LA CONFERMA DI UN IMPEGNO Quando entrai in magistratura, ormai (purtroppo) ventuno anni addietro, fui colpito dalla vastità e dallintensità del dibattito sulla necessità di riformare la giustizia; era allora in discussione la proposta di riforma del codice di procedura penale, che portava con sé anche delicate questioni ordinamentali, sul ruolo del Pubblico Ministero e sui suoi rapporti con il Giudice. Se, dopo tanto tempo e tanta acqua passata sotto i ponti, si continua a discutere più o meno degli stessi argomenti ancora oggi, è segno che o non si possa fare a meno di riformare continuamente la giustizia, oppure che le tante, forse troppe, riforme fatte in questi anni in realtà non soddisfano nessuno; personalmente, propendo per la seconda ipotesi, posto che i problemi sotto il profilo dellefficienza del sistema e della concreta tutela degli interessi delle parti sono purtroppo sotto gli occhi di tutti. Il punto è, a mio avviso, che le riforme fatte ed ancor più quelle attualmente in cantiere finiscono con lessere caricate di significati politici, che rischiano di far perdere di vista la reale natura dei problemi da risolvere. Beninteso, è inevitabile che ogni riforma porti con sé la visione politica di chi la propone, intesa come visione politica dellordinamento giudiziario, dei sistemi processuali, dei meccanismi di garanzia e difesa dei diritti dei cittadini; ma la pregiudiziale valutazione in termini meramente politici di questa o quella proposta impedisce spesso la sua valutazione tecnica e, soprattutto, la serena valutazione di controproposte altrettanto tecniche che, sul presupposto (fino a prova contraria) della comune buona fede degli interlocutori, potrebbero condurre a risultati accettabili e condivisi, se comune è linteresse a risolvere i problemi anziché aggravarli.
Se la giustizia
e, quindi, la magistratura, godono attualmente di scarsa fiducia da parte della
maggioranza dei cittadini, i primi ad esserne turbati e danneggiati sono proprio i
magistrati, ingenerosamente ritenuti responsabili di tutti i mali. Ma è necessario e
doveroso interrogarsi se non vi siano aspetti sui quali, nellattività quotidiana,
nellorganizzazione del lavoro dei singoli uffici, nel modo di operare e di porsi nei
confronti degli utenti, ciascuno di noi non possa intervenire per evitare disservizi o
incomprensioni; e se la risposta è anche solo talora positiva, è doveroso intervenire
per correggere le disfunzioni.
I sistemi
procedurali sono certamente estremamente complessi e producono linsostenibile
allontanamento dalla regola costituzionale della ragionevole durata dei processi; questa
regola, cui il legislatore non sembra voler riporre particolare attenzione anche nelle
recentissime proposte di legge in materia processuale (soprattutto penale), deve
costituire la vera pietra angolare di ogni intervento riformatore, essendo proprio la
lunghezza dei processi la principale causa di malessere, denunciata dai cittadini non
prima che dai magistrati.
Fingere di aver
risolto il problema limitandosi a ricondurre alla giurisdizione domestica le
questioni che prima venivano portate alla Corte di Strasburgo rappresenta soltanto un
voler nascondere la polvere sotto il tappeto; la c.d. legge Pinto, approvata nel
sostanziale silenzio della stessa magistratura associata (salva qualche lodevole
eccezione) rappresenta unulteriore mortificazione della magistratura, ritenuta in prima battuta responsabile dei ritardi, salva la
prova contraria (per fortuna ancora ammessa).
Ma vi sono anche
aspetti organizzativi degli uffici che, nella stessa ottica, possono e debbono essere
affrontati e di cui anche il Consiglio Superiore della Magistratura deve farsi carico. Se
in uffici giudiziari anche di grandi dimensioni la pendenza dei processi (soprattutto
civili) si è negli ultimi tempi ridotta, significa che vi sono moduli organizzativi che
possono essere meglio utilizzati anche da parte di altri uffici e, quindi, opportunamente
valorizzati.
La politica
delle risorse e del personale deve essere attuata non secondo modelli generici ed
indistinti, poiché le esigenze variano secondo le dimensioni degli uffici, la qualità
del lavoro giudiziario, le caratteristiche del territorio e della popolazione di ciascun
ufficio. La gran parte dei magistrati, in particolar modo quelli più giovani, sono oggi
molto più disponibili a forme di mobilità sul territorio nazionale; la
valorizzazione di tali disponibilità deve essere condotta sia sul piano dei
riconoscimenti professionali, sia su quello degli incentivi anche economici.
La salvaguardia
degli irrinunciabili principi di indipendenza e autonomia della magistratura passa
attraverso una formazione professionale che ponga ciascuno in grado di rispondere
adeguatamente alla sempre più specialistica domanda di giustizia che si accompagna allo
sviluppo della società e dei suoi modelli economici e commerciali. La contrarietà a
riforme che producano inefficienza nellamministrazione della giustizia o, peggio,
che appaiano inutilmente punitive nei confronti della magistratura non deve
far abbandonare la possibilità di un pacato confronto con le altre istituzioni dello
Stato.
Le prossime
elezioni per il rinnovo del Consiglio Superiore della Magistratura rappresentano, a questo
riguardo, unoccasione da non perdere e, nello stesso tempo, una sfida da
raccogliere.
I componenti che
usciranno dalle urne ma, da subito, quelli che si candidano devono assumere
limpegno ad accorciare le distanze tra CSM ed uffici giudiziari, tra CSM
e singoli magistrati, per potere meglio ascoltare e, quindi, rappresentare le loro
legittime istanze. Lindipendenza dellorgano di autogoverno passa per lindipendenza
dei suoi singoli componenti; le sue decisioni, così come le posizioni assunte dai suoi
componenti pur nella legittima diversità delle rispettive sensibilità culturali e
professionali dovranno continuare ad esser frutto di ragionata e trasparente
interpretazione dei valori di professionalità, efficienza, impegno, qualificazione ed
equilibrio del lavoro giudiziario dei singoli magistrati. Può sembrare ovvio, addirittura
banale, ma è un impegno che va preso e, poi, mantenuto.
Non è un
impegno da poco, specie in considerazione delle difficoltà ambientali in cui
anche il prossimo CSM si troverà ad operare; ma il rispetto della Costituzione, delle
leggi ed il senso dello Stato sono, a ben guardare, le stesse ragioni per la quale abbiamo
scelto di essere magistrati.
E un
impegno che abbiamo già preso e che vogliamo mantenere. Francesco Lo Voi |