LA COSTITUZIONE DELLA PROCURA EUROPEA

 

 

 

            Il Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, nell’ambito del Titolo III destinato a disciplinare le competenze dell’Unione, prevede per la realizzazione dello Spazio di libertà, Sicurezza e Giustizia, all’art. III/175,  la creazione di una Procura europea per combattere la criminalità grave che presenta una dimensione transnazionale e i reati che ledono gli interessi dell’Unione.

            Siamo evidentemente di fronte ad una svolta epocale nell’ambito della costruzione dell’Unione Europea.

 

            Il progetto di Procura europea, che suscita appassionate discussioni nell’ambito comunitario e nei singoli ordinamenti nazionali,  deve essere inquadrata nel giusto contesto legislativo ed operativo.

            Occorre preliminarmente considerare che già da molti anni si assiste ad una forma di “globalizzazione del crimine” per cui le singole autorità giudiziarie, oltre ai crimini che potremmo definire nazionali, che vengono commessi all’interno di uno Stato ed accertati esclusivamente con la legge processuale dello Stato nazionale, si trovano ad operare anche nei confronti di crimini c.d. internazionali, costituiti da delitti, che pur essendo consumati all’interno di un singolo Stato, producono effetti anche negli altri Stati dell’Unione.

            Se ad esempio un allevatore belga fa mangiare della diossina ai polli, oppure un allevatore inglese nutre le mucche con la farina di pesce, ovvero un produttore italiano inserisce metanolo nel vino o nel limoncello, ci si troverà ad affrontare reati che pur commessi in un singolo Stato, in virtù del mercato comune e dell’abolizione di vincoli o controlli doganali, producono effetti sull’intero territorio dell’ Unione Europea.

 

            I crimini internazionali possono poi riverberare i loro effetti solo sulle attività processuali; ad esempio nella triste vicenda dell’omicidio del Giudice Livatino, ci troviamo di fronte ad un reato commesso dalla mafia siciliana , in Sicilia,  che ha utilizzato due killer siciliani prelevati, però, dalla Germania. I due killer sono venuti in Italia con un aereo, hanno compiuto l’omicidio e la sera hanno regolarmente servito le pizze nella pizzeria “Ai trulli” di Leverkusen dove lavoravano come camerieri. E’ fin troppo ovvio che in questo tipo di processo l’accertamento dei fatti e l’individuazione dei colpevoli è molto più complesso a causa degli accertamenti internazionali.

 

            Vi è, poi, la ulteriore categoria dei delitti c.d. transnazionali, ovvero sia quei crimini la cui condotta deve necessariamente essere realizzata in più Stati.

            Esempio tipico il traffico di stupefacenti che prevede la coltivazione e la produzione in uno Stato, il transito in altri, il commercio in altri ancora e, frequentemente,  il pagamento delle somme di denaro in Stati ulteriormente diversi.

            Caratteristiche simili hanno tutti i delitti della moderna criminalità organizzata: traffico di t.l.e., sfruttamento della prostituzione, tratta di esseri umani, pedopornografia etc., reati che comportano necessariamente lo spostamento di merci o di persone da uno Stato ad un altro.

            Anche in questi reati il meccanismo dell’accertamento giudiziario  assume delle modalità transnazionali.

        La classificazione dei crimini in nazionali, internazionali e transnazionali, non ha alcuna dignità scientifica, né accademica e neppure ha ricevuto un riconoscimento legislativo ma è stata introdotta nella consuetudine della cooperazione dagli operatori ed è ora oggetto di riflessione.

 

            A seguito della “globalizzazione del crimine” si sta progressivamente verificando una “globalizzazione del diritto penale”, che in questa sede non può essere sufficientemente approfondita.

            Basterà considerare che il delitto di cui all’art.416-bis c.p. viene applicato alle c.d. “nuove mafie” (mafia albanese, colombiana, russa, etc.) in cui l’accertamento della condotta necessariamente comporta la ricostruzione della struttura del modello associativo che spesso ha sede in uno Stato straniero.

            Nei delitti di contrabbando, così come introdotti dalla legge 19 marzo 2001 n. 92, si applica l’aggravante prevista dalla lettera e) dell’art. 291 ter, il quale prevede la utilizzazione di società commerciali o disponibilità finanziarie costituite  all’estero; il reato di tratta degli esseri umani, introdotto dalla legge 11 agosto 2003 n° 228,  prevede condotte necessariamente consumate all’estero. Da ultimo può essere segnalato che, a seguito degli attentati dell’11 settembre 2001, è stato modificato il reato di associazione con finalità di terrorismo (art. 270 bis del codice penale) prevedendo la punibilità dell’associazione anche quando lo scopo di commettere reati riguarda esclusivamente Stati esteri, ed il discorso potrebbe essere ulteriormente sviluppato.

 

            Parallelamente alla “globalizzazione del crimine” e a quella del diritto penale stiamo assistendo alla “globalizzazione del processo penale” che,  per quanto riguarda la situazione dell’Unione Europea, deve essere valutata secondo l’evoluzione che in questi anni ha avuto il meccanismo della cooperazione giudiziaria.

 

            Preliminarmente occorre considerare che nell’ordinamento italiano le fonti normative che consentono il riferimento alla legislazione dell’Unione Europea sono, da una parte, l’art. 10 della Costituzione e, dall’altro, l’art. 696 c.p.p. che, nell’introdurre il Libro XI  dedicato ai rapporti con le autorità giudiziarie straniere, stabilisce il primato del diritto comunitario rispetto al diritto interno disponendo che le norme del codice possono essere applicate solo nelle materie che non sono espressamente disciplinate dalle convenzioni internazionali in vigore e dalle norme di diritto internazionale generali.

 

            Occorre anche ricordare che le decisioni dell’Unione Europea non hanno efficacia diretta nel nostro sistema processuale ma devono essere recepite attraverso le modalità previste dall’art. 34 del T.U.E. con strumenti (posizioni comuni, decisioni quadro, convenzioni) che sono adottati all’unanimità e sono vincolanti quanto agli obiettivi per gli Stati membri.

            Lo scopo finale è quello di creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia mediante il riavvicinamento delle legislazioni e la cooperazione tra le autorità giudiziarie e di polizia. (artt. 29 e 30 T.U.E.)

 

            La cooperazione giudiziaria, conseguentemente, in questi anni ha subito un progressivo sviluppo secondo varie fasi che si sono progressivamente succedute all’interno dell’Unione Europea.

            La cooperazione è nata come “cooperazione intergovernativa” basata sulla convenzione siglata a Strasburgo il 20 aprile 1959 che prevede, per gli istituti dell’estradizione e della rogatoria, le caratteristiche della doppia incriminazione (secondo cui la cooperazione può essere prestata solo nei casi in cui il fatto è previsto come delitto in entrambi i Paesi interessati); la reciprocità (secondo cui  può essere richiesta assistenza solo attraverso strumenti che si è disposti a concedere); e l’exequatur (che attribuisce numerosi poteri al Ministro della Giustizia che ha facoltà di interferire nelle procedure di cooperazione per motivi di natura politica, di ordine pubblico, etc. secondo il meccanismo disposto dagli artt. 697 e segg. del c.p.p.).

 

            La fase della cooperazione intergovernativa è stata progressivamente superata dal principio di reciproca fiducia fra gli Stati membri dell’Unione Europea e dalla necessità di contrastare pericolosi fenomeni criminali che l’art. 29 del Trattato individua nel crimine organizzato, nel traffico di stupefacenti e nel terrorismo, in quanto essi costituiscono una minaccia per la democrazia nell’Unione Europea ed un pericolo per la libertà, sicurezza e giustizia dei cittadini.

 

Si è passati così alla fase della c.d. “cooperazione orizzontale” caratterizzata da rapporti diretti fra le singole autorità giudiziarie all’interno dei Paesi dell’Unione, con la conseguente eliminazione del potere di exequatur del Ministro, divenuto inutile dopo il riconoscimento politico dell’importanza della cooperazione in determinate materie.

            Le fonti della cooperazione orizzontale possono essere ricondotte all’art. 53 della Convenzione di Schengen, ratificata nel nostro ordinamento nel 1993 (legge 30 settembre 1993 n° 388), e nell’art. 10 della Convenzione di Strasburgo contro il riciclaggio dei capitali di provenienza illecita, anch’essa ratificata nel 1993 (legge 9 agosto 1993 n° 328).

            Entrambe le convenzioni consentono la trasmissione diretta delle richieste di assistenza giudiziaria e consentono, altresì, la trasmissione di iniziativa di notizie ed informazioni utili alla cooperazione giudiziaria.

            La cooperazione orizzontale ha subìto ulteriori sviluppi negli anni successivi ed in particolare nel 1996 con la istituzione dei magistrati di collegamento, distaccati negli Stati dell’Unione per facilitare i meccanismi di cooperazione giudiziaria,  e   nel 1998 con la creazione di una Rete Giudiziaria Europea che, attraverso punti di contatto nazionali e la realizzazione di un collegamento intranet, consente una cooperazione efficace e tempestiva.

 

            Nella fase della cooperazione orizzontale sono stati poi sviluppati meccanismi di concelebrazione delle rogatorie, per favorire la diretta collaborazione delle autorità giudiziarie interessate ed è stata così prevista la possibilità al magistrato richiedente di partecipare alla commissione rogatoria nel paese richiesto e, successivamente, sono stati adottati  meccanismi di concelebrazione in videoconferenza.

 

            Un ulteriore sviluppo della cooperazione giudiziaria si è realizzato con l’attuazione del principio previsto dall’art. 32 del T.U.E. secondo cui deve essere consentito il compimento diretto di atti giudiziaria nel territorio di altri Stati membri, con la valenza di prova nei singoli  procedimenti nazionali.

            Tale meccanismo nasce dalla necessità di fronteggiare i fenomeni di crimine transnazionale, indicati in precedenza, che si sono radicati nel territorio dell’Unione.

            Per realizzate tale obiettivo il 29 maggio 2000 è stata sottoscritta la Convenzione MAP (Mutua Assistenza Penale) che,  all’art. 13,  consente la costituzione di Squadre Investigative Comuni, costituite da autorità giudiziarie e di polizia, che possono compiere direttamente atti nei territori interessati dai crimini transnazionali.

            Successivamente il 16 ottobre 2001 è stato siglato un protocollo  aggiuntivo per le indagini patrimoniali (particolarmente rilevanti per il contrasto al crimine organizzato) secondo il quale non è più opponibile il segreto bancario all’interno dell’Unione Europea  in riferimento alle richieste pervenute per le indagini transnazionali.

            Da ultimo il 13 giugno 2002 è stata approvata la decisione quadro sul mandato di arresto europeo ed il prossimo  passaggio sarà costituito dall’euromandato per il sequestro e la confisca dei beni riferibili ai delitti di criminalità organizzata e terrorismo su tutto il territorio dell’U.E..

 

            I meccanismi realizzati nel corso dell’ultimo decennio costituiscono uno sviluppo progressivo e straordinariamente efficace della cooperazione giudiziaria che vede attualmente come prospettiva di ulteriore crescita un’ultima fase costituita dalla c.d. “verticalizzazione della cooperazione” attraverso la costruzione di organismi sovranazionali con competenza giudiziaria.

            In tale contesto deve quindi essere inserito il progetto per la creazione di una Procura europea che vede per la prima volta un ufficio del pubblico ministero   avente competenza sull’intero territorio dell’Unione.

           

            Il primo progetto presentato risale ai primi anni del 1990, anche se recentemente è stato completamente rimodulato, ed attiene alla creazione di un “Corpus Juris”.

            Tale progetto fu inizialmente affidato dal Parlamento Europeo alla Prof.ssa Delmas Marty ed al Prof. Spencer ed è stato successivamente esteso a moltissimi esponenti dell’Accademia degli Stati membri dell’Unione. Lo studio realizzato prevede la creazione di un diritto penale minimo europeo ed un diritto processuale minimo per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione. Gli artt.  18 e segg. del progetto prevedono la realizzazione di un pubblico ministero europeo (P.M.E.)  di cui si sottolinea la necessità di indipendenza sia dagli organismi comunitari sia dai governi nazionali.

 

            Il secondo progetto, che è stato già realizzato con la decisione finale del 28 febbraio 2001, prevede la costituzione di EUROJUST, concepita come struttura giudiziaria di coordinamento delle singole indagini nazionali con la caratteristica che ciascun membro nazionale vede attribuibili i suoi poteri dalla legislazione del Paese di origine e non dallo statuto dell’Organo (v. art. 9 della decisione), con la conseguenza della realizzazione di un organismo, a geometria variabile, sul territorio dell’Unione.

 

            Il terzo progetto ha visto la luce nel dicembre 2001 con la presentazione da parte della Commissione Europea di un “Libro Verde sulla tutela penale degli interessi finanziari comunitari e sulla creazione di una Procura europea”. La Procura europea delineata dalla Commissione presenta delle caratteristiche profondamente diverse da EUROJUST in quanto si realizza attraverso un rapporto gerarchico di un procuratore Europeo stanziale in Bruxelles e i singoli procuratori nazionali residenti nelle capitali dei Paesi membri. Ma soprattutto la Procura  del Libro Verde ha una propria competenza diretta, ha una legislazione di riferimento e, significativamente,  è titolare dell’azione penale che può esercitare innanzi alle giurisdizioni degli Stati membri.

            Anche in questo progetto la caratteristica dell’indipendenza dai governi nazionali e dagli organismi comunitari risulta decisiva per il funzionamento della procura.

 

            Siamo in presenza di un tema che ha suscitato notevoli reazioni, approfondite discussioni ed appassionati dibattiti sui vari argomenti quali quello delle garanzie difensive, della possibilità di scelta delle giurisdizioni nazionali e,  soprattutto,  sul profilo ordinamentale costituito dalla mancanza di un organo giudiziario di riferimento e di controllo (come è noto in tutti gli ordinamenti il P.M. ripete le sue competenze da quelle del giudice presso il quale esercita le sue funzioni). In questo caso si prevede la costituzione di un ufficio del P.M. sganciato da organismi giudiziari di riferimento. Soprattutto si discute dei rapporti con EUROPOL, con l’OLAF, con la rete Giudiziaria Europea e, in particolare, della diversa funzione del P.M.E. e di EUROJUST all’interno dell’Unione.

         In sostanza, dal punto di vista politico, si valuta l’opportunità di passare da modelli di “cooperazione orizzontale” in cui gli Stati membri costituiscono ancora il fulcro delle iniziative, ad una “verticalizzazione” della cooperazione in cui le strutture dell’Unione assumono la leader sheep.

           

         Il dibattito è stato inserito all’interno della discussione sul Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa e che in questi mesi è arrivato alle svolte finali.

       La soluzione prescelta dall’art. III/175, pare, allo stato, una soluzione di compromesso in quanto prevede la costituzione di un ufficio del P.M. centralizzato “a partire dall’EUROJUST”, prevedendo, implicitamente, una fusione degli organismi. E’ interessante sottolineare inoltre che la Procura europea  ha lo  scopo di “combattere la criminalità grave che presenta una dimensione transnazionale e i reati che ledono gli interessi dell’Unione”, con una competenza che pare sostanzialmente estensibile in molte materie.

            Le questioni sul tappeto sono ancora aperte, il dibattito è ancora serrato ma è auspicabile che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi si possa avere una decisione che sicuramente sarà vincolante  per le scelte da adottare nel futuro dell’Unione.

 

            La realizzazione di uno spazio giudiziario europeo e la qualità della tutela penale dipenderà molto dalle decisioni in tema di Procura europea.

 

Antonio Laudati

Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia