmente i rilievi critici già svolti sulla
genericità delle direttive contenute nella legge delega ( intra, par. 3.2.) e,
dall'altro, esaminando le scarne disposizioni che regolano la provvista della Corte (
art. 2, comma 1, lett. b), 10 e 11 ). 5.1. Il concorso per
titoli ed esami. L'art. 2, comma 1 lettera
b), prevede che, per la metà dei posti disponibili, sia introdotto un "concorso per
titoli ed esami" di accesso alle funzioni di legittimità. Nonostante
la genericità della normativa, l'intenzione del legislatore è chiaramente percepibile:
ripristinare, per la metà dei posti da coprire in Cassazione, il sistema del concorso,
introducendo una via di ingresso più rapida, per saltum. aperta ai magistrati che abbiano
maturato almeno dieci anni di anzianità. Ora,
una tale soluzione sostanzialmente ricalcata su modelli del passato - non tiene
conto della esperienza e non si muove affatto nella direzione di una maggiore efficienza
complessiva. Va
ricordato, infatti, che il sistema dei concorsi per titoli ed esami fu
ampiamente criticato e infine abbandonato perché produceva numerosi inconvenienti. Accadeva
in particolare che molti aspiranti si impegnassero più nellelaborare provvedimenti
idonei a valere come titoli che a fronteggiare il carico di lavoro dellufficio,
ricercassero collocazioni professionali defilate o comunque meno impegnative per coltivare
uno studio solo teorico e fossero esposti al rischio del conformismo giurisprudenziale in
ragione del futuro esame da affrontare ed in considerazione della sperata cooptazione. Reintrodotto oggi, un siffatto sistema riprodurrebbe
gli stessi guasti deprimendo - proprio agli occhi dei magistrati più validi e più
desiderosi di distinguersi - le funzioni che assicurano minori occasioni di studio
teorico-generale o garantiscono minori possibilità di precostituire titoli
(siano essi costituiti da provvedimenti giudiziari o da pubblicazioni dottrinarie). Tutto ciò si porrebbe evidentemente in contraddizione
sia con l'affermata esigenza di accrescere lefficienza complessiva del lavoro
giudiziario sia con lintento di introdurre serie valutazioni e rigorosi controlli di
qualità del lavoro giudiziario ( in quanto il meccanismo dei concorsi non premia la
costanza ed il valore del lavoro quotidiano ma, nella migliore delle ipotesi, privilegia
l'impegno profuso dal singolo nello studio teorico a tutto campo che è necessario per il
concorso). A ben guardare, poi, è lidea stessa di ordinare
i magistrati in una sorta di piramide che non risponde ai bisogni di una società moderna.
Tutti
i magistrati - in qualunque ufficio ed in qualunque parte del paese essi operino- adottano
decisioni che incidono sulla libertà personale, sul patrimonio, sullattività
produttiva, sullo status personale e familiare dei cittadini. Lo
sforzo da compiere nell'interesse della collettività non è dunque quello di metterli
in scala ma di garantire che essi abbiano, nella loro generalità, standards,
livelli adeguati di professionalità, allontanando dal compito di giudicare anche
attraverso il ripensamento ed il rinvigorimento dei meccanismi di selezione negativa -
coloro che non si dimostrano allaltezza del compito di giudicare o di esercitare le
funzioni di pubblico ministero. In definitiva la normativa sullaccesso in
Cassazione non deve certificare una sorta di primato dei vincitori di concorso rispetto a
colleghi che esercitano differenti e non meno delicate funzioni, né deve essere mirata
allastratto obiettivo di selezionare in assoluto i migliori magistrati,
ma deve essere pensata per soddisfare due esigenze: assicurare la funzionalità della
Corte ed individuare i magistrati più idonei alle funzioni di legittimità. Tali risultati appaiono realizzabili - assai più che
con la riproposizione del vecchio concorso per titoli ed esami - attraverso laffinamento
delle tecniche di rilevazione delle attitudini e ladeguata valutazione dei percorsi
professionali compiuti dagli aspiranti allesercizio delle funzioni di legittimità. E in questa direzione che si dovrebbe procedere
con risolutezza - ridimensionando ulteriormente rispetto a quanto già fatto dal Consiglio
con le sue circolari - il peso del requisito dellanzianità e accentuando nella
selezione il peso attribuito alle attitudini ed al merito
dimostrato nello svolgimento dellattività giudicante o requirente. Ciò permetterebbe tra laltro anche ai magistrati
non in possesso di anzianità di servizio particolarmente elevata di accedere alla Corte
di cassazione se effettivamente in possesso delle peculiari attitudini necessarie per lesercizio
delle funzioni di legittimità. Del resto anche sotto altri profili più strettamente
tecnici ( collocazione nel ruolo di anzianità, assetto della carriera, accesso alle
funzioni direttive, reversibilità delle funzioni, parametri retributivi da applicare ai
vincitori del concorso per saltum ) la proposta reintroduzione del sistema concorsuale
sarebbe foriera di gravi inconvenienti se non fosse accompagnata da una serie di
dettagliate disposizioni di coordinamento con la normativa vigente e da una adeguata
disciplina transitoria. Infatti il vincitore di concorso, per effetto del così
titolo acquisito e della progressione per saltum, parteciperebbe alle successive selezioni
per il conferimento di uffici direttivi in posizione di evidente preferenza in riferimento
ad ogni funzione, senza avere maturato una adeguata esperienza nel merito e magari senza
mai avere esercitato le funzioni al quale si riferisce lufficio che dovrebbe
presiedere. 5.2. Il
conferimento delle funzioni di legittimità per anzianità e per merito. La Commissione
speciale per le funzioni di legittimità. Gli artt. 10 ed 11 della legge di delegazione
riscrivono la disciplina del secondo canale di accesso alle funzioni di legittimità,
destinato ad operare in parallelo al "concorso per titoli ed esami. Tali norme prevedono listituzione di una
Commissione speciale per le funzioni di legittimità ( composta da tre magistrati - due
giudici della Corte ed un magistrato della Procura generale - e da due professori
universitari di ruolo di prima fascia) investita del compito di esaminare le specifiche
attitudini degli aspiranti allesercizio delle funzioni di legittimità, a tal
fine valutando lattività svolta negli ultimi cinque anni, la qualità del lavoro
svolto, il rispetto dei doveri inerenti allufficio ed alle funzioni, esaminando i
provvedimenti redatti, i dati statistici ed ogni altro fatto o elemento concernente lattività
professionale e scientifica. Va subito detto che l'idea di dar vita ad un organo
tecnico di supporto del Consiglio Superiore - che lo metta meglio in grado di formulare
giudizi fondati su elementi concreti e di accertare effettivamente il possesso dei
requisiti attitudinali dei magistrati che aspirano ad esercitare funzioni di legittimità
- presenta aspetti potenzialmente positivi da prendere in attenta considerazione. Aspetti
da valorizzare concedendo al C.S.M. di discostarsi dal giudizio della Commissione soltanto
in base ad una motivazione che contenga lesame puntuale e lesplicita
valutazione del suo merito tecnico. Critiche e dubbi di conformità alla Costituzione
nascono però quando si esaminano alcuni passaggi della legge di delegazione relativi alla
composizione ed alle funzioni della istituenda Commissione speciale. In primo luogo le norme in questione conferiscono al
Ministro della giustizia un ruolo improprio, perché diverso da quello riservatogli dalla
Costituzione, nella procedura di valutazione dei magistrati aspiranti alla Cassazione. Infatti lart. 10, comma 3, della legge stabilisce
che la scelta la scelta dei componenti della Commissione speciale per le funzioni di
legittimità debba avvenire solo tra i concorrenti «proposti» dal Ministro della
giustizia. Ora, se si ha presente la concreta influenza che le
valutazioni della Commissione speciale avranno sulle decisioni consiliari di nomina
dei magistrati di Cassazione, si constata che lattribuzione al Ministro della
giustizia del potere di proporre lintera rosa da cui estrarre i componenti della
Commissione speciale finisce con il conferire allesecutivo un ruolo assai penetrante
in un ambito che la Costituzione gli preclude: le procedure di valutazione e di selezione
dei magistrati in vista della promozione alle funzioni di magistrato di
cassazione ed al relativo trasferimento. Ma la promozione ed il trasferimento
di tutti i magistrati ( e quindi anche di quelli selezionati per la Cassazione) sono
provvedimenti che l'art. 105 della Costituzione riserva alla competenza esclusiva
dell'organo di autogoverno; e perciò limmissione in questa sfera del Ministro della
giustizia attraverso il potere di proposta dei commissari speciali costituirebbe grave
violazione delle attribuzioni consiliari, costituzionalmente garantite, dallart. 105
della Costituzione. . Anche le disposizioni che delineano i compiti della
Commissione speciale appaiono assai poco rispettose delle competenze che la Costituzione
riserva al Consiglio Superiore della Magistratura. Lart. 11, comma 1, della legge delega stabilisce,
infatti, che la Commissione procede allesame delle specifiche attitudini degli
aspiranti, valutando oltre allattività svolta negli ultimi cinque anni ed alla
qualità del lavoro svolto dal magistrato anche il rispetto dei doveri inerenti allufficio
ed alle funzioni. Alla Commissione dunque è attribuita anche la
valutazione sullosservanza dei doveri del magistrato, valutazione che
non può essere compiuta sulla base di parametri tecnico-formali ( gli unici sui quali
può esprimersi un organo consultivo del Consiglio) e rischia di tradursi in una sorta di
improprio sindacato sulla correttezza e sulla deontologia del magistrato che invece spetta
inderogabilmente al Consiglio Superiore. Inoltre la norma in esame non riconosce alcun ruolo
nella procedura ai Consigli giudiziari, nonostante si tratti di valutare lattività
lavorativa del magistrato, e per questo aspetto si pone in controtendenza rispetto alla
impostazione complessiva del disegno di legge delega che mira ad accrescere compiti e
funzioni di tali organismi ausiliari. Infine è carente nella delega ogni indicazione sulla
possibilità di avanzare reclamo avverso il parere della Commissione speciale e sulla
disciplina di tale reclamo; lacuna, questa, grave (perché accentua i profili di
incostituzionalità della norma) e non colmabile in sede di redazione dei decreti
legislativi delegati. Per restituire alla Commissione speciale fisionomia e
compiti coerenti con la Costituzione occorrerebbe dunque operare importanti correzioni di
rotta stabilendo, da un lato, che la Commissione sia nominata esclusivamente dal Consiglio
superiore della magistratura e, dallaltro, che essa si limiti a compiere
accertamenti e valutazioni di carattere tecnico-giuridico e culturale, lasciando ai
Consigli giudiziari le informazioni e il parere sullattività svolta dal magistrato
e sul suo merito professionale ed integralmente al CSM tutte le valutazioni di carattere
deontologico. Ovviamente, la Commissione speciale dovrà supportare lattività del
C.S.M. anche con riferimento alla scelta di componenti della Corte di Cassazione per
meriti insigni, ai sensi dellart. 106 Cost.. Da ultimo vanno messi in luce i negativi effetti della
mancanza di coordinamento tra le innovazioni introdotte dalla delega e il
sistema vigente di progressione nella carriera, che resta immutato nelle valutazioni ai
fini della progressione alla qualifica di magistrato di appello e in quelle di idoneità
al conferimento delle funzioni di legittimità e delle funzioni direttive superiori,
evidentemente riservate al Csm. Con la possibilità di effetti contraddittori. Ad esempio potrebbe accadere che, qualora nello stesso
anno il magistrato sia dichiarato idoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della
nomina a magistrato di cassazione e siano pubblicati posti per i quali si rende necessario
il parere richiesto ai sensi dellart. 11 della legge delega, si avrebbe una
prima valutazione da parte del Consiglio, una seconda da parte della Commissione
che potrebbe esprimersi in contrario avviso rispetto al Csm ed infine, unultima
valutazione da parte del Consiglio. Naturalmente i problemi e gli inconvenienti segnalati
sarebbero risolti in radice se il nuovo ordinamento giudiziario, nel rispetto del
principio espresso dallart. 107, 3° comma della Costituzione prevedesse per i
magistrati soltanto lattribuzione di funzioni concrete e non anche, come avviene
attualmente, di quelifiche professionali da queste indipendenti. 5.3. Lattribuzione
ai magistrati della Corte di cassazione di un trattamento economico privilegiato nella
forma di una fittizia ed impropria indennità di trasferta. Lart. 13 attribuisce ( non a tutti i magistrati
con funzioni di legittimità, ma) ai magistrati in servizio presso la Corte di cassazione
una indennità di trasferta per venti giorni al mese, escluso il periodo
feriale. Non è spiegato ed appare inspiegabile come tale
«indennità di trasferta» possa essere attribuita in modo indifferenziato per attività
lavorative svolte integralmente a Roma presso lordinaria sede di servizio ed essere
erogata anche a coloro che risiedono nella capitale. In ragione di queste caratteristiche lindennità
di trasferta appare come lo strumento - improprio e surrettizio - prescelto per attribuire
un trattamento economico differenziato e privilegiato ai soli magistrati in servizio alla
Corte di cassazione. Strumento che merita di essere criticato sia per la sua
difformità rispetto alla struttura ed alle funzioni tipiche della indennità di
trasferta, sia per il suo carattere fittizio e non aderente alla realtà effettuale. In realtà dallescamotage dellindennità di
trasferta non sono risolte le due questioni economiche oggi vere e pressanti. La prima: ladeguamento delle retribuzioni di
tutti i magistrati ( soprattutto dei più giovani) al fine di allineare il trattamento
economico dei magistrati ordinari a quelli delle altre categorie di magistrati
amministrativi e contabili. La seconda: ladozione di misure di carattere
economico che incentivino e consentano leffettivo ed ampio inserimento in seno alla
Corte di magistrati di tutta Italia, rimuovendo - per coloro che non risiedono in
località particolarmente vicine e ben collegate alla capitale - la remora economica del
costo dei viaggi e dellalloggio a Roma per alcuni giorni della settimana e rendendo
possibile una effettiva presenza in ufficio, nellarco della settimana, dei non
dimoranti in Roma. Ma questultima importante esigenza, sulla quale
il CSM si è già soffermato, potrà essere soddisfatta in maniera appropriata dal
riconoscimento dellindennità di trasferta per i giorni di effettiva permanenza in
sede ai soli magistrati che approdano in Cassazione da sedi esterne al distretto
giudiziario del Lazio. 5.4. Il
richiamo alla nomofilachia. La relazione al disegno di legge delega adduce tra le
ragioni del regime differenziato in esso disegnato per i magistrati di Cassazione il
richiamo alla nomofilachia, cioè alla funzione di garanzia della uniforme interpretazione
del diritto svolta dalla Suprema Corte. Tale
richiamo ( già avanzato in una prima fase del dibattito sulla riforma elettorale del CSM,
allorquando si proponeva di sovrarappresentare in seno al Consiglio la componente dei
magistrati della Cassazione proprio in ragione della funzione nomofilattica) non sembra
appropriato. Se
la funzione uniformatrice della giurisprudenza è intesa correttamente - come esigenza di
assicurare la tendenziale prevedibilità dellapplicazione delle norme giuridiche,
pur nel rispetto della libertà interpretativa del giudice e del valore dellinnovazione
giurisprudenziale - allora essa non ha nulla a che vedere con gli assetti di potere dellorganizzazione
giudiziaria e non può essere invocata a sostegno della istituzione di un peculiare regime
riservato ai magistrati della Cassazione. La
funzione nomofilattica può essere commista e confusa con realtà da essa profondamente
diverse ( quali lattribuzione alla Cassazione del carattere di meta professionale
privilegiata ed il conferimento alla Corte di una posizione di potere nel processo di
formazione-selezione dei magistrati) solo se ci si muove verso lobiettivo di
conformare autoritativamente la giurisprudenza ed indurre la magistratura di merito ad
allinearsi pedissequamente agli indirizzi della Cassazione, Ma
questa prospettiva appare difforme e lontana dalle scelte della Costituzione e non può
essere seriamente riproposta in un contesto sociale dinamico e moderno che richiede ai
giudici del merito pronta capacità di innovazione e di adeguamento e non può ricevere
risposte solo da una giurisprudenza di legittimità dotata di una forza di orientamento
che sia resa artificiosamente maggioredi quella derivante dalla sua intrinseca
persuasività. 6. Tirocinio
degli uditori e aggiornamento professionale dei magistrati. Il disegno di legge delega ( art. 3 ) attribuisce lorganizzazione
delle attività di tirocinio degli uditori e di aggiornamento
professionale dei magistrati ad una istituenda Scuola della magistratura, operante presso
la Corte di cassazione e dotata di autonomia organizzativa. Evidentemente listituzione
di una Scuola della magistratura costituisce obiettivo importante e condiviso dalla intera
magistratura e dal CSM. Proprio al fine di
soddisfare le esigenze di tirocinio degli uditori giudiziari e di formazione permanente
dei magistrati il Consiglio da alcuni decenni ha assunto lonere di dar vita ad un
vasto ed articolato programma di corsi di formazione di diversa natura e durata che
coinvolgono annualmente migliaia di magistrati ed i più qualificati docenti. Da ultimo, poi, in questa
consiliatura, il Consiglio ha stimolato in parallelo alla formazione centrale - la
nascita di attività di formazione in sede decentrata che hanno il pregio di essere meno
onerose (perché svolte in sedi periferiche più vicine ai magistrati che le frequentano),
più agili e snelle e meglio capaci - perché più tempestive - di rispondere alle
continue necessità formative poste dalle innovazioni legislative. Anche alla luce di questa
lunga esperienza in materia di formazione il Consiglio ritiene che le modalità che la
delega individua per la realizzazione della Scuola e dei suoi delicati compiti non siano
convincenti e vadano complessivamente modificate. Più precisamente le
disposizioni della legge delega in questa materia da un lato pongono seri dubbi di
legittimità costituzionale e, dallaltro, rischiano di alterare significato e
contenuto della formazione professionale del magistrato, pregiudicando il risultato di una
migliore qualificazione dellintera magistratura. 6.1. La scuola
della magistratura. Composizione e funzioni. Il comitato direttivo della Scuola è composto da due
magistrati della Corte che vengono designati, sentito il Procuratore generale, dal primo
Presidente della Cassazione e da tre componenti, scelti tra avvocati e magistrati con
anzianità ultraventennale, che sono nominati per un quadriennio dal CSM previo concerto
con il Ministro della Giustizia. Per quanto attiene alle
funzioni, il disegno di legge stabilisce che la Scuola avrà il compito di curare lattività
di aggiornamento anche ai fini della progressione in carriera (art. 3, comma 1
lettera a), rilasciando al termine del corso un parere che contenga elementi di
verifica attitudinale, da inserire nel fascicolo personale, al fine di costituire elemento
per le valutazioni operate dal Consiglio superiore della magistratura concernenti la
progressione in carriera dei magistrati, nonché i tramutamenti ed i conferimenti di
incarichi direttivi e semidirettivi (art. 3, comma 1 lettera c), parere che avrà
validità per un periodo non superiore ai sei anni (art. 3, comma 1 lettera
m). 6.2. Sulla
composizione del comitato direttivo della Scuola. La questione del concerto del Ministro
della giustizia per la nomina di alcuni componenti del comitato direttivo. Il fatto che la nomina di tre componenti del Comitato
direttivo della Scuola ( tra i quali peraltro deve essere scelto il presidente della
Scuola stessa ) debba essere compiuta dal C.S.M. di concerto con il Ministero
della giustizia suscita perplessità di ordine costituzionale in relazione al principio
dellindipendenza della magistratura. Attraverso il canale del
concerto, infatti, il Ministro si inserisce nella procedura di provvista di un organismo
cui sono affidate, come si è già anticipato e si dirà meglio più avanti, rilevanti
funzioni di formazione e selezione destinate ad incidere profondamente sulla carriera dei
magistrati e quindi entra in un ambito costituzionalmente riservato al Consiglio Superiore
della Magistratura. Si potrebbe obiettare che anche in un altro caso - il
procedimento di conferimento degli incarichi direttivi - la legge prevede il concerto del
Ministro della giustizia ( art. 11, 3° comma, L. 24 marzo 1958, n. 195). Ma la Corte
costituzionale ha chiarito che - nel caso di conferimento di incarichi direttivi - il
concerto del Ministro trova la sua giustificazione nelle competenze che la Costituzione
riserva al Ministro in tema di organizzazione giudiziaria. In particolare nella sentenza n. 379 del 9 luglio 1992
il giudice costituzionale ha affermato che lattività
di concertazione tra commissione e Ministro
..risponde allesigenza
costituzionale, per la quale, quando si tratta di preposizione a uffici, come quelli
relativi ad incarichi direttivi, dove è forte lincidenza delle capacità
organizzative e gestionali nellassegnazione da compiere, lesercizio delle
competenze del Consiglio Superiore sui provvedimenti di stato dei magistrati (art. 105
Cost.) deve tenere ragionevolmente conto degli interessi relativi allorganizzazione
ed al funzionamento dei servizi giudiziari, imputati al Ministro della giustizia (art. 110
Cost.). Il dovere di reciproca collaborazione, che deve ispirare lesercizio delle
predette competenze, comporta che, se lattività di concertazione deve essere
soggettivamente ed oggettivamente orientata a ricercare, per quanto possibile, la
convergenza delle parti, allo stesso modo il rifiuto del concerto da parte del
Ministro deve essere motivato, non da semplici divergenze, ma da gravi ed insuperabili
contrasti sulla proposta da formulare
. In sostanza latto di concerto previsto per il
conferimento degli incarichi direttivi non deve entrare nel merito della valutazione della
attività professionale del magistrato e dei requisiti per il conferimento del posto
direttivo, nei limiti in cui detti requisiti siano compatibili con le esigenze
organizzative e funzionali dellufficio. Ed infatti, nelle rare occasioni in cui il
concerto del Ministro è entrato nel merito dei requisiti attitudinali del o dei
candidati, è stato ritenuto anomalo ed invasivo delle competenze costituzionalmente
stabilite per il Consiglio Superiore della magistratura. Esiste dunque una differenza strutturale tra il concerto
per gli incarichi direttivi ed il concerto che la delega si propone di
introdurre in ordine alla direzione della Scuola poiché questultimo si risolverebbe
in un giudizio sulle persone e date le ampie funzioni valutative attribuite alla
Scuola e la loro incidenza sulla carriera dei magistrati - si tradurrebbe poi in un
ingresso del Ministro nella sfera riservata al CSM delle procedure di valutazione dei
magistrati. In definitiva, il concerto che si vuole
introdurre per la nomina dei componenti della Scuola della Magistratura, non trova
giustificazione nel principio costituzionale di cui allart. 110 della Costituzione. Inoltre esso si pone in contrasto con il principio
Costituzionale di cui allart. 105 Cost..in quanto tutte le funzioni della Scuola ed
in particolare i suoi atti che incidono sullo stato dei magistrati e rilevano al fine
delle promozioni e dei trasferimenti, rientrano in una materia completamente riconducibile
allart. 105 Cost., riservata alla competenza esclusiva del CSM. 6.3. Sul modello di
formazione professionale della Scuola. Sul tirocinio degli uditori. Già ad una prima lettura
la funzione centrale ( e che alla lunga risulterà prevalente) della Scuola sembra assai
più quella selettiva ( leffettuazione di valutazioni dei magistrati ai fini della
progressione nella carriera) che quella formativa ( garanzia di un costante apporto e
stimolo allaggiornamento ed alla formazione permanente dei giudici e dei pubblici
ministeri). In sostanza il concetto di formazione che traspare
dalla delega risulta lontano sia da quello elaborato nella ricca esperienza formativa del
Consiglio sia da quello proprio della moderna scienza della formazione e delle prassi
formative nelle aziende ed in rami qualificati della stessa Pubblica Amministrazione. La moderna formazione in ambito giudiziario deve essere
processo continuo di accrescimento della professionalità e non mero ed episodico momento
di aggiornamento professionale; deve essere intimamente connessa alla organizzazione del
lavoro giudiziario individuale e dufficio; ha bisogno, per realizzarsi, dello
scambio di esperienze tra i portatori delle varie professionalità coinvolte nellesercizio
della giurisdizione e dellattivo coinvolgimento degli interessati (che sono
professionisti che confrontano idee, interpretazioni ed impostazioni tecniche e non
soggetti cui impartire nozioni e da selezionare sulla base del profitto dimostrato nellapprenderle).
La delega, al contrario, sembra disegnare una struttura
accentrata, che somministra corsi di tipo tradizionale, la cui programmazione non tiene
conto di una capillare rilevazione delle esigenze formative della magistratura emerse dallesperienza
del lavoro giudiziario ( come oggi avviene grazie allapporto dei magistrati e dei
docenti componenti del comitato scientifico ed allo sviluppo della formazione decentrata )
ma è determinata da un comitato direttivo che riceve proposte dalle più varie
istituzioni. La finalizzazione dei
corsi alla maturazione di un parere condizionerà irrevocabilmente il metodo
didattico e lo stesso obiettivo delliniziativa di formazione, eliminando in potenza
ogni forma di circolarità del sapere e, in ipotesi, condizionando la stessa libertà di
discussione; viene ripristinata la logica della lezione frontale o, comunque del
corso concorso. Né è chiaro quali
attitudini professionali debbano essere misurate nei corsi non specificamente destinati
agli aspiranti al passaggio di funzioni o ad un incarico direttivo ( si pensi ad esempio
ad un seminario organizzato sulla base di una comune pratica professionale di giudice
fallimentare o di giudice per le indagini preliminari o a corsi destinati ad approfondire
una nuova normativa etcc). Infine, il modulo didattico suggerito dalla previsione
di durata massima dei corsi (ben due mesi) è quello tradizionale del corso
abilitante essenzialmente preordinato allottenimento di un titolo da
spendere in funzione della carriera. E proprio in questottica diventa stridente (
oltre che foriera di future tensioni e di molte disfunzioni organizzative) una
contraddizione: da un lato laccesso ai corsi si profila come presupposto
imprescindibile per il mutamento delle funzioni o lavanzamento della carriera ed è
formalmente proclamato diritto del magistrato, dallaltro, lammissione
resta condizionata alla valutazione di compatibilità con le esigenze dellufficio da
parte del dirigente. Alla notevole genericità dei principi e criteri
direttivi della legge delega in tema di formazione professionale dei magistrati fa da
riscontro una pressocchè totale carenza di indicazioni sul ruolo della scuola e del suo
corpo docente in materia di tirocinio degli uditori giudiziari. Se davvero, come sembra suggerire la disgiunzione tra i
due aspetti che segna anche il testo dellart. 1 comma 1°, lett. b) del disegno di
legge, la riforma non riguarderà solo la formazione degli uditori giudiziari, ma anche il
loro tirocinio, la genericità del ruolo attribuito alla Scuola dallart. 3 dello
stesso disegno risulta eccessiva. Il disegno di legge delega infatti non contiene alcuna
menzione specifica dei principi e criteri direttivi per la determinazione del tirocinio
degli uditori giudiziari; e ciò è in contrasto con lart. 76 della Costituzione e
costituisce una gravissima lacuna nel quadro di una ampio intervento riformatore dellordinamento
giudiziario. 7. I
Consigli giudiziari ed il Consiglio direttivo della Corte di cassazione.
Il Consiglio
Superiore ha già approvato nel corso della presente consiliatura una prima impegnativa
risoluzione sul decentramento e si accingeva a varare, quando è intervenuta la delega,
una seconda risoluzione mirante a realizzare una adeguata valorizzazione del ruolo e delle
funzioni dei Consigli giudiziari nel sistema dellautogoverno. Segno, questo,
della piena condivisione di una prospettiva di decentramento che è considerata valida
tanto al fine di realizzare maggiore efficienza e celerità dellazione
amministrativa quanto allo scopo di garantire la migliore qualità di tale azione per
effetto di valutazioni compiute a più stretto contatto con le realtà locali e quindi con
una più adeguata percezione delle situazioni su cui intervenire e degli interessi in
gioco. Tanto premesso
in linea generale, la delega si caratterizza - sul versante della composizione dei
Consigli giudiziari - per lapertura ai componenti non togati e - sul versante delle
funzioni - per un ampliamento delle funzioni degli organismi periferici. Si tratta di
scelte di fondo condivisibili che richiedono però di essere attentamente calibrate. E infatti
necessario armonizzare la disciplina dei Consigli giudiziari ( e del Consiglio direttivo
della Cassazione) con il dettato costituzionale che, allart. 105, attribuisce
direttamente ed esclusivamente al CSM il compito di adottare una serie di provvedimenti
relativi allo status del magistrato: assunzioni, assegnazioni, trasferimenti, promozioni e
provvedimenti disciplinari. Occorre inoltre
ragionare approfonditamente sullapporto che i componenti laici possono e debbono
offrire alloperato dei nuovi Consigli giudiziari e sui problemi che nascono da
queste nuove presenze. Meritano,
infine, attenta valutazione le analogie e le differenze ravvisabili tra i Consigli
giudiziari operanti presso le Corti di appello ed il Consiglio direttivo che ci si propone
di istituire presso la Corte di cassazione. 7.1.
La composizione e le funzioni del Consiglio direttivo presso la Corte di Cassazione
Lintroduzione
nellordinamento giudiziario di un organo, interno alla Corte di cassazione,
corrispondente ai Consigli giudiziari presso le Corti di appello è novità di sicuro
rilievo, che viene a legificare, dopo ripetute istanze, quanto la Corte di
cassazione ha già attuato, da circa due anni, in sede di auto-organizzazione, mediante la
istituzione del Gruppo consultivo, in esecuzione della proposta della Assemblea della
Corte tenutasi il 23.4.1999. La
struttura dellorgano è modellata su quella del Consiglio superiore,attraverso lindividuazione
della sola proporzione ( di uno a tre ) tra i componenti laici e togati. E
però fonte di perplessità che la delega non indichi anche il numero complessivo dei
componenti e lasci tale scelta al governo poiché dalla maggiore o minore ampiezza dellorgano
derivano conseguenze rilevanti sulle modalità di suo funzionamento, sugli effetti (
maggioritari o tendenzialmente proporzionali) del sistema elettorale etc... Per i componenti laici
sono richiesti gli stessi requisiti previsti per il Consiglio superiore; ma resta da
verificare se le peculiarità dellattività della Corte di cassazione non consiglino
ulteriori specificazioni ( ad es. per gli avvocati, leffettivo esercizio
professionale dinanzi alle giurisdizioni superiori per un certo numero di anni e per i
professori universitari il richiamo allinsegnamento di particolari gruppi di
materie). La designazione dei
laici professori è riservata al Consiglio nazionale universitario e quella
degli avvocati al Consiglio nazionale forense. I
componenti togati saranno eletti con il sistema in vigore per lelezione dei membri
togati del CSM. Previsione, questa, che lascia aperto l interrogativo se debba
essere confermata - anche in seno al Consiglio direttivo della Cassazione - la proporzione
(
prevista per i consigli giudiziari) tra giudicanti e requirenti in considerazione della
specificità delle funzioni di legittimità esercitate da questi ultimi. Le
nuove attribuzioni del Consiglio direttivo sono poi individuate attraverso il richiamo di
quelle dei Consigli giudiziari in quanto compatibili ( cfr. le lettere e) ed
r) dellart. 4 della legge di delegazione). Compatibilità
che sussiste con l eccezione delle funzioni riguardanti gli uffici dei giudici di
pace, e con lavvertenza che è necessario coordinare le competenze consiliari in
tema di vigilanza sul comportamento dei magistrati e sullandamento degli uffici, con
quelle omologhe spettanti al Primo Presidente ed al Procuratore generale in base agli
artt. 14 e 16 della legge sulle guarentigie, ed in parte con le attribuzioni della
assemblea generale della Corte (art.93 dellord.giud.) . 7.2.
La composizione dei Consigli giudiziari presso le Corti dappello.
I Consigli giudiziari
presso le Corti di appello sono composti dai due capi di Corte, da tre magistrati e
quattro componenti non togati ( un professore universitario nominato dal Consiglio
nazionale universitario, un avvocato con almeno quindici anni di effettivo esercizio della
professione nominato dal Consiglio nazionale forense e due soggetti eletti a maggioranza
qualificata tra persone estranee ai Consiglieri - dal Consiglio regionale competente ).
Cinque i supplenti, anchessi distribuiti tra laici ( tre ) e togati (due) . Per
lelezione dei membri togati si adotta il sistema in vigore per lelezione dei
membri togati del CSM . Ma
la circostanza che si dovranno eleggere solo tre componenti effettivi - un pubblico
ministero e due giudici conferirà a tale sistema elettorale un connotato
assolutamente maggioritario che esso non ha in sede nazionale ove lelezione riguarda
un numero maggiore di rappresentanti. Con leffetto di mortificare quel pluralismo
delle idee e delle impostazioni sulla cui importanza nellamministrazione della
giurisdizione il Consiglio si è già ampiamente soffermato nel parere reso sulla legge
elettorale del CSM. Inoltre, la previsione
che uno dei due giudici componenti il Consiglio giudiziario debba aver maturato unanzianità
di carriera non inferiore a venti anni introduce un ulteriore fattore di potenziale
distorsione della rappresentanza soprattutto in quei distretti giudiziari ( ad esempio del
Mezzogiorno) nei quali è elevata la presenza di magistrati giovani che si confrontano con
particolari problematiche. Unaltra
osservazione riguarda poi il numero dei membri del Consiglio. Se si escludono i
membri di designazione regionale - che partecipano solo alle deliberazioni concernenti landamento
degli uffici - il numero di componenti è equivalente (7 effettivi: 2 membri di diritto, 3
componenti togati, 2 laici, e 4 supplenti) a quello attuale ( 7 effettivi: 2 membri di
diritto, 5 componenti effettivi e 3 supplenti) salvo la presenza di 1 supplente in più. Una
tale composizione appare inadeguata soprattutto alla luce dellaccresciuto impegno
dei Consigli giudiziari per effetto delle nuove attribuzioni. I Consigli dovranno poi
operare con un assetto a geometria variabile. Eserciteranno in
composizione plenaria con la partecipazione dei membri eletti dal Consiglio
regionale - le funzioni di vigilanza sullandamento degli uffici giudiziari nonché
quelle relative agli uffici di giudice di pace del distretto ( art. 4, lett. r) numeri 4 e
5 ). In versione più
ridotta ( togati e laici di estrazione professionale) verranno invece esercitate le altre
funzioni previste dalla lettera r) dellart. 4 della legge delega. Ciò significa che il componente designato dallavvocatura e
quello proveniente dalluniversità parteciperanno a tutte le deliberazioni del
Consiglio giudiziario, compresa la formulazione dei diversi pareri su tutti i
magistrati in servizio nel distretto. Questo assetto fa sorgere un problema spinoso e nella legge
delega non affrontato: quello dellattiva partecipazione alle valutazioni
professionali sui giudici e sui pubblici ministeri del componente avvocato e
del professore universitario che sia anche avvocato contemporaneamente
operanti negli uffici giudiziari del distretto e quindi contraddittori dei pubblici
ministeri e parti dinanzi ai giudici. Il problema si pone su due versanti. In primo luogo agli occhi di clienti, magari
sprovveduti e poco addentro ai meccanismi della giurisdizione, i professionisti componenti
il Consiglio giudiziario potranno apparire avvantaggiati rispetto ai concorrenti. In secondo luogo i magistrati si troveranno di fronte, come
parti o contraddittori, avvocati che possono incidere sulle
valutazioni che li riguardano. Nessuno di questi due effetti appare desiderabile e perciò sul
punto occorrerà o introdurre una disciplina di incompatibilità con lesercizio
della professione nel distretto o escludere dalle valutazioni sui magistrati anche i
membri laici di estrazione professionale ( optando per altre più impersonali ed oggettive
forme di apporto dellavvocatura alla valutazione dei magistrati quale ad esempio la
previsione di un parere dellordine degli avvocati incentrato su dati di fatto
riguardanti il magistrato da valutare). Non trova, infine, alcuna giustificazione la mancata previsione
della partecipazione ai Consigli giudiziari di un rappresentante dei giudici di pace, la
cui presenza negli attuali Consigli è già sancita dalla legge n. 468 del 1999 sia pure
limitatamente ai procedimenti concernenti la decadenza, la dispensa e lirrogazione
di sanzioni disciplinari nei confronti di tale categoria di magistrati onorari. Se mai è da notare che la disciplina in vigore è carente per
difetto sia perché non vi è ragione di escludere che un rappresentante dei giudici di
pace partecipi alle sedute del Consiglio giudiziario che abbiano allordine del
giorno tematiche attinenti alla magistratura onoraria ( segnatamente quelle relative allorganizzazione
del tirocinio) sia perché la presenza di un solo esponente dei giudici di pace non
consente che nel Consiglio giudiziario siano rappresentate le diverse posizioni esistenti
nellambito della categoria. 7.3. Le attribuzioni dei Consigli giudiziari. Ai nuovi Consigli giudiziari il legislatore delegante
assegna una pluralità di compiti, alcuni consultivi, modellati su quelli attuali, ed
altri decisionali, conferendo a tali organismi un ruolo ampio ed incisivo nellamministrazione
della giurisdizione nel quadro dei già richiamati limiti contenuti nellart. 105
della Costituzione. La trama dellintervento che ci si propone di attuare è
sufficientemente chiara e può essere così schematicamente rappresentata: a) ai Consigli giudiziari è attribuita competenza ad approvare
le tabelle su proposta dei titolari degli uffici, nel rispetto dei criteri generali
indicati dalla legge ( art. 4, lett. r) n. 1 della legge delega), con possibilità di
reclamo al CSM delle relative delibere; b) ai Consigli giudiziari è conferito il potere di adottare una
serie di provvedimenti relativi allo status dei magistrati ( che dovrebbero comunque
essere diversi da quelli riservati al CSM dallart. 105 della Costituzione) così
esemplificati: le aspettative, i congedi, le c.d. cause di servizio, lequo
indennizzo, le pensioni privilegiate, la concessione di sussidi ( art. 4, lett. r) n. 6
della legge delega); c) i Consigli giudiziari restano investiti di ampie funzioni
consultive sullattività professionale dei magistrati( art. 4, lett. r) n. 2 della
legge delega) e sui provvedimenti relativi alla permanenza o cessazione dellattività
del magistrato ( collocamenti a riposo, decadenze, dimissioni, riammissioni in
magistratura) nonché sulla concessione di titoli onorifici ( art. 4, lett. r) n. 7 della
legge delega); d) i Consigli sono titolari di compiti di vigilanza sui
comportamenti dei magistrati ( art. 4, lett. r) n. 3 della legge delega) e sullandamento
degli uffici giudiziari del distretto ( art. 4, lett. r) n. 3 della legge delega); e) infine i Consigli formulano pareri e proposte sullorganizzazione
ed il funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto ( art. 4, lett.
r) n. 5 della legge delega). Per effetto di queste attribuzioni i Consigli non saranno più
solo organismi ausiliari del CSM ma anche organi investiti di autonome competenze
amministrative ( autori di provvedimenti incidenti sullo status dei magistrati) e di
delicate funzioni di vigilanza sui singoli magistrati e sulla organizzazione giudiziaria
del distretto. 7.4. In particolare: lapprovazione delle tabelle Passando allesame delle attribuzioni dei Consigli
giudiziari va rilevato che il trasferimento più significativo riguarda la competenza in
tema di approvazione delle tabelle su proposta dei titolari degli uffici. Lapprovazione è subordinata al rispetto dei criteri
generali indicati dalla legge e la relativa delibera è suscettibile di reclamo al
Consiglio superiore. Si sceglie dunque di decentrare una funzione particolarmente
rilevante, decisiva per il rispetto del precetto costituzionale sul giudice naturale. Ma lo si fa senza tenere nel debito conto il ruolo svolto dal CSM
nella elaborazione di criteri trasparenti ed oggettivi ( la c.d. cultura tabellare) in
funzione di garanzia dei cittadini e dei magistrati. Lesperienza maturata dal Consiglio Superiore e lesigenza
di mantenere e rafforzare una loro tendenziale omogeneità, salvo le specificità delle
singole realtà territoriali, consigliano, se non impongono, la creazione di uno spazio di
intervento del C.S.M. che vada al di là della ipotesi del reclamo. a) Secondo una prima impostazione - una volta fissati dalla legge
i principi da osservare nella formazione delle tabelle, ivi comprese quelle
per lassegnazione degli affari e la sostituzione dei giudici impediti - sarebbe
opportuno riconoscere espressamente al C.S.M., la determinazione, in sede di normazione
secondaria, dei criteri generali cui dovranno uniformarsi le proposte dei
titolari degli uffici. Una scelta di questo tipo consentirebbe, tra laltro, di
rendere più rapido e flessibile ladeguamento dei criteri alle future innovazioni
legislative e permetterebbe al Consiglio Superiore di orientare - anche nel nuovo contesto
- lorganizzazione degli uffici al fine dellefficienza complessiva del
servizio,anche grazie ad un confronto tra diversi modelli che individui le soluzioni
migliori. b) A questa linea di ragionamento ( che indica la strada di un
arricchimento del testo della delega, condividendone comunque la scelta di fondo) se ne
contrappone unaltra che ritiene necessario che il Consiglio Superiore resti titolare
di un vero e proprio potere di approvazione delle tabelle che dovrebbero
essere solo proposte dai Consigli giudiziari. A sostegno di questa tesi si richiama in primo luogo il testo
dellart. 105 della Costituzione che direttamente al Consiglio Superiore riserva
le assegnazioni che costituiscono il contenuto specifico delle tabelle. Il potere decisionale del Consiglio Superiore è poi giustificato
con il richiamo alle esigenze di rigore e di uniformità che devono caratterizzare la
determinazione dellassetto organizzativo degli uffici e la ripartizione dei compiti
tra i magistrati. Aggiungono infine i sostenitori di questa impostazione che la
riserva al CSM del potere di approvazione delle tabelle non sarebbe destinata a produrre
ritardi ed incertezze; per scongiurare tali effetti indesiderati basterebbe prevedere che
le tabelle divengano provvisoriamente efficaci a partire dal momento in cui sono elaborate
dal Consiglio giudiziario. 7.5. Segue: le altre attribuzioni dei Consigli giudiziari ( i
pareri e la vigilanza sui magistrati, la vigilanza sullandamento degli uffici
giudiziari del distretto, i pareri e le proposte sugli uffici del giudice di pace, ladozione
di provvedimenti diversi da quelli attribuiti al CSM dallart. 105 della
Costituzione). Più sintetiche considerazioni meritano le ulteriori attribuzioni
dei Consigli giudiziari. a) La disposizione relativa ai pareri dei Consigli
giudiziari ha più che altro valore ricognitivo, in quanto tale funzione consultiva è
già regolata nelle leggi che disciplinano la progressione in carriera e nelle circolari
del C.S.M. Nulla invece il legislatore delegante dice sul rapporto e sul
raccordo tra i pareri dei Consigli giudiziari e le valutazioni di verifica attitudinale e
di professionalità da compiere nellambito della Scuola e delle sue procedure di
formazione-selezione già in precedenza criticate. b) In tema di vigilanza sul comportamento dei magistrati e sullandamento
degli uffici giudiziari, va segnalata lesigenza di raccordare tale competenza con
quella dei capi di corte, ai sensi degli artt.14 e 16 della legge sulle guarentigie. c) In ordine alla specifica competenza per la formulazione di
pareri e proposte sullorganizzazione ed il funzionamento degli uffici dei giudici di
pace, non risulta chiaro se essa riguardi anche i provvedimenti relativi allo status dei
giudici di pace. In tale caso sarebbe necessario coordinare le nuove norme con le
disposizioni che regolano lintegrazione dei consigli giudiziari per i provvedimenti
sullo stato giuridico dei giudici di pace ( artt.4, 7, 9 e 10 ter della l. n.374/91). d) La previsione di un potere decisionale dei Consigli giudiziari
per alcuni provvedimenti relativi allo status dei magistrati reclama maggiore
specificazione. Infatti il riferimento a provvedimenti relativi allo stato
accompagnata dalla indicazione di alcuni provvedimenti a titolo esemplificativo è troppo
generica ed ambigua e non vale a delimitare - comè necessario - larea del
nuovo potere decisionale ( così, ad esempio, non si comprende, in ragione della grande
varietà ed atipicità delle forme di congedo ed aspettativa, se i provvedimenti indicati
siano solo quelli per motivi di salute che sono sostanzialmente atti dovuti o anche quelli
per motivi di famiglia caratterizzati da una più ampia discrezionalità dellamministrazione)
. e)La formulazione di pareri sullo status dei magistrati, infine,
sembra in alcuni casi superflua e rischia di appesantire il procedimento anziché
snellirlo; alcune valutazioni sono prive di discrezionalità (collocamento a riposo) o
sono da compiere secondo parametri di carattere nazionale (riammissione). 8. La nuova disciplina del
passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa. Ovvero: la
separazione delle funzioni tra pubblici ministeri e giudici. Come è noto lordinamento
giudiziario vigente prevede che i magistrati possano - su domanda, previo parere
attitudinale favorevole del Consiglio giudiziario e positiva delibera del Consiglio
Superiore passare nel corso della loro carriera dalle funzioni giudicanti a quelle
requirenti e viceversa. Il disegno di
legge delega non preclude la possibilità che il magistrato muti funzioni nellarco
della sua vita professionale ma fissa le linee di una disciplina assai più rigorosa di
quella attualmente in vigore per tale passaggio di funzioni. Per inciso va
rilevato che tanto la normativa oggi in vigore quanto quella proposta nel disegno di legge
delega sono in armonia con la Raccomandazione REC (2000) 19 del Comitato dei Ministri del
Consiglio dEuropa del 6 ottobre 2000 sul ruolo del pubblico ministero nellordinamento
penale ove si afferma che, se lordinamento dello stato membro lo consente, si devono
prendere provvedimenti concreti al fine di consentire ad una stessa persona di
svolgere successivamente le funzioni di pubblico ministero e quelle di giudice, o
viceversa specificando che tali cambiamenti di funzione possono intervenire
solo su richiesta formale della persona interessata e nel rispetto delle garanzie. Il trasferimento
da un ufficio requirente ad uno giudicante o viceversa che ovviamente dovrà
seguire le regole dellordinaria procedura concorsuale per la copertura di posti
vacanti - è subordinato al previo ottenimento di una valutazione di idoneità;
idoneità da conseguirsi in un apposito corso di qualificazione gestito dalla
Scuola della magistratura e frequentato dal magistrato nel triennio antecedente la domanda
di conferimento dellufficio. Inoltre il
magistrato che voglia mutare funzioni potrà concorrere solo a posti vacanti di un
distretto giudiziario diverso da quello ove ha esercitato le funzioni precedenti. In altri termini
il passaggio di funzioni è sottoposto al requisito professionale del
conseguimento di idoneità ed alla condizione del trasferimento in diverso
distretto. 8.1. Gli aspetti positivi della
soluzione prescelta. Realismo e razionalità della impostazione adottata dalla legge
delega. Il Consiglio
ritiene in linea di principio realistica ed apprezzabile limpostazione adottata dal
legislatore delegante che introduce precisi requisiti e condizioni per il passaggio di
funzioni ma evita di introdurre una cesura totale, assoluta e permanente tra lesercizio
di funzioni giudicanti e requirenti. La soluzione
prescelta appare realistica perché opportunamente rifugge dallenfatizzazione
e dalla carica ideologica che troppo spesso hanno accompagnato la discussione pubblica sul
tema, tenendo conto della effettiva incidenza statistica del fenomeno (ad esempio nel 1999
il mutamento di funzioni ha interessato 44 giudici passati a funzioni requirenti e 53
pubblici ministeri transitati nella magistratura giudicante, su un totale di 547
trasferimenti deliberati dal Consiglio superiore). Nel merito, poi,
il legislatore delegante sceglie razionalmente di non far propri gli argomenti
correntemente utilizzati per sostenere la necessità di una drastica cesura professionale
tra magistrati esercenti le funzioni requirenti e magistrati investiti di funzioni
giudicanti ed adotta invece una soluzione improntata a maggiore flessibilità, più
consona alla nostra tradizione giuridica ed alle caratteristiche del nostro ordinamento. 8.1.1.
Largomento professionale.
In
primo luogo la legge delega non accoglie limpostazione secondo cui solo separando le
carriere e specializzando i ruoli si avrebbero pubblici ministeri e giudici meglio
preparati al loro compito. Certamente vi sono magistrati che svolgono le funzioni
requirenti, con grandissima professionalità, lungo tutto larco della loro
esperienza lavorativa. E lo stesso vale per i magistrati che svolgono costantemente
funzioni giudicanti. Ma in questi casi sono le vocazioni ed i talenti individuali che
permettono di superare i potenziali limiti e talora le angustie dello specialismo. Non
può essere ignorata invece la sicura validità di percorsi professionali che moltiplicano
le esperienze e portano una stessa persona a svolgere nel tempo ruoli diversi. Soprattutto
nel giudiziario, infatti, la plura1ità di ruoli ricoperti (e di esperienze maturate)
costituisce fonte di maturazione e di grande affinamento professionale In
alcuni ordinamenti ( ad esempio quelli dei paesi di cultura anglosassone) esistono
peculiari forme di circolazione tra i diversi ruoli professionali. Ma anche
in altri paesi che hanno una magistratura organizzata in modo più simile alla nostra ci
si sta orientando a promuovere una cultura comune delle professioni legali e a favorire
forme di circolazione tra i diversi ruoli professionali. Del
resto la diversità di posizioni professionali ricoperte rappresenta anche un antidoto
contro le esasperazioni del ruolo e si risolve in definitiva in un vantaggio per la
giurisdizione. Occorre
vigilare, certo, che i passaggi da una funzione allaltra non avvengano per ragioni
di comodo o di tornaconto personale e siano accompagnati da un impegno serio di
riconversione; ma questo è problema differente che può essere posto ed affrontato solo e
proprio nellottica del mantenimento di una stessa carriera per giudici e
magistrati del pubblico ministero. In
questa direzione, appunto, si muove positivamente il disegno di legge delega (
non accogliendo la tesi che ritiene necessaria una separazione delle carriere ma)
collegando leventuale passaggio di funzioni al positivo svolgimento di un corso di
riconversione professionale. 8.1.2. Largomento dellequilibrio tra le
parti del processo. Il
legislatore delegante non ha neppure ritenuto di aderire alla prospettazione di quanti
individuano nellappartenenza ad una stessa carriera dei pubblici ministeri e dei
giudici un fattore di squilibrio del moderno processo accusatorio. Beninteso
la maggioranza dei sostenitori di questa posizione e segnatamente lavvocatura
italiana nella sue diverse voci ed articolazioni - non afferma di volere rinunciare né al
principio di obbligatorietà dellazione penale né alla presenza di un pubblico
ministero indipendente; essa si pronuncia invece per la separazione delle carriere come
garanzia di piena parità delle parti contrapposte nel processo penale. Ora
si deve riconoscere che nel decennio 1990-2000 vera e propria fase sismica per il
nostro giovanissimo processo accusatorio non sono mancati squilibri dellimpianto
processuale tali da incidere anche sulla posizione della difesa. E
però ( prima di collegare meccanicamente a tali squilibri la necessità di separare le
carriere) è necessario ricordare sinteticamente quali siano stati i fattori produttivi di
squilibrio, verificando se essi siano ancora attuali e soprattutto - in che
rapporto stiano con lassetto delle carriere dei magistrati. Al
riguardo si osserva che effettivamente negli anni che vanno dal 1990 al 2000 un insieme di
elementi (la crescente centralità assunta dalla fase delle indagini preliminari, il
progressivo allontanarsi nel tempo del dibattimento, il peso e la durata delle misure
cautelari) avevano inciso negativamente sulle prerogative e sulla posizione del difensore.
Questultimo,
infatti, dovendo contrapporsi ad un pubblico ministero principale protagonista delle
indagini preliminari e dovendo attendere il dibattimento per esercitare a pieno la sua
funzione, rischiava di intervenire male e soprattutto troppo tardi nella dialettica
processuale. Da
questa situazione di malessere ha preso le mosse, in un passato ormai lontano, la
pressante richiesta dellavvocatura di intervenire sulle carriere dei magistrati
separandole. Oggi
invece - a giudizio di molti - i principali fattori di asimmetria tra pubblico ministero e
difesa registrati nel decennio trascorso sono in larga misura venuti meno. Il
legislatore costituzionale ed il legislatore ordinario hanno approvato una serie di norme
tra cui la riforma dellart. 111 della costituzione, la legge sulle indagini
difensive, la normativa sulla difesa di ufficio - che hanno attribuito al difensore
consistenti poteri di intervento tali, secondo molti, da compromettere lefficacia
delle indagini preliminari e da determinare lallungamento dei tempi di esaurimento
della fase dibattimentale, ma comunque reintegrandolo nelle sue prerogative e
valorizzandone il suo ruolo. In
questo nuovo ambiente processuale si muove il legislatore delegante che da un lato
registra lavvenuto riequilibrio tra le parti del processo e dallaltro prende
atto della più recente esperienza del processo penale che non conferma affatto ipotesi di
un atteggiamento di favore dei giudici rispetto ai pubblici ministeri. Non
vi è più ragione dunque di evocare la separazione delle carriere come mezzo obbligato
per por fine ad una asimmetria - non altrimenti rimediabile - tra le parti del rapporto
processuale. Il
tema viene pertanto affrontato nella legge delega nella sua effettiva dimensione tecnica e
risolto - conformemente ai principi della nostra cultura giuridica ed alla realtà dellorganizzazione
giudiziaria - attraverso una nuova e più pregante regolamentazione dei passaggi di
funzione. Per
altro verso nella scelta di non caricare di significati impropri il dato della
appartenenza alla stessa carriera ha contato e conta una elementare verità: i diversi
ruoli professionali dei magistrati ( intesi come il complesso di aspettative
che si appuntano su di una determinata figura professionale) contano assai più dei
rapporti individuali, dei collegamenti derivanti da comunanze di carriera, da
frequentazioni, da amicizie personali. Se
non si partisse da questo dato (peraltro oggetto di molteplici conferme in sede
sociologica) bisognerebbe imboccare una strada senza uscita che porterebbe a sospettare ed
a recidere non solo i rapporti di colleganza tra pubblici ministeri e giudici ma anche
quelli tra giudici di primo grado e giudici di appello e tra questi ed i giudici di
legittimità . E successivamente non solo i rapporti di colleganza ma anche ogni altra
forma di collegamento, anche la più generica e disinteressata tra i diversi attori del
processo. 8.1.3 Unità della magistratura e garanzie di
indipendenza dellufficio del pubblico ministero. Da
ultimo il legislatore delegante - decidendo di mantenere nellambito di ununica
carriera magistrati requirenti e giudicanti - mostra di non aderire alle ricorrenti
proposte che individuano nella separazione delle carriere il veicolo di un più
equilibrato rapporto tra potere giudiziario ed altri poteri dello Stato. Al
contrario, nella scelta di mantenere lunità della magistratura - pur
differenziandone con rigore le funzioni - risiede la più sicura garanzia dellindipendenza
dellufficio del pubblico ministero. Perché
vi sia una istituzione indipendente, occorre che essa abbia una forte base materiale,
culturale, ideale. Per
lindipendenza del giudice questa base cè, essendo questo valore fortemente
radicato nella coscienza collettiva. A sua volta il fondamento dellindipendenza del
pubblico ministero è saldo ed effettivo sino a quando esiste un pubblico ministero
operante nellorbita, secondo i valori e le regole della giurisdizione. Se
questo legame con la giurisdizione viene reciso o si attenua, si restringe e rischia di
essere compromesso anche lo spazio per una indipendenza reale del pubblico ministero. Per
garantire tale indipendenza infatti bisognerebbe creare una sorta di nuovo potere - un
potere inquirente autonomo e muoversi su di un terreno istituzionale praticamente
inesplorato, con tutti i rischi che ciò comporta. Di
qui la scelta del legislatore di adottare una soluzione mediana che coniuga le nuove
sensibilità nate dalla realtà del processo accusatorio e le potenti ragioni giuridiche
ed organizzative che sconsigliano lintegrale separazione delle carriere dei
magistrati del pubblico ministero e dei giudici. Troppo
elevati, infatti, sono i rischi professionali derivanti dallallontanamento dei
pubblici ministeri dalla cultura della giurisdizione. E del pari è
forte il pericolo istituzionale che - una volta separati dalla giurisdizione, dai suoi
valori di imparzialità e dai suoi principi di organizzazione - i pubblici ministeri
vengano rappresentati come un corpo da controllare e da ricondurre sotto il
governo dellesecutivo. Una prospettiva,
questa, del tutto inconciliabile con la carta fondamentale e segnatamente con la
concatenata sequenza dei principi costituzionali di eguaglianza dei cittadini dinanzi alla
legge penale, di obbligatorietà dellazione penale, di indipendenza ed imparzialità
(non solo del giudice ma anche) del pubblico ministero. 8.2. Alcune specifiche considerazioni critiche sulle disposizioni
dettate dalla legge delega. Ladesione
di fondo sin qui espressa alla prospettiva delineata nella legge delega non impedisce al
Consiglio di formulare alcune puntuali considerazioni critiche su taluni aspetti delle
norme dettate dallart. 5 della legge stessa. E certo
positiva la scelta di far partecipare il magistrato che intenda cambiare funzione ad un
corso di qualificazione professionale al termine del quale venga espresso un motivato
parere attitudinale sul magistrato. Suscita,
invece, riserve lattribuzione ad un organo diverso dal CSM di valutazioni
assolutamente condizionantisullidoneità al mutamento di funzione ed in
definitiva del potere di precludere senza appello un trasferimento che lart. 105
della Costituzione riserva al CSM; a questultimo dovrebbe perciò essere comunque
riservato un potere di valutazione finale in materia, ferma naturalmente lillegittimità
di provvedimenti consiliari adottati senza tenere nel debito conto le valutazioni
attitudinali della Scuola. Sotto altro
profilo va segnalato che le modalità di partecipazione dei magistrati ai corsi di
aggiornamento professionale ( ed in particolare lesclusione di una nuova frequenza
se non dopo il decorso di un triennio ed il ridotto ambito di validità dellattestato
di idoneità rilasciato per il passaggio di funzioni dalla istituenda Scuola) possono
creare notevoli complicazioni se non si adottano in sede di elaborazione dei decreti
legislativi delegati adeguati accorgimenti. Lultima
osservazione critica investe la disposizione contenuta nella lett. c) dellart. 5 del
disegno di legge, secondo cui lesercizio di una funzione diversa da quella
precedentemente svolta deve avvenire necessariamente in un ufficio appartenente ad un
diverso distretto. E
condivisibile infatti la scelta di accompagnare il mutamento di funzioni con un
trasferimento geografico per evitare che un magistrato svolga nella stessa sede funzioni
requirenti e giudicanti; ma le esigenze di immagine che per questa via si intendono
tutelare potrebbero essere egualmente soddisfatte dallobbligo di trasferimento in
altro circondario. Il
trasferimento in altro distretto indubbiamente oneroso ed impegnativo per il
magistrato potrebbe costituire un ostacolo ed un forte disincentivo al mutamento di
funzioni, finendo così per operare in concreto come causa di effettiva separazione delle
carriere, in contrasto con lobiettivo dichiarato dellintervento di riforma. 9. La temporaneità degli
incarichi direttivi. Va innanzitutto
ricordato che la temporaneità degli incarichi direttivi è antica rivendicazione della
magistratura, già presente nel progetto di riforma dellordinamento giudiziario
elaborato dallAssociazione nazionale magistrati nel lontano 1958. In particolare,
nella temporaneità dei compiti di direzione di uffici giudiziari è stato individuato lo
strumento per contrastare il formarsi di centri di potere, per riaffermare concretamente
la natura di servizio della funzione di direzione dellufficio
giudiziario, per consentire lavvicendamento non traumatico di dirigenti non
rivelatisi pienamente allaltezza del compito e la piena utilizzazione di nuove
energie. In sintesi: lufficio
direttivo come incarico e non più come status o come posizione
gerarchica stabilmente acquisita e resa potenzialmente immutabile dal riconoscimento al
magistrato che è a capo di un ufficio della prerogativa dellinamovibilità posta a
garanzia del magistrato che esercita attività giudiziaria. In linea di
principio, dunque, lopzione per la temporaneità delle funzioni direttive contenuta
nel disegno di legge delega va salutata con favore. 9.1. Il
peculiare regime di temporaneità previsto dalla legge di delegazione. Le differenti
valutazioni di tale regime. Il disegno di legge delega offre una particolare
versione della temporaneità delle funzioni direttive che è in più punti diversa da
quella elaborata in passato e merita perciò in questa sede attenta e specifica
valutazione. Lart. 6 del disegno di legge, dopo aver fissato
il limite di quattro anni come durata massima dellincarico direttivo, introduce la
possibilità di un rinnovo biennale e consente poi al dirigente uscente di concorrere ad
un nuovo incarico direttivo presso un diverso distretto; con la conseguenza che il
magistrato dirigente rientrerà nei ranghi ad esercitare le ordinarie funzioni giudiziarie
solo ove non abbia presentato domanda per il conferimento di un altro ufficio o quando
tale domanda sia stata respinta. Nellottica del legislatore delegante, dunque, non
viene meno per il magistrato la prospettiva di intraprendere una sorta di carriera
direttiva e di percorrere le tappe di un cursus honorum dirigenziale; solo che si tratta
di carriera scandita da incarichi temporanei, da rinnovi, anchessi temporanei, e da
trasferimenti di sede in occasione del conferimento di nuovi incarichi. Su questa prospettiva le valutazioni sono
diversificate. a) Secondo una prima impostazione, il tipo di
temporaneità delineato dalla legge di delegazione non realizza tutti i risultati propri
di un regime di temporaneità giacchè evita le incrostazioni di potere e consente gli
avvicendamenti nella direzione degli uffici ma mantiene in vita una carriera direttiva
tendenzialmente separata. Con il duplice effetto negativo di contraddire il
principio secondo cui i magistrati si distinguono solo per le funzioni esercitate e di non
realizzare il positivo interscambio tra lo svolgimento a termine di incarichi
giudiziari temporanei e la ricca esperienza che deriva dallesercizio delle funzioni
giudiziarie. In questottica si rappresenta lesigenza che
- dopo lespletamento di un incarico direttivo temporaneo - il magistrato ritorni
almeno per un equivalente periodo di tempo ad esercitare funzioni giudiziarie. b) Una seconda linea di pensiero ritiene che le ragioni
di efficienza del sistema giudiziario - fortemente valorizzate dal nuovo testo dellart.
111 della Costituzione- suggeriscano un sistema che sia caratterizzato dalla temporaneità
ma non la trasformi in regola inderogabile di sostituzione. Un tale risultato sarebbe ottenibile dando vita, al
termine di un incarico temporaneo, ad una nuova procedura concorsuale per la copertura
dellufficio direttivo aperta anche alla partecipazione del dirigente uscente ( sulla
falsariga di quanto già previsto per lincarico di Procuratore Nazionale Antimafia).
10. Il
sistema disciplinare. Si è già ampiamente sottolineato ( intra par. 3.1)
che, in ordine alla materia disciplinare, il disegno di legge si risolve in una sorta di
delega in bianco al Governo; il che rende superfluo attardarsi in ulteriori considerazioni
sulla sua conformità allart. 76 della Costituzione. Si deve ora solo aggiungere che lattuale sistema della responsabilità disciplinare è incardinato
sullart. 18, r.d.lgs. n. 511 del 1946, che delinea in termini assolutamente generici
lillecito disciplinare. Se, dunque, la Corte
costituzionale ha ritenuto ammissibili deleghe formulate per relationem ovvero il
riferimento ai principi del sistema vigente nel caso di deleghe. di riordino (
ad es. per i testi unici ), nessuno di questi due criteri può essere qui invocato per
colmare le rilevate lacune della la delega. Infatti il
legislatore delegante si propone di introdurre una fondamentale innovazione ordinamentale
- la tipizzazione degli illeciti disciplinari- e ciò rende assolutamente
necessaria la chiara enunciazione, ad opera del Parlamento, di principi e criteri
direttivi idonei a circoscrivere le nuove scelte discrezionali dell'esecutivo»
(sentenza n. 427 del 2000). Inoltre poiché è preliminare rispetto alla
tipizzazione degli illeciti lindividuazione dei
valori tutelati e dei doveri che i magistrati devono osservare, è imprescindibile che
questi ultimi siano stabiliti dalla legge di delegazione; e ciò in quanto solo la loro
precisa identificazione può garantire la strumentalità delle sanzioni rispetto alla
tutela della «credibilità della funzione» (sentenza n. 100 del 1981) e quindi al
corretto esercizio della funzione giurisdizionale, nel rispetto dei valori dellautonomia
e dellindipendenza. Nel testo della
legge di delegazione manca anche ogni riferimento sia alla tipologia delle sanzioni sia
alla possibilità di introdurre il principio della predeterminazione delle sanzioni, che
permetta di limitare la discrezionalità del giudice disciplinare. Inoltre, è doveroso
ricordare che la responsabilità disciplinare è materia che non riguarda affatto i soli
magistrati. In altri termini il
sistema disciplinare non è solo funzionale a garantire la coerenza dellordine
giudiziario nè mira esclusivamente alla tutela dei valori propri di questultimo, ma
è strumentale alla realizzazione dellimparzialità e della terzietà, che sono beni
di tutti i cittadini. Per queste
considerazioni, la riforma richiede soluzioni che siano largamente condivise in seno al
Parlamento e che, perciò, devono necessariamente essere esplicitate in principi e criteri
direttivi ragionevolmente precisi e puntuali. Infine va
evidenziato che il disegno di legge delega non annovera tra i suoi obiettivi la
riforma della procedura disciplinare che ( in virtù di una lunga serie di rinvii
stabiliti a partire dallart. 17 del d.lgs. n. 273 del 1989 culminati, da ultimo, con
lart. 1, comma 8, d.l. n. 361 del 1995 conv. in l. n. 437 del 1995), è ancora
disciplinata dalle norme del codice di procedura penale del 1930. In conclusione: poiché
lesigenza di una nuova regolamentazione del sistema disciplinare è fortemente
avvertita dalla dottrina giuridica e dalla magistratura, sarebbe opportuno riorientare
profondamente la delega, da un lato esplicitando i principi ed i criteri direttivi secondo
le modalità sopra precisate,e dallaltro prevedendo lattribuzione della delega
anche per la riforma del giudizio disciplinare. 11. La revisione delle
circoscrizioni. Lultimo
capitolo della legge di delegazione intitolato Revisione delle circoscrizioni
territoriali degli uffici giudiziaricontiene una promessa per il futuro:la
razionalizzazione della distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio. Si tratta di una
promessa importante perché lirrazionale distribuzione territoriale
degli uffici giudiziari è fonte di diseguale distribuzione dei carichi di lavoro
giudiziario tra i diversi uffici, taluni dei quali - soprattutto nelle aree urbane e nelle
grandi città - sono oberati di contenzioso mentre altri hanno carichi di lavoro al di
sotto della media nazionale. Ne deriva - in
talune sedi - la sottoutilizzazione, di magistrati, personale di segreteria, mezzi e
strutture ed un negativo spreco di risorse; in altre sedi, invece, si determinano
condizioni di grave sovraccarico con conseguente, inevitabile, allungamento dei tempi dei
processi. Di qui limportanza
- sempre sottolineata da questo Consiglio - di unopera di revisione che investa la
collocazione territoriale e le dimensioni degli uffici e si attui attraverso meditate
soppressioni, accorpamenti, fusioni e razionalizzazioni delle strutture giudiziarie. Si deve però
anche osservare che la promessa di una siffatta revisione è tuttaltro che nuova. E ben
noto, infatti, come numerosi governi abbiano inserito questo obiettivo nei loro programmi
in materia di giustizia, fallendo o rinunciando alla sua realizzazione sotto il peso delle
proteste e delle pressioni provenienti dai parlamentari, dalle amministrazioni locali o
dallavvocatura delle località interessate da soppressioni o ridimensionamenti di
uffici giudiziari. Il vero banco di
prova delliniziativa in esame non sta quindi nella formulazione di linee generali
nellambito di una legge delega ma nella concreta capacità di realizzare
effettivamente un più razionale, equilibrato ed efficiente assetto dellorganizzazione
giudiziaria opponendo una ragionevole resistenza alle pressioni localistiche. Pressioni che,
beninteso, sono certamente legittime ma risultano inevitabilmente ispirate da ottiche
particolari e perciò sono spesso irrimediabilmente configgenti con lintento di
riorganizzare secondo criteri di complessiva economicità ed efficienza la presenza
giudiziaria sul territorio nazionale.» |