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Consiglio Superiore della Magistratura
Commissione VI
Parere sul disegno di legge di iniziative parlamentare già approvata al Senato
(Fascicolo 56/02 – relatori Wladimiro De Nunzio – Luigi Berlinguer – Maria Giuliana Civinini – Francesco Lo Voi


La sesta commissione propone al plenum di approvare la seguente delibera:
«Il Csm, rilevato che è in corso l’esame alla Camera dei Deputati dell’atto 3102/C di cui all’intestazione, già approvata dal Senato;
nella consapevolezza che un contributo di approfondimento tecnico proveniente dall’organo di autogoverno della magistratura possa offrire, in rapporto di leale collaborazione tra le istituzioni, utili spunti al Ministro della giustizia ai fini della interlocuzione del Governo nella attività parlamentare;
considerato che a norma dell’articolo 10 capoverso della legge 195/58 rientra nelle attribuzioni del Csm fare proposte al Ministero della giustizia su tutte le materie riguardanti l’organizzazione ed i servizi e dare pareri sui disegni di legge concernenti l’ordinamento giudiziario, l’amministrazione della giustizia e su ogni altro oggetto comunque attinenti alle predette materie;
che il disegno di legge in questione apporta delle modifiche alla normativa sulla rimessione che possono avere ricadute sulla disciplina dell’ordinamento giudiziario, sull’organizzazione degli uffici e l’amministrazione della giustizia;
visto l’articolo 15 ri,


Osserva


Deve anzitutto osservarsi che la previsione dello spostamento del processo dal giudice naturale precostituito per legge ad altro giudice incide sulla garanzia costituzionale di cui all’articolo 25 della Costituzione ed è legittima nei limiti in cui è giustificata dall’esigenza di tutelare situazioni di rilievo costituzionale prevalente, è specifica ed è condizionata a presupposti rigorosi, determinati e facilmente accertabili in fatto e si oppone pertanto a spostamenti di competenza determinabili dall’insindacabile discrezionalità di un qualsiasi organo giudiziario. Inoltre, ogni riforma normativa incidente sul funzionamento degli uffici giudiziari non può prescindere dalla ricerca dei necessari interventi di sostengo in un contesto come l’attuale e, soprattutto, dalle condizioni organizzative e strutturali del personale ausiliario (si pensi agli uffici notificazione) che già oggi rendono difficile la programmazione e la gestione dell’attività giudiziaria e concorrono a determinare l’elevata lunghezza dei processi da tutti stigmatizzata.
La precostituzione del giudice (articolo 25 della Costituzione), il buon andamento del servizio giustizia (articolo 97 della Costituzione) e la durata ragionevole del processo (articolo 111 della Costituzione) sono, dunque, i temi di fondo cui far riferimento nella specie; rispetto ad essi il Consiglio ha sempre fornito il proprio contributo ed il proprio forte impegno propositivo. Ed infatti, la precostituzione del giudice costituisce il fondamento dell’intera materia gabellare e gli altri temi hanno visto negli ultimi anni un impegno particolarmente intenso del Consiglio, che si è attivato per il rispetto dei principi contenuti nell’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e nell’articolo 111 della Costituzione, fornendo il proprio contributo anche in relazione alla cogente esigenza di rimuovere i presupposti del contenzioso innanzi alla Corte di Strasburgo.
Possono, pertanto, formularsi le seguenti osservazioni:
a) con la modifica dell’articolo 45 Cpp viene prevista una ipotesi di rimessione per «legittimo sospetto». La mancanza di precisi termini di riferimento rischia di consentire la configurabilità della fattispecie in una serie molto ampia di casi, con particolare riferimento ai contesti di criminalità organizzata e di far sì che qualunque tensione che investa il processo possa essere posta a fondamento di un’istanza di rimessione ad opera delle parti pubbliche e private. L’ipotizzabile conseguenza sarà un incremento esponenziale dei ricorsi, incentivato dal «nuovo» effetto sospensivo automatico, rispetto ai dati forniti dalla Corte di cassazione che stimano in 430 il numero delle istanze per rimessione del processo dal 1996 ad oggi (di cui soltanto uno accolto).
b) La previsione dei casi di sospensione, sia facoltativa che obbligatoria, avrà poi inevitabili conseguenze negative sul principio costituzionale della durata ragionevole del processo. La sospensione del processo non realizza le esigenze di effettività della giurisdizione (e paradigmatica è la vicenda del regolamento di giurisdizione nell’ambito del processo civile che, fino alla riforma del ’90, veniva sistematicamente utilizzato pressoché in tutti i processi di una qualche rilevanza a fini esclusivamente dilatori). In merito si prospetta l’opportunità di una diversa modulazione degli effetti sospensivi ed impeditivi della istanza di remissione, ricordando l’orientamento costante della Corte europea dei diritti dell’uomo (articolo 6 della convenzione). Una siffatta ricaduta, del tutto evidente per il processo interessato dalla istanza di remissione, è peraltro prospettabile in via più generalizzata, dal momento che la stasi processuale che così si determina è suscettibile di intralciare e creare inconvenienti sul programma organizzativo del lavoro di udienza, alterando l’assetto organizzativo della trattazione dei processi stabiliti in precedenza dall’organo giudicante e quello complessivo dell’ufficio.
c) I termini previsti per l’instaurazione del contraddittorio sulla questione sollevata se, da un lato, mirano a garantire la concreta possibilità per le parti di controdedurre, certamente comportano – unitamente al rito ordinario (anziché quello camerale) previsto per la trattazione del ricorso davanti la Suprema Corte – un sensibile allungamento dei tempi di definizione del procedimento. Questo aspetto che si appalesa particolarmente rilevante nei processi con più imputati, qualora ciascuno presenti in successione la richiesta di rimessione dando luogo a (nuova) decorrenza dei termini, laddove più adeguata apparirebbe la previsione di misure atte a scoraggiare seriamente le istanze meramente dilatorie.
d) La mancata riproposizione dell’attuale disposizione, secondo cui in caso di accoglimento dell’istanza di rimessione il giudice designato è chiamato a decidere con ordinanza «se e in quale parte gli atti conservano efficacia», potrebbe far discendere la radicale inefficacia di tutti gli atti già compiuti. Anche ai fini di una concreta attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata dei processi, appare opportuno prevedere un diverso regime di utilizzabilità degli atti, anche per prevenire il concreto pericolo che sopravvenga la prescrizione del reato o il decorso dei termini di custodia cautelare.
e) La combinata previsione dell’effetto sospensivo automatico e della reiterabilità dell’istanza di rimessione dichiarata inammissibile per ragioni di rito e di quella respinta per ragioni di merito con deduzione di «elementi nuovi», potrebbe dare vita anche a fenomeni di uso dello strumento processuale a fini dilatori o ad un suo abuso. Ancora più marcatamente il problema si pone in caso di presentazione di istanza di rimessione innanzi al nuovo giudice designato in accoglimento di una prima istanza. Tale meccanismo è stato già valutato in termini negativi dal giudice delle leggi che, nella sentenza 353/96, nell’accogliere la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 47, comma 1, in relazione all’uso distorto della reiterazione dell’istanza di rimessione ex articolo 49 del Cpp, ha affermato che «l’equilibrio fra i principi di economia processuale e di terzietà del giudice è solo apparente nella ponderazione codicistica, posto che il possibile abuso processuale determina la paralisi del procedimento, tanto da compromettere il bene costituzionale dell’efficienza del processo, qual è enucleabile dai principi costituzionali che regolano l’esercizio della funzione giurisdizionale e il canone fondamentale della razionalità delle norme processuali». Il legislatore «pur pienamente libero nella costruzione delle scansioni processuali, non può tuttavia scegliere, fra i possibili percorsi, quello che comporti, sia pure in casi estremi, la paralisi dell’attività processuale, perché impedendo sistematicamente tale attività, mediante la riproposizione della istanza di remissione, si finirebbe col negare la stessa nozione di processo e si contribuirebbe a recare danni evidenti all’amministrazione della giustizia».
f) Possibile fonte di abuso può derivare dall’assenza di regolamentazione nel caso di processo con più imputati, lacuna che rischia di vanificare anche la preclusione alla reiterazione dell’istanza (rigettata nel merito) sulla base dei medesimi motivi, ben potendo ciascun imputato a turno proporre la richiesta di rimessione sulla base delle ragioni già dedotte (e negativamente vagliate) dal coimputato, ottenendo l’effetto sospensivo automatico della discussione e quindi impedendo la definizione del giudizio. Altro rischio riguarda la ricaduta in termini organizzativi sui processi di criminalità organizzata e, particolarmente, su quelli nei quali sono coinvolti decine di imputati sottoposto al regime dell’articolo 41bis Op, attesa la necessità di conciliare i calendari delle udienze dei diversi processi che vanno celebrati con il sistema della videoconferenza.
g) Da ultimo, ritiene il Consiglio di dover porre l’attenzione sui rischi che un’estensione generalizzata delle cause di rimessione del processo potrebbe avere effetti negativi sulla stessa credibilità della giurisdizione, minando quella fiducia che ne costituisce il presupposto indefettibile e la funzionalità del processo, che è una delle condizioni della stessa legittimazione del giudice».

 



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