Misure urgenti in materia di amministrazione della giustizia e servizi di sicurezza e ordine pubblico, limitatamente ai capi I, II e IV. Il D.L. n. 201/2002 interviene in settori dellamministrazione della giustizia per i quali il Governo ha ritenuto improcrastinabile un intervento normativo atto a garantire funzionalità ed efficienza e ad impedire che si creino situazioni di aggravio dellattuale stato della giurisdizione; si prevede così, attraverso una modifica della c.d. legge Pinto, un filtro conciliativo per le cause di equo indennizzo da violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, si modificano le procedure per la nomina dei giudici di pace, si aumenta la dotazione di personale del CSM, si introduce una nuova regola per la formazione dei collegi della Corte di cassazione. Le modifiche alla legge n. 89 del 2001. Comè noto, la legge n. 89 del 2001 ha introdotto nel nostro ordinamento il diritto ad unequa riparazione per le ipotesi di eccessiva durata dei processi, prevedendo al primo comma dellart. 2 che chi ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione, ha diritto ad una equa riparazione.. Tale intervento normativo si era reso necessario dopo che la proposizione di un numero altissimo di ricorsi contro lItalia innanzi alla Corte di Strasburgo per violazione dellart. 6 della CEDU, alterando i ritmi e i flussi di lavoro della Corte, aveva fatto sorgere quel c.d. probléme italien da cui era nata per il nostro Paese lesigenza di adottare una serie articolata di misure atte a risolvere il problema dei tempi dellamministrazione della giustizia. La scelta di introdurre un sistema indennitario interno era stata poi determinata dalla lettura offerta dalla C.E.D.U. dellart. 13 Conv. (che recita: tutte le persone i cui diritti e le cui libertà riconosciuti dalla presente convenzione sono stati violati, ha diritto ad avvalersi di un rimedio effettivo davanti a unistanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone agenti nellesercizio delle loro funzioni ufficiali), secondo cui deve essere previsto nellordinamento interno un rimedio effettivo mediante il quale sollevare davanti a unistanza nazionale la questione della durata eccessiva della procedura [cfr. sent. CEDU, Grande Chambre, Kudla c. Polonia (132 -160) del 26/10/2000]. Lintroduzione del rimedio nel nostro ordinamento ha comportato la proposizione di un numero assai elevato di ricorsi innanzi alle Corti dAppello (competenti a provvedere) e che è verosimilmente destinato ad aumentare, in relazione alla diffusione nella pratica dello strumento e alla maggiore facilità di accesso ad un giudice nazionale anziché ad una Corte internazionale, mentre la minacciata ricaduta sullordinamento interno dei circa 12.000 ricorsi pendenti a Strasburgo deve ritenersi ormai in gran parte scongiurata (essendo decorso il termine fissato dallart.6 della l. n.89/2001 in sei mesi dallentrata in vigore della legge e poi prorogato al 18/04/2002 dallart. 1 DL n. 370/2001 conv.in L.n. 432/2001 per la riproposizione innanzi alle Corti dAppello competenti dei ricorsi già presentati innanzi alla CEDU ma non ancora dichiarati ricevibili allentrata in vigore della legge). In questa situazione, il D.L. persegue lobiettivo di ridurre le sopravvenienze e le pendenze dei ricorsi per equo indennizzo, attraverso lintroduzione di un filtro precontenzioso e, per le cause pendenti, la formulazione di proposte transattive. A tal fine viene novellata la l.n.89/2001 con lintroduzione di un art. 2 bis (art. 1 del DL) e la modifica degli artt. 3 (art. 2 del DL) e 5 (art. 3 del DL) prevedendosi: a) la comunicazione della volontà dintrodurre lazione di equa riparazione, corredata da copia degli atti del processo cui si riferisce, quale condizione di procedibilità con possibilità di adire il giudice solo decorsi novanta giorni; b) lattribuzione del potere di transigere allAvvocatura dello Stato; c) la natura di titolo esecutivo dellatto di transazione; d) lesenzione dallimposta di registro e lattribuzione delle spese e degli onorari inerenti alla transazione a carico delle parti che li hanno sopportati; e) la dotazione dellAvvocatura con personale e mezzi messi a disposizione dalle Amministrazioni interessate; f) la possibilità, per le cause pendenti, di pervenire a transazione fino al momento della decisione, con conseguente estinzione del giudizio; g) la motivazione del decreto con mero richiamo del precedente; h) le conseguenze sulle spese processuali del rifiuto immotivato di transigere; i) lindividuazione nel Ministero dellEconomia e delle finanze dellente pagatore, nei cui confronti far luogo se del caso allesecuzione forzata; j) la sottrazione del contenzioso tributario allambito di applicazione della l.n.89/2001 (con le precisazioni di cui dappresso). Merita indubbiamente di essere condivisa la scelta di individuare strumenti deflattivi, atti ad evitare che le pendenze dei procedimenti di equa riparazione divengano un ulteriore elemento di disfunzione del sistema e che la durata dei procedimenti medesimi possa dar luogo a una nuova ondata di contenzioso italiano davanti ai giudici di Strasburgo. Sulla base di tale premessa, e tenuto conto delle possibili ricadute della nuova normativa sullorganizzazione giudiziaria e sulla efficienza della giurisdizione (tra le quali sono da ricomprendersi anche i possibili contrasti applicativi derivanti da una formulazione dubbia del dettato normativo, essendo evidente che le oscillazioni giurisprudenziali in materia processuale possono dar luogo al moltiplicarsi delle impugnazioni, allallungamento dei tempi nonché, talvolta, a ingiustificate disparità di trattamento), si formulano alcune considerazioni. Sullesclusione dei procedimenti del giudice
tributario dallambito di applicazione della legge:
Sulla comunicazione.
Sulle
possibili ricadute sugli uffici giudiziari
Sulla transazione in corso di causa. Per i giudizi pendenti, lart. 2 bis, 12° co. prevede che lAvvocatura possa formulare una proposta transattiva finchè la causa non è trattenuta in decisione; leventuale transazione comporta rinuncia agli atti ed estinzione del giudizio, che è pronunciata dal Presidente del collegio innanzi al quale pende il processo. Poiché la transazione comporta per legge lestinzione del processo, superflua è la previsione che la stessa implichi altresì rinuncia agli atti (istituto del resto che mal si concilia con un effetto estintivo legale, essendo lo strumento con cui le parti personalmente o i difensori muniti di procura speciale provocano di comune accordo lestinzione del processo). Il 13° co. dellart. 2 bis prevede che lestinzione sia dichiarata con decreto del presidente del collegio. Quanto alla competenza a rendere il provvedimento, la ratio dellindividuazione del presidente del collegio è verosimilmente quella di non coinvolgere il collegio medesimo in unattività di breve momento. In merito, si segnala come costituisca una novità assoluta nellambito del processo civile, in particolare allinterno di un procedimento camerale, (sui cui riflessi sistematici sarebbe opportuna una riflessione) lattribuzione mutuata dal nuovo processo amministrativo - al presidente del collegio del potere di emanare il provvedimento che conclude il procedimento, posto che il presidente non ha poteri decisori autonomi . Quanto alla forma, si prevede il decreto tipico del procedimento camerale; niente si dice sul regime delle impugnazioni di questo provvedimento, mentre sarebbe opportuno esplicitare se lo si ritiene inoppugnabile ovvero soggetto allordinario reclamo. Sulle
spese processuali
Lart. 2 del DL introduce nellart. 3 della l. n.89/2001 un comma 6 bis, il quale attribuisce al giudice il potere di escludere la ripetizione delle spese o di condannare il vincitore alle spese se risulta che ha, immotivatamente, rifiutato di aderire alla proposta transattiva formulata a norma dellart. 2 bis di contenuto analogo a quello del decreto di cui al comma 6 (quello che definisce il giudizio di equa riparazione). In sostanza, si introduce il principio per cui non valgono le regole sulla soccombenza nel caso in cui il decreto riconosca un indennizzo di importo analogo a quello contenuto nella proposta transattiva dellAvvocatura. Pur nello spirito deflativo che anima tale disposizione appare eccessivamente punitiva lablazione dellordinario principio di soccombenza, ben potendo il rifiuto di aderire alla proposta di transazione costituire giusto motivo di compensazione delle spese processuali. In via più generale, sarebbe opportuno intervenire sullart. 96 c.p.c. tipizzando le ipotesi di lite temeraria; in tal senso, seppur con riferimento alla riduzione dello spazio equitativo di cui allart. 92 c.p.c., si era del resto già espresso questo Consiglio nel parere del 21 febbraio 2002 sul disegno di legge n. 2229/C recante Modifiche urgenti al codice di procedura civile, laddove si affermava: In questa prospettiva non può non osservarsi come il rafforzamento dellart.96 c.p.c. (con linserimento ad esempio della impugnazione manifestamente infondata tra le ipotesi tipiche di responsabilità aggravata) o la previsione di una sanzione pecuniaria, nel caso di lite temeraria, potrebbe rendere ben più consistente leffetto deflattivo perseguito. Al riguardo, taluno ha suggerito di aggiungere al primo comma dellart. 96 la previsione di una condanna in misura non inferiore al triplo delle spese ed al secondo comma prevedere una liquidazione equitativa, avuto riguardo al limite minimo di cui al comma precedente. Una
considerazione conclusiva
La relazione illustrativa al DL afferma che le ragioni pressanti ed eccezionali che impongono di intervenire nuovamente sulla materia vanno individuate nella presentazione di un numero rilevante di ricorsi presso le Corti dAppello che solo per lanno 2001 sono pari a 1622 e che, allo stato, nei primi cinque mesi dellanno 2002 sono pari a 2629. Si è già detto che si concorda sullanalisi di fondo: lintroduzione del rimedio interno dellequa riparazione aumenta i carichi di lavoro delle corti dappello ed è necessario prevedere strumenti deflattivi per evitare ulteriori aggravi e allungamenti di tempi processuali. Deve, peraltro, aggiungersi che il filtro conciliativo testé esaminato, seppur opportuno, potrebbe non risultare sufficiente per risolvere tutti i problemi posti dalla legge Pinto. Se, infatti, si vanno ad esaminare i dati relativi alle sopravvenienze dei procedimenti per equa riparazione anziché nel loro totale (come si fa nella relazione) dissociati per distretto di corte dappello, emerge un dato molto preciso: i circa 4.200 procedimenti sopravvenuti nel primo anno di vigenza della legge (aprile 2001 maggio 2002), la stragrande maggioranza si concentra in pochi distretti di Corte dappello, quelli competenti a giudicare dei processi svoltisi nei grandi distretti: innanzi alla CdA di Perugia (competente per Roma) nel periodo giugno 2001 giugno 2002 sono stati introdotti 1106 procedimenti ex l. n. 89/2001 di cui pendenti alla fine del periodo 654; innanzi alla CdA di Genova (competente per Firenze) 462 di cui pendenti alla fine di giugno 2002, 92; a Firenze (competente per Perugia) dal 25/3/2001 al 30/9/2002 sono stati introdotti 62 giudizi e sono stati definiti 36; a Torino (competente per Genova) nello stesso periodo sono stati proposti 293 con definizioni pari a 202; a Milano 83 procedimenti e 66 definizioni ; a Brescia 170 ricorsi di cui decisi 129; a Roma 3333 di cui pendenti 2028. Questi dati dicono in modo estremamente chiaro che vi sono corti dappello che a seguito della legge Pinto hanno visto un notevolissimo aumento del carico di lavoro, tanto più gravoso quanto più è ridotto lorganico dellufficio giudiziario (si pensi a Perugia) e per queste Corti dAppello è indubbia la necessità di misure ulteriori rispetto al filtro conciliativo, soprattutto misure strutturali e organizzative, senza le quali il nostro Paese rischia di tornare in seconda battuta davanti alla Corte di Strasburgo e le conseguenze, non tanto economiche quanto di immagine e di posizione dellItalia allinterno del Consiglio dEuropa, potrebbero essere questa volta estremamente dannose, fino ad un concreto rischio di esclusione dalla Convenzione. Le
modifiche alla legge n. 374 del 1991
Il Capo II del D.L. in esame (capo rubricato Misure urgenti per la nomina dei giudici di pace e per il supporto dellattività di governo della magistratura) comprende due norme, la prima delle quali (art. 4) provvede, modificando lart. 4 della l. n. 374/1991, alla regolamentazione della procedura da seguire per le nuove nomine dei giudici di pace, in vista della scadenza del quadriennio per quelli attualmente in servizio (13/01/2003 per quelli nominati il 13/01/1999, 15/03/2004 per quelli confermati il 15/03/2000), prevedendo dei bandi di concorso per distretto di corte dappello e la limitazione del numero di domande che ogni aspirante può presentare. Tale intervento appare in piena sintonia con lorientamento di questo Consiglio, che nella circolare 30.7.2002 intitolata Nuove modalità di nomina e conferma dei giudici di pace a seguito delle modifiche alla legge istitutiva introdotte dalla legge 24 novembre 1999, n. 468 aveva previsto al capo I, par.1 (Modalità di pubblicità del bando) che Il presidente della corte dappello, al fine di assicurare la più ampia pubblicità alle vacanze negli uffici del giudice di pace del distretto, provvede alla loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica e sul sito web della rete internet del Ministro della Giustizia. Da tale pubblicazione decorre il termine di sessanta giorni per la presentazione delle domande di ammissione al tirocinio, nelle quali dovranno essere indicati i requisiti posseduti e dovrà essere dichiarata la insussistenza delle cause di incompatibilità previste dalla legge, e al capo II, par. 1 che ciascun candidato può presentare non più di tre domande per anno solare relative a distretti diversi e che in ciascuna domanda afferente al singolo distretto, il candidato può indicare un numero di sedi non superiore a sei, ma non può esprimere un ordine di preferenza. La norma, la cui valutazione è dunque pienamente positiva, consentirà di evitare le notevoli disfunzioni cui aveva dato luogo il bando di concorso DM 3/12/1998 per 4424 giudici di pace (un numero enorme di domande da valutare, anche grazie allassenza di un limite di domande presentabile da ciascun aspirante, la complessità della procedura, il numero elevato di rinunce) e renderà più flessibile la procedura di selezione adattandola alla diversificazione delle scadenze dei giudici di pace e consentendo una migliore e più funzionale organizzazione del tirocinio. Le
modifiche al D.Lgs. n. 37 del 2000
Lart. 5 del Capo II intende realizzare un supporto allattività di governo della magistratura prevedendo la possibilità per il CSM di assumere con contratto a tempo determinato 26 unità di personale da adibire a mansioni di segreteria e assistenza dei Consiglieri, recuperando a funzioni più strettamente amministrative gli attuali nuclei di segreteria, ed attribuendo i relativi poteri al Comitato di Presidenza. Se è certamente utile la previsione di un aumento delle unità di personale, perplessità suscita la modifica degli artt. 3, 1° co. e 5, 4° co. della l. n. 37/2000 con la quale è stato individuato lorgano competente a stipulare contratti di collaborazione continuativa e a disporre il passaggio diretto di dipendenti di pubbliche amministrazioni per la copertura di posti apicali mentre sarebbe preferibile il mantenimento della competenza del Consiglio nel rispetto delle sue prerogative. Sulle Modifiche allart 67 del regio decreto
30.1.1941 n 12 recante ordinamento giudiziario. 1. Lart 7, aggiungendo un comma allart. 67 dellord. giud., dispone che la presidenza dei collegi delle sezioni semplici è assunta da un presidente della sezione, ovvero, in sua assenza, dal magistrato della stessa sezione con maggiore anzianità nellesercizio delle funzioni di legittimità. Il criterio generale dettato dalla nuova norma è meramente ricognitivo di una realtà normativa già esistente, pacifico essendo che la presidenza dei collegi giudicanti è una delle funzioni specifiche dei presidenti di sezione. La norma prevede inoltre un criterio speciale per il caso di assenza di presidenti di sezione e pertanto, poiché lassenza è nozione da ritenere compresa in quelle di mancanza o impedimento, che costituiscono il presupposto dellistituto della supplenza, la norma non può che intendersi come diretta a dettare un criterio automatico di individuazione del supplente, in deroga al criterio (altrettanto automatico) previsto in via generale dagli articoli.104, secondo comma e 108, secondo comma, ord. giud.. Ne consegue che la norma avrebbe potuto essere più correttamente collocata accanto alle altre che disciplinano la supplenza ovvero essere formulata come norma autonoma nellambito della disciplina ordinamentale della corte di cassazione, in quanto lart. 67 ha ad oggetto il diverso problema della determinazione del numero dei votanti. La nuova norma è ispirata allesigenza, del tutto condivisibile, di evitare che i delicati compiti di presidenza del collegio (sia pure per il solo caso di necessità di supplire il presidente di sezione assente) della corte di cassazione siano affidati in applicazione del mero criterio dellanzianità di ruolo a magistrato privo di adeguata esperienza delle peculiarità del giudizio di legittimità e della necessaria approfondita conoscenza, per così dire dallinterno, della giurisprudenza della Corte. 2. Pur nella sua limitata portata, lintervento normativo desta qualche perplessità, perché, per lindividuazione del supplente del presidente di sezione, finisce per sostituire il rigido criterio dellanzianità di ruolo con un altrettanto rigido criterio di anzianità nellesercizio delle funzioni di legittimità. In applicazione del nuovo criterio, infatti, un rilevante divario di anzianità di ruolo può essere messo nel nulla da una lieve differenza di anzianità di esercizio delle funzioni di legittimità, il che, una volta garantita una adeguata esperienza di legittimità, porterebbe a pretermettere del tutto, in contrasto con ogni esigenza di buona amministrazione, il dato di comune esperienza secondo cui a maggiore anzianità di servizio, a parità di ogni altra condizione, normalmente corrisponde maggiore professionalità e cioè maggiore conoscenza delle problematiche interpretative e applicative, maggiore equilibrio e maggiore autorevolezza nella direzione della discussione in camera di consiglio. . La giusta esigenza di assicurare che la presidenza del collegio sia attribuita a magistrato dotato di sufficiente esperienza del giudizio di legittimità, può invece essere soddisfatta da una disposizione che richieda per poter presiedere il collegio leffettivo esercizio di funzioni di legittimità per un periodo minimo. Soddisfatto tale requisito, dovrebbe riprendere vigore il criterio della maggiore anzianità di ruolo. 3. Residuano, inoltre, alcune incertezze interpretative, che sarebbe opportuno venissero diradate in sede di conversione. La norma dispone che la presidenza del collegio, in caso di assenza di un presidente di sezione, sia assunta dal magistrato della stessa sezione con maggiore anzianità di esercizio di funzioni di legittimità. Poiché alle sezioni della corte di cassazione sono assegnati presidenti di sezione e consiglieri, i magistrati della sezione altro non sono che i consiglieri della sezione stessa, mentre i magistrati dappello destinati allufficio del massimario sono solo autorizzati ad esercitare le funzioni di consigliere. Il termine magistrato potrebbe fare ritenere il contrario e cioè che la presidenza del collegio possa essere assunta anche dal magistrato dappello autorizzato ad assumere le funzioni di consigliere, ma la conclusione sarebbe certamente del tutto illogica e contraria a ogni principio di buona amministrazione, non essendo ammissibile che la presidenza di un collegio sia affidata a chi non ne faccia parte pleno jure, ma sia solo autorizzato a svolgere le funzioni collegiali. Nessun dubbio invece dovrebbe sorgere in ordine al requisito dellesercizio delle funzioni di legittimità, che comprende non solo lesercizio di funzioni giudicanti, ma anche quello di funzioni requirenti. A tal fine sembra decisivo il richiamo allart. 23, 2° comma della legge n. 195 del 1958, come modificato con lart. 5 della legge n. 44 del 2002, che espressamente definisce funzioni di legittimità quelle svolte presso la corte e presso la procura generale. Quanto, infine, al requisito dellanzianità nellesercizio di funzioni di legittimità si pongono due problemi. Se nel calcolo debba tenersi conto del periodo di esercizio di tali funzioni, anche se interrotto dallesercizio di funzioni giurisdizionali diverse o da periodi di collocamento in aspettativa o fuori del ruolo organico, sommando quindi i periodi anteriori con quelli successivi a tale interruzione e se debba tenersi conto delle funzioni di legittimità svolte come magistrato dappello destinato alla corte o alla procura generale, autorizzato a svolgere funzioni di consigliere o di sostituto procuratore generale. Quanto al primo punto non vè alcuna ragione di richiedere che il periodo minimo di esercizio di funzioni di legittimità debba essere non interrotto, perché linterruzione non sembra idonea a disperdere il patrimonio di esperienza e di professionalità acquisita anteriormente, a meno che tale interruzione non sia estremamente protratta nel tempo. Sul rilievo delle
funzioni di legittimità svolte come magistrato dappello destinato alla corte o alla
procura generale, deve osservarsi che il carattere discontinuo e limitato (nella prassi a
due udienze mensili, per quanto riguarda i magistrati dappello destinati alla corte)
di tale esercizio non consente di equipararlo allesercizio continuo come consigliere
e sostituto procuratore generale. In mancanza di indicazioni legislative che consentano di
quantificare in modo diverso la valenza dei periodi di esercizio discontinuo rispetto a
quelli di esercizio continuo, lesigenza di tenere conto dellesperienza
acquisita come destinato al massimario o alla procura generale, che pure, in linea di
principio, potrebbe avere qualche rilevanza, deve cedere di fronte allimpossibilità
di trattare in modo identico situazioni diverse."
Abolizione dei Tribunali regionali e del Tribunale superiore delle acque pubbliche.
"1. Il Ministro della giustizia ha chiesto, ai sensi dellart. 10 secondo comma della 24 marzo 1958, n. 195, un parere sul disegno di legge governativo recante Abolizione dei tribunali regionali e del tribunale superiore delle acque pubbliche. Il sistema del contenzioso delle acque pubbliche, come è noto, venne introdotto con il r.d.l. 9 ottobre 1919, n. 2161 (poi recepito nel testo unico n. 1775 del 1933; ma si veda anche lart. 64 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12) che, in sostituzione dellunico tribunale delle acque (composto da un presidente di sezione della corte di cassazione, che lo presiedeva, due consiglieri di stato, due consiglieri dappello e due membri effettivi del consiglio superiore dei lavori pubblici, con sede in Roma e competenza, in materia sia di diritti che di interessi, su tutto il territorio nazionale) previsto dal d.l.lgt 20 novembre 1916, n. 1664 (peraltro non convertito), istituì otto tribunali regionali delle acque pubbliche (in seguito t.r.a.p.) presso le corti dappello di Torino, Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Palermo e Cagliari, con giurisdizione sulle controversie in materia di diritti soggettivi (ora elencate nellart. 138 del t.u. del 1933), e un tribunale superiore della acque pubbliche (in seguito t.s.a.p.), con sede in Roma, come giudice di appello contro le sentenze dei t.r.a.p. e come giudice in unico grado sulle controversie in materia di interessi legittimi (indicate nellart. 143 del t.u.). I t.r.a.p. sono costituiti da una sezione della corte dappello alla quale sono aggregati tre funzionari dellex Genio civile e giudicano con lintervento di tre votanti, di cui uno è il membro tecnico; lufficio di cancelleria è lo stesso della sezione della corte dappello presso la quale il t.r.a.p. è costituito. Il t.s.a.p., che ha sede in Roma nel palazzo di giustizia dove siede la corte di cassazione, è composto da un presidente, che, ai sensi del d.l.c.p.s. 1° ottobre 1947, n. 1696, ha il grado secondo, corrispondente a quello di procuratore generale della corte di cassazione e che svolge esclusivamente la funzione per la quale è nominato. E composto da quattro consiglieri di stato, quattro consiglieri della corte di cassazione e tre tecnici, membri effettivi del Consiglio superiore dei lavori pubblici, non aventi funzioni di amministrazione attiva. Ha un autonomo ufficio di cancelleria, la cui pianta organica, attualmente, prevede trentatré unità. Come giudice dappello il t.s.a.p. giudica con cinque votanti (tre magistrati di legittimità, compreso il presidente, un consigliere di stato e un tecnico), mentre in unico grado giudica con sette votanti (tre magistrati di legittimità, tre consiglieri di stato e un membro tecnico). Il legame del t.s.a.p. con la corte di cassazione è evidenziato non solo dallunicità della sede, ma anche dal fatto che lammissione al gratuito patrocinio è deliberata dalla commissione presso la corte (art. 208 del t.u.) e che per necessità di servizio il primo presidente può applicare temporaneamente allufficio di cancelleria del t.a.s.p. personale addetto ad altre autorità giudiziarie di Roma (art. 139, ult. comma t.u. del 1933). Secondo la giurisprudenza e la dottrina assolutamente prevalente i tribunali regionali hanno natura di sezioni specializzate della magistratura ordinaria (in tal senso è decisivo il richiamo dellart. 64 ord. giud.), mentre il tribunale superiore ha natura di giudice ordinario, quando giudica come giudice d'appello, e di giudice speciale quando giudica in unico grado. 2. Nella relazione che accompagna il disegno di legge lintervento legislativo è motivato con le seguenti considerazioni: - il sistema del contenzioso in materia di acque pubbliche si comprende e si giustifica solo in un contesto storico superato, come è dimostrato dalla circostanza che ha formato oggetto di tentativi di revisione e di adeguamento (elaborati dalla commissione ministeriale presieduta dal Pres. Ferrati, nominata nel 1966 e che ha terminato i lavori nel 1973, e da quella presieduta dal pres. Palazzolo, nominata nel 1989 e che ha terminato i lavori nel 1990); - la revisione dei tale sistema è imposta dalla sesta disposizione finale e transitoria della Costituzione; - il rito applicato davanti ai tribunali regionali e al tribunale superiore è obsoleto, basandosi sul c.p.c. del 1865; inoltre le sentenze emesse dal tribunale superiore della acque pubbliche (in seguito t.s.a.p.) sono pronunciate da un giudice amministrativo in unico grado e soggette a ricorso straordinario per cassazione ai sensi dellart. 111 cost.; - il carico di lavoro del t.s.a.p. è esiguo, come emerge dai dati delle cause sopravvenute che negli ultimi cinque anni sono state, rispettivamente, 169, 193, 191, 198, 207, e, pertanto il funzionamento del sistema è molto dispendioso; - la Corte costituzionale, con sentenza 3 luglio 2002, n. 305 ha dichiarato lillegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 139 e 143, 3° comma, del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, recante il testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, nella parte in cui non prevede meccanismi di sostituzione del componente del t.s.a.p. astenuto, ricusato o legittimamente impedito e con sentenza 17 luglio 2002 n. 353 ha dichiarato lillegittimità costituzionale dellart. 138 dello stesso testo unico, nella parte in cui prevede che siano aggregati al tribunale regionale delle acque pubbliche (in seguito t.r.a.p.) tre funzionari dellex Genio civile, uno dei quali deve intervenire nel collegio giudicante; - possibilità di istituire un altro posto di presidente aggiunto della Corte di cassazione, a seguito della soppressione del posto di presidente del t..s.a.p., con conseguente razionalizzazione della distribuzione di competenze tra i presidenti aggiunti, uno per il ramo civile e laltro quello penale. Lintervento legislativo consiste nella soppressione del sistema speciale del contenzioso delle acque pubbliche, con deferimento delle controversie di cui allart. 140 del t.u. del 1933, aventi ad oggetto situazioni giuridiche di diritto soggettivo, già attribuite alla giurisdizione del t.r.a.p., al tribunale ordinario, in composizione collegiale, del capoluogo di distretto territorialmente competente, e di quelle di cui allart. 143 dello stesso t.u., aventi ad oggetto situazioni di interesse legittimo e già attribuite alla giurisdizione in unico grado del t.s.a.p., al giudice amministrativo. Conseguentemente, per tutte le controversie in materia di acque pubbliche è previsto un doppio grado di giurisdizione (tribunale corte dappello; t.a.r.- consiglio di stato) e la ricorribilità per cassazione, ex art. 360 c.p.c. per le controversie su diritti e ai sensi dellart. 362 c.p.c. per le controversie su interessi. E prevista la soppressione del posto di presidente del t.s.a.p. e laumento di un altro posto di presidente aggiunto della corte di cassazione. Per il personale amministrativo della pianta organica del t.s.a.p. è prevista laggregazione allorganico della corte di cassazione. E infine prevista una disciplina transitoria per il graduale passaggio alla nuova disciplina [1]. 3. Le considerazioni esposte nella relazione a giustificazione dellintervento legislativo sono in larga parte condivisibili, mentre perplessità suscitano alcune soluzioni proposte. Innanzi tutto, è certamente necessario e urgente intervenire per colmare le lacune normative create dalle due citate pronunce di illegittimità costituzionale. Infatti, a seguito della sentenza n. 353/2002 i t.r.a.p. non sono più in grado di funzionare, non potendosi più utilizzare i membri tecnici nominati sulla base della norma dichiarata costituzionalmente illegittima e non essendovi altra norma che consenta di nominare i nuovi componenti. Per effetto della sentenza n. 305/2002, inoltre, non possono essere svolti davanti al t.s.a.p. i giudizi di rinvio, per la mancanza di un numero di supplenti che possa sostituire il collegio che ha pronunciato la sentenza cassata. Più articolato deve essere invece il discorso sulleconomicità della struttura del contenzioso delle acque, in relazione alla scarsa entità delle cause che annualmente sopravvengono. In mancanza di dati sulle sopravvenienze e sulle definizioni presso i t.r.a.p., sono comunque sufficienti per effettuare una valutazione di economicità e funzionalità i dati relativi al t.s.a.p. che si riportano in nota [2]. E incontestabile che il carico di lavoro non giustifica la previsione nella pianta organica della magistratura ordinaria di un posto di presidente a tempo pieno e di un autonomo organico di cancelleria del t.s.a.p., ma ad analoghe conclusioni non può pervenirsi per quanto riguarda i componenti del t.s.a.p. e dei t.r.a.p. che non sono impiegati in via esclusiva, continuando a svolgere le ordinarie funzioni alle quali sono addetti. Come già rilevato anche il personale amministrativo dei t.r.a.p. svolge le ordinarie funzioni di cancelleria della sezione di corte dappello. Né può trascurarsi che alla base dellistituzione del sistema del contenzioso delle acque non ci fu una valutazione di tipo quantitavo, perché la creazione di un giudice specializzato per le controversie in materia di acque pubbliche venne giustificata non per il numero di tali controversie, ma per la considerazione della specialità della materia, caratterizzata da un contenzioso spesso di grande rilevanza economica e di estrema delicatezza per lintreccio di questioni tecniche e di questioni giuridiche. E del pari indubbio che la disciplina processuale dei giudizi davanti agli organi del contenzioso delle acque pubbliche non può ritenersi del tutto soddisfacente, anche se non è esatta laffermazione contenuta nella relazione al disegno di legge, secondo cui nella materia di cui si tratta verrebbe applicato il c.p.c. del 1865, perché, secondo la giurisprudenza e la dottrina largamente prevalenti [3] il rinvio operato dallart. 202 del t.u. n. 1775 del 1933 al codice di procedura civile non deve intendersi come rinvio recettizio al c.p.c. del 1865, ma come rinvio formale al sistema processuale vigente. Lasciano indubbiamente insoddisfatti non solo lesclusione del doppio grado di giurisdizione nelle materie di cui allart. 143 del t.u. acque pubbliche o lincoerenza sistematica derivante dalla ricorribilità per cassazione ai sensi dellart. 111 Cost. avverso le sentenze del t.s.a.p., pronunciate nelle indicate materie (a fronte del ricorso per soli motivi di giurisdizione nei confronti delle decisioni del Consiglio di Stato), ma anche altri profili problematici, quale, per esempio, la disciplina della decorrenza del termine per impugnare le sentenze del t.r.a.p. e del t.s.a.p. dalla notifica del dispositivo ai sensi degli articoli 183 e 202 del t.u. e, in genere, alcune vistose differenze di disciplina (in tema di termini per la comparizione, di organi della notificazione, di poteri dimpulso) rispetto ai giudizi ordinari, giustificate da unesigenza di celerità che non è del tutto coerente con la notoria complessità e, quindi, con la durata, dei giudizi in materia di acque e che, pertanto, potrebbero ritenersi ingiustificate rispetto alla compressione delle esigenze difensive che da tali differenze derivano.. Non è invece condivisibile laffermazione della relazione al disegno di legge secondo la quale la revisione della disciplina del contenzioso delle acque sarebbe imposta dalla sesta disposizione transitoria della costituzione. La migliore dottrina [4], infatti, ha osservato che, poiché il t.s.a.p. in sede di giurisdizione amministrativa (per il quale soltanto si può porre il problema) si trova funzionalmente nella stessa posizione del consiglio di stato, lo stesso deve ricomprendersi tra gli organi di giustizia amministrativa mantenuti in vita dallart. 103 Cost. e quindi sottratti alla revisione prevista dalla citata disposizione transitoria. 4. Le esigenze di economicità e funzionalità indicate nella relazione al disegno di legge, come già rilevato, del tutto condivisibili, non impongono tuttavia la completa eliminazione del sistema del contenzioso delle acque pubbliche, ben potendo tali esigenze essere soddisfatte procedendo più semplicemente a interventi riformatori parziali, lasciando a una più approfondita meditazione la rivisitazione dellinterso sistema. E stata infatti da molte parti sottolineato che, seppure risalente nel tempo e certamente bisogna di alcuni interventi di adeguamento, la disciplina delle acque pubbliche, sia nella parte sostanziale che in quella relativa al contenzioso, anche grazie alla apprezzata giurisprudenza prodotta dai tribunali delle acque, ha raggiunto risultati positivi e apprezzati anche in ambito internazionale, costituendo un esempio di soddisfacente tutela dellinteresse pubblico sotteso al regime delle acque pubbliche. In particolare non è assolutamente superata e anzi è di grande attualità un modello di giurisdizione specializzata nella quale la presenza del componente tecnico, se non elimina il ricorso alle consulenze tecniche, opportuno anche per evidenti esigenze di tutela del contraddittorio nello svolgimento degli accertamenti, indubbiamente rende più sollecita e più consapevole la decisione in materie nelle quali, come si è già osservato, è costante lintreccio tra profili tecnici e profili giuridici. Infine, lintervento legislativo, nell abrogare il vigente sistema del contenzioso sulle acque ripropone un sistema di riparto della giurisdizione sulla base della natura delle situazioni giuridiche soggettive dedotte che, nellevoluzione normativa, appare recessivo rispetto al riparto per materie (sul quale è fondata la disciplina del contenzioso delle acque), anche per le note difficoltà applicative che si incontrano nellindividuazione in concreto della natura di tali situazioni, difficoltà che alimentano il contenzioso sulla giurisdizione che incide pesantemente sulla durata dei giudizi. A questo atteggiamento di prudenza che il Consiglio ritiene opportuno seguire, spinge proprio la valutazione dei risultati delle due commissioni di studio istituite nel 1966 (commissione Ferrati) e nel 1989 (commissione Palazzolo), citate nella relazione al disegno di legge. La commissione Ferrati, che ha presentato due diverse relazioni finali (e quindi distinti articolati), nel 1972 sul contenzioso e nel 1974 sulla disciplina sostanziale delle acque, pur prendendo le mosse dall esigenza di adeguamento della disciplina del contenzioso e di snellimento e a aggiornamento delle norme processuali, si è mossa con unimpostazione, per così dire, conservativa, avendo ritenuta comprovata la persistente attualità dellesigenza che la cognizione di ogni controversia nella particolare materia sia affidata ad un giudice specializzato, con la partecipazione ai collegi giudicanti di tecnici qualificati ed in secondo luogo . . . (dell) opportunità della riunione in un unico organo giurisdizionale, pur con differente articolazione dei suoi componenti, della duplice funzione di giudice ordinario e di giudice amministrativo. (relazione sul contenzioso pag. 4). E anche nella relazione finale del 1974 (pag. 1) la commissione ha ritenuto importante ribadire che la disciplina giuridica stabilita nel testo unico del 1933 fornisce uno strumento legislativo di già comprovata esperienza tanto nella prassi amministrativa quanto nellinterpretazione giurisprudenziale di circa mezzo secolo con la conseguenza che parso opportuno procedere alla riforma mantenendo quella intelaiatura che in buona sostanza ha retto all esperienza e si è dimostrata idonea allo scopo per il quale era stata allestita. In estrema sintesi, la commissione proponeva un sistema di giurisdizione, che costituiva la replica, a livello di giudice di primo grado, del modello del t.s.a.p. nel senso che diciotto tribunali regionali, presso altrettante corti dappello (composti dal presidente della corte, da un presidente di sezione, da due consiglieri dappello, da tre magistrati del t.a.r. e da due funzionari tecnici dellamministrazione dei lavori pubblici) avrebbero dovuto operare come sezione specializzata della corte dappello sulle controversie su diritti soggettivi e come giudice amministrativo per le controversie su interessi legittimi; nel primo caso il collegio sarebbe stato composto da due giudici ordinari e un membro tecnico, nel secondo da due giudici ordinari, due magistrati del t.a.r. e un membro tecnico. Lappello avrebbe dovuto proporsi al t.s.a.p., con sede in Roma e con un proprio ufficio di cancelleria, composto da un presidente effettivo e un presidente supplente (da scegliere tra i presidenti di sezione della corte di cassazione), quattro consiglieri di cassazione, quattro consiglieri di Stato e tre tecnici, membri effettivi del consiglio superiore dei lavori pubblici. Il collegio competente a giudicare sugli appelli avverso le sentenze dei t.r.a.p., come giudice ordinario, sarebbe stato composto da tre magistrati ordinari, un consigliere di stato e un tecnico, quello competente sugli appelli avverso le sentenze del t.r.a.p., come giudice amministrativo, avrebbe dovuto essere composto da tre magistrati ordinari, tre consiglieri di Stato e un tecnico. Il ricorso per cassazione contro le sentenze del giudice ordinario avrebbe dovuto ammettersi ai sensi dellad. 360 c.p.c., quello contro le sentenze del giudice amministrativo, ai sensi dellad. 362. Anche la commissione Palazzolo si è mossa in unottica di conservazione della struttura di un sistema del contenzioso delle acque speciale, separando i problemi della disciplina del contenzioso, da quella del diritto sostanziale. La scelta della commissione è stata quella di imboccare la strada del perseguimento del massimo di unità della giurisdizione possibile, preservando il carattere specialistico dellintervento giudiziario in materia di acque. A tal fine anzi si è proposto di ampliare la sfera della giurisdizione comprendendo anche le controversie sul risarcimento dei danni da lesione dellambiente idrico. Il progetto prevedeva la creazione di un t.r.a.p. presso ogni corte dappello, composto dal presidente della corte o da un presidente di sezione, quattro consiglieri dappello, due giudici del t.a.r., due laureati in ingegneria, nominati su proposta dei consigli giudiziari, sentite le facoltà universitarie di ingegneria e gli ordini professionali. Il t.r.a.p. avrebbe deciso con cinque votanti (tre magistrati ordinari, un magistrato amministrativo e un tecnico) sia in materia di diritti che di interessi legittimi. Lappello avverso le sentenze dei t.r.a.p. si sarebbe dovuto proporre davanti al t.s.a.p., avente sede presso la corte di cassazione, composto da un presidente, con funzioni identiche a quelle di un presidente aggiunto della corte, un presidente supplente, otto consiglieri della corte di cassazione, sei consiglieri di Stato, tre professori universitari, di prima o seconda fascia, in materia di ingegneria idraulica. Il collegio sarebbe stato composto da cinque giudici ordinari, tre consiglieri di Stato e un professore universitario. Il presidente avrebbe potuto essere collocato fuori del ruolo della code di cassazione a sua richiesta. 5. Tirando le fila del discorso il Consiglio ritiene che sia necessario e urgente colmare le lacune createsi a seguito degli interventi della Corte costituzionale sulla composizione del tribunali delle acque. E del pari urgente, in considerazione delle gravi e crescenti difficoltà operative della corte di cassazione, lintervento teso a eliminare la disfunzionalità rappresentata dalla previsione di un presidente del t.s.a.p. a tempo pieno e di un autonomo (e pletorico) ufficio di cancelleria per un organo che ha un carico di lavoro che non giustifica tali soluzioni ordinamentali. Leliminazione del posto di pianta organica di presidente del t.s.a.p., consentirebbe di prevedere un altro posto di presidente aggiunto, al quale potrebbero essere affidate le funzioni di presidente del t.s.a.p, mentre il riassorbimento di un cospicuo organico di personale amministrativo allevierebbe la cronica carenza di tali figure professionali. Alle esigenze di funzionamento del t.s.a.p. potrebbe provvedersi con la destinazione di personale ammnistrativo della corte, in misura adeguata alle effettive esigenze. Per quanto riguarda i componenti supplenti del t.s.a.p. è già stato presentato alla Camera dei deputati un progetto di legge da parte dellon. Pecorella (Atto Camera n. 2786) che propone di nominare un numero pari ai componenti titolari. Su tale proposta può convenirsi. Per quanto invece attiene ai componenti tecnici dei t.r.a.p., la soluzione più semplice appare quella proposta dalla commissione Palazzolo sopra illustrata (nomina di laureati in ingegneria su proposta dei consigli giudiziari sentiti gli ordini professionali e le facoltà universitarie). Un
più generale riassetto del sistema del contenzioso e delle norme procedurali potrebbe
essere oggetto di separate valutazioni sulle quali dovrebbero influire la considerazione
che la giurisdizione specializzata sulle acque ha costituito unesperienza largamente
positiva, apprezzata anche in sede internazionale, avendo offerto adeguata tutela agli
interessi pubblici coinvolti nella disciplina delle acque, che costituiscono ancora, e
anzi sempre di più, una risorsa essenziale per la vita civile e una componente
fondamentale dellecosistema."
[1] Il comma quattro dellart. 4 del disegno di legge, senza che dalla relazione emerga alcuna speciale giustificazione, prevede che avverso le sentenze del t.s.a.p. è ammesso ricorso per cassazione ai sensi dellart. 360 c.p.c., mentre secondo lorientamento giurisprudenziale pacificamente seguito attualmente è ammesso solo ricorso ai sensi dellart. 111 Cost. [2] I ricorsi iscritti dal 1992 ad oggi sono, rispettivamente, 149, 157, 184, 185, 191, 169, 196, 198, 199, 209 e, fino al 15 settembre u.s., 119. Negli stessi anni le sentenze pubblicate sono state: 128, 124, 72, 105, 93, 101, 123, 135, 144, 129, 115. Attualemnte pendono davanti al t.s.a.p. 552 ricorsi. [3] Cass. n. 15140/2001, 6093/1982, 5693/1981; CONTE, Tribunali delle acque, voce dellEnc. del dir., XLV, 58; VACIRCA, Tribunali delle acque pubbliche, voce dellEnc. giur. Treccani, 8; PRATIS C.M., Tribunale regionale delle acque pubbliche, voce del Nuov.mo Dig. It., Torino 1973, 714; SGROI V., Sistema processuale in materia di acque pubbliche e rinvio alle norme del codice di procedura civile, Giust. civ. 1973, I, 562 [4] PRATIS C.M., Tribunale superiore delle acque pubbliche, voce del Nuov.mo Dig. it., XIX, 722. |