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XIV LEGISLATURA

 

PROGETTO DI LEGGE - N. 2668

 


 

PROPOSTA DI LEGGE

 

Art. 1.


        1. L'articolo 4 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

        "Art. 4 - (Composizione della sezione disciplinare). - 1. La cognizione dei procedimenti disciplinari a carico dei magistrati è attribuita ad una sezione disciplinare, composta da cinque componenti effettivi e da tre supplenti tra i componenti eletti dal Parlamento e presieduta dal vicepresidente.
            2. Nell'ipotesi in cui il Presidente della Repubblica assuma la presidenza della sezione disciplinare, resta escluso il vicepresidente.
            3. Le funzioni di pubblico ministero presso la sezione disciplinare sono esercitate dal procuratore generale presso la Corte di cassazione".

Art. 2.


        1. I titoli I e II dell'ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, sono sostituiti dai seguenti:

"TITOLO I

 

DISPOSIZIONI GENERALI

 

Capo I

 

DEGLI ORGANI GIUDIZIARI


        Art. 1. (Dei giudici).- 1. La giustizia, nelle materie civile e penale, è amministrata:

            a) dal giudice di pace;

            b) dal giudice;
            c) dal tribunale;

            d) dalla corte di appello;

            e) dalla corte di cassazione;

            f) dal giudice collegiale per i minorenni;

            g) dal magistrato di sorveglianza;

            h) dal giudice collegiale di sorveglianza.

            2. Sono regolate da leggi speciali le giurisdizioni amministrative ed ogni altra giurisdizione speciale nonché le giurisdizioni per i reati militari.

        Art. 2. (Del pubblico ministero). - 1. Presso la Corte di cassazione, le corti di appello, i tribunali, i giudici monocratici, ed i giudici collegiali per i minorenni è costituito l'ufficio del pubblico ministero.

        Art. 3. (Cancellerie e segreterie giudiziarie. Ufficiali ed uscieri giudiziari). - 1. Ogni corte, tribunale ed ufficio del giudice di pace ha una cancelleria ed ogni ufficio del pubblico ministero ha una segreteria. L'ufficio di cancelleria o di segreteria può essere costituito anche presso le sezioni distaccate di cui alla tabella B annessa al presente ordinamento.
            2. Alle corti, ai tribunali ed ai giudici sono addetti ufficiali giudiziari, aiutanti ufficiali giudiziari e coadiutori degli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti. Tale personale può essere addetto anche alle sezioni distaccate di cui alla tabella B annessa al presente ordinamento. Negli uffici del giudice di pace le funzioni di ufficiale giudiziario sono esercitate dai messi di conciliazione, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo luogotenenziale 1^ febbraio 1946, n. 122, e successive modificazioni.
            3. Il personale e gli uffici delle cancellerie e segreterie giudiziarie, gli ufficiali giudiziari e gli uscieri giudiziari sono regolati da leggi particolari.
        Art. 4. (Ordine giudiziario). 1. L'ordine giudiziario è costituito dagli uditori, dai giudici degli organi collegiali o monocratici e delle corti e dai pubblici ministeri.
            2. Appartengono all'ordine giudiziario come magistrati onorari i giudici di pace, i giudici onorari, i vice procuratori, gli esperti del giudice collegiale e della sezione di corte di appello per i minorenni ed, inoltre, i giudici popolari della corte di assise nell'esercizio delle loro funzioni giudiziarie.
            3. Il personale delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie fa parte dell'ordine giudiziario.
            4. Gli ufficiali giudiziari sono ausiliari dell'ordine giudiziario.

        Art. 5. (Organici e sedi giudiziarie). - 1. Il numero, le sedi, le circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari indicati nel comma 1 dell'articolo 1 ed il ruolo organico della magistratura sono determinati dalle tabelle allegate al presente ordinamento, fatta eccezione per i giudici di pace.

        Art. 6. (Provvedimenti del pubblico ministero). - 1. Qualsiasi provvedimento di attuazione delle disposizioni di cui al presente ordinamento, relative alla costituzione di sezioni ed alla ripartizione dei giudici e dei pubblici ministeri tra i diversi uffici della stessa sede, nonché i provvedimenti relativi alle applicazioni, alle sostituzioni ed alle supplenze di giudici e pubblici ministeri, sono emanati con decreto del Ministro della giustizia, salvo che non sia diversamente stabilito.

        Art. 7. (Tabelle degli uffici giudicanti). - 1. La ripartizione degli uffici giudiziari di cui all'articolo 1 in sezioni, la destinazione dei singoli magistrati alle sezioni e alle corti di assise, l'assegnazione alle sezioni dei presidenti, la designazione dei magistrati che hanno la direzione di sezioni a norma dell'articolo 36, comma 2, l'attribuzione degli incarichi di cui agli articoli 37 e 39, comma 2, il conferimento delle specifiche attribuzioni processuali individuate dalla legge e la formazione dei collegi giudicanti sono stabiliti ogni biennio con decreto del Ministro della giustizia in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura assunte sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. Decorso il biennio, l'efficacia del decreto è prorogata fino a che non sopravvenga un altro decreto.
            2. Le deliberazioni di cui al comma 1 sono adottate dal Consiglio superiore della magistratura, valutate le eventuali osservazioni formulate dal Ministro della giustizia ai sensi dell'articolo 11, comma 2, della legge 24 marzo 1958, n. 195, e possono essere variate nel corso del biennio per sopravvenute esigenze degli uffici giudiziari, sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. I provvedimenti in via di urgenza, concernenti le tabelle, adottati dai dirigenti degli uffici sulla assegnazione dei magistrati, sono immediatamente esecutivi, salva la deliberazione del Consiglio superiore della magistratura per la relativa variazione tabellare.
            3. Per quanto riguarda la Corte suprema di cassazione il Consiglio superiore della magistratura delibera sulla proposta del primo presidente della stessa Corte. Al fine di assicurare un più adeguato funzionamento degli uffici giudiziari sono istituite le tabelle infradistrettuali degli uffici requirenti e giudicanti che ricomprendono tutti i magistrati, ad eccezione dei capi degli uffici.
            4. Il Consiglio superiore della magistratura individua gli uffici giudiziari che rientrano nella medesima tabella infradistrettuale e ne dà immediata comunicazione al Ministro della giustizia per l'emanazione del relativo decreto.
            5. L'individuazione delle sedi da ricomprendere nella medesima tabella infradistrettuale è operata sulla base dei seguenti criteri:

            a) l'organico complessivo degli uffici ricompresi non deve essere inferiore alle quindici unità per gli uffici giudicanti;
            b) le tabelle infradistrettuali dovranno essere formate privilegiando l'accorpamento tra loro degli uffici con organico fino ad otto unità se giudicanti e fino a quattro unità se requirenti;

            c) nelle esigenze di funzionalità degli uffici si deve tener conto delle cause di incompatibilità funzionali dei magistrati;

            d) si deve tener conto delle caratteristiche geomorfologiche dei luoghi e dei collegamenti viari, in modo da determinare il minor onere per l'erario.

            6. I giudici e i pubblici ministeri possono essere assegnati anche a più uffici aventi la medesima attribuzione o competenza, ma la sede di servizio principale, ad ogni effetto giuridico ed economico, è l'ufficio del cui organico gli stessi fanno parte. La supplenza infradistrettuale non opera per le assenze o impedimenti di durata inferiore a sette giorni.
            7. Per la formazione ed approvazione delle tabelle di cui al comma 4, si osservano le procedure previste dal comma 2.

        Art. 8. (Criteri per l'assegnazione degli affari e la sostituzione dei giudici impediti). - 1. L'assegnazione degli affari alle singole sezioni ed ai singoli collegi e giudici è effettuata secondo criteri obiettivi e predeterminati che consentono di stabilire sin dal momento della iscrizione della notizia di reato nell'apposito registro, quali saranno i giudici assegnatari del fascicolo nel corso del procedimento. Tali criteri sono indicati in via generale dal Consiglio superiore della magistratura ed approvati contestualmente alle tabelle degli uffici e con la medesima procedura. Nel determinare i criteri per l'assegnazione degli affari penali al giudice per le indagini preliminari, il Consiglio superiore della magistratura stabilisce la concentrazione, ove possibile, in capo allo stesso giudice dei provvedimenti relativi al medesimo procedimento e la designazione di un giudice diverso per lo svolgimento delle funzioni di giudice dell'udienza preliminare. Qualora il dirigente dell'ufficio o il presidente della sezione revochino la precedente assegnazione ad una sezione o ad un collegio o ad un giudice, copia del relativo provvedimento motivato viene comunicata al presidente della sezione e al magistrato interessato.
            2. Il Consiglio superiore della magistratura stabilisce altresì i criteri per la sostituzione del giudice astenuto, ricusato o impedito.
            3. Il Consiglio superiore della magistratura determina i criteri generali per l'organizzazione degli uffici del pubblico ministero e per l'eventuale ripartizione di essi in gruppi di lavoro.

        Art. 9. (Potestà di polizia dei giudici). - 1. Ogni giudice, nell'esercizio delle sue funzioni, può richiedere, quando occorre, l'intervento della forza pubblica e può prescrivere tutto ciò che è necessario per il sicuro e ordinato compimento degli atti ai quali procede.

        Art. 10. (Potestà dei pubblici ministeri di richiedere la forza pubblica). - 1. I pubblici ministeri hanno, nell'esercizio delle loro funzioni, il diritto di richiedere direttamente l'intervento della forza pubblica.

Capo II

 

DELLE INCOMPATIBILITA'


        Art. 11. (Incompatibilità di funzioni). - 1. I giudici e i pubblici ministeri non possono assumere impieghi od uffici pubblici o privati, ad eccezione di quelli di amministratore gratuito di istituzioni pubbliche di beneficenza. Non possono esercitare industrie o commerci, né qualsiasi libera professione.
            2. Salvo quanto disposto dal primo comma dell'articolo 61 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, non possono, inoltre, accettare incarichi di qualsiasi specie né possono assumere le funzioni di arbitro.
        Art. 12. (Incompatibilità speciali per i primi presidenti, i presidenti aggiunti della corte di cassazione, i presidenti delle corti di appello e i procuratori generali della Repubblica). - 1. I primi presidenti, i presidenti aggiunti della corte di cassazione, i presidenti delle corti di appello ed i procuratori generali della Repubblica non possono assumere alcun incarico fuori della residenza, tranne quelli ad essi attribuiti da leggi e regolamenti o quelli conferiti con decreto del Presidente della Repubblica.

        Art. 13. (Incompatibilità di sede per parentela o affinità con professionisti). - 1. I giudici e i pubblici ministeri delle corti di appello dei giudici monocratici e dei giudici collegiali non possono appartenere ad uffici giudiziari nelle sedi nelle quali i loro parenti fino al secondo grado, o gli affini in primo grado, sono iscritti negli albi professionali di avvocato, né, comunque, ad uffici giudiziari avanti i quali i loro parenti od affini nei gradi indicati esercitano abitualmente la professione di avvocato.

        Art. 14. (Incompatibilità per vincoli di parentela o di affinità tra magistrati della stessa sede). - 1. I giudici che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinità fino al terzo grado non possono far parte della stessa corte o dello stesso tribunale o dello stesso ufficio. I pubblici ministeri che si trovano nelle medesime condizioni non possono far parte della stessa procura della Repubblica.
            2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando, per il numero dei componenti il collegio o l'ufficio giudiziario, sia da escludere qualsiasi intralcio al regolare andamento del servizio.
            3. Non possono far parte come giudici dello stesso collegio giudicante nelle corti e negli organi collegiali i parenti e gli affini sino al quarto grado incluso.

Capo III

 

DEL GIUDICE DI PACE


        Art. 15. (Istituzione e funzioni del giudice di pace). - 1. E' istituito il giudice di pace, il quale esercita la giurisdizione in materia civile e penale e la funzione conciliativa in materia civile secondo le norme del presente ordinamento.
            2. L'ufficio del giudice di pace è ricoperto da un magistrato onorario appartenente all'ordine giudiziario.

        Art. 16. (Sede degli uffici del giudice di pace). - 1. Gli uffici del giudice di pace hanno sede in tutti i capoluoghi dei mandamenti esistenti alla data di entrata in vigore della legge 1^ febbraio 1989, n. 30.
            2. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della giustizia, sentiti il consiglio giudiziario e i comuni interessati, possono essere istituite sedi distaccate dell'ufficio del giudice di pace in uno o più comuni del mandamento, ovvero in una o più circoscrizioni in cui siano ripartiti i comuni.
            3. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della giustizia, sentiti il consiglio giudiziario e i comuni interessati, due o più uffici contigui del giudice di pace possono essere costituiti in un unico ufficio con il limite che la popolazione complessiva risultante dall'accorpamento non superi i cinquantamila abitanti. Nel decreto è designato il comune in cui ha sede l'ufficio del giudice di pace.

        Art. 17. (Ruolo organico e pianta organica degli uffici del giudice di pace). - 1. Il ruolo organico dei magistrati onorari addetti agli uffici del giudice di pace è fissato in 4.700 posti; entro tale limite, è determinata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, la pianta organica degli uffici del giudice di pace.
            2. In caso di vacanza dell'ufficio del giudice di pace o di impedimento temporaneo del magistrato che ne esercita le funzioni, il presidente del tribunale può affidare temporaneamente la reggenza dell'ufficio al giudice di pace di un ufficio contiguo.
            3. Se la vacanza o l'impedimento si protrae per oltre sei mesi, si provvede a nuova nomina ai sensi dell'articolo 18.

        Art. 18. (Nomina dell'ufficio). - 1. I magistrati onorari chiamati a ricoprire l'ufficio del giudice di pace sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, su proposta formulata dal consiglio giudiziario territorialmente competente, integrato da cinque rappresentanti designati, d'intesa tra loro, dai consigli dell'ordine degli avvocati del distretto di corte d'appello.
            2. Ai fini previsti dal comma 1, il presidente della corte d'appello, almeno sei mesi prima che si verifichino vacanze nella pianta organica degli uffici del giudice di pace ovvero al verificarsi della vacanza, richiede ai sindaci dei comuni interessati di dare notizia delle vacanze medesime mediante affissione nell'albo pretorio ed ogni altra forma di pubblicità ritenuta idonea, con invito alla presentazione, entro due mesi, di una domanda, corredata dei documenti occorrenti per provare il possesso dei requisiti necessari per la nomina, dei titoli di preferenza e di una dichiarazione dell'insussistenza delle cause di incompatibilità previste dalla legge.
            3. Il presidente della corte d'appello, ricevute le domande degli interessati corredate dei relativi documenti, le trasmette al consiglio giudiziario. Il consiglio giudiziario formula le motivate proposte sulla base delle domande ricevute e degli elementi acquisiti, indicando, se possibile, in via prioritaria una terna di nomi scelti fra coloro che sono in possesso dei titoli di preferenza di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 19.
            4. Le domande degli interessati, i relativi documenti e le proposte del consiglio giudiziario sono trasmessi dal presidente della corte d'appello al Consiglio superiore della magistratura.
            5. Il magistrato onorario chiamato a ricoprire le funzioni di giudice di pace assume possesso dell'ufficio entro due mesi dalla nomina.
            6. In sede di prima applicazione il magistrato onorario chiamato a ricoprire le funzioni di giudice di pace assume possesso dell'ufficio nel termine stabilito dal Ministro della giustizia.
            7. In sede di prima applicazione il Consiglio superiore della magistratura adotta la deliberazione di cui al comma 1 entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

        Art. 19. (Requisiti per la nomina e titoli preferenziali). - 1. Per la nomina a giudice di pace sono richiesti i seguenti requisiti:

            a) essere cittadino italiano;

            b) avere l'esercizio dei diritti civili e politici;

            c) non avere riportato condanne per delitti non colposi o a pena detentiva per contravvenzione, e non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza;

            d) avere idoneità fisica e psichica;

            e) avere età non inferiore a trenta anni e non superiore a settanta anni, ovvero non superiore a settanta anni senza alcun limite minimo di età se notai;

            f) avere la residenza in un comune della circoscrizione del tribunale dove ha sede l'ufficio del giudice di pace;

            g) avere il possesso della laurea in giurisprudenza;

            h) avere cessato, o impegnarsi a cessare prima dell'assunzione delle funzioni di giudice di pace, l'esercizio di qualsiasi attività lavorativa dipendente pubblica o privata.

            2. Il requisito di cui alla lettera f) del comma 1 non è richiesto nei confronti di coloro che esercitano la professione forense o le funzioni notarili.
            3. Accertati i requisiti di cui al comma 1, la nomina deve cadere su persone capaci di assolvere degnamente, per indipendenza e prestigio acquisito e per esperienza giuridica e culturale maturata, le funzioni di magistrato onorario.
            4. Costituiscono titoli di preferenza per la nomina l'esercizio, anche pregresso:

            a) delle funzioni giudiziarie, anche onorarie;

            b) della professione forense ovvero delle funzioni notarili;

            c) dell'insegnamento di materie giuridiche nelle università;

            d) delle funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria.

            5. A parità di possesso dei requisiti e dei titoli di cui ai commi 1, 3 e 4, sono prioritariamente nominati coloro che hanno esercitato le funzioni di giudice conciliatore o di vice conciliatore.
            6. In caso di nomina condizionata alla cessazione dell'attività, questa deve avvenire, a pena di decadenza, anche in deroga ai termini di preavviso previsti dalle leggi relative ai singoli impieghi, entro due mesi dalla nomina.

        Art. 20. (Corsi per i giudici di pace). - 1. Il consiglio giudiziario può organizzare, secondo le esigenze degli uffici esistenti nel distretto, corsi di aggiornamento professionale per giudici di pace, avvalendosi della collaborazione di magistrati e di personale delle qualifiche dirigenziali delle cancellerie e segreterie giudiziarie del distretto medesimo, di avvocati e di docenti universitari. I corsi sono organizzati a livello di circondario di tribunale, hanno cadenza annuale e non possono avere durata superiore a venti giorni anche non consecutivi.
            2. Il presidente della corte d'appello può organizzare analoghi corsi per il personale di cancelleria e ausiliario.
            3. Il personale docente, fissato in tre unità per i corsi di aggiornamento professionale del giudice di pace e in due unità per quelli del personale di cancelleria e ausiliario, è di regola prescelto fra persone che prestano servizio o svolgono la loro attività nel circondario del tribunale.
            4. A ciascuna unità del personale docente di cui al comma 3 è corrisposto un gettone di presenza giornaliera nella misura di 15,50 euro.
            5. Il consiglio giudiziario e il presidente della corte d'appello, nell'ambito delle rispettive competenze, predispongono altresì mezzi per l'informazione e l'aggiornamento dei giudici di pace e del personale di cancelleria e ausiliario.

        Art. 21. (Ammissione anticipata ai corsi). - 1. Intervenuta la delibera di nomina del Consiglio superiore della magistratura, i giudici di pace possono essere ammessi ai corsi anche prima dell'assunzione delle funzioni.

        Art. 22. (Corsi di specializzazione professionale). - 1. Il Ministro della giustizia e il Consiglio superiore della magistratura organizzano corsi di specializzazione professionale, di durata non inferiore a tre mesi, per i giudici di pace nominati in sede di prima applicazione, nei limiti di disponibilità del bilancio.

        Art. 23. (Durata dell'ufficio. Conferma. Ulteriore nomina). - 1. Il magistrato onorario che esercita le funzioni di giudice di pace dura in carica cinque anni e, al termine, può essere confermato una sola volta per uguale periodo.
            2. Per la conferma non è richiesto il requisito del limite massimo di età previsto dall'articolo 19, comma 1, lettera e). Tuttavia l'esercizio delle funzioni non può essere protratto oltre il settantacinquesimo anno di età.
            3. Una ulteriore nomina non è consentita se non siano decorsi quattro anni dalla cessazione del precedente incarico.

        Art. 24. (Incompatibilità). - 1. Non possono essere giudici di pace:

            a) i membri del Parlamento, i consiglieri regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, i componenti dei comitati di controllo sugli atti degli enti locali e delle loro sezioni;

            b) gli ecclesiastici e i ministri di qualunque confessione religiosa;

            c) coloro che ricoprono o hanno ricoperto nell'anno precedente alla nomina incarichi direttivi o esecutivi nei partiti politici.

        Art. 25. (Limiti all'esercizio della professione forense). - 1. Gli avvocati che svolgono le funzioni di giudice di pace non possono esercitare la professione forense dinanzi all'ufficio del giudice di pace al quale appartengono e non possono rappresentare, assistere o difendere le parti di procedimenti svolti dinanzi al medesimo ufficio, nei successivi gradi di giudizio.

        Art. 26. (Decadenza e dispensa). - 1. I magistrati onorari che esercitano le funzioni di giudice di pace decadono dall'ufficio quando viene meno taluno dei requisiti necessari per essere ammessi alle funzioni giudiziarie o per dimissioni volontarie o quando sopravviene una causa di incompatibilità.
            2. I magistrati onorari che esercitano le funzioni di giudice di pace sono dispensati dall'ufficio per infermità che impedisca in modo definitivo l'esercizio delle funzioni o per ogni impedimento che si protragga oltre sei mesi.
            3. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 sono adottati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio superiore della magistratura.

        Art. 27. (Doveri e controlli disciplinari). - 1. Il magistrato onorario che esercita le funzioni di giudice di pace è tenuto alla osservanza dei doveri previsti per i magistrati ordinari. Ha inoltre l'obbligo di astenersi, oltre che nei casi di cui all'articolo 51 del codice di procedura civile, in ogni caso in cui abbia avuto o abbia rapporti di lavoro autonomo ovvero di collaborazione con una delle parti.
            2. Si applicano le disposizioni in tema di responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, in quanto compatibili.


TITOLO II

 

DEI GIUDICI

 

Capo I

 

DEL GIUDICE MONOCRATICO

 

Sezione I

 

Del giudice monocratico circondariale


        Art. 28. (Sede del giudice monocratico). - 1. Il giudice monocratico ha sede nei luoghi in cui è istituito il tribunale.
        Art. 29. (Composizione dell'ufficio). - 1. L'ufficio del giudice monocratico è diretto dal giudice titolare e ad esso sono addetti più magistrati.
            2. L'ufficio può essere suddiviso in sezioni, a dirigere ciascuna delle quali è nominato un presidente.
            3. All'ufficio possono essere addetti giudici onorari.

        Art. 30. (Nomina dei giudici onorari. Incompatibilità). - 1. I giudici onorari sono nominati con decreto del Ministro della giustizia, in conformità alla deliberazione del Consiglio superiore alla magistratura, su proposta del consiglio giudiziario competente per territorio, integrato, a tale fine, da cinque rappresentanti designati, d'intesa tra loro, dai consigli dell'ordine degli avvocati del distretto di corte d'appello.
            2. Si applicano le disposizioni degli articoli 19 e 24.
            3. Il giudice onorario non può assumere l'incarico di consulente, perito o interprete nei procedimenti che si svolgono dinanzi agli uffici giudiziari compresi nel circondario presso il quale esercita le funzioni giudiziarie.

        Art. 31. (Durata dell'ufficio). - 1. La nomina a giudice onorario ha la durata di cinque anni. Il titolare può essere confermato.
            2. Alla scadenza del quinquennio, il consiglio giudiziario, nella composizione integrata prevista dall'articolo 30, comma 1, esprime un giudizio di idoneità alla continuazione dell'esercizio delle funzioni sulla base di ogni elemento utile, compreso l'esame a campione dei provvedimenti. Il giudizio di idoneità costituisce requisito necessario per la conferma.

        Art. 32. (Cessazione, decadenza e revoca dell'ufficio). - 1. Il giudice onorario cessa dall'ufficio:

            a) per compimento del settantaduesimo anno di età;

            b) per scadenza del termine di durata della nomina o della conferma;
            c) per dimissioni, a decorrere dalla data di comunicazione del provvedimento di accettazione.

            2. Il giudice onorario decade dall'ufficio:

            a) se non assume le sue funzioni entro due mesi dalla comunicazione del provvedimento di nomina o nel termine più breve eventualmente fissato dal Ministro della giustizia ai sensi dell'articolo 18;

            b) se non esercita volontariamente le funzioni inerenti all'ufficio;

            c) se viene meno uno dei requisiti necessari per la nomina o sopravviene una causa di incompatibilità.

            3. Il giudice onorario è revocato dall'ufficio in caso di inosservanza dei doveri inerenti al medesimo.
            4. La cessazione, la decadenza o la revoca dall'ufficio sono dichiarate o disposte con le stesse modalità previste per la nomina.

        Art. 33. (Doveri e diritti del giudice onorario). - 1. Il giudice onorario è tenuto all'osservanza dei doveri previsti per i giudici ordinari, in quanto compatibili.
            2. Al giudice onorario competono esclusivamente le indennità e gli altri diritti espressamente attribuiti dalla legge con specifico riferimento al rapporto di servizio onorario.

        Art. 34. (Funzione e competenza del giudice monocratico). - 1. Il giudice monocratico:

            a) esercita la giurisdizione in primo grado in materia civile;

            b) esercita la giurisdizione in primo grado in materia penale;

            c) esercita nei modi stabiliti dalla legge le altre funzioni ad esso deferite.

        Art. 35. (Funzioni dei giudici ordinari ed onorari addetti al giudice monocratico). - 1. I giudici ordinari ed onorari svolgono presso l'organo monocratico il lavoro giudiziario loro assegnato dal presidente o, se l'ufficio è costituito in sezioni, dal presidente o altro magistrato che dirige la sezione. I giudici onorari non possono tenere udienza se non nei casi di impedimento o di mancanza dei giudici ordinari.
            2. Nell'assegnazione prevista dal comma 1, è seguito il criterio di non affidare ai giudici onorari:

            a) nella materia civile, la trattazione di procedimenti cautelari e possessori, fatta eccezione per le domande proposte nel corso della causa di merito o del giudizio petitorio;

            b) nella materia penale, le funzioni di giudice per le indagini preliminari e di giudice dell'udienza preliminare, nonché la trattazione di procedimenti relativi a reati per i quali la legge stabilisce una pena detentiva superiore a tre anni di reclusione, determinata a norma dell'articolo 4 del codice di procedura penale.

        Art. 36. (Costituzione delle sezioni). - 1. Il giudice monocratico può essere costituito in più sezioni. Negli organi monocratici costituiti in sezioni sono biennalmente designate le sezioni alle quali sono devoluti, promiscuamente o separatamente, gli affari civili, gli affari penali nonché, separatamente, le controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie. In ogni ufficio monocratico costituito in sezioni è istituita una sezione dei giudici incaricati dei provvedimenti previsti dal codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari e per l'udienza preliminare.
            2. A ciascuna sezione, nella formazione delle tabelle ai sensi dell'articolo 7, sono destinati giudici nel numero richiesto dalle esigenze di servizio, tenuto conto del numero dei processi pendenti e dell'urgenza della definizione delle controversie.
            3. I giudici destinati a ciascuna sezione non possono essere comunque in numero inferiore a cinque. Tale limite non opera per la sezione dei giudici incaricati dei provvedimenti previsti dal codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari e per l'udienza preliminare.

        Art. 37. (Attribuzioni del presidente). - 1. Il presidente dirige l'ufficio e, in quelli costituiti in sezioni, distribuisce il lavoro tra sezioni, salvi i compiti del presidente di sezione.

        Art. 38. (Direzione delle sezioni). - 1. Negli uffici costituiti in sezioni e nei quali sono istituiti posti di presidente di sezione, la direzione delle sezioni è attribuita ad un presidente di sezione.
            2. Negli uffici nei quali non sono istituiti posti di presidente di sezione, dell'organizzazione del lavoro della sezione è incaricato il magistrato designato nelle tabelle formate ai sensi dell'articolo 7.

        Art. 39. (Istituzione dei posti di presidente di sezione). - 1. Salvo quanto previsto dal comma 2, negli uffici costituiti in sezioni ai quali sono addetti più di dieci giudici ordinari possono essere istituiti posti di presidente di sezione, in numero non superiore a quello determinato dalla proporzione di uno a dieci.
            2. Il posto di presidente di sezione può essere comunque istituito, senza l'osservanza dei limiti previsti dal comma 1, per la direzione delle seguenti sezioni, tenuto conto della loro consistenza numerica e delle specifiche esigenze organizzative:

                a) sezioni incaricate della trattazione delle controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie;

                b) sezioni dei giudici incaricati dei provvedimenti previsti dal codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari e per l'udienza preliminare.

        Art. 40. (Attribuzioni del presidente di sezione). - 1.
Il presidente di sezione, oltre a svolgere il lavoro giudiziario, dirige la sezione cui è assegnato e, in particolare, sorveglia l'andamento dei servizi di cancelleria ed ausiliari, distribuisce il lavoro tra i giudici e vigila sulla loro attività, curando anche lo scambio di informazioni della sezione. Collabora, altresì, con il presidente dell'ufficio nell'attività di direzione. Con le tabelle formate ai sensi dell'articolo 7, al presidente di sezione può essere attribuito l'incarico di dirigere più sezioni che trattano materie omogenee, ovvero di coordinare uno o più settori di attività dell'ufficio.

Sezione II

 

Delle sezioni distaccate

del giudice monocratico.


        Art. 41. (Sezioni distaccate del giudice monocratico). - 1. Nei comuni indicati nella tabella B annessa al presente ordinamento sono istituite sezioni distaccate del giudice monocratico con la circoscrizione stabilita per ciascuna di esse.

        Art. 42. (Istituzione, soppressione e modifica della circoscrizione delle sezioni distaccate). - 1. All'istituzione, alla soppressione ed alla modifica della circoscrizione delle sezioni distaccate si provvede con decreto motivato del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere del Consiglio superiore della magistratura. Il decreto è adottato sulla base di criteri oggettivi ed omogenei, che tengono conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei sistemi di mobilità, dell'indice di contenzioso in materia civile e penale degli ultimi due anni, della complessità e dell'articolazione delle attività economiche e sociali che si svolgono nel territorio. L'avvio del procedimento è comunicato agli enti locali interessati, ai consigli giudiziari e ai consigli degli ordini degli avvocati. Si osservano le disposizioni degli articoli 7, 8 e 9 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il parere del Consiglio superiore della magistratura è comunicato al Ministro della giustizia entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta. Decorso tale termine, il decreto è emanato anche in mancanza del parere.
        Art. 43. (Affari trattati nelle sezioni distaccate). - 1. Le controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie sono trattate esclusivamente nella sede principale del giudice monocratico.
            2. Nella sede di cui al comma 1 sono altresì svolte, in via esclusiva, le funzioni del giudice per le indagini preliminari e del giudice dell'udienza preliminare.
            3. In deroga a quanto previsto dal comma 2, con decreto del Ministro della giustizia, in conformità alla deliberazione del Consiglio superiore della magistratura assunta su proposta del presidente dell'ufficio del giudice monocratico, sentito il consiglio dell'ordine degli avvocati, può essere disposto che nelle sezioni distaccate aventi sede in isole, eccettuate la Sicilia e la Sardegna, siano trattate anche le cause concernenti controversie di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie.
            4. La deroga di cui al comma 3 può essere prevista anche per un tempo determinato in relazione a particolari circostanze.

        Art. 44. (Udienze relative a procedimenti da trattare nella sede principale e nelle sezioni distaccate). - 1. In considerazione di particolari esigenze, il presidente dell'ufficio, sentite le parti, può disporre che una o più udienze relative a procedimenti civili o penali da trattare nella sede principale siano tenute in una sezione distaccata, o che una o più udienze relative a procedimenti da trattare in una sezione distaccata siano tenute nella sede principale o in altra sezione distaccata. Sentiti il consiglio giudiziario ed il consiglio dell'ordine degli avvocati, il provvedimento può essere adottato anche in relazione a gruppi omogenei di procedimenti.

        Art. 45. (Magistrati assegnati alle sezioni distaccate). - 1. I magistrati assegnati alle sezioni distaccate possono svolgere funzioni anche presso la sede principale o presso altre sezioni distaccate, secondo criteri determinati con le tabelle previste dall'articolo 7. Nelle sezioni distaccate non sono istituiti posti di presidente di sezione.

Capo II

 

DEI TRIBUNALI

 

Sezione I

 

Del tribunale ordinario.


        Art. 46. (Sede del tribunale). - 1. Il tribunale ha sede in ogni capoluogo determinato dalla tabella A annessa al presente ordinamento.

        Art. 47. (Composizione del tribunale). - 1. Il tribunale è diretto dal presidente e ad esso sono addetti più giudici. Al tribunale possono essere addetti uno o più presidenti di sezione.
            2. Al tribunale possono essere addetti giudici onorari.
            3. La nomina dei giudici onorari è regolata dagli articoli da 17 a 23.

        Art. 48. (Funzioni ed attribuzioni del tribunale). - 1. Il tribunale:

            a) esercita la giurisdizione in primo grado e in appello, contro le sentenze pronunciate dal giudice di pace, in materia civile;

            b) esercita la giurisdizione in primo grado in materia penale;

            c) esercita le funzioni di giudice tutelare;

            d) giudica sulla applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali;

            e) esercita nei modi stabiliti dalla legge le altre funzioni ad esso deferite.

        Art. 49. (Funzioni del tribunale). - 1. I singoli collegi svolgono il lavoro giudiziario loro assegnato dal presidente o, se l'ufficio è costituito in sezioni, dal presidente o altro magistrato che dirige la sezione.
            2. I giudici onorari non possono comporre l'organo collegiale se non nei casi di impedimento o di mancanza dei giudici ordinari.
            3. Nell'assegnazione prevista dal comma 1 del presente articolo, qualora giudici onorari compongano il collegio, si applica l'articolo 23, comma 3.
        Art. 50. (Costituzione delle sezioni). - 1. Il tribunale può essere costituito in più sezioni.
            2. Negli organi collegiali costituiti in sezioni si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 24 a 29, in quanto compatibili.

        Art. 51. (Altri criteri per l'istituzione dei posti presidente di sezione). - 1. Il posto di presidente di sezione può essere comunque istituito, senza l'osservanza dei limiti previsti dalle norme di cui all'articolo 37, comma 1:

            a) per la direzione della corte di assise e delle singole sezioni della medesima, quando il numero delle udienze da esse tenute lo richiede;

            b) per la direzione delle seguenti sezioni, tenuto conto della loro consistenza numerica e delle specifiche esigenze organizzative:

                1) per le sezioni incaricate della trattazione delle controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie;

                2) per le sezioni incaricate degli affari inerenti alle procedure concorsuali.

        Art. 52. (Presidenza dei collegi). - 1. La presidenza del collegio è assunta dal presidente dell'ufficio o da un presidente di sezione o dal magistrato più elevato in qualifica o dal più anziano dei magistrati di pari qualifica componenti il collegio.

Sezione II

 

Del tribunale per i minorenni.


        Art. 53. (Costituzione e giurisdizione del tribunale per i minorenni). - 1. In ogni sede di appello o di sezione distaccata di corte di appello è costituito un tribunale per i minorenni.
            2. Il tribunale per i minorenni ha giurisdizione su tutto il territorio della corte di appello o della sezione di corte di appello, nei limiti di competenza determinati dalla legge.

        Art. 54. (Composizione del tribunale per i minorenni).- 1. Il tribunale per i minorenni è composto da un magistrato di corte di appello, che lo presiede, da un magistrato del giudice collegiale e da due esperti, un uomo e una donna, aventi i requisiti richiesti dalla legge, ai quali è conferito il titolo di giudice onorario del tribunale per i minorenni. Possono anche essere nominati due o più supplenti.
            2. Gli esperti del tribunale per i minorenni sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della giustizia, per un triennio, e possono essere confermati.

        Art. 55. (Giudice monocratico).- 1. In ogni tribunale per i minorenni uno o più magistrati sono incaricati come giudici singoli dei procedimenti previsti dal codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari. L'organizzazione del lavoro dei predetti giudici è attribuita al più anziano.
            2. Nell'udienza predibattimentale, il tribunale per i minorenni giudica composto da un magistrato e da due giudici onorari, un uomo e una donna, dello stesso ufficio.

        Art. 56. (Magistrato di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni).- 1. Le funzioni di magistrato di sorveglianza sono esercitate dal giudice addetto al tribunale per i minorenni.
            2. Il presidente del tribunale ordinario, sentito il procuratore della Repubblica, può, con proprio decreto, destinare anche altro giudice, con le stesse funzioni, al tribunale per i minorenni".

        2. L'articolo 69 dell'ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, è sostituito dai seguenti:

        "Art. 69. (Funzioni del pubblico ministero).- 1. Il pubblico ministero esercita le funzioni che la legge gli attribuisce.
        Art. 69-bis. (Concorso per l'ammissione nei ruoli di procuratore della Repubblica).- 1. La nomina a pubblico ministero si consegue mediante concorso per esame.
            2. L'esame consiste:

                a) in una prova scritta su ciascuna delle seguenti materie:

                1) diritto civile;

                2) diritto penale;

                3) diritto processuale penale;

                b) in una prova orale su ciascuna delle seguenti materie:

                1) diritto civile;

                2) diritto processuale civile;

                3) diritto penale;

                4) diritto processuale penale;

                5) diritto amministrativo e costituzionale;

                6) criminologia.

        3. Le norme sulle modalità esecutive del concorso e sulla nomina delle commissioni sono quelle stabilite per il concorso di uditore giudiziario.
            4. La commissione di esame è nominata dal Consiglio superiore della magistratura ed è composta da un presidente titolare di sezione della Corte di cassazione, che la presiede, da tra magistrati del pubblico ministero di categoria non inferiore a magistrato di corte di appello, da tre giudici in servizio presso la Corte di cassazione, nonchè da sei professori ordinari di materie giuridiche del settore di disciplina relativo alle materie penalistiche. Sono nominati componenti supplenti nello stesso numero.

        Art. 69-ter. (Conseguimento della idoneità a procuratore della Repubblica).- 1. I concorrenti che partecipano al concorso di cui all'articolo 69-bis sono classificati secondo il numero totale dei punti riportati.
            2. Sono dichiarati idonei allo svolgimento delle funzioni di procuratore della Repubblica, con decreto del Ministro della giustizia, i primi classificati entro il limite dei posti messi a concorso, non derogabile per alcun motivo.
            3. I concorrenti dichiarati idonei sono destinati agli uffici della procura della Repubblica presso il tribunale o presso i giudici monocratici a cui sono assegnati, ove devono compiere un periodo di tirocinio della durata di almeno due anni sotto la sorveglianza del capo dell'ufficio.
            4. Il capo dell'ufficio può designare uno o più sostituti per lo svolgimento delle funzioni di cui al comma 3.
            5. Al termine del periodo di tirocinio gli idonei sono nominati sostituti procuratori della Repubblica con deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, su parere del consiglio giudiziario al quale il capo dell'ufficio riferisce sull'esito del tirocinio.

        Art. 69-quater. (Avanzamenti di carriera dei pubblici ministeri).- 1. L'anzianità di servizio dei pubblici ministeri è computata dalla data del decreto di nomina ed è uno dei requisiti per i passaggi della funzione requirente dinanzi alla corte di appello ed alla Corte di cassazione".

        3. L'articolo 70 dell'ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

        "Art. 70. (Costituzione del pubblico ministero).- 1. Le funzioni del pubblico ministero sono esercitate dal procuratore generale presso la Corte di cassazione, dai procuratori generali della Repubblica presso le corti di appello, dai procuratori della Repubblica presso i tribunali per i minorenni e dai procuratori della Repubblica presso i tribunali ordinari.
            2. Presso le sezioni distaccate di corte di appello le funzioni del procuratore generale sono esercitate dall'avvocato generale dello Stato.
            3. I titolari degli uffici del pubblico ministero dirigono l'ufficio cui sono preposti, ne organizzano l'attività ed esercitano personalmente le funzioni attribuite al pubblico ministero dal codice di procedura penale e dalle altre leggi, quando non designano altri magistrati addetti all'ufficio. Possono essere designati più magistrati in considerazione del numero degli imputati o della complessità delle indagini o del dibattimento.
            4. Il magistrato designato svolge le funzioni del pubblico ministero con piena autonomia. Il titolare dell'ufficio può sostituirlo esercitando personalmente le funzioni del pubblico ministero, trasmettendo al Consiglio superiore della magistratura copia del provvedimento che ha disposto la sostituzione del magistrato.
            5. Ogni magistrato addetto ad una procura della Repubblica che, fuori dell'esercizio delle sue funzioni, viene comunque a conoscenza di fatti che possono determinare l'inizio dell'azione penale o di indagini preliminari, può segnalarli per iscritto al titolare dell'ufficio. Questi, quando non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione e non intende procedere personalmente, provvede a designare per la trattazione uno o più magistrati dell'ufficio.
            6. Quando il procuratore nazionale antimafia o il procuratore generale presso la corte di appello dispone l'avocazione delle indagini preliminari nei casi previsti dalla legge, trasmette copia del relativo decreto motivato al Consiglio superiore della magistratura e ai procuratori della Repubblica interessati.
            7. Entro dieci giorni dalla ricezione del provvedimento di avocazione, il procuratore della Repubblica interessato può proporre reclamo al procuratore generale presso la Corte di cassazione. Questi, se accoglie il reclamo, revoca il decreto di avocazione, disponendo la restituzione degli atti".

        4. Dopo l'articolo 72 dell'ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

        "Art. 72-bis. (Delegati dal procuratore della Repubblica nel procedimento penale davanti al giudice di pace).- 1. Nei procedimenti penali davanti al giudice di pace, le funzioni di pubblico ministero possono essere svolte, su delega del procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario:

                a) nell'udienza dibattimentale, da auditori giudiziari, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio, da ufficiali di polizia giudiziari diversi da coloro che hanno preso parte alle indagini preliminari o da laureati in giurisprudenza che frequentano il secondo anno della scuola biennale di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni;

                b) per gli atti del pubblico ministero previsti dall'articolo 577 del codice di procedura penale, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio;

                c) nei procedimenti in camera di consiglio di cui all'articolo 137 del codice di procedura penale, nei procedimenti di esecuzione ai fini dell'intervento di cui all'articolo 675, comma 2, del medesimo codice, e nei procedimenti di opposizione al decreto del pubblico ministero di liquidazione del compenso ai periti, consulenti tecnici e traduttori ai sensi dell'articolo 11 della legge 8 luglio 1980, n. 139, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio.

            2. Nei casi indicati nel comma 1, la delega è conferita in relazione ad una determinata udienza o a un singolo procedimento.
            3. La delega è revocabile nei soli casi in cui il codice di procedura penale prevede la sostituzione del pubblico ministero.
            4. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 162, commi 1, 3 e 4, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271".

        5. L'articolo 190 dell'ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, è abrogato.
        6. Gli articoli da 1 a 10 della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni, sono abrogati.

Art. 3.


        1. L'articolo 5 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:


        "Art. 5. (Competenza della corte di assise).- 1. La corte di assise è competente:

                a) per i delitti di cui alla legge 22 dicembre 1975, n. 685, e successive modificazioni, per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni;

                b) per i delitti consumati previsti dagli articoli 579, 580, 584, 600, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-sexies,
609-octies e 609-nonies del codice penale;

                c) per ogni delitto doloso se dal fatto è derivata la morte di una o più persone;

                d) per i delitti previsti dalle leggi di attuazione della XII disposizione finale della Costituzione, dalla legge 9 ottobre 1967, n. 962, dal decreto legislativo 14 febbraio 1948, n. 43, dal decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, e dal titolo I del libro II del codice penale, sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni".

        2. L'articolo 6 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 6. (Competenza del tribunale).- 1. Il tribunale è competente per tutti i reati che non appartengono alla competenza della corte di assise, del giudice monocratico o del giudice di pace.
            2. Il tribunale è altresì competente per i reati contro la pubblica amministrazione e contro l'amministrazione della giustizia perseguibili d'ufficio".

        3. L'articolo 7 del codice di procedura penale è sostituito dai seguenti:

        "Art. 7. (Competenza del giudice monocratico).- 1. Il giudice monocratico è competente per tutti i reati puniti con la pena detentiva inferiore nel massimo a cinque anni e che non sono attribuiti alla competenza del giudice di pace.
            2. Il giudice monocratico è altresì competente per i reati di cui all'articolo 648 del codice penale, e all'articolo 73, comma 5, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

        Art. 7-bis. (Competenza del giudice di pace). - 1. Il giudice di pace è competente per tutti i reati puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni.
            2. Il giudice di pace è altresì competente:

                a) per i delitti consumati o tentai previsti dagli articoli 581, 582, limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela di parte, 590, limitatamente alle fattispecie perseguibili a querela di parte e ad esclusione delle fattispecie connesse alla colpa professionale e dei fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale quando, nei casi citati, derivi una malattia di durata superiore a venti giorni, 593, commi primo e secondo, 594, 595, commi primo e secondo, 612, primo comma, 626, 627, 631, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 632, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 633, primo comma, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 635, primo comma, 636, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 637, 638, primo comma, 639 e 647 del codice penale;

                b) per le contravvenzioni previste dagli articoli 689, 690, 691, 726 e 731 del codice penale;

                c) per i delitti, consumati o tentati, e per le contravvenzioni previsti dall'articolo 1094 del codice della navigazione.

            2. La competenza per i reati di cui al comma 1 del presente articolo e per i reati già attribuiti alla competenza del giudice di pace ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e successive modificazioni, è tuttavia del tribunale se ricorre una o più delle circostanze previste dagli articoli 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e 3 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.
            3. Rimane ferma la competenza del tribunale per i minorenni.
            4. Il procedimento dinanzi al giudice di pace è regolato dalle disposizioni speciali e per tutto quanto da queste non previste dalle norme del presente codice".

        4. All'articolo 11 del codice di procedura penale, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

        "3-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nei procedimenti nei quali l'avvocato iscritto all'albo del consiglio dell'ordine che ha sede nel distretto dell'autorità giudiziaria procedente, assume la qualità di imputato o di persona offesa dal reato".

        5. Dopo l'articolo 11-bis del codice di procedura penale è inserito il seguente:

        "Art. 11-ter. (Casi di connessione davanti al giudice di pace) - 1. Davanti al giudice di pace si ha connessione di procedimenti:

            a) se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione fra loro;

            b) se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione".

        6. Dopo l'articolo 15 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

        "Art. 15-bis. (Competenza per materia determinata dalla connessione per i reati del giudice di pace) - 1. Tra procedimenti di competenza del giudice di pace e procedimenti di competenza di altro giudice, si ha connessione solo nel caso di persona imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione.
            2. Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla competenza del giudice di pace e altri a quella della corte di assise o del tribunale, è competente per tutti il giudice superiore.
            3. La connessione non opera se non è possibile la riunione dei processi, né tra procedimenti di competenza del giudice di pace e procedimenti di competenza di un giudice speciale".

        7. Dopo l'articolo 16 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

        "Art. 16-bis. (Competenza per territorio determinata dalla connessione per i reati del giudice di pace) - 1. Nei casi previsti dall'articolo 15-bis, se i reati sono stati commessi in luoghi diversi, la competenza per territorio appartiene per tutti al giudice di pace del luogo in cui è stato commesso il primo reato. Se non è possibile determinare in tal modo la competenza, questa appartiene al giudice di pace del luogo in cui è iniziato il primo dei procedimenti connessi".

        8. Dopo l'articolo 18 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

        "Art. 18-bis. (Riunione e separazione dei processi pendenti dinanzi al giudice di pace) - 1. Nei casi previsti dall'articolo 19, prima di procedere all'udienza di comparizione, il giudice di pace può ordinare la riunione dei processi, quando questa non pregiudica la rapida definizione degli stessi.
            2. Anche fuori dei casi previsti dall'articolo 19, il giudice di pace può ordinare la riunione dei processi quando i reati sono commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre o quando più persone con condotte indipendenti hanno determinato l'evento o quando una persona è imputata di più reati commessi con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, ovvero ogni volta in cui ciò giovi alla celerità e alla completezza dell'accertamento.
            3. Prima di procedere all'udienza di comparizione e, comunque, non oltre la dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice di pace ordina la separazione dei processi, qualora ritenga che la riunione possa pregiudicare il tentativo di conciliazione, ovvero la rapida definizione di alcuni fra i processi riuniti".

        9. L'articolo 21 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 21. (Incompetenza) - 1. L'incompetenza per materia è rilevata, anche di ufficio, in ogni stato e grado del processo, salvo quanto previsto dal comma 2 del presente articolo e dall'articolo 23, comma 2.
            2. L'incompetenza per territorio e per connessione è rilevata entro il termine previsto dall'articolo 491, comma 1".

        10. L'articolo 22 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 22. (Incompetenza dichiarata dal giudice per le indagini preliminari) - 1. Nel corso delle indagini preliminari il giudice, quando rileva la propria incompetenza per qualsiasi causa, pronuncia ordinanza e dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero.
            2. Dopo la chiusura delle indagini preliminari il giudice, quando rileva la propria incompetenza per qualsiasi causa, la dichiara con sentenza e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente".

        11. L'articolo 23 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 23. (Incompetenza dichiarata nel dibattimento di primo grado) - 1. Se nel dibattimento di primo grado il giudice rileva che il processo appartiene alla competenza di altro giudice, dichiara con sentenza la propria incompetenza per qualsiasi causa e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero.
            2. Se il reato appartiene alla cognizione di un giudice di competenza inferiore, l'incompetenza è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine stabilito dall'articolo 491, comma 1. Il giudice, se ritiene la propria incompetenza, provvede a norma del comma 1".

        12. Dopo l'articolo 23 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

        "Art. 23-bis.(Competenza del giudice di pace dichiarata da altro giudice) - 1. In ogni stato e grado del processo, se il giudice ritiene che il reato appartiene alla competenza del giudice di pace, lo dichiara con sentenza e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero. Le prove acquisite dal giudice incompetente sono utilizzabili nel processo davanti al giudice di pace".

        13. L'articolo 24 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 24. (Decisioni del giudice di appello sulla competenza) - 1. Il giudice di appello pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero quando riconosce che il giudice dl primo grado era incompetente per materia a norma dell'articolo 23, comma 1, ovvero per territorio o per connessione".

        14. L'articolo 27 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 27. (Misure cautelari disposte dal giudice incompetente) - 1. Le misure cautelari disposte dal giudice che, contestualmente o successivamente, si dichiara incompetente per qualsiasi causa cessano di avere effetto. In ogni altro caso, la misura perde l'efficacia se, entro venti giorni dalla declaratoria di incompetenza, il giudice al quale sono trasmessi gli atti non provvede a norma degli articoli 292, 317 e 321.
            2. Il giudice diverso da quello che ha disposto le misure cautelari, nel declinare la propria competenza, dichiara l'inefficacia della misura".

        15. All'articolo 30 del codice di procedura penale, il comma 3 è sostituito dal seguente:

        "3. L'ordinanza e la denuncia previste dai commi 1 e 2 non hanno effetto sospensivo sui procedimenti in corso, salvo che la Corte di cassazione, su richiesta dalle parti, disponga diversamente".

        16. L'articolo 33 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 33. (Capacità del giudice) - 1. Le condizioni di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi sono stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario.
            2. Attengono alla capacità del giudice le disposizioni sulla destinazione del giudice agli uffici giudiziari e alle sezioni, sulla formazione dei collegi e sulla assegnazione dei processi a sezioni, collegi e giudici".

        17. L'articolo 34 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 34. (Incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento) - 1. Il giudice che ha pronunciato o ha concorso a pronunciare sentenza in un grado del procedimento non può esercitare funzioni di giudice negli altri gradi, né partecipare al giudizio di rinvio dopo l'annullamento o al giudizio per revisione.
            2. Non può partecipare al giudizio il giudice che ha emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare o ha disposto il giudizio immediato o ha emesso decreto penale di condanna o ha deciso sull'impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere.
            3. E' altresì dichiarata l'incompatibilità:

            a) a partecipare al giudizio del giudice che ha emesso il provvedimento con il quale ha ordinato al pubblico ministero di formulare l'imputazione;

            b) a partecipare al giudizio del giudice che ha rigettato la richiesta di decreto di condanna;

            c) a partecipare all'udienza dibattimentale del giudice che ha respinto la richiesta di applicazione di pena concordata per la ritenuta non concedibilità di circostanze attenuanti;
            d) a partecipare all'udienza del giudice che ha rigettato la richiesta di applicazione di pena concordata di cui all'articolo 459;

            e) a partecipare all'udienza del giudice il quale, per la ritenuta diversità del fatto, sulla base di una valutazione del complesso delle indagini preliminari, ha rigettato la domanda di obiezione;

            f) a partecipare all'udienza del giudice che, all'esito di precedente dibattimento riguardante il medesimo fatto storico a carico dello stesso imputato, ha ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero a norma dell'articolo 521, comma 2;

            g) a partecipare all'udienza del giudice per le indagini preliminari che ha applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato;

            h) a partecipare all'udienza del giudice che, come componente del tribunale di cui all'articolo 309, si è pronunciato sull'ordinanza che dispone una misura cautelare nei confronti dell'indagato o dell'imputato;

            i) a partecipare alla definizione anticipata del giudizio e a disporre l'applicazione della pena su richiesta delle parti del giudice per le indagini preliminari che ha disposto una misura cautelare gestionale nonché la modifica, la sostituzione o la revoca di una misura cautelare personale ovvero che ha rigettato una richiesta di applicazione, modifica, sostituzione o revoca di una misura cautelare personale;

            l) a partecipare al giudizio dibattimentale del giudice che ha disposto la modifica, la sostituzione o la revoca di una misura cautelare personale ovvero che ha rigettato una richiesta di applicazione, modifica, sostituzione o revoca di una misura cautelare personale;

            m) a disporre l'applicazione della pena su richiesta delle parti del giudice che, come componente del tribunale di cui all'articolo 309, si è pronunciato sull'ordinanza che dispone una misura cautelare personale nei confronti dell'indagato o dell'imputato;

            n) a partecipare al giudizio nei confronti di un imputato del giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata.

            4. Chi ha esercitato funzioni di pubblico ministero o ha svolto atti di polizia giudiziaria o ha prestato ufficio di difensore, di procuratore speciale, di curatore di una parte ovvero di testimone, perito o consulente tecnico o ha proposto denuncia, querela, istanza o richiesta o ha deliberato o ha concorso a deliberare l'autorizzazione a procedere non può esercitare nel medesimo procedimento l'ufficio di giudice".

        18. L'articolo 36 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 36. (Astensione) - 1. Il giudice ha l'obbligo di astenersi:

            a) se ha interesse nel procedimento o se alcuna delle parti private o un difensore è debitore o creditore di lui, del coniuge o dei figli;

            b) se è tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private ovvero se il difensore, procuratore o curatore di una di dette parti è prossimo congiunto di lui o del coniuge;

            c) se ha dato consigli o manifestato il suo parere sull'oggetto del procedimento fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie;

            d) se vi è inimicizia grave fra lui o un suo prossimo congiunto e una delle parti private;

            e) se alcuno dei prossimi congiunti di lui o del coniuge è offeso o danneggiato dal reato o parte privata;
            f) se un prossimo congiunto di lui o del coniuge svolge o ha svolto funzioni di pubblico ministero;

            g) se si trova in taluna delle situazioni di incompatibilità stabilite dagli articoli 41 e 42 e dalle leggi di ordinamento giudiziario;

            h) se esistono altre gravi ragioni di convenienza.

            2. I motivi di astensione indicati nel comma 1, lettera b), seconda ipotesi, e lettera e), o derivanti da incompatibilità per ragioni di coniugio o affinità, sussistono anche dopo l'annullamento, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
            3. La dichiarazione di astensione è presentata al presidente della corte o del tribunale, che decide con decreto senza formalità di procedura.
            4. Sulla dichiarazione di astensione del giudice, anche di pace, decide il presidente del tribunale; su quella del presidente del tribunale decide il presidente della corte di appello; su quella del presidente della corte di appello decide il presidente della Corte di cassazione".

        19. L'articolo 37 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 37. (Ricusazione) - 1. Il giudice può essere accusato dalle parti:

            a) nei casi previsti dall'articolo 36, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f) e g);

            b) se nell'esercizio delle funzioni e prima che sia pronunciata sentenza, egli ha manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell'imputazione.

            2. Il giudice ricusato non può pronunciare né concorrere a pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, salvo che la dichiarazione riproposta sia fondata sui medesimi motivi".
        20. Il comma 2 dell'articolo 38 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "2. Qualora la causa di ricusazione sia sorta o sia divenuta nota dopo la scadenza dei termini previsti dal comma 1, la dichiarazione può essere proposta entro tre giorni".

        21. L'articolo 40 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 40. (Competenza a decidere sulla ricusazione) - 1. Sulla ricusazione del giudice di pace decide il tribunale; su quella di un giudice del tribunale o della corte di assise o della corte di assise di appello decide la corte di appello; su quella di un giudice della corte di appello decide una sezione della corte stessa, diversa da quella a cui appartiene il giudice ricusato.
            2. Sulla ricusazione di un giudice della Corte di cassazione decide una sezione della Corte, diversa da quella a cui appartiene il giudice ricusato.
            3. Non è ammessa la ricusazione dei giudici chiamati a decidere sulla ricusazione".

        22. L'articolo 41 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 41. (Decisione sulla dichiarazione di ricusazione) - 1. Sul merito della ricusazione la corte decide a norma dell'articolo 127. Contro l'ordinanza è proponibile ricorso per cassazione e la corte decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 611, dopo aver assunto, se necessario, le opportune informazioni.
            2. La corte o il tribunale può disporre, con ordinanza, che il giudice sospenda temporaneamente ogni attività processuale o si limiti al compimento degli atti urgenti.
            3. L'ordinanza pronunciata a norma dei commi 1 e 2 è comunicata al giudice ricusato e al pubblico ministero ed è notificata alle parti private".

        23. L'articolo 42 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 42. (Provvedimenti in caso di accoglimento della dichiarazione di astensione o ricusazione) - 1. Se la dichiarazione di astensione o di ricusazione è accolta, il giudice non può compiere alcun atto del procedimento e quelli compiuti sono inefficaci. Tuttavia, con il provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione o di ricusazione, il giudice dichiara se e in quale parte gli atti compiuti precedentemente dal giudice astenutosi o ricusato conservano efficacia".

        24. L'articolo 43 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 43. (Sostituzione del giudice astenuto o ricusato) - 1. Il giudice astenuto o ricusato è sostituito con altro magistrato dello stesso ufficio designato secondo le leggi di ordinamento giudiziario.
            2. Qualora non sia possibile la sostituzione prevista dal comma 1, la corte o il tribunale rimette il procedimento al giudice ugualmente competente per materia determinato a norma dell'articolo 11.
            3. Gli atti del procedimento di ricusazione sono trasmessi al Ministro della giustizia, al procuratore generale della Corte di cassazione e al Consiglio superiore della magistratura".

        25. L'articolo 45 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 45. (Casi di rimessione) - 1. In ogni stato e grado del procedimento, quando la sicurezza o l'incolumità pubblica ovvero la libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo, nonché il pieno esercizio del diritto di difesa e le altre garanzie del giusto processo sono pregiudicati da gravi situazioni locali, anche interne all'ufficio giudiziario competente, tali da turbarne lo svolgimento e non altrimenti eliminabili, la Corte di cassazione, su richiesta motivata del procuratore generale presso la corte di appello, del pubblico ministero presso il giudice che procede, della persona offesa dal reato, della parte civile o dell'imputato, rimette il processo ad altro giudice, designato a norma dell'articolo 11".
        26. Il comma 3 dell'articolo 48 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "3. Ferma restando la inutilizzabilità di tutti gli atti compiuti successivamente alla presentazione dell'istanza di rimessione, il giudice designato dalla Corte dl cassazione dichiara, con ordinanza, se e in quale parte gli atti già compiuti siano inutilizzabili. Nel processo davanti a tale giudice le parti esercitano gli stessi diritti e facoltà che sarebbero loro spettati davanti al giudice originariamente competente".

Art. 4.


        1. L'articolo 51 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 51 - (Uffici del pubblico ministero. Attribuzioni del procuratore della Repubblica distrettuale) - 1. Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate:

                a) nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado dai magistrati della procura della Repubblica istituiti presso ogni sede del tribunale;

                b) nei giudizi di impugnazione dai magistrati della procura generale presso la corte di appello o presso la Corte di cassazione.

            2. Nei casi di avocazione, le funzioni previste dal comma 1, lettera a), sono esercitate dai magistrati della procura generale presso la corte di appello.
            3. Le funzioni previste dal comma 1 sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente a norma del capo II del titolo I.
            4. Quando si tratta di procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416-bis e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal citato articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite alle procure presso tribunali del distretto e sono coordinate dall'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente".

Art. 5.


        1. All'articolo 83 del codice di procedura penale, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

        "3-bis. Tra la data di notificazione della citazione e la data della udienza di comparizione devono intercorrere gli stessi termini previsti per la citazione dell'imputato".

Art. 6.


        1. L'articolo 275 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 275. (Criteri di scelta delle misure) - 1. Nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto.
            2. Ogni misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata.
            3. Non può essere disposta la misura della custodia cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena.
            4. La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 416-bis del codice penale o ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari.
            5. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, ovvero persona che ha superato l'età di settanta anni.
            6. Non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere quando l'imputato è persona affetta da AIDS conclamato o da grave deficienza immunitaria accertata ai sensi dell'articolo 268-bis, comma 2, ovvero da altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizione di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire cure adeguate in caso di detenzione in carcere.
            7. Nell'ipotesi di cui al comma 5, se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e la custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie e penitenziarie non è possibile senza pregiudizio per la salute dell'imputato o di quella degli altri detenuti, il giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza. Se l'imputato è affetto da AIDS conclamato o da grave deficienza immunitaria, gli arresti domiciliari possono essere disposti presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali dell'assistenza ai malati di AIDS, ovvero presso una residenza collettiva o casa alloggio di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 1990, n. 135.
            8. Il giudice può comunque disporre la custodia cautelare in carcere qualora il soggetto risulti imputato o se sia stato sottoposto ad altra misura cautelare per uno dei delitti previsti dall'articolo 380, relativamente a fatti commessi dopo l'applicazione delle misure disposte ai sensi dei commi 5 e 6. In tal caso il giudice dispone che l'imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie.
            9. La custodia cautelare in carcere non può comunque essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una fase così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative".

        2. L'articolo 624-bis del codice di procedura penale è abrogato.
        3. L'articolo 279 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 279.(Giudice competente) - 1. Sull'applicazione e sulla revoca delle misure nonché sulle modifiche delle loro modalità esecutive, provvede il giudice che procede. Nel corso delle indagini preliminari e dell'udienza preliminare, nonché nel corso del giudizio quando si tratti di reati per cui procede il giudice monocratico, la richiesta è presentata al tribunale competente per territorio".

        4. L'articolo 291 del codice di procedura penale e sostituito dal seguente:

        "Art. 291. (Procedimento applicativo) - 1. Le misure sono disposte su richiesta del pubblico ministero che presenta al giudice individuato a norma dell'articolo 292 gli elementi su cui la richiesta si fonda nonché tutti gli elementi a favore dell'imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive.
            2. Se riconosce la propria incompetenza territoriale, il giudice, quando ne ricorrono le condizioni e sussiste l'esigenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274, dichiara la propria incompetenza. Si applicano in tal caso le disposizioni dell'articolo 27".

        5. L'articolo 292 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 292. (Ordinanza del giudice) - 1. Sulla richiesta del pubblico ministero il tribunale di cui all'articolo 309, comma 7, provvede con ordinanza.
            2. L'ordinanza che dispone le misure cautelari contiene, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio:

                a) le generalità dell'imputato o quanto altro valga a identificarlo;

                b) la descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate;

                c) l'esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato;

                d) l'esposizione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa, nonché, in caso di applicazione della misura della custodia cautelare, in carcere, l'esposizione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui all'articolo 274 non possono essere soddisfatte con altre misure;

                e) la fissazione della data di scadenza della misura, in relazione alle indagini da compiere, allorché questa è disposta al fine di garantire l'esigenza cautelare di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 274;

                f) la data e la sottoscrizione del giudice.

            3. L'ordinanza contiene altresì la sottoscrizione dell'ausiliario che assiste il giudice, il sigillo dell'ufficio e, se possibile, l'indicazione del luogo in cui probabilmente si trova l'imputato.
            4. L'ordinanza è nulla se non contiene la valutazione degli elementi a carico ed a favore dell'imputato, di cui all'articolo 327-bis.
            5. L'incertezza circa il giudice che ha emesso il provvedimento ovvero circa la persona nei cui confronti la misura è disposta esime gli ufficiali e gli agenti incaricati dal darvi esecuzione.
            6. L'ordinanza è inefficace se non è preceduta dall'esercizio dell'azione penale nelle forme e nei termini di cui all'articolo 426, salvo i casi in cui sussistano inderogabili, concrete e specifiche esigenze cautelari, di cui il giudice deve dare espressa contezza nel provvedimento applicativo, che impediscono di attendere agli adempimenti di cui all'articolo 427 e seguenti.
            7. L'ordinanza è nulla quando non siano esposte nel provvedimento inderogabili, concrete e specifiche esigenze, di cui al comma 6, ovvero quando il provvedimento medesimo si determini sul punto come illogico".

        6. L'articolo 294 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 294. (Interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare personale) - 1. Fino alla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, il tribunale di cui all'articolo 292, se non vi ha provveduto nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo di indiziato di delitto, procede all'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della custodia, salvo il caso in cui essa sia assolutamente impedita.
            2. Se la persona è sottoposta ad altra misura cautelare, sia coercitiva che interdittiva, l'interrogatorio deve avvenire non oltre dieci giorni dalla esecuzione del provvedimento o dalla sua notificazione.
            3. L'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare deve avvenire entro il termine di quarantotto ore se il pubblico ministero ne fa istanza nella richiesta di custodia cautelare.
            4. Nel caso di assoluto impedimento, il giudice ne dà atto con decreto motivato e il termine per l'interrogatorio decorre nuovamente dalla data in cui il giudice riceve comunicazione della cessazione dell'impedimento o comunque accerta la cessazione dello stesso.
            5. Mediante l'interrogatorio il giudice valuta se permangono le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari previste dagli articoli 273, 274 e 275. Quando ne ricorrono le condizioni, provvede, a norma dell'articolo 312, alla revoca o alla sostituzione della misura disposta.
            6. Ai fini di quanto previsto dal comma 3, l'interrogatorio è condotto dal giudice con le modalità indicate negli articoli 63 e 64. Al pubblico ministero e al difensore, che hanno facoltà di intervenire, è dato tempestivo avviso del compimento dell'atto.
            7. Per gli interrogatori da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, il giudice, qualora non ritenga di procedere personalmente, richiede il giudice per le indagini preliminari del luogo.
            8. L'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare da parte del pubblico ministero non può precedere l'interrogatorio del giudice".

        7. L'articolo 311 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 311. (Ricorso per cassazione) - 1. Il pubblico ministero che ha chiesto l'applicazione della misura, l'imputato e il suo difensore possono, avverso il provvedimento emesso dal tribunale, proporre ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento. Il ricorso può essere proposto anche dal pubblico ministero presso il tribunale indicato nell'articolo 309, comma 7.
            2. Il ricorso è presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso la decisione. Il giudice cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette gli atti alla Corte di cassazione.
            3. I motivi devono essere enunciati contestualmente al ricorso, ma il ricorrente ha facoltà di enunciare nuovi motivi davanti alla Corte di cassazione, prima dell'inizio delta discussione.
            4. La Corte di cassazione decide entro trenta giorni dalla ricezione degli atti osservando le forme previste dall'articolo 127".

Art. 7.


        1. L'articolo 190 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 190. (Diritto alla prova) - 1. Le prove sono ammesse a richiesta di parte. Il giudice provvede senza ritardo con ordinanza escludendo le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti".

        2. L'articolo 190-bis del codice di procedura penale è abrogato.
        3. L'articolo 192 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 192 (Valutazione della prova) - 1. Il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati.
            2. L'esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti.
            3. Le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato sono valutate, unitamente ad ulteriori elementi di prova che ne confermino l'attendibilità, quando riguardano circostanze e fatti inerenti agli elementi costitutivi del reato direttamente conosciuti ed autonomamente riferiti.
            4. La disposizione del comma 3 non si applica alle dichiarazioni basate su conoscenze altrui ed a quelle rese da persona imputata di un reato connesso o collegato. In tal caso si applicano le disposizioni di cui al comma 2".

        4. L'articolo 267 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 267. (Presupposti e forme del provvedimento) - 1. Il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266. L'autorizzazione è data con decreto motivato quando vi sono gravi indizi di reato e l'intercettazione è assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini. Gli indizi e le ragioni dell'indispensabilità devono essere indicati espressamente nel provvedimento. Le stesse disposizioni si applicano per l'acquisizione di documenti non riguardanti il flusso dei controlli tra utenti telefonici o di altri mezzi di comunicazione.
            2. Il pubblico ministero procede alle operazioni personalmente ovvero avvalendosi di un ufficiale di polizia giudiziaria.
            3. In apposito registro riservato tenuto nell'ufficio del pubblico ministero sono annotati, secondo un ordine cronologico, i decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l'inizio e il termine delle operazioni".

Art. 8.


        1. L'articolo 328 del codice di procedura penale è sostituto dal seguente:

        "Art. 328. (Giudice per le indagini preliminari) - 1. Nei casi previsti dalla legge, sulle richieste del pubblico ministero, delle parti private e della persona offesa dal reato, provvede il giudice per le indagini preliminari".

        2. L'articolo 330 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 330. (Acquisizione delle notizie di reato) - 1. La polizia giudiziaria prende notizia dei reati di propria iniziativa e riceve le notizie di reato presentate o trasmesse a norma degli articoli seguenti.
            2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche al pubblico ministero".

        3. L'articolo 335 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 335 (Registro delle notizie di reato) - 1. Il pubblico ministero iscrive immediatamente, nell'apposito registro custodito presso l'ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa nonché, contestualmente o dal momento in cui risulta, il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito.
            2. Se nel corso delle indagini preliminari muta la qualificazione giuridica del fatto ovvero questo risulta diversamente circostanziato, il pubblico ministero cura l'aggiornamento delle iscrizioni previste dal comma 1 senza procedere a nuove iscrizioni.
            3. Ad esclusione dei casi in cui si procede per uno dei delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), le iscrizioni previste dai commi 1 e 2 sono comunicate alla persona alla quale il reato è attribuito, alla persona offesa e ai rispettivi difensori.
            4. Se sussistono specifiche esigenze attinenti all'attività di indagine, il giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, può disporre, con decreto motivato, il segreto sulle iscrizioni per un periodo non superiore a tre mesi e non rinnovabile".

        4. L'articolo 347 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 347. (Obbligo di riferire la notizia del reato) - 1. La polizia giudiziaria dà immediata e preliminare comunicazione al pubblico ministero del giorno e dell'ora in cui ha acquisito la notizia di reato indicando gli elementi essenziali del fatto e gli altri elementi sino ad allora raccolti e, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.
            2. La polizia giudiziaria, terminate le indagini, ne riferisce, senza ritardo, al pubblico ministero allegando la documentazione relativa a tutti gli atti compiuti".

        5. L'articolo 348 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 348. (Assicurazione delle fonti di prova) - 1. Anche successivamente alla comunicazione della notizia di reato, la polizia giudiziaria continua a svolgere le funzioni indicate nell'articolo 55 raccogliendo in specie ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole.
            2. Al fine indicato nel comma 1, la polizia giudiziaria procede, fra l'altro:

            a) alla ricerca delle cose e delle tracce pertinenti al reato nonché alla conservazione di esse e dello stato dei luoghi;

            b) alla ricerca delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti;

            c) al compimento degli atti indicati negli articoli seguenti.

            3. Quando il pubblico ministero assume personalmente la direzione delle indagini la polizia giudiziaria compie gli atti ad essa specificamente delegati a norma dell'articolo 370 e tutte le attività d'indagine che, anche nell'ambito delle direttive impartite, sono necessarie per accertare i reati, ovvero sono richieste da elementi successivamente emersi. In tal caso assicura le nuove fonti di prova delle quali viene a conoscenza, informando prontamente il pubblico ministero.
            4. La polizia giudiziaria, quando, di propria iniziativa o a seguito di delega del pubblico ministero, compie atti od operazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, può avvalersi di persone idonee le quali non possono rifiutare la propria opera".

        6. L'articolo 369 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 369. (Informazione di garanzia) - 1. Dopo il compimento delle attività di polizia giudiziaria, quando ritenga di svolgere atti d'indagine, il pubblico ministero invia per posta, in piego chiuso raccomandato con ricevuta di ritorno, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa, una informazione di garanzia con indicazione delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto e con invito a esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia.
            2. Qualora ne ravvisi la necessità ovvero l'ufficio postale restituisca il piego per irreperibilità del destinatario, il pubblico ministero può disporre che l'informazione di garanzia sia notificata a norma dell'articolo 151".

        7. L'articolo 370 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 370. (Atti diretti e atti delegati) - 1. Dopo l'informativa di cui al comma 2 dell'articolo 348, il pubblico ministero compie personalmente ogni attività di indagine. Può avvalersi della polizia giudiziaria per il compimento di attività di indagine e di atti specificamente delegati, ivi compresi gli interrogatori ed i confronti cui partecipi la persona sottoposta alle indagini che si trovi in stato di libertà, con l'assistenza necessaria del difensore.
            2. Quando procede a norma del comma 1, la polizia giudiziaria osserva le disposizioni degli articoli 364, 365 e 366.
            3. Per singoli atti da assumere nella circoscrizione di altro tribunale il pubblico ministero, qualora non ritenga di procedere personalmente, può delegare, secondo la rispettiva competenza per materia, il pubblico ministero presso il tribunale del luogo.
            4. Quando ricorrono ragioni di urgenza o altri gravi motivi, il pubblico ministero delegato a norma del comma 3 ha facoltà di procedere di propria iniziativa anche agli atti che a seguito dello svolgimento di quelli specificamente delegati appaiono necessari ai fini delle indagini".

        8. L'articolo 372 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 372. (Avocazione delle indagini) - 1. Il procuratore generale presso la corte di appello dispone, con decreto motivato, e assunte, quando occorre, le necessarie informazioni, l'avocazione delle indagini preliminari quando:

            a) in conseguenza dell'astensione o della incompatibilità del magistrato designato, non è possibile provvedere alla sua tempestiva sostituzione;

            b) il capo dell'ufficio del pubblico ministero ha omesso di provvedere alla tempestiva sostituzione del magistrato designato per le indagini nei casi previsti dall'articolo 36, comma 1, lettere a), b), d) ed e), e quando sussistano gravi ragioni di convenienza.

            2. Il procuratore generale presso la corte di appello, assunte le necessarie informazioni, dispone altresì, con decreto motivato, l'avocazione delle indagini preliminari relative a taluno dei delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), nonché dei delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, quando, trattandosi di indagini collegate, non risulta effettivo il coordinamento delle indagini previste dall'articolo 371, comma 1, e non hanno dato esito le riunioni per il coordinamento disposte o promosse dal procuratore generale anche d'intesa con altri procuratori generali interessati.
            3. In ogni caso, il procuratore generate presso la corte di appello, assunte le necessarie informazioni, dispone, con decreto motivato, l'avocazione delle indagini preliminari nei casi in cui il magistrato designato per le indagini versi in una delle situazioni previste dall'articolo 36, comma 1, lettere a), b), d) ed e) ovvero sussistano gravi ragioni di convenienza.
            4. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 406 e 407. Nel caso in cui i termini previsti da tali articoli siano scaduti, il procuratore generale deve procedere al compimento delle indagini nel termine di sei mesi".

        9. L'articolo 384 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 384. (Fermo di indiziato di delitto) - 1. Anche fuori dei casi di flagranza, quando sussistono specifici elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di fuga, la polizia giudiziaria dispone il fermo della persona gravemente indiziata di un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e superiore nel massimo a sei anni ovvero di un delitto concernente le armi da guerra e gli esplosivi".
        10. L'articolo 390 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 390. (Richiesta di convalida dell'arresto o del fermo) - 1. Entro quarantotto ore dall'arresto o dal fermo il pubblico ministero, qualora non debba ordinare la immediata liberazione dell'arrestato o del fermato, richiede la convalida al giudice indicato dall'articolo 279.
            2. Il giudice fissa l'udienza di convalida al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive dandone avviso, senza ritardo, al pubblico ministero e al difensore.
            3. L'arresto o il fermo diviene inefficace se il pubblico ministero non osserva le prescrizioni del comma 1.
            4. Se non ritiene di comparire, il pubblico ministero trasmette al giudice, per l'udienza di convalida, le richieste in ordine alla libertà personale con gli elementi su cui le stesse si fondano".

        11. Il titolo VI-bis del libro V del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

"TITOLO VI-bis

 

INDAGINI DIFENSIVE


        Art. 391-bis. (Casi e forme delle ispezioni) - 1. Se è necessario procedere ad ispezioni il difensore ne fa richiesta al giudice per le indagini preliminari che, in presenza dei presupposti previsti degli articoli 247 e seguenti, lo autorizza con decreto motivato, indicando l'autorità di polizia giudiziaria che ne cura l'esecuzione.
            2. Per quanto non espressamente previsto dal presente articolo si applicano le disposizioni del capo I del titolo III del libro III.

        Art. 391-ter (Casi e forme delle perquisizioni) - 1. Se è necessario procedere a perquisizione il difensore ne fa richiesta al giudice per le indagini preliminari che, in presenza dei presupposti previsti dall'articolo 247, comma 1, primo periodo, o quando vi è fondato motivo di ritenere che le cose ivi indicate si trovino in un determinato luogo, lo autorizza con decreto motivato, indicando l'autorità di polizia giudiziaria che ne cura l'esecuzione.
            2. Per quanto non espressamente previsto dal presente articolo, si applicano le disposizioni del capo II, titolo III del libro III.

        Art. 391-quater. (Oggetto e formalità del sequestro)- 1. Se è necessario procedere a sequestro ai sensi dell'articolo 252 e segg., il difensore ne fa richiesta al giudicò per le indagini preliminari che, in presenza dei presupposti previsti dal presente codice, lo autorizza con decreto motivato, indicando l'autorità di polizia giudiziaria che ne cura l'esecuzione.
            2. Per quanto non espressamente previsto dal presente articolo, si applicano le disposizioni del capo III, del titolo III del libro III.

        Art. 391-quinquies. (Richiesta di documentazione alla pubblica amministrazione) - 1. Ai fini delle indagini difensive, il difensore può chiedere i documenti in possesso della pubblica amministrazione ed estrarne copia a sue spese.
            2. L'istanza deve essere rivolta alla pubblica amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente.
            3. Il rifiuto da parte della pubblica amministrazione deve essere motivato. Il giudice, a richiesta di parte, previa esecuzione degli accertamenti necessari, ordina l'esibizione dei documenti non coperti da segreto professionale o da segreto di ufficio ovvero da segreto di Stato.

        Art. 391-sexies. (Accesso di luoghi e documentazione)- 1. Quando effettuano un accesso per prendere visione dello stato dei luoghi e delle cose ovvero per procedere alla loro descrizione o per eseguire rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audivisivi, il difensore, il sostituto, gli investitori privati autorizzati o i consulenti tecnici, possono redigere un verbale nel quale sono riportati:

                a) la data ed il luogo dell'accesso;
                b) le proprie generalità e quelle delle persone intervenute;

                c) la descrizione dello stato dei luoghi e delle cose;

                d) l'indicazione degli eventuali rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi eseguiti, che fanno parte integrante dell'atto e sono allegati al medesimo. Il verbale è sottoscritto dalle persone intervenute.

        Art. 391-septies. (Accesso ai luoghi privati o non aperti al pubblico)- 1. Se è necessario accedere ai luoghi privati o non aperti al pubblico e non vi è il consenso di chi ne ha l'attuale disponibilità, l'accesso, su richiesta del difensore, è autorizzato dal giudice per le indagini preliminari con decreto motivato che ne specifica le concrete modalità.
            2. Nel caso di cui al comma 1, la persona presente è avvertita della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purché questa sia prontamente reperibile ed idonea a norma dell'articolo 97.
            3. Non è consentito l'accesso ai luoghi di abitazione e loro appartenenze, salvo che sia necessario accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato.

        Art. 391-octies. (Intercettazioni di comunicazioni) - 1. Se è necessario procedere ad intercettazione telefonica o ambientale ovvero acquisire dati trasmessi per via telematica, il difensore ne fa richiesta al giudice per le indagini preliminari che, in presenza dei presupposti previsti agli articoli 266 e seguenti, lo autorizza con decreto motivato, indicando l'autorità di polizia giudiziaria che ne cura l'esecuzione presso gli impianti della procura o altrove.
            2. Per quanto non espressamente previsto dal presente articolo, si applicano le disposizioni del capo IV, del titolo III, del libro III.

        Art. 391-nonies. (Assunzione di informazioni nell'attività investigativa del difensore) - 1. Salve le incompatibilità previste dall'articolo 197, comma 1, lettere c) e d), per assumere informazioni il difensore, il sostituto, gli investigatori privati autorizzati o i consulenti tecnici possono conferire con le persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell'attività investigativa.

        Art. 391-decies. (Documentazione delle attività investigative del difensore) - 1. Il difensore o il sostituto può sottoporre ad esame le persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell'attività investigativa ovvero chiedere loro una dichiarazione scritta, previo avviso alle medesime:

                a) della propria qualità e dello scopo del colloquio;

                b) della facoltà di non rispondere o di non rilasciare la dichiarazione, con avvertimento che in tal caso può essere disposta dal giudice l'audizione prevista dal comma 7;

                c) dell'obbligo di dichiarare se sono sottoposte ad indagini o sono imputate nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato, e della conseguente facoltà di non rispondere;

                d) del divieto di rivelare le domande eventualmente formulate dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero e le risposte date;

                e) delle responsabilità penali conseguenti alla falsa o reticente dichiarazione.

            2. Per conferire con una persona sottoposta ad indagini o imputata nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato, deve essere dato avviso, almeno ventiquattro ore prima, al suo difensore.
            3. Alle persone già sentite dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero, dal difensore o, dal sostituto non possono essere chieste informazioni sulle domande formulate e sulle risposte date o comunque sull'attività investigativa svolta.
            4. Le informazioni assunte in violazione di una delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 non possono essere utilizzate. La violazione di tali disposizioni costituisce illecito disciplinare ed è comunicata dal giudice che procede all'organo titolare del potere disciplinare.
            5. Per assumere informazioni da persona detenuta, il difensore deve munirsi di specifica autorizzazione del giudice che procede nei confronti della stessa, sentiti il suo difensore ed il pubblico ministero. Prima dell'esercizio dell'azione penale l'autorizzazione è data dal giudice per le indagini preliminari. Durante l'esecuzione della pena provvede il magistrato di sorveglianza.
            6. All'assunzione di informazioni non possono assistere la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa e le altri parti private.
            7. Quando la persona in grado di riferire circostanze utili ai fini dell'attività investigativa abbia esercitato la facoltà di cui alla lettera b) del comma 1, il giudice, su richiesta del difensore, ne dispone l'audizione, fatta eccezione per le persone sottoposte ad indagini o imputate nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato.
            8. Il difensore o il sostituto, nel corso dell'attività investigativa, interrompe l'esame della persona non imputata ovvero della persona non sottoposta alle indagini, qualora essa renda dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità a suo carico. Le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese. Se la persona doveva essere sentita sin dall'inizio in qualità di imputato o di persona sottoposta alle indagini, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate.
            9. La dichiarazione è autenticata dal difensore o dal sostituto, che redige una relazione nella quale sono riportati:

                a) la data in cui ha ricevuto la dichiarazione;

                b) le proprie generalità e quelle della persona che ha rilasciato la dichiarazione;

                c) l'attestazione di aver rivolto gli avvertimenti previsti dal comma 1;
                d) i fatti sui quali verte la dichiarazione.

            10. La dichiarazione è allegata alla relazione.
            11. Le dichiarazioni delle persone che forniscono informazioni possono essere documentate anche mediante trascrizione, verbalizzazione, registrazione con mezzi meccanici, fonografici o audiovisivi.

        Art. 391-undecies. (Audizione delle persone sentite dalle parti) - 1. Ai fini della decisione da adottare, il giudice può disporre, anche di ufficio, l'audizione delle persone che hanno rilasciato dichiarazioni prodotte dalle parti, ordinandone la citazione e dandone avviso.
            2. Alle dichiarazioni assunte a norma del comma 1 e dell'articolo 391-decies, comma 7, si applicano le disposizioni relative alle dichiarazioni previste dall'articolo 415-bis.

        Art. 391-duodecies. (Potere di segretazione del pubblico ministero) - 1. Se sussistono specifiche esigenze attinenti all'attività di indagine, il pubblico ministero può disporre, con decreto motivato, l'obbligo del segreto sulle dichiarazioni rese a sé o alla polizia giudiziaria e vietare alle persone sentite di comunicare i fatti e le circostanze oggetto dell'indagine di cui hanno conoscenza. L'obbligo del segreto non può avere una durata superiore ad un mese.
            2. Il pubblico ministero, nel comunicare l'obbligo del segreto alle persone che hanno rilasciato le dichiarazioni, le avverte delle responsabilità penali conseguenti all'indebita rivelazione delle notizie.

        Art. 391-terdecies. (Fascicolo del difensore) - 1. Nel corso delle indagini preliminari e nell'udienza preliminare, quando il giudice deve adottare una decisione con l'intervento della parte privata, il difensore può presentargli direttamente gli elementi di prova a favore del proprio assistito.
            2. Nel corso delle indagini preliminari il difensore che abbia conoscenza di un procedimento penale può presentare gli elementi difensivi di cui al comma 1 direttamente al giudice, perché ne tenga conto anche nel caso in cui debba adottare una decisione per la quale non è previsto l'intervento della parte assistita.
            3. La documentazione, in copia, è inserita nel fascicolo del difensore, che è formato e conservato presso l'ufficio del giudice per le indagini preliminari. Della documentazione il pubblico ministero può prendere visione ed estrarre copia prima che venga adottata una decisione su richiesta delle altre parti o con il loro intervento. Dopo la chiusura delle indagini preliminari il fascicolo del difensore è conservato presso l'ufficio del pubblico ministero, unitamente al fascicolo degli atti di indagine.
            4. Il difensore può, in ogni caso, presentare al pubblico ministero gli elementi di prova a favore del proprio assistito".

        12. L'articolo 398 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 398. (Provvedimenti sulla richiesta di incidente probatorio) - 1. Entro due giorni dal deposito della prova della notifica e comunque dopo la scadenza del termine previsto dall'articolo 396, comma 1, il giudice pronuncia ordinanza con la quale accoglie, dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di incidente probatorio. L'ordinanza di inammissibilità o di rigetto è immediatamente comunicata al pubblico ministero e notificata alle persone interessate.
            2. Con l'ordinanza che accoglie la richiesta il giudice stabilisce:

                a) l'oggetto della prova nei limiti della richiesta e delle deduzioni;

                b) le persone interessate all'assunzione della prova individuate sulla base della richiesta e delle deduzioni;

                c) la data dell'udienza con avviso agli interessati di depositare, non più tardi di cinque giorni prima, della data stessa, gli atti d'indagine in loro possesso e che 41 tale deposito è condizione per la loro utilizzabilità nell'ulteriore corso del procedimento. Tra il provvedimento e la data dell'udienza non può intercorrere un termine superiore a dieci giorni.
            3. Il giudice fa notificare alla persona sottoposta alle indagini, alla persona offesa e ai difensori avviso del giorno, dell'ora e del luogo in cui si deve procedere all'incidente probatorio almeno due giorni prima della data fissata con l'avvertimento che nei due giorni precedenti l'udienza possono prendere cognizione ed estrarre copia delle dichiarazioni già rese dalla persona da esaminare. Nello stesso termine l'avviso è comunicato al pubblico ministero.
            4. La persona sottoposta alle indagini ed i difensori delle parti hanno diritto di ottenere copia degli atti depositati ai sensi dell'articolo 393, comma 2-bis.
            5. Se si deve procedere a più incidenti probatori, essi sono assegnati alla medesima udienza, sempreché non ne derivi ritardo.
            6. Quando ricorrono ragioni di urgenza e l'incidente probatorio non può essere svolto nella circoscrizione del giudice competente, quest'ultimo può delegare il giudice per le indagini preliminari del luogo dove la prova deve essere assunta.
            7. Nel caso di indagini che riguardano ipotesi di reato previste dagli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater e 609-octies del codice penale, il giudice, ove fra le persone interessate all'assunzione della prova vi siano minori di anni sedici, con l'ordinanza di cui al comma 2, stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all'incidente probatorio, quando le esigenze del minore lo rendono necessario od opportuno. A tal fine l'udienza può svolgersi anche in luogo diverso dal tribunale, avvalendosi il giudice, ove esistano, di strutture specializzate di assistenza o, in mancanza, presso l'abitazione dello stesso minore. Le dichiarazioni testimoniali devono essere documentate integralmente con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. Quando si verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, si provvede con le forme della perizia ovvero della consulenza tecnica. Dell'interrogatorio è anche redatto verbale in forma riassuntiva. La trascrizione della riproduzione è disposta solo se richiesta dalle parti".

Art. 9.


        1. L'articolo 415-bis del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 415-bis. (Avviso all'indagato della chiusura delle indagini).- 1. Prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell'articolo 405, anche se prorogato, il pubblico ministero, se non deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, fa notificare all'indagato ed alla persona offesa dal reato l'avviso di chiusura delle indagini.
            2. L'avviso contiene:

                a) le generalità dell'indagato o le altre indicazioni che valgano a identificarlo nonché le generalità della persona offesa dal reato qualora ne sia possibile l'identificazione;

                b) l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge;

                c) l'indicazione analitica delle fonti di prova acquisite;

                d) la data e la sottoscrizione.

            3. L'avviso contiene altresì:

                a) l'avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l'indagato ed il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia;

                b) l'avvertimento che l'indagato ha facoltà, entro il termine di sessanta giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni difensive;

                c) l'avviso che l'indagato e il suo difensore hanno facoltà, entro lo stesso termine di cui alla lettera b), di presentare al giudice per le indagini preliminari la richiesta di acquisizione di tutti i mezzi di prova previsti dal libro III che ritengono necessari;

                d) l'avviso che, decorso il termine di cui alla lettera b), il pubblico ministero presenterà al giudice la richiesta di citazione ai sensi dell'articolo 415-quater.

            4. L'indagato deve presentare la richiesta di cui al comma 3 nella segreteria del pubblico ministero".

        2. Dopo l'articolo 415-bis del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:

        "Art. 415-ter. (Acquisizione delle prove richieste dalla difesa).- 1. Qualora l'indagato si sia avvalso della facoltà di cui all'articolo 415-bis, comma 3, il pubblico ministero deposita nella cancelleria del giudice il fascicolo contenente la notizia di reato e la documentazione relativa a tutte le indagini espletate.
            2. Entro dieci giorni dal deposito del fascicolo, il giudice fissa con decreto il giorno, l'ora e il luogo dell'udienza in camera di consiglio, provvedendo a norma dell'articolo 97 quando l'indagato è privo del difensore di fiducia.
            3. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 392 e seguenti.
            4. Il giudice provvede con ordinanza all'ammissione delle prove richieste a norma del comma 1, e di quelle di cui ritiene indispensabile l'acquisizione. L'ammissione di prove già contenute nel fascicolo depositato a norma del comma 1, è disposta solo quando risulti necessario.
            5. Con l'ordinanza che ammette le prove, il giudice, se non è possibile procedere immediatamente all'assunzione delle stesse, fissa la data della nuova udienza dando le disposizioni necessarie per la citazione dei testimoni, delle persone indicate nell'articolo 210 e dei periti ovvero per l'espletamento di confronti e di ricognizioni.
            6. L'audizione e l'interrogatorio delle persone di cui sia stata disposta l'ammissione, sono condotti direttamente dalle parti con le forme previste dagli articoli 498 e 499.

        Art. 415-quater. (Richiesta di citazione a giudizio).- 1. Esaurita l'acquisizione delle prove richieste il giudice dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero il quale, entro trenta giorni, se non deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 409, notifica all'imputato la richiesta di citazione a giudizio.
            2. La richiesta contiene:

                a) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni che valgano a identificarlo nonché le generalità della persona offesa dal reato qualora ne sia possibile l'identificazione;

                b) l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge;

                c) l'avviso che l'imputato ha facoltà di richiedere, entro cinque giorni dalla notificazione della richiesta, con atto depositato nella segreteria del pubblico ministero, la definizione anticipata del processo avvertendolo che saranno utilizzati ai fini del giudizio gli atti acquisiti nel corso delle indagini preliminari e quelli assunti dal giudice dopo l'avviso di chiusura delle stesse e che in caso di condanna la pena irrogata, tenuto conto di tutte le circostanze, sarà diminuita di un terzo e che alla pena dell'ergastolo sarà sostituita la pena di trent'anni di reclusione;

                d) l'avviso che qualora ne ricorrano i presupposti l'imputato può chiedere l'applicazione della pena con atto depositato nella segreteria del pubblico ministero secondo le forme di cui alla lettera c);

                e) l'avviso che qualora l'imputato non si avvalga di alcuna delle facoltà previste dalle lettere c) e d), il pubblico ministero presenterà il fascicolo al giudice monocratico;

                f) la data e la sottoscrizione.
            3. Il pubblico ministero emette richiesta di citazione a giudizio nel caso in cui l'imputato non si sia avvalso della facoltà di cui all'articolo 415-bis, comma 3, lettera c)".

        3. Il titolo IX del libro V del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

"TITOLO IX

 

GIURISDIZIONE MONOCRATICA

 

Capo I

 

COSTITUZIONE DELLE PARTI


        Art. 416. (Presentazione della richiesta di citazione).- 1. Decorso il termine di cui all'articolo 415-quater, comma 1, il pubblico ministero deposita nella cancelleria del giudice, unitamente alla prova della notifica della richiesta, il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate ed ai verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari. Il corpo del reato e le cose pertinenti al reato sono allegati al fascicolo qualora non debbano essere custoditi altrove.
            2. Qualora l'imputato di reati di competenza del giudice abbia esercitato le facoltà di cui all'articolo 415-quater, comma 2, lettere c) e d), il giudice, entro cinque giorni, emette l'avviso di comparizione. Qualora l'imputato non abbia esercitato tali facoltà l'avviso contiene gli avvertimenti di cui all'articolo 451.
            3. Qualora l'imputato, al quale siano stati contestati reati di competenza del tribunale, abbia esercitato le facoltà di cui all'articolo 415-quater, il giudice emette il decreto che dispone il giudizio osservando il disposto di cui all'articolo 451.
            4. Qualora l'imputato di reati di competenza del tribunale non si sia avvalso delle facoltà di cui all'articolo 415-quater, comma 2, lettere c) e d), il giudice emette l'avviso di comparizione per l'udienza predibattimentale.
        Art. 417. (Avviso di comparazione).- 1. l'avviso di comparizione contiene:

                a) le generalità dell'imputato e le altre indicazioni personali che valgono ad identificarlo nonché le generalità delle altre parti private con l'indicazione dei difensori;

                b) l'indicazione del giudice competente per il giudizio;

                c) l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione;

                d) la data e la sottoscrizione del giudice e del suo ausiliario.

            2. Il giudice fa notificare all'imputato e alla persona offesa, della quale risultino l'identità e il domicilio, l'avviso del giorno, dell'ora e del luogo dell'udienza.
            3. L'avviso è altresì comunicato al pubblico ministero e notificato al difensore dell'imputato.
            4. Gli avvisi sono notificati almeno dieci giorni prima della data dell'udienza. Entro lo stesso termine è notificata la citazione del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.
            5. Le disposizioni dei commi 2, 3 e 4 sono previste a pena di nullità.

        Art. 418. (Disciplina dell'udienza).- 1. L'udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore dell'imputato.
            2. Il giudice procede agli accertamenti relativi alla costituzione delle parti ordinando la rinnovazione degli avvisi, delle citazioni, delle comunicazioni e delle comunicazioni di cui dichiara la nullità.

        Art. 419. (Rinnovazione dell'avviso).- 1. Il giudice dispone, anche d'ufficio, che sia rinnovato l'avviso di comparizione a norma dell'articolo 417, comma 1, quando è provato o appare probabile che l'imputato non ne abbia avuto effettiva conoscenza, sempre che il fatto non sia dovuto a sua colpa e fuori dei casi di notificazione mediante consegna al difensore a norma degli articoli 159, 161, comma 4, e 169.
            2. La probabilità che l'imputato non abbia avuto conoscenza dell'avviso è liberamente valutata dal giudice. Tale valutazione non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione.

Capo II.

 

DISCUSSIONE


        Art. 420. (Svolgimento della discussione).- 1. Il pubblico ministero e successivamente i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato illustrano le rispettive conclusioni.
            2. Se l'imputato ha chiesto la definizione anticipata del processo, nell'udienza il pubblico ministero, ove ritenga provata la responsabilità dell'imputato, indica la pena alla quale lo stesso deve essere condannato. La parte civile presenta le sue conclusioni scritte.
            3. Nel caso in cui l'imputato non abbia chiesto la definizione del processo nell'udienza, il pubblico ministero sollecita i provvedimenti di cui all'articolo 423 ovvero di cui all'articolo 429.
            4. Il pubblico ministero e i difensori possono replicare una sola volta.

Capo III.

 

DECISIONI

 

Sezione I

 

Deliberazione


        Art. 421. (Provvedimenti del giudice ).- 1. Esaurita la discussione, il giudice procede alla deliberazione pronunciando, secondo i casi, sentenza di non luogo a procedere, sentenza di condanna o di assoluzione o il decreto che dispone il giudizio.
            2. Il giudice dà immediata lettura del provvedimento. La lettura equivale a notificazione per le parti presenti.
            3. Il provvedimento è immediatamente depositato in cancelleria. Le parti hanno diritto di ottenerne copia.
            4. Tutti i provvedimenti adottati nell'udienza sono notificati all'imputato non presente.

Sezione II

 

Sentenze


        Art. 422. (Sentenze di proscioglimento).- 1. Se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero quando risulta che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa, il giudice pronunzia sentenza di non luogo a procedere, indicandone la causa nel dispositivo.
            2. Ai fini della pronunzia della sentenza di cui al comma 1, il giudice tiene conto delle circostanze attenuanti. Si applicano le disposizioni dell'articolo 79 del codice penale.
            3. Si applicano in ogni caso gli articoli 529, 530, 531 e 532.
            4. Si applicano le disposizioni dell'articolo 537.

        Art. 423. (Sentenza di condanna).- 1. Nel caso in cui l'imputato abbia chiesto la definizione del processo in udienza e risulti colpevole del reato contestatogli, il giudice pronunzia sentenza di condanna applicando la pena e l'eventuale misura di sicurezza.
            2. La pena applicata, tenuto conto di tutte le circostanze, è diminuita di un terzo. Alla pena dell'ergastolo è sostituita quella massima temporanea.
            3. Si applicano l'articolo 533, commi 2 e 3, e gli articoli da 534 a 537.
            4. Il giudice decide sulle domande relative alla restituzione ed al risarcimento del danno osservando le disposizioni di cui agli articoli 538 e 543.

        Art. 424. (Requisiti della sentenza).- 1. La sentenza contiene:

                a) l'intestazione in nome del popolo italiano e l'indicazione dell'autorità che l'ha pronunziata;

                b) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono ad identificarlo nonché le generalità delle altre parti private;

                c) l'imputazione;

                d) l'indicazione delle conclusioni delle parti e delle facoltà esercitate ai sensi dell'articolo 415-quater;

                e) l'esposizione sommaria dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, con l'indicazione delle prove poste a base della decisione stessa e l'enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie;

                f) il dispositivo, con l'indicazione dei relativi articoli di legge applicati;

                g) la data e la sottoscrizione del giudice.

            2. In caso di impedimento del giudice la sentenza è sottoscritta dal presidente del tribunale previa menzione della causa della sostituzione.

        3. Oltre che nel caso previsto dall'articolo 125, comma 3, la sentenza è nulla se manca o e incompleto nei suoi elementi essenziali il dispositivo ovvero se manca la sottoscrizione del giudice.
            4. Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi della sentenza di non luogo a procedere, il giudice provvede non oltre il trentesimo giorno da quello della pronunzia.

        Art. 425. - (Condanna del querelante alle spese e ai danni).- 1. Quando si tratta di reato per il quale si procede a querela della persona offesa, con la sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, il giudice condanna il querelante al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato.
        2. Nei casi previsti dal comma 1, il giudice, quando ne è fatta domanda, condanna inoltre il querelante alla rifusione delle spese sostenute dall'imputato e, se il querelante si è costituito parte civile, anche di quelle sostenute dal responsabile civile citato o intervenuto. Quando ricorrono giusti motivi, le spese possono essere compensate in tutto o in parte.
        3. Se vi è colpa grave, il giudice può condannare il querelante a risarcire i danni all'imputato e al responsabile civile che ne hanno fatto domanda.
        4. Contro il capo della sentenza di non luogo a procedere che decide sulle spese e sui danni possono proporre impugnazione, a norma dell'articolo 421, il querelante, l'imputato e il responsabile civile.
        5. Se il reato è estinto per remissione della querela, si applica la disposizione dell'articolo 340, comma 4.

Sezione III

 

Impugnazioni


        Art. 426. (Impugnazione delle sentenze). - 1. Per l'impugnazione delle sentenze emesse nell'udienza preliminare si applicano le disposizioni del libro IX.

        Art. 427. (Citazione a giudizio). - 1. Qualora l'imputato non si sia avvalso delle facoltà previste dall'articolo 415-quater e non sia possibile pronunziare sentenza di non luogo a procedere, il giudice emette decreto che dispone il giudizio dinanzi al tribunale in composizione collegiale.
        2. Il decreto che dispone il giudizio contiene:

                a) le generalità dell'imputato e le altre indicazioni personali che valgono ad identificarlo nonché le generalità delle altre parti private con l'indicazione dei difensori;
                b) l'indicazione della persona offesa dal reato qualora identificata;

                c) l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza con l'indicazione dei relativi articoli di legge;

                d) l'indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono;

                e) il dispositivo, con l'indicazione del giudice competente per il giudizio;

                f) l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia;

                g) la data e la sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario che lo assiste.

            3. Il decreto è nullo se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 1, lettere c) e f).
        4. Tra la data del decreto e la data fissata per il giudizio deve intercorrere un termine non inferiore a venti giorni.

        Art. 428. (Fascicolo per il dibattimento) - 1. Immediatamente dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio, il giudice provvede nel contraddittorio delle parti alla formazione del fascicolo per il dibattimento. Se una delle parti ne fa richiesta il giudice fissa una nuova udienza, non oltre il termine di quindici giorni, per la formazione del fascicolo. Nel fascicolo del dibattimento sono raccolti:

                a) gli atti relativi alla procedibilità dell'azione penale e all'esercizio dell'azione civile;

                b) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria;

                c) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dai pubblico ministero;

                d) i documenti acquisiti all'estero mediante rogatoria internazionale ed i verbali degli atti non ripetibili assunti con le stesse modalità;

                e) i verbali degli atti assunti nell'incidente probatorio;

                f) i verbali degli atti diversi da quelli previsti dalla lettera d) assunti all'estero a seguito di rogatoria internazionale al quali i difensori siano stati posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana;

                g) il certificato generale del casellario giudiziale e gli altri documenti indicati nell'articolo 236;

                h) il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non debbano essere custoditi altrove.

        2. Le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero nonché della documentazione relativa all'attività di investigazione difensiva.

        Art. 429. (Trasmissione e custodia del fascicolo per il dibattimento). - 1. Il decreto che dispone il giudizio è trasmesso senza ritardo, con il fascicolo previsto dall'articolo 428 e con l'eventuale provvedimento che abbia disposto misure cautelari in corso di esecuzione, alla cancelleria del giudice competente per il giudizio.

        Art. 430. (Fascicolo del pubblico ministero). - 1. Gli atti diversi da quelli previsti dall'articolo 428 sono trasmessi al pubblico ministero con gli atti acquisiti all'udienza preliminare unitamente al verbale dell'udienza.
            2. I difensori hanno facoltà di prendere visione ed estrarre copia, nella segreteria del pubblico ministero, degli atti raccolti nel fascicolo formato a norma del comma 1.
            3. Nel fascicolo del pubblico ministero è altresì inserita la documentazione dell'attività prevista dell'articolo 427 quando di essa le parti si sono servite per la formulazione di richieste al giudice del dibattimento e quest'ultimo le ha accolte".
        4.Gli articoli da 438 a 443 del codice di procedura penale sono abrogati.

Art. 10.


        1. L'articolo 444 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 444. (Applicazione della pena su richiesta) - 1. L'imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l'applicazione, nella specie e nella misura indicate, di una pena detentiva, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo.
            2. Se vi è il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, il giudice, sulla base degli atti, se ritiene che la qualificazione giuridica del fatto, l'applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti siano corrette e la pena sia congrua, dispone con sentenza l'applicazione delle pena indicata, enunciando nel dispositivo che vi è stata la richiesta delle parti. Se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda; non si applica la disposizione dell'articolo 75, comma 3. In caso di accoglimento della richiesta il giudice condanna l'imputato al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile salvo che ritenga di disporne, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale.
            3. La parte, nel formulare la richiesta, può subordinarne l'efficacia alla concessione della sospensione condizionale della pena. In questo caso il giudice, se ritiene che la sospensione condizionale non può essere concessa, rigetta la richiesta".

        2. L'articolo 449 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 444. (Casi e modi del giudizio direttissimo) - 1. Quando una persona è stata arrestata in flagranza di un reato, il pubblico ministero, se ritiene di dover procedere, può presentare direttamente l'imputato in stato di arresto davanti al giudice indicato nell'articolo 279, per la convalida. Si applicano al giudizio di convalida le disposizioni di cui all'articolo 391, in quanto compatibili.
            2. Se l'arresto è convalidato, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero affinché, entro le quarantotto ore successive, presenti l'imputato in stato di custodia cautelare dinanzi al giudice del dibattimento. Entro il termine di quindici giorni l'imputato liberato successivamente all'avvenuto giudizio di convalida, è citato a comparire dinanzi al giudice dibattimentale.
            3. Se l'arresto non è convalidato, il pubblico ministero può procedere ugualmente al giudizio direttissimo con le forme previste dal comma 2, nel termine di quarantotto ore dallo svolgimento del giudizio di convalida, purché l'imputato esprima consenso all'esito dell'udienza di convalida.
            4. Il pubblico ministero può, inoltre, procedere al giudizio direttissimo nei confronti della persona che nel corso dell'interrogatorio ha reso confessione. L'imputato libero è citato a comparire a una udienza non successiva al quindicesimo giorno dall'iscrizione nel registro delle notizie di reato. L'imputato in stato di custodia cautelare per il fatto per cui si procede è presentato all'udienza entro il medesimo termine.
            5. Quando il reato per cui è richiesto il giudizio direttissimo risulta connesso con altri reati per i quali mancano le condizioni che giustificano la scelta di tale rito, si procede separatamente per gli altri reati e nei confronti degli altri imputati, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini. Se la riunione risulta indispensabile, prevale in ogni caso il rito ordinario".

        3. L'articolo 450 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 450. (Instaurazione del giudizio direttissimo). - 1. Se ritiene di procedere a giudizio direttissimo, il pubblico ministero, successivamente all'avvenuta convalida, fa condurre all'udienza l'imputato in stato di custodia cautelare, nei termini di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 449.
            2. Se l'imputato è libero, il pubblico ministero lo cita a comparire all'udienza per il giudizio direttissimo. Il termine per comparire non può essere inferiore a tre giorni.
            3. La citazione contiene i requisiti previsti dall'articolo 427, comma 2, lettere a), b), c) e f), con l'indicazione del giudice competente per il giudizio nonché la data e la sottoscrizione. Si applica inoltre la disposizione dell'articolo 427, comma 3.
            4. Il decreto, unitamente al fascicolo previsto dall'articolo 428, formato dal pubblico ministero, è trasmesso alla cancelleria del giudice competente per il giudizio.
            5. Al difensore è notificato senza ritardo a cura del pubblico ministero l'avviso della data fissata per il giudizio.
            6. Il difensore ha facoltà di prendere visione e di estrarre copia, nella segreteria del pubblico ministero, della documentazione relativa alle indagini espletate".

Art. 11.


        1. Al comma 1 dell'articolo 465 ed al comma 1 dell'articolo 467 del codice di procedura penale, dopo le parole: "o della corte di assise," sono inserite le seguenti: "ovvero il giudice o il giudice di pace,".

        2. All'articolo 468 del codice di procedura penale, al comma 2, dopo le parole: "o della corte di assise" e dopo le parole: "il presidente" sono inserite le seguenti: "o il giudice ovvero il giudice di pace"; al comma 4-bis, dopo le parole: "dal presidente" sono inserite le seguenti: "o dal giudice ovvero dal giudice di pace"; al comma 5, dopo le parole: "Il presidente" sono inserite le seguenti: "o il giudice ovvero il giudice di pace".

        3. Ai commi 1 e 2 dell'articolo 484 ed al comma 1 dell'articolo 494 del codice di procedura penale dopo la parola: "presidente" sono inserite le seguenti: "o il giudice ovvero il giudice di pace".

        4. L'articolo 500 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
        "Art. 500. (Contestazioni nell'esame testimoniale). - 1. Fermi i divieti di lettura e di allegazione, le parti, per contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione, possono servirsi delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone e contenute nel fascicolo del pubblico ministero.
            2. La facoltà di cui al comma 1 può essere esercitata solo se sui fatti e sulle circostanze da contestare il testimone abbia già deposto.
            3. Le parti possono procedere alla contestazione anche quando il teste rifiuta o comunque omette, in tutto o in parte, di rispondere sulle circostanze riferite nelle precedenti dichiarazioni".

        5. L'articolo 503 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 503. (Esame delle parti private) - 1. Il presidente dispone l'esame delle parti che ne abbiano fatto richiesta o che vi abbiano consentito, secondo il seguente ordine: parte civile, responsabile civile, persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e imputato.
            2. L'esame si svolge nei modi previsti dagli articoli 498 e 499. Ha inizio con le domande del difensore o del pubblico ministero che l'ha chiesto e prosegue con le domande, secondo i casi, del pubblico ministero che dei difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, del coimputato e dell'imputato. Quindi, chi ha iniziato l'esame può rivolgere nuove domande.
            3. Fermi i divieti di lettura e di allegazione, il pubblico ministero e i difensori, per contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione, possono servirsi delle dichiarazioni precedentemente rese dalla parte esaminata e contenute nel fascicolo del pubblico ministero. Tale facoltà può essere esercitata solo se sui fatti e sulle circostanze da contestare la parte abbia già deposto.
            4. Si applica la disposizione dell'articolo 500, comma 3.
            5. Le dichiarazioni alle quali il difensore aveva diritto di assistere assunte dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero sono acquisite nel fascicolo per il dibattimento, se sono state utilizzate per le contestazioni previste dal comma 3.
            6. La disposizione prevista dal comma 5 si applica anche per le dichiarazioni rese a norma degli articoli 294, 299, comma 3-ter, 391 e 415-ter.
            7. Le dichiarazioni acquisite nel fascicolo del dibattimento, se sono utilizzate per le contestazioni, possono essere valutate dal giudice nei confronti degli altri imputati, senza il loro consenso, solo al fine di stabilire la credibilità della persona esaminata".

        6. L'articolo 507 del codice di procedura penale è abrogato.
        7. L'articolo 513 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 513 - (Lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare) - 1. Il giudice, se l'imputato è contumace o assente ovvero rifiuta di sottoporsi all'esame, dispone, a richiesta di parte, che sia data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall'imputato al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, ma tali dichiarazioni non possono essere utilizzate, senza il loro consenso, nei confronti di altri imputati, salvo che risulti provato che il dichiarante è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità, affinché non deponga.
            2. Se le dichiarazioni sono state rese dalle persone indicate nell'articolo 210, il giudice, a richiesta di parte, dispone, secondo i casi, l'accompagnamento coattivo del dichiarante o l'esame a domicilio o la rogatoria internazionale ovvero l'esame in altro modo previsto dalla legge con la garanzia del contraddittorio. Se non è possibile ottenere la presenza del dichiarante, ovvero procedere all'esame in uno dei modi suddetti, il giudice dà lettura delle dichiarazioni in precedenza rese, qualora la impossibilità dipenda da fatti o circostanze oggettive ed imprevedibili al momento delle dichiarazioni di cui si fornisca la prova e che impediscono comunque la svolgimento dell'esame.
            3. Quando la persona esaminata ai sensi del comma 2, rifiuta od omette, in tutto o in parte, di rispondere, le dichiarazioni rese in precedenza non possono essere acquisite nel fascicolo per il dibattimento, salvo che le parti vi consentano ovvero risulti provata la condotta illecita indicata al comma 1 posta in essere nei confronti della persona esaminata.
            4. Se le dichiarazioni di cui ai commi 1, 2 e 3 sono state assunte ai sensi dell'articolo 392, si applicano le disposizioni dell'articolo 511".

Art. 12.


        1. Il libro VIII del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

"LIBRO VIII

 

DEL GIUDICE DI PACE

 

TITOLO I

 

DISPOSIZIONI GENERALI


        Art. 549. (Princìpi generali del procedimento davanti al giudice di pace). - 1. Nel procedimento davanti al giudice di pace, per tutto ciò che non è previsto dal presente libro, si osservano, in quanto applicabili, le norme contenute nel presente codice e nei titoli I e II delle relative norme di attuazione approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, ad eccezione delle disposizioni relative:

                a) all'incidente probatorio;

                b) all'arresto in flagranza e al fermo di indiziato di delitto;

                c) alle misure cautelari personali;

                d) alla proroga del termine per le indagini;
                e) all'udienza predibattimentale;

                f) all'applicazione della pena su richiesta;

                g) al giudizio direttissimo;

                h) al decreto penale di condanna.

            2. Nel corso del procedimento, il giudice di pace deve favorire, per quanto possibile, la conciliazione tra le parti.

        Art. 550. (Assunzione della qualità di imputato). - 1. Nel procedimento davanti al giudice di pace, assume la qualità di imputato la persona alla quale il reato è attribuito nella citazione a giudizio disposta dalla polizia giudiziaria o nel decreto di convocazione delle parti emesso dal giudice di pace.

        Art. 551. (Funzione del giudice per le indagini preliminari). - 1. Per gli atti da compiere nella fase delle indagini preliminari provvede il giudice di pace del luogo ove ha sede il tribunale del circondario in cui è compreso il giudice territorialmente competente.

TITOLO II

 

INDAGINI PRELIMINARI


        Art. 552 (Attività di indagine). - 1. Acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria compie di propria iniziativa tutti gli atti di indagine necessari per la ricostruzione del fatto e per l'individuazione del colpevole e ne riferisce al pubblico ministero, con relazione scritta, entro il termine di quattro mesi.
            2. Se la notizia di reato risulta fondata, la polizia giudiziaria enuncia nella relazione il fatto in forma chiara e precisa, con l'indicazione degli articoli di legge che si assumono violati, e richiede l'autorizzazione a disporre la comparizione della persona sottoposta ad indagini davanti al giudice di pace.
            3. Con la relazione, la polizia giudiziaria indica il giorno e l'ora in cui ha acquisito la notizia.
        Art. 553. (Notizie di reato ricevute dal pubblico ministero).- 1. Sa1vo che ritenga di richiedere l'archiviazione, il pubblico ministero se prende direttamente notizia di un reato di competenza del giudice di pace ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio, la trasmette alla polizia giudiziaria, perché proceda ai sensi dell'articolo 552, impartendo, se necessario, le opportune direttive. Il pubblico ministero, se non ritiene necessari atti di indagine, formula l'imputazione e autorizza la polizia giudiziaria alla citazione a giudizio dell'imputato.

        Art. 554. (Autorizzazione del pubblico ministero al compimento di atti).- 1. La polizia giudiziaria può richiedere al pubblico ministero l'autorizzazione al compimento di accertamenti tecnici irripetibili ovvero di interrogatori o di confronti cui partecipi la persona sottoposta alle indagini. Il pubblico ministero, se non ritiene di svolgere personalmente le indagini o singoli atti, può autorizzare la polizia giudiziaria al compimento degli atti richiesti. Allo stesso modo provvede se viene richiesta l'autorizzazione al compimento di perquisizioni e di sequestri nei casi in cui la polizia giudiziaria non può procedervi di propria iniziativa.

        Art. 555. (Iscrizione della notizia di reato).- 1. Il pubblico ministero provvede all'iscrizione della notizia di reato a seguito della trasmissione della relazione di cui all'articolo 552 ovvero anche prima di aver ricevuto la relazione fin dal primo atto di indagine svolto personalmente.

        Art. 556. (Chiusura delle indagini preliminari).- 1. Ricevuta la relazione di cui all'articolo 552 il pubblico ministero, se non richiede l'archiviazione, esercita l'azione penale, formulando l'imputazione e autorizzando la citazione dell'imputato.
            2. Se ritiene necessarie ulteriori indagini, il pubblico ministero vi provvede personalmente ovvero si avvale della polizia giudiziaria, impartendo direttive o delegando il compimento di specifici atti.

        Art. 557 (Durata delle indagini preliminari).- 1. Il termine per la chiusura delle indagini preliminari è di quattro mesi dall'iscrizione della notizia di reato.
            2. Nei casi di particolare complessità, il pubblico ministero dispone, con provvedimento motivato, la prosecuzione delle indagini preliminari per un periodo di tempo non superiore a due mesi. Il provvedimento è immediatamente comunicato al giudice di pace di cui all'articolo 7-bis, che se non ritiene sussistenti, in tutto o in parte, le ragioni rappresentate dal pubblico ministero, entro cinque giorni dalla comunicazione dichiara la chiusura delle indagini ovvero riduce il termine indicato.
            3. Gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza dei termini indicati nei commi 1 e 2 non possono essere utilizzati.

        Art. 558 - (Archiviazione).- 1. Il pubblico ministero presenta al giudice di pace richiesta di archiviazione quando la notizia di reato è infondata, nonché nei casi previsti dagli articoli 411 del presente codice e 125 delle norme di attuazione, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali compiuti davanti al giudice.
            2. Copia della richiesta è notificata alla persona offesa che nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione abbia dichiarato di voler essere informata circa l'eventuale archiviazione. Nella richiesta è altresì precisato che nel termine di dieci giorni la persona offesa può prendere visione degli atti e presentare richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari. Con l'opposizione alla richiesta di archiviazione la persona offesa indica, a pena di inammissibilità, gli elementi di prova che giustificano il rigetto della richiesta o le ulteriori indagini necessarie.
            3. Il pubblico ministero provvede sempre a norma del comma 2 nei casi in cui la richiesta di archiviazione è successiva alla trasmissione del ricorso ai sensi dell'articolo 567-ter, comma 2.
            4. Il giudice, se accoglie la richiesta, dispone con decreto l'archiviazione, altrimenti restituisce, con ordinanza, gli atti al pubblico ministero indicando le ulteriori indagini necessarie e fissando il termine indispensabile per il loro compimento ovvero disponendo che entro dieci giorni il pubblico ministero formuli l'imputazione.
            5. Quando è ignoto l'autore del reato si osservano le disposizioni di cui all'articolo 415.

        Art. 559 - (Assunzione di prove non rinviabili).- 1. Fino all'udienza di comparizione, il giudice di pace dispone, a richiesta di parte, l'assunzione delle prove non rinviabili, osservando le forme previste per il dibattimento. Si applicano le disposizioni previste dall'articolo 467, commi 2 e 3.

        Art. 560 - (Provvedimenti del giudice nel corso delle indagini).- 1. Nel corso delle indagini e fino al deposito dell'atto di citazione a norma dell'articolo 567-sexies, comma 1, competente a disporre il sequestro preventivo e conservativo è il giudice di pace indicato nell'articolo 7-bis.
        2. Il giudice di cui al comma 1 decide anche sulla richiesta di archiviazione, sull'opposizione di cui all'articolo 263, comma 5, sulla richiesta di sequestro di cui all'articolo 368, nonché sulla richiesta di riapertura delle indagini. Lo stesso giudice è altresì competente a decidere sulla richiesta di autorizzazione a disporre le operazioni di intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di comunicazioni informatiche o telematiche ovvero di altre forme di telecomunicazione, nonché per i successivi provvedimenti riguardanti l'esecuzione delle operazioni e la conservazione della documentazione.

TITOLO III

 

CITAZIONE A GIUDIZIO


        Art. 561 - (Citazione a giudizio disposta dalla polizia giudiziaria).- 1. La polizia giudiziaria, sulla base dell'imputazione formulata dal pubblico ministero, cita l'imputato dinanzi al giudice di pace.
            2. La citazione contiene:

                a) le generalità dell'imputato e le altre indicazioni personali che valgono ad identificarlo;

                b) l'indicazione della persona offesa, qualora risulti identificata;

                c) l'imputazione formulata dal pubblico ministero e l'indicazione delle fonti di prova di cui si chiede l'ammissione. Se viene chiesto l'esame di testimoni o di consulenti tecnici, nell'atto devono essere indicate, a pena di inammissibilità, le circostanze su cui deve vertere l'esame;

                d) l'indicazione del giudice competente per il giudizio, nonché del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia;

                e) l'avviso che l'imputato ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito da un difensore di ufficio;

                f) l'avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari è depositato presso la segreteria del pubblico ministero e che le parti e i loro difensori hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia.

            3. La citazione è notificata, a cura della polizia giudiziaria, all'imputato, al suo difensore e alla parte offesa almeno trenta giorni prima dell'udienza.
            4. La citazione deve essere sottoscritta, a pena di nullità, da un ufficiale di polizia giudiziaria.
            5. La citazione a giudizio è depositata nella segreteria del pubblico ministero unitamente al fascicolo contenente la documentazione relativa alle indagini espletate, il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non debbano essere custoditi altrove.
            6. La citazione è nulla se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 2, lettere c), d) ed e).

        Art. 562. (Emissione della citazione a giudizio disposta dalla polizia giudiziaria).- 1. Ai fini dell'emissione della citazione a giudizio di cui all'articolo 570, il pubblico ministero richiede al giudice di pace di indicare il giorno e l'ora della comparizione.
            2. La richiesta del pubblico ministero e l'indicazione del giudice di pace sono comunicate anche con mezzi telematici.

        Art. 563. (Delegati del procuratore della Repubblica nel procedimento penale davanti al giudice di pace).- 1. Nei procedimenti penali davanti al giudice di pace, le funzioni del pubblico ministero possono essere svolte, per delega del procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario:

                a) nell'udienza dibattimentale, da uditori giudiziari, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio, da ufficiali di polizia giudiziaria diversi da coloro che hanno preso parte alle indagini preliminari, o da laureati in giurisprudenza che frequentano il secondo anno della scuola biennale di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni;

                b) per gli atti del pubblico ministero previsti dagli articoli 564 e 567-bis, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio;

                c) nei procedimenti in camera di consiglio di cui all'articolo 127 nei procedimenti di esecuzione ai fini dell'intervento di cui all'articolo 655, comma 2, e nei procedimenti di opposizione al decreto del pubblico ministero di liquidazione del compenso a periti, consulenti tecnici e traduttori ai sensi dell'articolo 11 della legge 8 luglio 1980, n, 319, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio.

            2. Nei casi indicati nel comma 1, la delega è conferita in relazione ad una determinata udienza o a un singolo procedimento.
            3. La delega è revocabile nei soli casi in cui il presente codice prevede la sostituzione del pubblico ministero.
            4. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 162, commi 1, 3 e 4, delle norme di attuazione, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.

        Art. 564.(Ricorso immediato a giudice).- 1. Per i reati procedibili a querela è ammessa la citazione a giudizio dinanzi al giudice di pace della persona alla quale il reato è attribuito su ricorso della persona offesa.
            2. Il ricorso deve contenere:

                a) l'indicazione del giudice;

                b) le generalità del ricorrente e, se si tratta di persona giuridica o di associazione non riconosciuta, la denominazione dell'ente, con l'indicazione del legale rappresentante;

                c) l'indicazione del difensore del ricorrente e la relativa nomina;

                d) l'indicazione delle altre persone offese dal medesimo reato delle quali il ricorrente conosca l'identità;

                e) le generalità della persona citata a giudizio;

                f) la descrizione, in forma chiara e precisa, del fatto che si addebita alla persona citata a giudizio, con l'indicazione degli articoli di legge che si assumono violati;

                g) i documenti di cui si chiede l'acquisizione;

                h) l'indicazione delle fonti di prova a sostegno della richiesta, nonché delle circostanze su cui deve vertere l'esame dei testimoni e dei consulenti tecnici;

                i) la richiesta di fissazione dell'udienza per procedere nei confronti delle persone citate a giudizio.

            3. Il ricorso deve essere sottoscritto dalla persona offesa o dal suo legale rappresentante e dal difensore. La sottoscrizione della persona offesa è autenticata dal difensore.
            4. Nei casi previsti dagli articoli 120, secondo e terzo comma, e 121 del codice penale, il ricorso è sottoscritto, a seconda dei casi, dal genitore, dal tutore o dal curatore ovvero dal curatore speciale. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 338 del presente codice.
            5. La presentazione del ricorso produce gli stessi effetti della presentazione della querela.

        Art. 565. (Presentazione del ricorso).- 1. Il ricorso, previamente comunicato al pubblico ministero mediante deposito di copia presso la sua segreteria, è presentato, a cura del ricorrente, con la prova dell'avvenuta comunicazione, nella cancelleria del giudice di pace competente per territorio nel termine di tre mesi dalla notizia del fatto che costituisce reato.
            2. Se per il medesimo fatto la persona offesa ha già presentato querela, deve farne menzione nel ricorso, allegandone copia e depositando altra copia presso la segreteria del pubblico ministero.
            3. Nel caso previsto dal comma 2, il giudice di pace dispone l'acquisizione della querela in originale.
            4. Quando si procede in seguito a ricorso sono inapplicabili le diverse disposizioni che regolano la procedura ordinaria.

        Art. 566. (Costituzione di parte civile).- 1. La costituzione di parte civile deve avvenire, a pena di decadenza, con la presentazione del ricorso. La richiesta motivata di restituzione o di risarcimento del danno contenuta nel ricorso è equiparata a tutti gli effetti alla costituzione di parte civile.

        Art. 567 (Inammissibilità del ricorso).- 1. Il ricorso è inammissibile:

                a) se è presentato oltre il termine indicato dall'articolo 565, comma 1;

                b) se risulta presentato fuori dei casi previsti;

                c) se non contiene i requisiti indicati nell'articolo 564, comma 2, ovvero non risulta sottoscritto a norma dei commi 3 e 4 del medesimo articolo;

                d) se è insufficiente la descrizione del fatto o l'indicazione delle fonti di prova;

                e) se manca la prova dell'avvenuta comunicazione al pubblico ministero.
        Art. 567-bis. (Richieste del pubblico ministero).- 1. Entro dieci giorni dalla comunicazione del ricorso, il pubblico ministero presenta le sue richieste nella cancelleria del giudice di pace.
            2. Se ritiene il ricorso inammissibile o manifestamente infondato, ovvero presentato dinanzi ad un giudice di pace incompetente per territorio, il pubblico ministero esprime parere contrario alla citazione altrimenti formula l'imputazione confermando o modificando l'addebito contenuto nel ricorso.

        Art. 567-ter. (Provvedimenti del giudice di pace).- 1. Decorso il termine indicato nell'articolo 567-bis, comma 1, il giudice di pace, anche se il pubblico ministero non ha presentato richieste, provvede a norma del presente articolo.
            2. Se ritiene il ricorso inammissibile o manifestamente infondato, il giudice di pace ne dispone la trasmissione al pubblico ministero per l'ulteriore corso del procedimento.
            3. Se il ricorso risulta presentato per un reato che appartiene alla competenza di altro giudice, il giudice di pace ne dispone, con ordinanza, la trasmissione al pubblico ministero.
            4. Se riconosce la propria incompetenza per territorio, il giudice di pace la dichiara con ordinanza e restituisce gli atti al ricorrente che, nel termine di venti giorni, ha facoltà di reiterare il ricorso davanti al giudice competente. L'inosservanza del termine è causa di inammissibilità del ricorso.

        Art. 567-quater (Decreto di convocazione delle parti).- 1. Se non deve provvedere ai sensi dell'articolo 567-ter il giudice di pace, entro venti giorni dal deposito del ricorso, convoca le parti in udienza con decreto.
            2. Tra il giorno del deposito del ricorso e l'udienza non devono intercorrere più di novanta giorni.
            3. Il decreto contiene:

                a) l'indicazione del giudice che procede, nonché del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione;
                b) le generalità della persona nei cui confronti è stato presentato il ricorso, con l'invito a comparire e l'avvertimento che non comparendo sarà giudicato in contumacia;

                c) l'avviso che la persona di cui alla lettera b) ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito dal difensore di ufficio nominato nel decreto;

                d) la trascrizione dell'imputazione formulata dal pubblico ministero;

                e) la data e la sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario che l'assiste.

            4. Il decreto, unitamente al ricorso, è notificato, a cura del ricorrente, al pubblico ministero, alla persona citata in giudizio e al suo difensore almeno venti giorni prima dell'udienza. Entro lo stesso termine il ricorrente notifica il decreto alle altre persone offese di cui conosca l'identità.
            5. La convocazione è nulla se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 3, lettere a), b), c) e d).

        Art. 567-quinquies(Pluralità di persone offese).- 1. Il ricorso presentato da una fra più persone offese non impedisce alle altre di intervenire nel processo, con l'assistenza di un difensore e con gli stessi diritti che spettano al ricorrente principale.
            2. Le persone offese intervenute possono costituirsi parte civile prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.
        3. La mancata comparizione delle persone offese, alle quali il decreto sia stato regolarmente notificato ai sensi dell'articolo 567-quater, comma 4, equivale a rinuncia al diritto di querela ovvero alla remissione della querela, qualora sia stata già presentata.

TITOLO IV

 

GIUDIZIO


        Art. 567-sexies (Udienza di comparazione) - 1. Almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione, il pubblico ministero o la persona offesa nel caso previsto dall'articolo 564, depositano nella cancelleria del giudice di pace l'atto di citazione a giudizio con le relative notifiche.
            2. Fuori dei casi previsti dagli articoli 561 e 564, le parti che intendono chiedere l'esame dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell'articolo 210 devono, a pena di inammissibilità, almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione, depositare in cancelleria le liste con l'indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame.
            3. Nei casi in cui occorre rinnovare la convocazione o la citazione a giudizio ovvero le relative notificazioni, vi provvede il giudice di pace, anche d'ufficio.
            4. Il giudice, quando il reato è perseguibile a querela, promuove la conciliazione tra le parti. In tal caso, qualora sia utile per favorire la conciliazione, il giudice può rinviare l'udienza per un periodo non superiore a due mesi e, ove occorra, può avvalersi anche dell'attività di mediazione di centri e di strutture pubbliche o private presenti sul territorio. In ogni caso, le dichiarazioni rese dalle parti nel corso dell'attività di conciliazione non possono essere in alcun modo utilizzate ai fini della deliberazione.
            5. In caso di conciliazione è redatto processo verbale attestante la remissione di querela o la rinuncia al ricorso di cui all'articolo 564 e la relativa accettazione. La rinuncia al ricorso produce gli stessi effetti della remissione della querela.
            6. Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento l'imputato può presentare domanda di oblazione.
            7. Dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, se può procedersi immediatamente al giudizio, il giudice ammette le prove richieste escludendo quelle vietate dalla legge, superflue o irrilevanti e invita le parti ad indicare gli atti da inserire nel fascicolo per il dibattimento, provvedendo a norma dell'articolo 453. Le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo del dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, della documentazione relativa all'attività di investigazione difensiva, nonché della documentazione allegata al ricorso di cui all'articolo 564.
            8. Se occorre fissare altra udienza per il giudizio, il giudice autorizza ciascuna parte alla citazione dei propri testimoni o consulenti tecnici, escludendo le testimonianze vietate dalla legge e quelle manifestamente sovrabbondanti. La parte che omette la citazione decade dalla prova.

        Art. 567-septies - (Udienza di comparizione a seguito di ricorso al giudice da parte della persona offesa) - 1. La mancata comparizione all'udienza del ricorrente o del suo procuratore speciale non dovuta ad impossibilità a comparire per caso fortuito o forza maggiore determina l'improcedibilità del ricorso, salvo che l'imputato o la persona offesa intervenuta e che abbia presentato querela chieda che si proceda al giudizio.
            2. Con l'ordinanza con cui dichiara l'improcedibilità del ricorso ai sensi del comma 1, il giudice di pace condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali, nonché al risarcimento dei danni in favore della persona citata in giudizio che ne abbia fatto domanda.
            3. Se il reato contestato nell'imputazione non rientra tra quelli per cui è ammessa la citazione a giudizio su istanza della persona offesa, il giudice di pace trasmette gli atti al pubblico ministero, salvo che l'imputato chieda che si proceda ugualmente al giudizio.

        Art. 567-octies. (Fissazione di nuova udienza a seguito di impossibilità a comparire) - 1. In caso di dichiarazione di improcedibitità ai sensi dell'articolo 567-septies, comma 1, il ricorrente può presentare istanza di fissazione di nuova udienza se prova che la mancata comparizione è stata dovuta a caso fortuito o a forza maggiore.
            2. L'istanza è presentata al giudice di pace entro dieci giorni dalla cessazione del fatto costituente caso fortuito o forza maggiore. Il termine è stabilito a pena di decadenza.
            3. Se accoglie l'istanza, il giudice di pace convoca le parti per una nuova udienza ai sensi dell'articolo 567-quater, invitando il ricorrente a provvedere alle notifiche a norma del comma 4 dello stesso articolo.
            4. Contro il decreto motivato che respinge la richiesta di fissazione di nuova udienza può essere proposto ricorso al tribunale in composizione monocratica, che decide con ordinanza inoppugnabile.

        Art. 567-nonies. (Dibattimento) - 1. Su accordo delle parti, l'esame dei testimoni, del periti, dei consulenti tecnici e dalle parti private può essere condotto dal giudice sulla base delle domande e delle contestazioni proposte dal pubblico ministero e dai difensori.
            2. Terminata l'acquisizione delle prove, il giudice, se risulta assolutamente necessario, può disporre anche d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova, compresi quelli relativi agli atti acquisiti a norma dell'articolo 567-sexies, comma 7.
            3. Il verbale di udienza, di regola, è redatto solo in forma riassuntiva.
            4. La motivazione della sentenza è redatta dal giudice in forma abbreviata e depositata nel termine di quindici giorni dalla lettura del dispositivo. Il giudice può dettare la motivazione direttamente a verbale.
            5. In caso di impedimento del giudice la sentenza è sottoscritta dal presidente del tribunale, previa menzione della causa di sostituzione".

Art. 13.


        1. Dopo l'articolo 574 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

        "Art. 574-bis. (Impugnazione del ricorrente che ha chiesto la citazione a giudizio dell'imputato) - 1. Il ricorrente che ha chiesto la citazione a giudizio dell'imputato a norma dell'articolo 573 può proporre impugnazione, anche agli effetti penali, contro la sentenza di proscioglimento del giudice di pace negli stessi casi in cui è ammessa l'impugnazione da parte del pubblico ministero.
            2. Con il provvedimento che rigetta o dichiara inammissibile l'impugnazione, il ricorrente è condannato alla rifusione delle spese processuali sostenute dall'imputato e dal responsabile civile. Se vi è colpa grave, il ricorrente può essere condannato al risarcimento dei danni causati all'imputato e al responsabile civile".

        2. L'articolo 585 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 585. (Termini per l'impugnazione) - 1. Il termine per proporre impugnazione, per ciascuna delle parti è:

                a) di quindici giorni, per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio e nel caso previsto dall'articolo 544, comma 1;

                b) di quarantacinque giorni, negli altri casi.

            2. I termini previsti dal comma 1 decorrono:

                a) dalla notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito del provvedimento;

                b) dalla lettura del provvedimento in udienza, quando è redatta anche la motivazione, per tutte le parti che sono state o che devono considerarsi presenti nel giudizio, anche se non sono presenti alla lettura;

                c) dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione dell'avviso di deposito con l'estratto del provvedimento, per l'imputato contumace e per il procuratore generale presso la corte di appello rispetto ai provvedimenti emessi in udienza da qualsiasi giudice della sua circoscrizione diverso dalla corte di appello.
            3. Quando la decorrenza è diversa per l'imputato e per il suo difensore, opera per entrambi il termine che scade per ultimo.
            4. Fino a quindici giorni prima dell'udienza possono essere presentati nella cancelleria del giudice della impugnazione motivi nuovi nel numero di copie necessarie per tutte le parti. L'inammissibilità dell'impugnazione si estende ai motivi nuovi.
            5. I termini previsti dal presente articolo sono stabiliti a pena di decadenza".

        3. L'articolo 594 del codice di procedura penale è sostituito dai seguenti:

        "Art. 594. (Impugnazione del pubblico ministero delle sentenze del giudice di pace) - 1. Il pubblico ministero può proporre appello contro le sentenze di condanna del giudice di pace che applicano una pena diversa da quella pecuniaria e contro le sentenze di proscioglimento per reati puniti con pena alternativa.
            2. Il pubblico ministero può proporre ricorso per cassazione contro le sentenze del giudice di pace.

        Art. 594-bis. (Impugnazione dell'imputato delle sentenze del giudice di pace) - 1. L'imputato può proporre appello contro le sentenze di condanna del giudice di pace che applicano una pena diversa da quella pecuniaria; può altresì proporre appello contro le sentenze che applicano la pena pecuniaria se impugna il capo relativo alla condanna, anche generica, al risarcimento del danno.
            2. L'imputato può proporre ricorso per cassazione contro le sentenze di condanna del giudice di pace che applicano la sola pena pecuniaria e contro le sentenze di proscioglimento".

        4. Il comma 1 dell'articolo 599 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

      "1. Quando l'appello ha esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione tra circostanze, o l'applicabilità di circostanze, di sanzioni sostitutive, della sospensione condizionale della pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, la corte, in deroga a quanto previsto dall'articolo 127, giudica sui motivi, sulla richiesta del procuratore generale e sulle memorie delle altre parti senza l'intervento dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell'udienza tutte le parti possono presentare motivi nuovi e memorie e, fino a cinque giorni prima, possono presentare memorie di repliche. In tali i casi la corte fissa l'udienza entro sessanta giorni dalla ricezione degli atti".

        5. Il comma 2 dell'articolo 601 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "2. Quando si procede in camera di consiglio a norma dell'articolo 599, l'avviso di fissazione dell'udienza è notificato alle parti e ai difensori almeno venti giorni prima".

        6. L'articolo 606 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 606. (Casi di ricorso) - 1. Il ricorso per cassazione può essere proposto per i seguenti motivi:

                a) esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri;

                b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale;

                c) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza;

                d) mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta a norma dell'articolo 495, comma 2;

                e) mancanza, contraddittorietà o illogicità della motivazione;
                f) omesso esame di questioni decisive quando si è proceduto a norma dell'articolo 599.

            2. Il ricorso, oltre che nei casi e con gli effetti determinati da particolari disposizioni, può essere proposto contro le sentenze pronunciate in grado di appello o inappellabili.
            3. Il ricorso è inammissibile se è proposto per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge o manifestamente infondati ovvero, fuori dei casi previsti dagli articoli 569 e 609, comma 2, per violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello".

        7. L'articolo 610 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 610. (Atti preliminari) - 1. Il presidente della Corte di cassazione provvede all'assegnazione dei ricorsi alle singole sezioni secondo i criteri stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario.
            2. Il presidente, su richiesta del procuratore generale, dei difensori delle parti o anche di ufficio, assegna il ricorso alle sezioni unite quando le questioni proposte sono di speciale importanza o quando occorre dirimere contrasti insorti tra le decisioni delle singole sezioni.
            3. Il presidente della Corte, se si tratta delle sezioni unite, ovvero il presidente della sezione fissa la data per la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in camera di consiglio e designa il relatore. Il presidente dispone altresì la riunione dei giudizi nei casi previsti dall'articolo 17 e la separazione dei medesimi quando giovi alla speditezza della decisione.
            4. La cancelleria dà immediata comunicazione al procuratore generale del deposito degli atti per la richiesta della dichiarazione di inammissibilità del ricorso sulla quale la corte decide con le forme dell'articolo 611, comma 1.
            5. Almeno trenta giorni prima della data dell'udienza, la cancelleria ne dà avviso al procuratore generale ed ai difensori, indicando se il ricorso sarà deciso a seguito di udienza pubblica ovvero in camera di consiglio. In quest'ultimo caso, l'avviso deve inoltre precisare se vi è la richiesta di dichiarazione di inammissibilità, enunciando la causa dedotta".

        8. L'articolo 169-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è abrogato.
        9. Il comma 1 dell'articolo 611 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "1. Oltre che nei casi particolarmente previsti dalla legge, la Corte procede in camera di consiglio quando deve decidere sui ricorsi diretti a censurare l'entità della pena, l'applicabilità di circostanze del reato, la comparazione tra più circostanze, l'applicabilità di sanzioni sostitutive, della sospensione condizionale della pena ovvero della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario. La Corte provvede altresì in camera di consiglio quando deve decidere su ogni ricorso contro provvedimenti non emessi nel dibattimento".

Art. 14.


        1. Dopo l'articolo 656 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:

        "Art. 656-bis. (Esecuzione della pena, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità) - 1. La sentenza penale irrevocabile è trasmessa per estratto a cura della cancelleria al pubblico ministero del circondario ove ha sede l'ufficio del giudice individuato ai sensi dell'articolo 665-bis.
            2. Il pubblico ministero, emesso l'ordine di esecuzione, lo trasmette immediatamente, unitamente all'estratto della sentenza di condanna contenente le modalità di esecuzione della pena, all'ufficio di pubblica sicurezza del comune in cui il condannato risiede o, in mancanza di questo, al comando dell'arma dei carabinieri territorialmente competente.
            3. Appena ricevuto il provvedimento di cui al comma 2, l'organo di polizia ne consegna copia al condannato ingiungendogli di attenersi alla prescrizioni in esso contenute. Qualora il condannato sia detenuto o internato, copia dell'ordine di esecuzione è notificata altresì al direttore dell'istituto o della sezione, il quale informa anticipatamente l'organo di polizia della dimissione del condannato. In tal caso la pena comincia a decorrere dal primo giorno di detenzione domiciliare o di lavoro sostitutivo successivo a quello della dimissione.

        Art. 656-ter. (Modifica delle modalità di esecuzione della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità) - 1. Le modalità di esecuzione della permanenza domiciliare e del divieto di accesso eventualmente imposto nonché del lavoro di pubblica utilità stabilite nella sentenza emessa dal giudice possono essere modificate per motivi di assoluta necessità dal giudice osservando le disposizioni dell'articolo 666.
            2. La richiesta di modifica non sospende l'esecuzione delle pene; in caso di assoluta urgenza, le modifiche possono essere adottate con provvedimento provvisorio revocabile nelle fasi successive del procedimento".

        2. Dopo l'articolo 665 del capo I del titolo III del libro X del codice di procedura penale, è inserito il seguente capo:

"CAPO I-bis

 

DISPOSIZIONI SULL'ESECUZIONE


        Art. 665-bis. (Sospensione di pene detentive). - 1. Quando deve essere eseguita pena detentiva in concreto non superiore a cinque anni, il pubblico ministero chiede al giudice dell'esecuzione di valutare se, avendo riguardo al reato commesso, alle circostanze di fatto che lo hanno accompagnato, al tempo trascorso, al comportamento successivamente serbato dal condannato e al pericolo che egli commetta altri reati, la pena debba essere in concreto e eseguita.
            2. Il giudice dell'esecuzione, quando sulla base dei criteri indicati al comma 1, ritenga sussisterne i presupposti, dispone che l'esecuzione della pena resti sospesa per un periodo equivalente a quello della pena inflitta.
            3. La sospensione è immediatamente revocata quando il giudice dell'esecuzione accerti comportamenti incompatibili con la risocializzazione del condannato.
            4. Decorso il periodo di sospensione, il giudice dell'esecuzione, qualora verifichi che il condannato abbia effettivamente mantenuto un comportamento tale da rendere pronosticabile che si asterrà dal commettere ulteriori reati e che intende definitivamente reinserirsi nel contesto sociale, dichiara estinta la pena e ogni altro effetto penale.
            5. Nel periodo che decorre tra il passaggio in giudicato della sentenza e la decisione assunta dal giudice dell'esecuzione ai fini del provvedimento di eventuale sospensione dell'esecuzione della pena, il condannato che sia in stato di libertà mantiene tale status. Per i condannati in stato di custodia cautelare in carcere, l'esecuzione della pena ha corso almeno fino alla decisione del giudice dell'esecuzione.

        Art. 665-ter. (Giudice dell'esecuzione nel procedimento davanti al giudice di pace) - 1. Salvo diversa disposizione di legge, competente a conoscere dell'esecuzione di un provvedimento è il giudice di pace che l'ha emesso.
            2. Se l'esecuzione concerne più provvedimenti emessi da diversi giudici di pace, è competente il giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo.
            3. Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice di pace e da altro giudice ordinario, è competente in ogni caso quest'ultimo.
            4. Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice di pace e da un giudice speciale, è competente per l'esecuzione il tribunale nel cui circondario ha sede il giudice di pace.
            5. I giudici indicati nel presente articolo sono competenti anche se il provvedimento da eseguire è stato comunque riformato".

        3. Dopo l'articolo 666 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:

        "Art. 666-bis (Procedimento di esecuzione davanti al giudice di pace) - 1. Salvo quanto previsto nel comma 2, nel procedimento di esecuzione davanti al giudice di pace si osservano le disposizioni di cui all'articolo 666.
            2. Contro il decreto del giudice di pace che dichiara inammissibile la richiesta formulata nel procedimento di esecuzione e contro l'ordinanza che decide sulla richiesta, l'interessato può proporre, entro quindici giorni dalla notifica del provvedimento, ricorso per motivi di legittimità al tribunale in composizione monocratica nel cui circondario ha sede il giudice di pace.
            3. Il tribunale decide con ordinanza non impugnabile. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 127.

        Art. 666-ter. (Esecuzione delle pene pecuniarie). - 1. Le condanne a pena pecuniaria si eseguono a norma dell'articolo 660, ma l'accertamento della effettiva insolvibilità del condannato è svolto dal giudice di pace competente per l'esecuzione che adotta, altresì, i provvedimenti in ordine alla rateizzazione ovvero alla conversione della pena pecuniaria".

        4. L'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

        "Art. 47. (Affidamento in prova al servizio sociale). - 1. Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il condannato è affidato al servizio sociale fuori dell'istituto per un periodo uguale a quella della pena da scontare.
            2. Quando la pena da espiare sia superiore a tre anni ma inferiore a cinque, il provvedimento è adottato sulla base dei risultati della osservazione della personalità, condotta collegialmente per almeno un mese in istituto, nei casi in cui si può ritenere che il provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni di cui al comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
            3. Negli stessi casi di cui al comma 2 l'affidamento in prova al servizio sociale può essere disposto senza procedere all'osservazione in istituto quando il condannato, dopo la commissione del reato, ha serbato comportamento tale da consentire il giudizio di cui al medesimo comma 2.
            4. Se l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale è proposta dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo dell'esecuzione, cui l'istanza deve essere rivolta, può sospendere l'esecuzione della pena e ordinare la liberazione del condannato, quando sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'ammissione all'affidamento in prova e al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione e non vi sia pericolo di fuga. La sospensione dell'esecuzione della pena opera sino alla decisione del tribunale di sorveglianza, cui il magistrato di sorveglianza trasmette immediatamente gli atti e che decide entro quarantacinque giorni. Se l'istanza non è accolta, riprende l'esecuzione della pena, e non può essere accordata altra sospensione quale che sia l'istanza successivamente proposta.
            5. All'atto dell'affidamento è redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto dovrà seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla libertà di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali ed al lavoro.
            6. Con lo stesso provvedimento può essere disposto che durante tutto o parte del periodo di affidamento in prova il condannato non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un comune determinato; in particolare sono stabilite prescrizioni che impediscano al soggetto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati.
            7. Nel verbale deve anche stabilirsi che l'affidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza familiare.
            8. Nel corso dell'affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza.
            9. Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita.
            10. Il servizio sociale riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza sul comportamento del soggetto.
            11. L'affidamento è revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova.
            12. Le disposizioni di cui ai commi da 4 a 10 non si applicano nel caso previsto del comma 1. Nella medesima ipotesi il servizio sociale competente controlla la condotta del condannato e riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza sulle condizioni di vita, familiari, sociali e lavorative del condannato. Il beneficio è immediatamente revocato se il condannato impedisce al servizio sociale lo svolgimento delle attività di controllo ovvero commette un delitto non colposo per cui viene inflitta la pena della reclusione.
            13. L'esito positivo del periodo di prova estingue la pena e ogni altro effetto penale".

Art. 15.


        1. Il comma 1-bis dell'articolo 133 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è abrogato.
        2. L'articolo 4 della legge 27 marzo 2001, n. 97, è abrogato.

Art. 16.


        1. Gli articoli 416, 416-bis e 416-ter del codice penale devono essere interpretati nel senso che non sono in essi ricomprese le condotte di cui all'articolo 110 del medesimo codice.

Art. 17.


        1. L'articolo 317 del codice penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 317. (Concussione) Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, con violenza o minaccia, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente a lui o ad un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni".

        2. All'articolo 318 del codice penale è aggiunto, infine, il seguente comma:

        "La pena è ridotta di un terzo nelle ipotesi in cui il pubblico ufficiale solleciti inutilmente una dazione o promessa di denaro o di altra utilità per le finalità indicate nel secondo comma".

        3. L'articolo 319 del codice penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 319. (Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé un ingiusto vantaggio patrimoniale è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
        La pena è aumentata nel minimo a due anni e nel massimo a cinque se il pubblico ufficiale, in esecuzione di un accordo con il privato, riceve denaro o altra utilità, ovvero ne accetta la promessa per omettere o ritardare o per avere omesso o per avere ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio.
La pena è aumentata nel minimo a tre anni e nel massimo a sette se l'accordo ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene.
La pena è aumentata nel massimo a otto anni se, a fronte della ricezione di denaro o altra utilità, ovvero dell'accettazione della promessa, l'abuso è commesso per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo.
        Nell'ipotesi in cui il pubblico ufficiale solleciti inutilmente una dazione o promessa di denaro o di altra utilità per le finalità indicate nel secondo comma è punito con la pena della reclusione da due a quattro anni".

        4. L'articolo 319-bis del codice penale è abrogato.
        5. L'articolo 320 del codice penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 320. (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio). - Le disposizioni dell'articolo 319, commi secondo e quinto, si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio; quelle dell'articolo 318 si applicano anche alla persona incaricata di un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato.
        In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore ad un terzo".

        6. L'articolo 321 del codice penale è abrogato.
        7. L'articolo 322 del codice penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 322. (Istigazione alla corruzione da parte di privato). - Il privato che istiga il pubblico ufficiale, l'incaricato di pubblico servizio, ovvero la persona incaricata di un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato, offrendogli o promettendogli denaro o altra utilità non dovuti, a porre in essere un atto del suo ufficio ovvero un abuso del suo ufficio è punito, qualora l'istigazione non sia accolta, con la pena della reclusione fino a un anno.
        Qualora l'istigazione sia accolta, si applica la pena della reclusione da uno a due anni.
        Se l'istigazione attraverso promessa od offerta è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio a omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l'istigazione non sia accolta, alla pena della reclusione da uno a tre anni.
        Qualora l'istigazione sia accolta, si applica la pena della reclusione da due a quattro anni.
        Nei casi in cui l'accordo corruttivo tra privato e pubblico ufficiale, ovvero incaricato di un pubblico servizio anche quando rivesta la qualità di pubblico impiegato, sia il risultato di una azione induttiva posta in essere da questo ultimo, il privato soggiace alle pene stabilite dai commi secondo e quarto, diminuite di un terzo".

        8. L'articolo 594 del codice penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 594. (Ingiuria). - Chiunque offende l'onore e il decoro di una persona, anche mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni rivolti alla persona offesa, se tale offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato è punito con la multa fino a 1.033 euro.
        La pena è aumentata qualora l'offesa sia commessa in presenza di più persone".

Art. 18.


        1. L'articolo 595 del codice penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 595. (Diffamazione). - Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo 594, comunicando con più persone offende la altrui reputazione, è punito, se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, con la multa fino a 2.066 euro.
        Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o a una sua rappresentanza, o a una Autorità, costituita in collegio, le pene sono aumentate".

        2. Il comma 2 dell'articolo 538 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "2. Se pronuncia condanna dell'imputato al risarcimento, il giudice provvede altresì alla liquidazione, salvo che sia prevista la competenza di altro giudice. Il giudice provvede comunque alla liquidazione nell'ipotesi in cui pronunci condanna per i reati di ingiuria o diffamazione".

        3. Dopo l'articolo 595 del codice penale è inserito il seguente:

        "Art. 595-bis. (Sospensione condizionata della pena per i reati di ingiuria o diffamazione) - Nell'ipotesi di condanna per i reati di ingiuria o diffamazione la pena è condizionalmente sospesa.
        Nell'ipotesi in cui è pronunciata condanna al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, la condanna è condizionalmente sospesa per i due mesi successivi al passaggio in giudicato della sentenza. Se entro tale termine il condannato provvede al risarcimento dei danni, il reato è estinto".

        4. L'articolo 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 è sostituito dal seguente:

        "Art. 13. (Pene per la diffamazione) - 1. Nel caso di diffamazione commessa con il mezzo della stampa, consistente nell'attribuzione di un fatto determinato, si applica la pena della multa non inferiore a 516 euro".

        5. Il primo comma dell'articolo 32 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è sostituito dal seguente:

        "Non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell'ammenda, salvo quanto disposto, per le violazioni finanziarie, dall'articolo 39. Non costituiscono altresì reato i fatti previsti dagli articoli 594 e 595 del codice penale quando l'offesa all'onore e al decoro non consista nell'attribuzione di un fatto determinato".


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