documenti

Associazione nazionale forense
(Documento approvato dal Direttivo nazionale – Firenze, 8 e 9 giugno 2002)

Il Direttivo nazionale Anf, riunito in Firenze nei giorni 8 e 9 giugno 2002,
- preso atto delle proposte governative in tema di riforma dell’Ordinamento giudiziario e del dibattito che alle stesse è seguito tra gli operatori del settore giustizia;
- richiamato il proprio precedente deliberato del 21 aprile 2002, approvato e fatto proprio dal Consiglio nazionale dell’11/12 maggio 2002;
- preso atto altresì delle manifestazioni di protesta indette, sia pure con distinte motivazioni, dall’Associazione nazionale magistrati per il giorno 20 giugno prossimo e dall’Unione camere penali per i giorni 17 e 18 giugno prossimo;

Rileva

- anche a fronte della proposta di modifica del disegno di legge sull’Ordinamento giudiziario inoltrata dal ministro Castelli all’Anm il 23 maggio 2002, permangono le perplessità già evidenziate nel documento approvato dal Cn dell’Anf dell’11 e 12 maggio, in particolare per quanto attiene il permanere dell’incertezza sull’incremento delle risorse umane e materiali da destinare all’organizzazione della giustizia e specificamente sull’organico della magistratura, sullo status e i limiti della magistratura onoraria;
- appare inoltre non sufficientemente chiaro come l’auspicata innovazione dei criteri di valorizzazione delle qualità specifiche dimostrate da ciascun magistrato ai fini della sua progressione di carriera possa avvenire in modo da lasciare intatta la sua autonomia in ogni momento di scelta rilevante per la attività del giudicare;
- ciò premesso è da sottolineare come le modifiche suggerite dal Governo presentino carattere migliorativo del testo del disegno di legge precedente;
- è da lamentare, tuttavia, come il dibattito sulla riforma dell’Ordinamento giudiziario abbia assunto sempre più i caratteri di una trattativa sindacale tra Ministero e Organizzazione rappresentativa dei magistrati di carriera, svilendo in tal modo il significato di un intervento che ha essenzialmente le funzioni di far conquistare all’Italia uno standard accettabile di rispetto dei diritti civili nel settore della Giustizia, della cui attuale inadeguatezza sono testimonianza sia le censure sollevate nelle sedi internazionali, prima tra tutte la Corte Europea dei diritti all’uomo, contro la giustizia amministrata in Italia, sia lo sconforto quotidiano dei cittadini che sono costretti ad entrare in contatto con un procedimento giudiziario;
- pur volendosi confermare il valore fondamentale ed incondizionato della autonomia e della indipendenza dei magistrati, come presupposto irrinunciabile tanto della giustizia in sé, come sicuramente anche della funzione di difesa, affinché questa sia posta in condizione di esprimere tutto il suo significato e di pretendere ed ottenere il riconoscimento dei diritti affidati alla sua tutela, non può non censurarsi l’adozione di un metodo di discussione che sta assumendo connotati, quanto al Governo, di rivendicazione del puro potere di decidere, e, quanto ai magistrati, di affermazione, che trova conforto nella storia dei tentativi di riforma mai decollati, di essere essi i soli a poter esprimere il definitivo consenso sulle trasformazioni da operarsi nel settore giustizia.
L’Associazione nazionale forense pertanto

riafferma

la propria convinzione che una corretta riforma dell’ordinamento giudiziario sia il primo presupposto per una giustizia in grado di assolvere alla sua funzione di strumento di realizzazione delle regole di una società, ed in tale ottica sottolinea che ogni aspetto di questa riforma è di primario interesse per tutte le componenti della società stessa e più significativamente per quelle che operano nella giustizia.
È chiaro, pertanto, che l’attivazione del dialogo solo tra chi si ritiene potere forte, anziché tra tutti coloro che partecipano alla giurisdizione e sono voce civilmente interessata perché competente, è un metodo politicamente errato.
E va ribadito con forza che tutti gli aspetti del sistema che si definisce come Ordinamento giudiziario, dall’accesso alla funzione di Magistrato, al passaggio da una funzione all’altra, alla formazione iniziale e permanente dei magistrati, al riconoscimento dei meriti e delle capacità degli stessi ai fini della progressione della carriera, così come gli aspetti più meramente organizzativi e logistici, quali la distribuzione degli uffici e la creazione degli organi di valutazione della funzionalità degli stessi, sono di interesse e di competenza di tutti gli operatori della giustizia.
Allo stesso modo sarebbe metodo incompleto ed irrispettoso del dovere di confronto che è necessario attivare tra il Governo e tutte le componenti che operano nel mondo della giustizia, che il Governo medesimo rimettesse il disegno di legge immediatamente alla decisione del parlamento, come sembra suggerire l’Ucpi, senza che le voci interessate abbiano avuto la possibilità di fornire il loro contributo di idee e di proposta.
Per ottenere il richiamo al rispetto del valore civile e politico del confronto non sembra persuasivo neppure il ricorso incrociato a scioperi ed astensioni, che confermerebbero la volontà di permanere in una logica vertenzialista e rivendicativa.
Una riforma destinata a segnare per un significativo spazio temporale futuro la vita del sistema della giustizia non può realizzarsi «strattonando e tirando per la maglia» il Governo, nella logica di affermare come la più giusta posizione quella dimostratasi tatticamente più efficace, ma attraverso il riconoscimento sostanziale e democratico della dignità e del ruolo delle componenti della funzione giurisdizionale nella quale l’avvocato è essenziale al pari del magistrato.
- L’Avvocatura infatti, nel sistema giuridico italiano quale risultante dai principi enunciati nella costituzione repubblicana, esplica funzioni imprescindibili per l’esercizio del potere giudiziario. Tali funzioni le attribuiscono gravosi doveri di capacità professionale e di integrità morale, ma le attribuiscono anche il diritto di proporsi come soggetto politico, legittimato ad interloquire con i poteri dello stato e con tutti i protagonisti della vita politica e sociale. E ciò allo scopo di ottimizzare l’esercizio del potere giudiziario, di garantire al meglio la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, e di salvaguardare l’interesse pubblico a un’Avvocatura affidabile e – al pari della Magistratura - libera e non condizionata da alcun potere politico o economico.
L’Associazione nazionale forense quindi, nel richiamare anche le dichiarazioni sul tema rilasciate in più occasioni dal Presidente della Repubblica,

auspica

- che alle manifestazioni di sciopero attualmente annunciate e confermate da parte dell’Anm e dell’ Ucpi vogliano sostituirsi iniziative di segno diverso, le quali, anziché apparire quali atti di contrapposizione fra poteri dello Stato o tra soggetti della giurisdizione assumano il rilievo doveroso di adempimento da parte della Avvocatura e della Magistratura del dovere di informazione verso i cittadini su temi di difficile comprensione per il loro contenuto tecnico ed al tempo stesso di importanza vitale per il funzionamento della vita democratica;
- che alla contrapposizione si sostituisca l’affermazione decisa, da parte di tutti, della volontà di concentrare ogni attività ed ogni propositivo sforzo per collaborare, nel percorso democratico e dialettico che non può non caratterizzare ogni stagione di rilevanti riforme, quale quella attuale, alla concreta soluzione delle questioni sul tappeto e ad un effettivo miglioramento del servizio Giustizia, nell’interesse del cittadino utente.
In tale ottica l’Associazione nazionale forense, in conformità ai precedenti deliberati e documenti,

Chiede

- che il Governo si faccia promotore nei tempi più solleciti di una Conferenza nazionale sui temi della Giustizia, da lungo tempo richiesta dall’Avvocatura e sulla quale si sono sin qui registrati significativi consensi, preceduta da un serio ed adeguato lavoro preparatorio nelle diverse sedi giudiziarie, che veda il coinvolgimento effettivo di tutte le componenti - Avvocatura, Magistratura, Sapere accademico, personale e dirigenti degli uffici giudiziari – così da far emergere con la dignità propria dei valori gli obiettivi indilazionabili che vanno realizzati anche con la riforma dell’Ordinamento giudiziario.