Intervento del Presidente
della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi
in occasione della cerimonia di commiato dei componenti il Consiglio superiore
della magistratura uscente e seduta di
insediamento del Consiglio nella nuova composizione
(Roma, Palazzo del Quirinale, 31 luglio 2002)
Onorevole Presidente del Senato,
Onorevole Presidente della Camera,
Onorevole Presidente del Consiglio,
Ministro della Giustizia,
Signor Presidente della Corte Costituzionale,
Esponenti massimi delle Istituzioni che presiedono l'Amministrazione della Giustizia,
Signore e Signori,
prima di tutto, un cordiale benvenuto ai nuovi Componenti, laici e togati, del Consiglio
Superiore della Magistratura, che vedo con piacere presenti a questo commiato dei
Consiglieri uscenti, ai quali, in particolare, ora mi rivolgo.
Grazie, Professor Verde, per le espressioni rivoltemi.
Ricordo ancora con grande piacere e con un po' di emozione quel 26 maggio 1999 quando, per
la prima volta, nell'aula dedicata alla memoria di Vittorio Bachelet, mi incontrai con
voi. Formulai allora alcune mie considerazioni sul ruolo centrale del Consiglio Superiore
e sui principi dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura: principi cardine
dell'ordinamento costituzionale e che, come ho detto fin dal mio messaggio di
insediamento, rappresentano una garanzia intangibile e un bene pubblico che non possono
essere sacrificati ad alcuna altra esigenza.
Penso anche a tutti i nostri successivi incontri e in specie all'ultimo, di 15 giorni fa,
da voi voluto, con forte sensibilità umana e istituzionale, per ricordare agli italiani
il sacrificio dei magistrati caduti per difendere il nostro sistema democratico dagli
attacchi della criminalità organizzata e del terrorismo.
In questi anni, anche nei momenti più difficili e in quelli di più forte tensione, il
Consiglio di cui avete fatto parte ha saputo dimostrare serenità e determinazione,
costituendo un punto di riferimento consapevole dell'importanza che i temi della giustizia
e del suo funzionamento rappresentano per ogni cittadino.
La Relazione al Parlamento sullo stato dell'Amministrazione della giustizia, approvata
nell'ottobre 2001, costituisce, con le sue analisi e le sue proposte, uno dei momenti più
significativi della Consiliatura.
Ma altri ve ne sono stati.
Da quelli, fondamentali, a difesa della giurisdizione, a quelli volti a meglio
regolamentare le nomine dei dirigenti degli uffici nella piena attuazione dei princìpi
del buon andamento e della imparzialità dell'Amministrazione; a quelli, ancora, per la
tutela dei giovani magistrati destinati alle sedi più disagiate e in prima linea nella
lotta alla criminalità organizzata.
Né posso omettere di sottolineare lo spirito innovativo con il quale il Consiglio ha
affrontato i temi della organizzazione degli uffici, della formazione professionale dei
magistrati e della elaborazione di una articolata "giurisprudenza
disciplinare".
Importanti sono stati anche i tentativi diretti a individuare le migliori modalità per
l'uso dell'informatica nel settore della giustizia: tentativi che hanno incontrato
notevoli difficoltà di attuazione e i cui primi risultati sono valutati nella risoluzione
del 12 giugno e nella delibera del 10 luglio scorsi. Da esse, che segnalano e raccomandano
l'indispensabilità di una cultura innovativa, il Consiglio che sta per insediarsi dovrà
prendere urgente spunto per superare le inefficienze della giustizia. Si tratta di
inefficienze dalle quali deriva la grave conseguenza di una durata eccessiva dei processi,
che colloca l'Italia da gran tempo in posizione di imputata presso la Corte di Strasburgo.
Fin dal mio primo incontro con voi ho insistito su questo tema cruciale e so bene quanto
voi ve ne siate attivamente occupati per la parte di vostra competenza, contribuendo,
quanto meno, ad arrestare la tendenza al peggioramento. Ma ciò non basta. Il problema è
tuttora aperto; è problema di grave momento, fondamentale per il normale svolgimento
della nostra vita democratica.
Auspico che anche nel nuovo organismo possa instaurarsi quel rapporto collaborativo
realizzatosi tra membri laici e togati del vostro Consiglio. Ognuno, anche quando diverso
era l'approccio ai problemi, si è sforzato di comprendere le ragioni dell'altro: senza
pregiudiziali chiusure e senza altrettanto negativi appiattimenti, ma secondo quel metodo
del dialogo che da sempre auspico su ogni tema.
Grazie anche alla guida del Professore Giovanni Verde, Vostro autorevole Vice Presidente e
mio attento, equilibrato e puntuale ausilio per la comprensione dei temi di volta in volta
affrontati, il Consiglio ha saputo mostrare senso della misura oltre che senso delle
istituzioni, anche quando le passioni potevano rischiare di prevalere sulla ragione.
Avete avuto un quadriennio non facile, durante il quale non sono mancati momenti di
tensione. E forse alcuni di Voi avvertiranno oggi l'insoddisfazione di non aver realizzato
tutto quello che si proponevano. Il Vostro operato ha dato tuttavia risultati positivi:
soprattutto è stato animato da onestà di intenti. In proposito, i dati significativi che
ha fornito poc'anzi il Professor Verde sull'attività del Consiglio - sia del
"plenum" sia delle Commissioni - attestano l'intensità del Vostro lavoro di
quattro anni.
Nei luoghi, aule di giustizia o università, ove tornerete a lavorare, incontrerete
colleghi che vi saranno grati per quello che avete fatto. Al loro grazie, si aggiunge,
sincero e caloroso, il mio: di Presidente della Repubblica e, in quanto tale, di
Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Nell'esprimerlo, desidero
riaffermare il rispetto, la fiducia e la riconoscenza che la Magistratura merita per
l'impegno - giunto a volte fino al sacrificio della vita - che ogni giorno profonde con
coraggio e determinazione contro ogni forma di illegalità.
Grazie a voi che avete terminato il vostro compito; auguri a voi che state per iniziarlo.
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