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Lo Sciopero dei magistrati :  la grande guerra

Il 26 giugno non sciopererò: terrò regolarmente udienza.

Mi avvalgo, evidentemente, della  “libertà di coscienza”  che MI ha lasciato ai propri iscritti; libertà  che trovo francamente discutibile, in quanto qui non sono in discussione valori che attengono, appunto, alla coscienza individuale, ma questioni squisitamente “politiche”, su cui sarebbe stata opportuna una precisa  presa di posizione collettiva del gruppo in quanto tale, e  impegnativa per tutti gli aderenti (è quasi inutile dirlo: di opposizione allo sciopero).

Con molta franchezza – quella che caratterizza tutti gli aderenti ad MI - devo dire che trovo un po’ farisaica la scelta del nostro gruppo; mi ricorda il famigerato “Né aderire né sabotare” dei socialisti italiani all’epoca della Grande Guerra (e si sa come poi è andata a finire, anche per i socialisti).

Il richiamo alla Guerra del 15-18 mi suggerisce un ulteriore accostamento. E’ un dato storico acquisito che gli “interventisti” erano, fino alla vigilia della Guerra,  una minoranza, per quanto bellicosa. La grande maggioranza degli italiani non voleva quella avventura, che poi si sarebbe rivelata tragica oltre ogni misura. L’oppositore più prestigioso era Giovanni Giolitti , il politico che, con il suo nome, ha segnato una delle epoche più felici della storia d’Italia. Nel 1915 fu però  duramente – e vilmente – attaccato dagli interventisti per aver detto che, con le trattative e la diplomazia, l’Italia avrebbe potuto ottenere dagli avversari parecchio,  specie a fronte della prospettiva di una guerra durissima e incerta.

Giolitti aveva ragione: l’italia pagò a caro prezzo l’incerta  vittoria del 1918.

Bene. A me sembra – se il paragone non è troppo sproporzionato – che la parte della magistratura (certo, in apparenza maggioritaria) che vuole lo sciopero, e quindi lo scontro frontale con il governo, si comporta come gli interventisti del 1915.  Vedo la stessa retorica (senza il genio di D’Annunzio) , lo stesso superficiale e miope avventurismo (e, alle loro   spalle, mi sembra  di riconoscere occulti “poteri forti”) .

 Ed in prospettiva, francamente,  temo una Caporetto della magistratura italiana, senza nessun riscatto di Vittorio Veneto.

Sono contro lo sciopero non perché – in linea di principio – escludo che i magistrati possano ricorrere a tale mezzo estremo. Al contrario, credo che – come magistrati , e funzionari dello Stato – abbiamo accesso ad ogni mezzo di lotta sindacale, sciopero compreso.

Neanche – sia ben chiaro – ho alcuna simpatia per la politica giudiziaria dell’attuale governo e della maggioranza che lo sorregge: con la precisazione che  i governi del centrosinistra non si sono certo comportati meglio.

La questione è che– come la presidenza Patrono stava dimostrando – si poteva ottenere parecchio    trattando con il  governo.  Invece il muro contro muro, voluto dalla ANM, è un regalo per le forze politiche (anche di opposizione) che non vogliono saperne  di accordi ragionevoli con i magistrati.

Gli articoli  sui giornali, anche i più seri, confermano pienamente l’isolamento cui la magistratura si sta condannando. E – sinceramente – neanche a me piace questa immagine dei magistrati, accreditata dagli “scioperanti”, come vestali di ogni legalità, contrapposti al lordume rappresentato da  tutti quanti non hanno la ventura di indossare la nostra toga.

Di più: questo sciopero ha  un inaccettabile sapore politico, di - inammissibile -contrapposizione della Magistratura ad un   governo che, piaccia o no, è  espressione della legittima volontà popolare.

In altri termini si ha almeno  l’impressione – e in queste cose l’apparenza è fondamentale – che un potere dello Stato si comporti come soggetto politico, come l’opposizione o un sindacato.

Ulteriore conferma di ciò sta nel fatto che i sostenitori dello sciopero hanno sdegnosamente rifiutato di inserire nelle rivendicazioni le questioni economiche – pur fondamentali (e rispetto alle quali i diritti dei magistrati hanno subito violazioni gravissime): quasi che tali profili sindacali rischino di mettere in ombra quelli più squisitamente politici.

Mi sembra in definitiva che stiamo per cadere nella trappola tesa dai nemici della magistratura (che sono anche interni…): rischiamo ripercussioni gravissime, che si rifletteranno negativamente , in ultima analisi, sullo stessa assetto democratico dello Stato.

Voglio dire che , finito il dialogo, i politici si riterranno liberi   di fare ciò che vogliono.

Insomma c’è chi gioca, nella magistratura, per il Re di Prussia: in realtà dietro i facili slogan che – in quanto tali – tutti condividiamo (indipendenza, legalità…) si nascondono obiettivi occulti e ben meno nobili, che poco hanno a che vedere con l’organizzazione giudiziaria.

Appunto: si va verso Caporetto. MI sia consentito almeno di sottrarmi a questa cupio dissolvi, pur se ne sarò a mia volta coinvolto, involontariamente.

Marx ha scritto che la storia si manifesta come tragedia e si ripete come farsa: nel nostro caso ho l’impressione che a ridere saranno altri….

Geremia Casaburi