Legislazione.jpg (8334 bytes)

RIPRENDE LA DISCUSSIONE SULLA RIFORMA DELL’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO

 

La discussione sulla riforma dell’ordinamento giudiziario riprenderà martedì prossimo in Senato.
Saranno esaminati gli emendamenti che saranno stati nel frattempo presentati: tra essi vi sarà quello relativo agli illeciti disciplinari a partire dal discusso e discutibile caso delle “sentenze creative”.

Stando a quanto anticipato ad un recente convegno uno di questi sarebbe costituito dall’allineamento del dato normativo ai principi espressi dalla Cassazione secondo le dichiarazioni fatte dal sen . Caruso ad recente convegno organizzato dall’ANM.

La fumosità di tale dichiarazione non può che preoccupare stante, oltretutto, il clima che si respira attorno alla magistratura. E’ agevole prevedere che l’ormai imminente pronuncia da parte del Tribunale di Milano della sentenza sul caso SME, non potrà non contribuire al varo di un testo pesantemente punitivo nei confronti dell’intero ordine giudiziario. In vista di tale obiettivo sarebbero state raccolte tutte le decisioni della Corte di Cassazione sul punto dal 1988 ad oggi.

Il sen. Bobbio, già P.m. a Napoli, ha aggiunto da parte sua che l’emendamento è stato redatto in termini tali da “evitare le polemiche strumentali avanzate fino ad ora”

Anche qui c’è da registrare una notevole fumosità della dichiarazione tale da costituire oggettivamente più di un motivo di preoccupazione ad onta del fatto che  lo stesso sen. Bobbio si sia affrettato a precisare che “specificheremo che cosa sono le sentenze creative, nel senso che non verrà limitata la creatività del magistrato, ma verranno sanzionate quelle sentenze che andranno contro la legge”.

Un secondo emendamento riguarderebbe, invece, il divieto di appartenenza ai partiti politici per il quale verrebbero applicati “i principi costituzionali di indipendenza ed imparzialità non solo in linea di principio ma anche come apparenza”.

Né avrebbero senso le critiche “feroci” alla separazione delle carriere per il sen. Caruso secondo il quale una sperimentazione compiuta (dove, come, quando?) avrebbe consentito di accertare che con i due concorsi di accesso i tempi di espletamento di un concorso scenderebbero a sei o sette mesi al massimo.

Questa affermazione ricorda molto da vicino quella fatta da un altro parlamentare in occasione della riforma dell’art. 323 cp allorché si legò la più precisa norma all’abbassamento del tetto della sanzione irrogabile con ciò venendo ad impedire l’emissione di provvedimenti restrittivi e ad avviare i processi alla morte anticipata per prescrizione.

L’ANM per bocca del suo Presidente ha ribadito l’irrinunciabilità di quanto deliberato all’unanimità  il 22 marzo.

 

Si ritiene utile riportare qui di seguito il documento dell’ANM.

Associazione nazionale magistrati –

Comitato direttivo centrale


La professionalità dei magistrati e il maxiemendamento governativo sull’ordinamento giudiziario
(Approvato all’unanimità il 22 marzo 2003)


1. Il problema principale del nostro sistema di giustizia è l’eccessiva durata dei processi. La consapevolezza della natura e della gravità di questa crisi deve indurre tutti, istituzioni, magistrati, avvocati ed operatori del diritto a porre al centro dell’attenzione e dell’impegno il problema della efficienza del sistema giustizia.
La magistratura non si sottrae al confronto sulle riforme in tema di ordinamento giudiziario, ma ha dovere di valutarle anche sotto il profilo della funzionalità a risolvere il principale problema della nostra giustizia.
2. L
Anm nei seminari dal titolo “I magistrati e la sfida della professionalità” si è misurata in modo approfondito con una questione essenziale per la qualità della giustizia. Il sistema di valutazione della professionalità dei magistrati deve essere finalizzato all’obbiettivo del servizio giustizia reso alla società. I magistrati debbono assumere l’impegno per un costante aggiornamento e miglioramento della loro professionalità; debbono sentirsi responsabili non solo del loro compito specifico ma anche del funzionamento complessivo dell’ufficio in cui operano.
I cittadini hanno diritto ad un magistrato imparziale ed indipendente, adeguatamente formato e professionalmente attrezzato.
L’indipendenza esterna ed interna dei magistrati, la salvaguardia della organizzazione della funzione giudiziaria come “potere diffuso” e non gerarchizzato è garanzia essenziale per la tutela dei diritti dei cittadini e per la stessa efficienza del servizio giustizia.
Il seminario tenuto a Roma il 20 marzo, alle cui conclusioni si rimanda, ha individuato problemi e avanzato una precisa proposta che l’
AAnm  presenterà nelle sedi istituzionali competenti.
3. Il disegno di legge governativo di riforma dell’ordinamento giudiziario presentato nello scorso anno ha costituto oggetto di prese di posizione e di valutazioni approfondite da parte dell’
Anm  sintetizzate nel documento presentato l’estate scorsa nel corso della audizione alla Commissione giustizia del Senato.
Gli emendamenti depositati nei giorni scorso dal governo, i cui contenuti sono estremamente peggiorativi non solo del testo dei precedenti emendamenti proposti dal Governo al Senato, ma addirittura del testo originario dello stesso disegno di legge, che già aveva suscitato a suo tempo le critiche più aspre, e che per la loro ampiezza e impostazione delineano in larga misura un nuovo progetto, impongono all’
Anm una nuova valutazione e presa di posizione.
Preliminarmente all’esame degli aspetti specifici, l’
Anm deve ancora una volta esprimere la più viva preoccupazione di fronte ad una impostazione che tende ad erodere e svuotare il poteri ed il ruolo che la Costituzione affida al Csm sotto profili essenziali come la formazione dei magistrati, la nomina dei dirigenti, la assegnazione dei magistrati alle diverse funzioni, gli strumenti di tutela della credibilità della magistratura. Della Costituzione e dell’articolo 105 della Costituzione occorre rispettare la lettera e lo spirito.
4. La magistratura a struttura piramidale e verticistica delineata nel maxi-emendamento confligge con il modello previsto dalla nostra Costituzione. Al principio della pari dignità delle funzioni (articolo 107 Costituzione) si sostituisce quello di una magistratura, strutturata in base a schemi rigidi di carriera dannosi anche per la sua efficienza, privata inoltre della preziosa risorsa della reversibilità delle funzioni.
5. La previsione di un ingresso in magistratura distinto per giudici e pubblici ministeri, pone dei serissimi problemi per la gestione del concorso sia per la scelta delle prove scritte diverse, che per la individuazione, con largo anticipo, dei posti da coprire per le due funzioni. Se a ciò si aggiunge la previsione di un apposito concorso per il cambio di funzioni e l’incompatibilità distrettuale, si ha chiaro il segno della direzione verso la sostanziale separazione di carriere. Palesemente incongruo è poi il disegno di separazione tra giudicanti e requirenti con riferimento alle funzioni di legittimità. L’
Anm riconosce l’esigenza di una disciplina nel passaggio di funzioni tra giudici e Pm e viceversa, che affronti in modo più rigoroso la valutazione di idoneità prevista dall’articolo 190 ordinamento giudiziario, che si dia carico attraverso un meccanismo di incompatibilità circoscritto del problema anche della apparenza di imparzialità. Ma noi riteniamo che la possibilità concreta ed effettiva di passaggio tra le due funzioni, ancorando il Pm nella cultura della giurisdizione è insieme conforme all’impianto costituzionale e maggiore garanzia per i diritti dei cittadini.
6. La Costituzione ha previsto opportunamente che “le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso” al fine di assicurare la selezione dei magistrati su base professionale e non di iniziativa dell’esecutivo. Il maximendamento delinea un sistema, nel quale la magistratura è destinata ad essere non solo “reclutata”, ma anche “amministrata” tramite concorsi per titoli ed esami. Il tutto con un farraginoso, onnipresente ed ingestibile sistema di esami teorici e concorsi destinato a scandire l’intera vita professionale del magistrato e ad occuparne le migliori energie a discapito dello svolgimento dell’attività professionale.
In tal modo si disegna una magistratura a struttura piramidale, verticistica, dove il valore costituzionale della pari dignità giurisdizionale delle funzioni viene mortificato dalla previsione di una carriera accelerata per posti - erroneamente ritenuti superiori - di secondo grado e di legittimità.
All’opposto occorre stimolare la permanenza di magistrati esperti e specializzati nelle funzioni di primo grado; i cittadini hanno diritto ad un magistrato che fin dall’inizio del procedimento, sia in grado di affrontare la domanda di giustizia, qualunque sia il settore coinvolto, civile o penale, cautelare o di merito, senza dover attendere un giudice di secondo grado o magari di legittimità eventualmente migliore. Per questa ragione, nell’interesse del servizio giustizia deve essere respinto ogni sistema che incentivi in modo generale ed indifferenziato una corsa verso le funzioni di appello e di legittimità.
Il sistema degli avanzamenti per concorso è stato abbandonato quasi quarant’anni fa a causa dei guasti e delle distorsioni che esso provocava. L’impegno del magistrato concentrato non sul carico di lavoro dell’ufficio, ma sulla sentenza da valorizzare quale “titolo”; la trasformazione della sentenza da risposta destinata al cittadino ad esibizione di sapere dottrinario e giurisprudenziale destinata agli esaminatori; la tentazione per il magistrato di rifugiarsi in “nicchie” comunque lontane dalla “prima linea”, per coltivare lo studio teorico e l’approntamento dei provvedimenti-titolo.
L’eliminazione dei concorsi non ha del resto impedito la crescita culturale e professionale della magistratura italiana, anzi ha consentito che questa si sviluppasse senza condizionamenti ed al puro fine di migliorare la qualità del proprio lavoro.
La magistratura associata ha nel contempo espresso la consapevolezza dell’esigenza di assicurare più efficaci controlli della professionalità.
7. Il modello prescelto per la riorganizzazione degli uffici di Procura è quello della rigida gerarchizzazione. I sostituti sono meri “delegati” del capo dell’ufficio. Il procuratore tiene personalmente - o a mezzo di un suo delegato - i rapporti con gli organi di informazione. I procuratori aggiunti - figure assolutamente indispensabili per il funzionamento anche di una media procura - dovranno scomparire entro un triennio. Viene reintrodotto un ampio potere di “avocazione” e di “sostituzione” del Pg, che era stato superato con il nuovo Cpp.
L’esperienza degli ultimi decenni, in particolare delle indagini di terrorismo, mafia e criminalità organizzata, ha indicato che negli uffici di procura serve coordinamento ed indirizzo, ma non una burocratizzazione e deresponsabilizzazione dei singoli magistrati.
Non può sfuggire che il ripristino della rigida gerarchizzazione può preparare la strada a forme di subordinazione al controllo politico del Pm.
Il Cdc, proseguendo nella linea del dialogo da sempre praticata, da mandato alla giunta di chiedere un incontro al Ministro della giustizia, e di rappresentare in tutte le sedi istituzionali la proposta conclusiva dell’
Anm sul tema della valutazione della professionalità e le osservazioni sull’emendamento presentato dal Governo al disegno di legge sull’ordinamento giudiziario.