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MAGISTRATURA    INDIPENDENTE

elezioni per il consiglio superiore della magistratura, 30 giugno – 1° luglio 2002

La proposta di Magistratura Indipendente

In un momento di grande delicatezza della stagione delle riforme istituzionali, Magistratura Indipendente propone il proprio impegno nella tutela dei valori costituzionali della giurisdizione respingendo con convinzione la logica del “bipolarismo” così in campo associativo come nel dibattito in corso nel Paese sui temi della giustizia.

Il rifiuto di ogni forma di collateralismo, che ha sempre ispirato l’azione di M.I., trova nell’attuale quadro politico occasione di nitida dimostrazione, con la nostra denuncia dell’inadeguatezza delle iniziative governative e di maggioranza in materia di giustizia (per il d.d.l. sull’ordinamento giudiziario che, nonostante le modifiche apportate, non risponde alle esigenze dell’assetto costituzionale della giurisdizione; per i progetti in materia processuale, non ispirati alla necessaria logica della razionalizzazione dei tempi dei processi, ed anzi in controtendenza rispetto ad essa; per la grave delegittimazione dell’operato della magistratura): una denuncia ferma ed inequivoca, al pari di quella a suo tempo rivolta da M.I. all’azione delle maggioranze di centro-sinistra, che – a loro volta inadeguate ai delicatissimi compiti istituzionali connessi alla giustizia – hanno posto le basi per la crisi che oggi la giurisdizione attraversa.

Su questa linea si esprime – nel momento del rinnovo del Consiglio superiore della magistratura – la convinzione che, se dovessero prevalere le spinte ed i concreti comportamenti volti a “schierare” la magistratura sull’uno o sull’altro versante politico, la partita di fondo sarebbe irrimediabilmente persa: una Istituzione che “entra” comunque nel gioco politico-partitico non può non subire un notevole ridimensionamento del proprio ruolo e non può non essere esposta ed in definitiva accettare le ondivaghe pulsioni del potere politico.

Da ciò anche la necessità di una linea d’azione ben chiara, a fronte della nuova legge elettorale per il CSM. Al di là del ridimensionamento delle potenzialità operative dell’organo, menomato nella sua composizione numerica, ed al di là dell’accentuata casualità dei risultati (che discende da un sistema nel quale il principale pericolo è la dispersione dei voti), la nuova legge elettorale si caratterizza da un duplice punto di vista: per un verso, fa emergere il rischio che i candidati – privi di punti di aggregazione culturali (quali erano le tradizionali liste) – possano ricercare una “visibilità” tendendo a schierarsi secondo parametri che alla fine ripropongono quel “bipolarismo” affine alle dinamiche del mondo politico; per altro verso, la legge tende a scardinare i tradizionali apparati elettorali: e se in ciò può intravedersi un profilo positivo (per la nostra speranza di un profondo ripensamento della propria ragion d’essere da parte di tutte le “correnti”, che possa far perdere loro quelle connotazioni corporative che incidono negativamente sulla fisiologia dell’attività consiliare), è però evidente il pericolo che più o meno visibili “cordate” elettorali si sostituiscano, addirittura peggiorando la situazione, a quegli apparati.

Ne risulta l’esigenza di valorizzare le proposte culturali e ideali con le quali si affronta la competizione elettorale. Queste le opzioni che accomunano i candidati aderenti a Magistratura Indipendente.

In coerenza col doveroso approccio oggettivo ai problemi, va anzitutto riconosciuta l’assoluta inadeguatezza della risposta di giustizia che il sistema oggi fornisce alle aspettative dei cittadini. Linee d’azione prioritarie sono, di conseguenza:

- l’impegno per il recupero dell’efficienza nel funzionamento della giustizia, con ricerca di una maggiore produttività che, peraltro, non svilisca la funzione giurisdizionale in una prospettiva aziendalistica, di mero efficientismo. Quindi: misurazione della laboriosità, ricerca di modelli organizzativi diversi da quelli tradizionali, attenzione al rapporto costi-benefici sul versante organizzativo, formazione professionale dei dirigenti degli uffici ed accentuazione dei loro poteri organizzativi, correlata ad una reale responsabilità di gestione, abbandono dell’accentramento burocratico ottocentesco in favore di una maggiore flessibilità organizzativa;

- la formazione professionale continua del magistrato, organizzata con garanzie di pluralismo e di non condizionamento che si connettono al governo autonomo della magistratura, e funzionale non soltanto alla necessaria specializzazione, ma anche a garantire l’affinamento di quelle doti culturali, di carattere e di comportamento e di quelle sensibilità di fondo che costituiscono la base indispensabile per un giudice imparziale;

- l’impegno per la tutela dell’indipendenza della magistratura, quale valore funzionale all’imparzialità del giudizio e, quindi, all’affermazione concreta del principio costituzionale di eguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge.

La consapevole responsabilità della funzione non va disgiunta dalla legittima pretesa di un adeguato trattamento economico. Magistratura Indipendente intende rimarcare la propria distanza da tutti gli altri gruppi associativi, accomunati dal rifiuto di una reale trattativa sulla perequazione del trattamento economico, oggi falsamente rappresentata come mercimonio dell’indipendenza della magistratura, mentre fino a ieri era stata sempre prospettata come coessenziale all’effettiva realizzazione dell’indipendenza medesima.

D’altro lato, alla strumentalizzazione della magistratura quale detonatore e capro espiatorio delle contraddizioni esistenti sulla scena politica, M.I. intende reagire richiamando i magistrati al proprio ruolo e al peso, politico e civile, che il corretto assolvimento delle proprie funzioni è in grado di esercitare a tutela dei diritti costituzionali dei cittadini: compito dei magistrati è, nel riserbo, l’affermazione per sentenza dei diritti, la conduzione legalitaria delle indagini, l’intelligente ed evolutiva interpretazione delle leggi, e non invece la sottoscrizione dei programmi elettorali dei partiti, la partecipazione alle loro manifestazioni propagandistiche od ai “girotondi”, l’esternazione delle proprie opinioni politiche. Questi ultimi sono, infatti, comportamenti contrari allo spirito della Costituzione e al nostro Codice deontologico.

Sempre più spesso i giornali ci definiscono “moderati”. Possiamo accettare questa semplificazione. Sia però chiaro: il nostro moderatismo non nasce dal relativismo, dall’indifferenza, non si può essere “moderatamente” contrari alla illegalità. Ed ancor meno il nostro moderatismo è espressione di collateralismo con partiti e uomini politici che si qualificano “moderati”, e che sovente sui problemi della giustizia non assumono certo atteggiamenti moderati, né conformi ai valori propri di una società liberale.

Siamo profondamente convinti che la civiltà giuridica si sostanzia in un complesso articolato di valori, che possono in taluni momenti apparire in conflitto fra di loro; la giurisdizione è il luogo ove magistrati indipendenti ed imparziali danno concreta attuazione al contemperamento ed alla integrazione di valori e interessi diversi, compiuti dal legislatore, accertando i fatti in conformità alle norme processuali e valutandoli secondo legge.

Perciò il moderatismo che ci è proprio deriva dall’adesione profonda ai valori della Istituzione cui apparteniamo, che si caratterizza per la sua apoliticità, cioè per la capacità di collocarsi in posizione terza rispetto alle polemiche proprie dei partiti che legittimamente si propongono alla guida politica del Paese.

L’esigenza di apparire – oltre che essere – terzo ed imparziale, impone al magistrato di esprimere le sue convinzioni in forme equilibrate e pacate, nel rispetto di coloro con cui entra in dialogo, e se necessario in polemica. Dobbiamo anche con i nostri atteggiamenti esterni meritare la fiducia dei cittadini, di tutti i cittadini a qualunque partito diano il voto, e non ricercare il consenso da tifoseria. Perciò abbiamo il dovere di dialogare con tutti coloro che al dialogo siano disposti; di confrontarci con il Governo senza debolezze e senza preconcetti; così come ha fatto la Giunta dell’A.N.M. nella breve, ma incisiva e costruttiva, presidenza di Antonio Patrono.

La consapevolezza della impossibilità di tracciare linee di confine marcate e nette collocando tutto il male da un lato e tutto il bene dall’altro non ci esime dal dovere di esprimere il nostro giudizio sui fatti cui abbiamo assistito. E siamo convinti che la magistratura nel suo insieme, in particolare in quel complesso di attività che hanno dato luogo ai processi sulla criminalità organizzata o che vengono etichettate sotto l’impropria denominazione di “mani pulite”, ha svolto un ruolo altamente positivo per la nazione italiana: ha posto in essere un tentativo di ricondurre il nostro sistema sociale sotto la legge, e quindi di renderlo capace di affrontare la sfida della modernità in un mercato globale ed in un’Europa unita.

La consapevolezza di aver adempiuto al nostro ruolo in forme complessivamente positive, ci legittima ancora a sottoporre a critiche il sistema processuale penale italiano che sempre più appare fondato sulla sistematica sfiducia nei confronti dei magistrati.

Il nostro “moderatismo” ci consente però anche di riconoscere i pericoli insiti in una visione del giudiziario che ponga al suo centro esclusivamente i risultati delle indagini preliminari (anziché quelli dell’istruttoria dibattimentale in contraddittorio), svilendo infine la sentenza.

Occorre una valorizzazione del potere e del ruolo del giudice, in ogni suo aspetto, penale e civile; occorre creare strumenti operativi perché il giudizio civile e penale sia efficace, rapido ed effettivo.  Troppo spesso i confini fra giurisdizione civile e giurisdizione amministrativa sono stati tracciati declassando la giurisdizione ordinaria a “giurisdizione pattumiera”, su cui scaricare il lavoro più faticoso, più ripetitivo e di minor importanza.  L’espansione delle c.d. Autorità indipendenti appare rivolta nella medesima direzione.

Assistiamo cioè ad un processo progressivo di “marginalizzazione” del magistrato ordinario. Aspetti non meno importanti di questa tendenza sono l’assenza di mezzi e strumenti che sorreggano ogni aspetto della giurisdizione, ed un declassamento retributivo che rischia di trasformare la professione di magistrato ordinario in un mestiere residuale appetibile solo per pochi anacoreti e per molti incapaci di trovarsi una attività più appagante.

Questa rivendicazione senza iattanze di una funzione ragionevolmente svolta ci legittima alla difesa dell’attuale sistema fondato sull’effettiva indipendenza della magistratura e sull’appartenenza del pubblico ministero all’ordine giudiziario, in quanto tale sistema ha reso possibile l’esplicazione del necessario controllo di legalità. E ci legittima a proporre riforme che tendono a rendere più responsabile ed incisivo il governo autonomo, respingendo nel contempo le pretese di istituire forme di eterogoverno della magistratura. E’ il CSM a dover essere posto in grado di meglio individuare le cadute di professionalità, sia che esse assumano la forma della pigrizia, sia che si concretino in atti di protagonismo od in violazioni del rispetto dovuto al cittadino che entri in rapporto con l’apparato giudiziario; un CSM che peraltro concepiamo come sempre più attento anche a rispettare, nella sua azione, l’autonomia dei singoli magistrati e le loro propensioni culturali in ambito extra-giudiziario, ad assicurare trasparenza nell’assegnazione di sedi e funzioni, e ad evitare che strumentali attacchi all’operato giudiziario del magistrato (come avviene con le migliaia di esposti all’anno che pervengono al Consiglio) possano con logica burocratica trasformarsi in fattori negativi, di ritardo e d’ingiustizia, per la progressione in carriera.

 

Nella condivisione di queste considerazioni e di questo programma sta la ragione del consenso da esprimere, nelle prossime elezioni per il rinnovo del CSM, a favore dei candidati indicati da Magistratura Indipendente: Sergio Gallo, Francesco Lo Voi, Giovanni Mammone, Simonetta Sotgiu.

 

 

Il Segretario Generale                                         Il Presidente

      Fausto Zuccarelli                                               Antonello Mura