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IL MINISTRO CASTELLI E IL 41 BIS

Si legge in Diritto e Giustizia ed. telematica del 9 novembre 2002 che il Ministro della Giustizia Castelli ha escluso che sul testo dell’art. 41 bis vi siano ancora problemi all’interno della maggioranza, ammesso che ve ne siano mai stati.

Egli ha aggiunto che il il governo è disposto ad accogliere interventi per una umanizzazione del carcere duro – come richiesto all’inizio della discussione del provvedimento dal relatore Luigi Vitali (Fi), purchè non si pregiudichi l’efficacia del carcere duro come strumento per la lotta alla criminalità organizzata

Stando all’articolo l’esecutivo sarebbe disposto ad apportare modifiche al testo proveniente dal Senato, ma su alcuni punti non ci sarà alcun margine di manovra. L’atto rimarrà ad esempio amministrativo e di competenza del ministro, non vi sarà alcuna giurisdizionalizzazione dell’istituto con un eventuale passaggio di consegne al tribunale di sorveglianza. Potrà essere effettuata una rivisitazione dei reati interessati dal regime di massima carcerazione, purchè esso «continui ad applicarsi per i reati di mafia e di terrorismo.

Già su questo punto non si può convenire in quanto la “rivisitazione dei reati” alla quale si riferisce il Ministro non può non significare un pericoloso affievolimento della lotta al crimine organizzato. E’ nota, sul punto, l’opposizione di grosse parti dell’avvocature e, segnatamente, delle camere penali al mantenimento della disciplina prevista dall’art. 41 bis per cui tale affermazione del Ministro non può non preoccupare.

Ma il peggio è dietro l’angolo in quanto nello stesso contesto il Ministro ha precisato che se il 41bis tornasse alla durata limitata per la sola legislatura non sarebbe un passo indietro in quanto l’importante – ha continuato Castelli – è dare alla criminalità organizzata il messaggio chiaro che il governo non intende fare sconti a nessuno.

A questo punto temo di non capire in quanto se si limita l’ambito di operatività di una norma per di più anche sotto il profilo temporale è chiaro che, piaccia o no, lo sconto per usare l’espressione del Ministro della Giustizia lo si fa. L’italiano al pari della matematica non è un’opinione.

Precisare poi che non si intende smontare un meccanismo che funziona e che si è dimostrato efficacissimo nella lotta alla criminalità organizzata, senza il quale avremmo una risposta devastante rispetto all’opinione pubblica nel contrasto alla mafia, che oggi sta diventando sempre più pericolosa serve a ben poco nel momento e nella misura in cui questo strumento verrà utilizzato in un minor numero di casi e in un arco temporale limitato. Né è dato comprendere il perché uno strumento che si è dimostrato efficace debba poi subire così drastiche limitazioni specie se si considera che ormai siamo vicini alla metà della legislatura. Pensare che di qui ad un paio d’anni possa non esservi la necessità di applicare l’art. 41 bis significa pensare che con mafia e simili, piaccia o no, occorre convivere.

Se la ratio del provvedimento, secondo il Ministro Castelli, è interrompere i contatti tra il detenuto e il mondo esterno, sul che non si può che convenire, il testo licenziato dal Senato non può che essere mantenuto nella sua integrità.

Se attualmente – ha aggiunto Castelli - il regime di carcere duro è applicato dal Dap nel massimo rispetto dei diritti del detenuto, evitando forme di carattere vessatorio, in modo restrittivo e solo nei casi assolutamente necessari non si vede davvero il motivo di cambiare. Dire allora che su questo argomento c’è un consenso che va al di là della maggioranza e che l’importante è trovare un punto comune, bisogna convergere su un testo da votare, mi sembra che siamo avviati su questa strada equivale a dire che certe sollecitazioni sono state accolte o, al più, che esse stanno per esserlo.

o.d.g.