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Seminario  ‘’Il contrasto al terrorismo nazionale e internazionale : profili normativi e problemi operativi’’

Sala Conferenze cassa nazionale previdenza ed Assistenza Forense- 8 maggio 2003- ROMA

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‘’Gli strumenti di cooperazione internazionale in materia di terrorismo’’

Roberta Barberini 

Introduzione

 

  L’attacco dell’11 settembre ha mandato in crisi  la nozione stessa, tradizionale, di terrorista.

Da fenomeno eversivo esclusivamente interno, il terrorismo ha lentamente mutato faccia: l’azione terrorista si lega, oramai, a qualsiasi possibile obiettivo, ideologia e fondamentalismo : può riferirsi ad un determinato territorio o nazione, e rappresentare  il braccio armato di movimenti di liberazione nazionale, ovvero assumere le caratteristiche di rete terroristica transnazionale  non solo islamica.

Le conseguenze, sul piano dell’intervento penale, sono numerose .

 Anzitutto, in linea generale,  è divenuta più difficile, la circoscrizione tra la sfera degli interventi militare e   giudiziario. Sul piano più specifico della   cooperazione penale internazionale , si registra una tendenza  a sovvertire  le regole tradizionali   delle giurisdizioni statali, così come quelle della guerra : è diventato arduo individuare quale sia lo stato, o gli stati, legittimato a procedere contro i terroristi. Si fa strada, allo stesso tempo, la soluzione che vorrebbe che forme di terrorismo che costituiscono minacce per l’intera umanità siano devolute a giurisdizioni sovranazionali.

L’emergenza ha, d’altra parte,  indotto alcuni stati , ed in particolare gli Stati Uniti, a cercare vie di cooperazione diverse da quelle tradizionali, soprattutto in materia di estradizione : si vorrebbero applicare ai terroristi meccanismi semplificati di consegna.

Alcuni strumenti tesi a migliorare la cooperazione giudiziaria e di polizia fra stati nelle indagini di terrorismo sono peraltro già stati adottati. Fra di essi, quelli adottati in ambito Unione Europea sono per noi di particolare importanza.

 

UNIONE EUROPEA :  MISURE DI CONTRASTO AL TERRORISMO INTERNAZIONALE

 

I. Cooperazione giudiziaria e di polizia

II. Il congelamento dei beni dei terroristi

 

 

 

I. Cooperazione giudiziaria e di polizia.

 

     L’Unione Europea è stata rapida nel rispondere agli attacchi terroristi dell’11 settembre 2001. Fu subito chiaro che la cooperazione giudiziaria e di polizia  erano  nodi fondamentali della  strategia antiterrorismo da adottarsi da parte della  comunità internazionale. L’Unione Europea, tuttavia, aveva un motivo in più per privilegiare questa via : l'articolo 29 del trattato sull'Unione europea fa esplicito riferimento al terrorismo come una delle forme di reati gravi da prevenire e combattere  mediante la stretta cooperazione tra le forze di polizia e giudiziarie ed il ravvicinamento, ove necessario, delle legislazioni  degli Stati membri in materia penale.[1]
    Il   Piano d’Azione adottato dal Consiglio Straordinario tenutosi a Bruxelles il 21 settembre 2001 dedicava ampio spazio al settore, nell’ottica del rafforzamento sia degli strumenti convenzionali, che di quelli a carattere operativo.

     In   “roadmaps” aggiornate mensilmente sono riportati, in  68 specifici punti, i progressi nella attuazione sia del Piano d’Azione, sia delle Conclusioni del Consiglio Giustizia Affari Interni  di Bruxelles del 21 settembre 2001.

Queste le tappe più significative :

 

1. ‘’Decisione quadro del Consiglio sulla lotta contro il terrorismo’’ ( 13 giugno 2002 )[2]

La decisione quadro ha ad oggetto l’armonizzazione delle legislazioni dei paesi membri in materia di definizione dei reati di terrorismo.

 La sua base giuridica  è, pertanto, costituita dall’art. 31 lettera e ) [3] e dall’articolo 34, paragrafo 2, lettera b)[4] del Trattato sull’Unione Europea. Esse sono ‘’vincolanti per gli stati membri quanto al risultato da ottenere, salve restando la competenza delle autorità nazionali in merito alla forma e ai mezzi.’’[5]

L’Italia   non ha avuto bisogno di norme di attuazione.

La d.q. si indirizza agli stati e non agli operatori, e non ha quindi rilievo operativo diretto. Tuttavia va considerato che l’armonizzazione delle legislazioni nazionali è elemento chiave  nell'ambito della lotta contro il terrorismo e quindi anche nelle indagini contro il terrorismo internazionale , ove vi è continua esigenza di una efficiente cooperazione internazionale giudiziaria e di polizia.

Le differenze nella costruzione dei reati costituiscono, infatti,  un serio ostacolo alla cooperazione giudiziaria e di polizia : basti pensare al fatto che la   doppia incriminabilità è  considerata  condizione indispensabile di molte forme   di assistenza giudiziaria e di estradizione. [6].

Va, inoltre, considerato, che le reti che operano a livello internazionale, con basi in diversi paesi, sfruttano  i vuoti giuridici spesso derivanti dai  limiti geografici delle indagini . L'assenza di frontiere nell'Unione europea e la garanzia della  libera circolazione delle persone offre particolari opportunità, in tal senso.
Sotto diverso punto di vista, è anche importante assicurare che tutti gli Stati , quantomeno dell’Unione, considerino come reato le più gravi condotte terroristiche : non tutti, ad esempio, contemplano, nei loro ordinamenti,   il reato di associazione terroristica. La decisione quadro si prefigge di colmare anche queste lacune.

Gli stati dell’Unione presentano, in questa materia, normative  molto divergenti : in alcuni di essi non esistono norme specifiche in materia di terrorismo e gli atti terroristici sono sanzionati come reati comuni; altri hanno leggi o strumenti giuridici specifici in materia di terrorismo nei quali i termini "terrorismo" o "terrorista" compaiono esplicitamente, senza  definizioni . Tale è il caso della Francia, della Germania, dell'Italia ( ove, peraltro, si fa anche riferimento alla ‘’eversione dell'ordine democratico’’), del Portogallo, della Spagna e del Regno Unito. In altri casi si utilizzano , per indicare il fenomeno terrorismo o la finalità terroristica, circonlocuzioni di vario tipo: il codice penale francese fa riferimento ad  atti che turbano gravemente l'ordine pubblico con l'intimidazione o il terrore ; il codice penale portoghese  parla di pregiudizio agli interessi nazionali, di alterazione o sovvertimento del funzionamento delle istituzioni di Stato, di costrizioni nei confronti delle pubbliche autorità e di intimidazioni alle persone o alla popolazione. Il codice penale spagnolo, similmente a  quelli francese e portoghese, allude alla finalità di sovvertire l'ordine costituzionale e di turbare gravemente la pace pubblica.

 La legislazione del Regno Unito in materia, il Terrorism Act 2000, è probabilmente quella che affronta il tema in modo più esteso e sistematico. Il   terrorismo vi è  definito come un'azione o una minaccia d'azione mirata a "influire sul governo o a intimidire la popolazione o una parte di essa", come "l'azione o la minaccia d'azione compiuta allo scopo di promuovere una causa politica, religiosa o ideologica". Tale azione deve comportare  "violenze gravi contro una persona", "gravi danni ai beni" o determinare ‘’ un grave rischio per la salute e la sicurezza della popolazione o di una parte della popolazione".

La Decisione quadro è importante anche perché per via indiretta da una indicazione autorevole su  che cosa debba intendersi , se non per terrorismo, per reato terroristico o organizzazione terroristica .

 Il punto è di grande rilievo per l’interprete con riferimento soprattutto al terrorismo internazionale  (l. 15 dicembre 2001 n. 438: nuovo articolo 270 bis).

Il terrorismo nelle norme incriminatrici delle legislazioni nazionali non viene, per lo più, definito, perché non se ne sente il bisogno: infatti, tutti, a grandi linee, concordano sul significato del termine e le lacune interpretative sono in ogni caso colmate dalla giurisprudenza. La valutazione sulla natura terroristica di una organizzazione varia, inoltre nel tempo. È terroristica quella organizzazione che in un determinato momento esercita una minaccia qualificata contro lo stato. Per questo si è ritenuto di lasciare spazio all’interprete.

La valutazione relativa alla natura terroristica di una organizzazione straniera o transnazionale può invece rivelarsi più complessa, anche perché non sempre l’interprete può ricorrere  a nozioni quali   ‘’finalità eversiva dell’ordine democratico ’’o simili , valide per il terrorismo interno e non per reti terroristiche quali Al - Qaeda.

Strumenti internazionali come la decisione quadro possono offrire un supporto all’interprete, tanto più che è assai raro rinvenire in strumenti internazionali una definizione di terrorismo universalmente accettata : è noto che fino a questo momento  nessuna definizione di terrorismo  è stata  accettata in un trattato delle Nazioni Unite o in  trattati multilaterali ad ampia applicazione.

Lo strumento non contiene solo articoli in tema di definizione di reati terroristici e sanzioni, ma anche disposizioni in materia di cooperazione giudiziaria, di scambio di informazioni , di protezione ed assistenza alle vittime .
L'articolo 1 (‘’Reati terroristici e diritti e principi giuridici fondamentali’’) fornisce un ampio elenco di reati terroristici, imponendo   agli Stati membri l'obbligo di garantire che essi siano puniti come tali.[7]
 La maggior parte di tali condotte è già considerata  come reato nei codici penali degli Stati membri, ma sovente, come detto, è considerata reato comune .  La Decisione quadro impone  che, quando tali condotte sono compiute intenzionalmente da un individuo o un'organizzazione contro uno o più paesi, le loro istituzioni o popolazioni (intendendo per popolazioni anche le minoranze) a scopo intimidatorio e al fine di sovvertire o distruggere le strutture politiche, economiche o sociali di tali paesi, tali reati siano considerati reati terroristici.[8] Si è, in tal modo, con riferimenti testuali sia a legislazioni degli stati membri, sia a convenzioni internazionali,[9] tentato di offrire  una definizione della cosiddetta ‘finalità politica’, elemento  di indubbia essenzialità in questa materia, poiché consente   appunto di distinguere l’atto di terrorismo da analoghi reati comuni [10].

 Tra le condotte rilevanti  figurano, anche se solo minacciate, :  l'omicidio; le lesioni personali gravi ; i sequestri di persona; la cattura di ostaggi; le distruzioni di vasta portata di strutture pubbliche o private ( ove potrebbero rientrare gli atti di violenza urbana), di  infrastrutture, compresi i sistemi informatici, e mezzi di trasporto ; la fabbricazione e fornitura di armi o esplosivi, comprese le armi atomiche, biologiche e chimiche; la diffusione di sostanze contaminanti; gli  incendi, le inondazioni o esplosioni; l’interruzione della  fornitura di acqua, energia o di  altre risorse fondamentali.

Come si vede, sono prese in considerazione anche condotte, come quelle contro l’ambiente,  meno violente di quelle che attentano direttamente alla  vita ed alla integrità della persona, ma, tuttavia, potenzialmente altrettanto dannose.

Degno di nota è il  comma 2 di questo articolo, che contiene, coerentemente alle tendenze che stanno recentemente prevalendo nella Unione Europea in tema di terrorismo, un richiamo ai diritti fondamentali ed ai principi giuridici fondamentali.[11]

L’articolo 2, 2  prevede la punibilità  delle condotte di direzione, partecipazione e finanziamento , in qualsiasi forma, di una   organizzazioni terroristica.

Di essa si fornisce al  comma 2,1 una definizione che riprende il testo dell’Azione comune 21 dicembre 1998 relativa alla incriminazione ed alla partecipazione ad una associazione criminale [12] :  organizzazione strutturata, di più di due persone, stabilita nel tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere dei reati terroristici. La formulazione di questo comma  lascia agli Stati membri la facoltà di decidere come definire esattamente il reato di partecipazione ad organizzazione terroristica. Minore libertà è consentita agli Stati membri dall’articolo 1, precedentemente trattato, e relativo alla criminalizzazione di condotte  terroristiche[13]. Ciò è dovuto al fatto che non è facile  fornire una definizione di  associazione criminale valida per tutti i paesi europei : qui si trattava, invero, di armonizzare le legislazioni di paesi sia di civil  law, cui è nota la figura della  ‘association de malfaiteurs’, e paesi di common law, che non conoscono nei loro sistemi l’associazione per delinquere, ma solo la  ‘conspiracy’, istituto che sta a metà strada tra l’associazione per delinquere ed il concorso di persone nel reato.

In base all’articolo 4, anche l’istigazione a commettere i reati previsti dagli articoli 1 e 2, nonché la maggior parte delle forme di tentativo, dovranno essere considerate condotte punibili.

L'articolo 5 riguarda invece  le sanzioni, e precisa che i reati e i comportamenti di cui agli articoli  precedenti devono essere puniti con sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. La gamma delle sanzioni (commi 2 e 3) è piuttosto ampia, e tiene conto dei diversi tipi di reato e delle sanzioni in materia di terrorismo esistenti negli Stati membri. La sanzione più elevata consiste nella  pena detentiva massima  non inferiore a quindici  anni (omicidio) mentre la pena minima , a differenza di quanto previsto nel progetto originario[14], non viene stabilita .

2- Decisione quadro del Consiglio  relativa alle squadre investigative comuni (13 giugno 2002)[15]

La costituzione, tra gli Stati membri dell’Unione, di squadre investigative comuni, era già stata individuata   dal Consiglio europeo di Tampere  come  passo importante nella lotta contro il traffico di stupefacenti, la tratta di esseri umani ed il terrorismo. L’articolo 13 della Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione Europea espressamente prevedeva, d’altra parte, la costituzione ed il funzionamento di squadre investigative comuni.

Il Consiglio dell’Unione ha giustamente ritenuto che l’Unione Europea non poteva aspettare l’entrata in vigore della convenzione , per  munirsi di uno strumento così importante nella lotta contro il terrorismo internazionale, quale è la possibilità di ricorrere a squadre investigative comuni. Ciò era, d’altra parte, imposto anche dal Piano d’Azione del 21 settembre 2001. Pertanto,   il 13 giugno 2002 il Consiglio ha adottato la Decisione quadro sulle  squadre investigative comuni, da costituirsi  ‘’in via prioritaria’’ , per combattere i reati commessi da terroristi.

Così come tutte le decisioni quadro, lo strumento è vincolante per gli Stati membri quanto  al risultato da ottenere, salve restando la competenza delle autorità nazionali in merito alla forma e ai mezzi.’’[16]

La squadra viene costituita in  uno o più degli Stati membri, attraverso accordi ad hoc, stipulati per uno scopo determinato e per una durata limitata, tra gli Stati interessati e su richiesta di uno di essi (articolo 1). L’accordo di costituzione della squadra può essere stipulato  a) quando le indagini condotte da  un solo Stato membro, sono di notevole portata ed  ‘’hanno un collegamento’’ con altri Stati membri; b) quando più Stati membri svolgono indagini su reati che,’’ per le circostanze del caso, esigono un’azione coordinata e concertata negli Stati membri interessati’’ (articolo 1).

Possono far parte della squadra investigativa comune autorità  degli Stati membri , scelte tra forze di polizia, autorità doganali ed ‘’altre competenti’’, categoria, quest’ultima, in cui  rientrano certamente i magistrati ( preambolo, paragrafo 1). I componenti della squadra sono indicati dai singoli Stati nell’accordo.

E’ prevista, nella Decisione quadro, la possibilità che alle attività della squadra partecipino anche persone estranee agli Stati membri che hanno stipulato l’accordo costitutivo :  rappresentanti di Europol, della Commissione (OLAF) o di Stati terzi, ‘’in particolare rappresentanti di autorità statunitensi’’ (preambolo, comma 9).[17] La direzione della squadra è attribuita ad  una autorità dello Stato sul cui territorio si svolgono le indagini, ed al diritto dello stesso Stato deve guardarsi, quanto alle disposizioni di legge applicabili alle operazioni svolte dalla squadra.

 I membri distaccati - cioè quelli appartenenti a  Stati diversi da quelli in cui la squadra  interviene -  possono, in conformità della legislazione di quest’ultimo, essere incaricati dell’esecuzione di ‘’talune misure investigative’’ (articolo 1, 6), se  gli Stati interessati sono d’accordo.

I risultati delle indagini  legalmente svolte   da un membro della squadra  investigativa comune possono essere utilizzate, oltre che, naturalmente, nei procedimenti  ed ai fini in relazione ai quali sono stati richiesti (ed in tal caso vanno valutate come se fossero state raccolte nel corso di una indagine nazionale : articolo 1 , 7) b), anche ai fini della individuazione, l’indagine e perseguimento di altri reati, previo consenso dello Stato in cui le informazioni sono state raccolte. Queste ultime possono,  inoltre, essere utilizzate  per scongiurare una minaccia immediata e grave alla sicurezza pubblica, a prescindere dall’avvio di un’indagine penale, nonché  per altri scopi eventualmente convenuti ( articolo 1, 10).

Il contenuto della decisione quadro riprende, quasi alla lettera, l’articolo 13 della Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale. In particolare, era già previsto dalla convenzione in via generale  che alle squadre investigative  potessero partecipare anche ‘’ persone diverse dai rappresentanti delle autorità competenti’’, con specifico riferimento alla possibilità di far partecipare alla squadra funzionari comunitari.

Costituisce, invece, una novità di notevole rilievo , la possibilità che alle  attività della squadra partecipino rappresentanti di Stati terzi, cioè  esterni all’Unione, ed inoltre  - come sembra desumersi dal testo- non necessariamente coinvolti nella specifica indagine . Come detto, i ‘’rappresentanti di autorità statunitensi’’ricevono specifica considerazione.

La previsione relativa alla partecipazione   ad un atto di indagine ,  di rappresentanti di Stati estranei allo specifico rapporto di cooperazione giudiziaria non ha precedenti. Anche per questo la disposizione andrà attentamente valutata nella sua portata, al momento della pratica applicazione,  soprattutto in relazione alle amplissime possibilità di utilizzo dei risultati delle indagini compiute dalla squadra, sopra evidenziate.

 

3-  Europol

L’Ufficio Europeo di Polizia è stato costituito con atto del Consiglio del 26 giugno 1995, con cui fu adottata la  relativa convenzione.

Con Decisione del Consiglio del 3 dicembre 1998 Europol è stata incaricata di occuparsi anche dei ‘’reati commessi o che possono essere commessi nell’ambito di attività terroristiche che si configurano come reati contro la vita, l’incolumità fisica, la libertà delle persone e dei beni’’. Fin d’allora, pertanto, l’Ufficio europeo di Polizia rientra tra gli strumenti approntati dall’Unione per la lotta contro il terrorismo.

Il mandato di Europol è quello di facilitare l’attività delle forze di polizia degli Stati membri, nella lotta contro gravi forme di reato[18], quando vi sia il coinvolgimento della criminalità organizzata. Tale obiettivo viene perseguito attraverso la facilitazione dello scambio di informazioni tra gli Stati membri, la predisposizione di studi ed analisi di supporto, nonché di rapporti strategici sulla base delle informazioni ricevute dai singoli Stati o direttamente raccolte . 

Europol ha, pertanto, mansioni esclusivamente consultive e di coordinamento, escluso qualsiasi compito operativo.

Gli Stati membri sono tenuti a trasmettere sistematicamente e senza ritardo ad Europol tutti i dati in loro possesso in materia di terrorismo.

Con Decisione del Consiglio europeo di Bruxelles del 21 settembre 2001, all’interno di Europol è stata costituita  una squadra specializzata in materia di lotta al terrorismo anche al fine di una più attiva collaborazione con gli  Stati membri nonché, come previsto dal Piano d’Azione , con gli Stati Uniti.  La squadra è operativa dal novembre 2001 e la sua azione è focalizzata sulla rete terroristica islamica.

 Per sancire la collaborazione con gli Stati Uniti, ed in ottemperanza a quanto stabilito nel Piano d’Azione del 21 settembre,  è stato concluso un apposito accordo di cooperazione tra Europol e gli Stati uniti.

Va , infine, richiamato,  l’accordo politico concluso al Consiglio il 25/26 aprile 2002, rigurdo alla  partecipazione di Europol alle squadre investigative comuni, con riferimento alle materie di sua competenza. Perché tale possibilità divenga effettiva, sarà , peraltro, necessario emendare la Convenzione Europol. Come detto, la  possibilità, per Europol, di partecipare alle squadre  è altresì espressamente prevista dalla  Decisione quadro relativa alla costituzione di squadre investigative comuni.  Europol non potrà, comunque, nelle squadre, adottare misure coercitive.

Nell’accordo politico concluso il  25/26 aprile è stato anche previsto  che Europol possa richiedere agli stati membri di iniziare, condurre o coordinare una indagine penale, nelle materie di propria competenza. Anche per l’operatività di questa previsione  occorrerà, peraltro, attendere l’emendamento della convenzione istitutiva di Europol.

 

3. Decisione del Consiglio che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità (28 febbraio 2002)

La Decisione relativa alla istituzione di Eurojust è  divenuta operativa dal 6 marzo 2002.  Esisteva, in precedenza, un organismo provvisorio (Pro-Eurojust).

Eurojust è composta di procuratori e magistrati degli Stati membri, ed ha il compito di facilitare il coordinamento fra le autorità nazionali preposte ad indagini relative al crimine organizzato, assistendole, in particolare, nell’ esecuzione di richieste di assistenza giudiziaria e di estradizione. Eurojust opera  avvalendosi delle analisi condotte da Europol e cooperando strettamente con la Rete Giudiziaria Europea .[19]

La competenza di Eurojust copre, oltre che i reati commessi dalla criminalità organizzata, tutti i reati in relazione ai quali è competente Europol e, pertanto, anche il terrorismo.

Dal 10 ottobre 2001 sono stati istituiti contatti regolari tra i magistrati antiterrorismo, con l’intermediazione di Eurojust. Quest’ultima coordina la sua azione con Europol, e si sta esaminando la possibilità di stabilire contatti periodici dei due organismi anche con la Task Force capi di Polizia ( Capi delle Unità Antiterrorismo delle polizie). Eurojust può, infine, concludere accordi di cooperazione anche con Stati terzi.

 

4. Decisione quadro del Consiglio relativa al mandato d’arresto europeo ed alle procedure di consegna tra Stati membri ( 13 giugno 2002)[20]

Il mandato d’arresto europeo costituisce la principale applicazione del principio del ‘’mutuo riconoscimento’’ di atti giudiziari , stabilito dal Consiglio Europeo di Tampere.

La decisione che ha introdotto lo strumento  è stata adottata il 13 giugno 2002 .

Il meccanismo istituito con la Decisione quadro è finalizzato a rimpiazzare il sistema corrente della estradizione, attraverso il riconoscimento e la esecuzione automatica  di titoli di detenzione o custodia cautelare emessi da autorità giudiziarie di un altro Stato membro. 

Danno luogo a consegna in base al mandato d’arresto europeo le condotte punite, dalle leggi dello Stato che ha emesso la misura, con pena massima non inferiore ad un anno ovvero, se è stata pronunciata condanna, se  quest’ultima   non è inferiore a quattro mesi. Sia lo Stato in via generale (articolo 2,4) che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione caso per caso ( articolo 4) può rifiutare la consegna , se il fatto non è previsto come reato nello stato di esecuzione. La consegna non può , invece, essere rifiutata per assenza di doppia incriminazione, in relazione ai reati inclusi  in una  lista di 32 reati, fra i quali è ricompreso  il terrorismo, a condizione che siano puniti, nello Stato membro emittente, con pena massima pari o superiore a tre anni.  La procedura per l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo è  giurisdizionale : la fase politica della procedura di estradizione è abolita, così come la fase amministrativa, a tutto vantaggio della speditezza del procedimento.

I casi di rifiuto di esecuzione di un mandato d’arresto europeo sono ridotti al minimo. Alcune basi di rifiuto sono obbligatorie (  amnistia nello stato di esecuzione, ne bis in idem, irresponsabilità penale per età ), altre facoltative : ad esempio l’esecuzione può essere rifiutata se il reato è stato commesso in tutto o in parte sul territorio dello stato di esecuzione. Non costituisce motivo di rifiuto la motivazione politica del reato, né il fatto che il soggetto sia cittadino dello stato di esecuzione.[21]

 

5. Rapporti con gli Stati Uniti ed altri paesi terzi, e con organizzazioni internazionali

In tema di cooperazione giudiziaria con gli Stati Uniti, il  Consiglio Giustizia e Affari Interni, del 25/ 26 aprile 2002 , ha approvato il  mandato negoziale alla Presidenza per la conclusione di un accordo tra l’Unione e gli Stati Uniti in materia di cooperazione giudiziaria penale, inclusa l’estradizione, da stipularsi sulla base degli articoli 38 e 24 del TUE. L’accordo è in via di conclusione.

Esso dovrà rispettare i principi costituzionali e ordinamentali delle due parti: formulazioni flessibili  - che tengono conto della diversità fra le legislazioni degli Stati membri – saranno utilizzate,   in particolare, sui temi più delicati, quale quello  dell’estradizione dei cittadini.  Sarà prevista   l’esclusione della clausola politica in materia di estradizione, la semplificazione delle procedure, e tentativi di risolvere il nodo della pena di morte , attraverso meccanismi quali la  conversione delle pene secondo i criteri stabiliti dallo stato estradante. 

 

II. Il congelamento dei beni dei terroristi

 

 

Il quadro internazionale per il congelamento dei beni dei terroristi è fondato in gran parte sulle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza.

Le più significative da questo punto di vista  sono le   n. 1267 ( 1999), 1333 (2000),1373 (2001) e 1390 (2002).

Esse si fondano tutte sul capitolo VII dello Statuto delle Nazioni Unite e sono, pertanto, vincolanti per gli Stati membri.

Le Risoluzioni 1267, 1333 e 1390  si indirizzano alla rete terroristica islamica, con  progressivo allargamento del campo di applicazione : la più antica , la n. 1267, aveva campo di applicazione limitato  geograficamente   al territorio afghano sotto il controllo dei Talebani;  l’anno successivo , con la n. 1333 le sanzioni furono estese  ad Usama bin Laden nonché agli individui e gruppi a lui collegati, compresa al -Qaeda .

 Dopo l’11 settembre, il Consiglio di Sicurezza decise, con la n. 1390 del gennaio 2002, di estendere le misure a tutti gli ‘’individui , gruppi ed entità associate ’’ad al-Qaeda, indipendentemente dalla loro collocazione geografica.

Queste risoluzioni  stabiliscono essenzialmente sanzioni di tipo  patrimoniale : congelamento dei beni ed embargo di forniture militari.

 Spetta al Comitato Sanzioni del Consiglio di Sicurezza, istituito dalla Risoluzione 1267, individuare in concreto soggetti ed organizzazioni , attraverso la redazione di liste periodicamente aggiornate.

 La Risoluzione 1373, adottata nell’immediatezza dell’attacco dell’11 settembre, è, invece, a sé stante : prevede anch’essa il congelamento ha campo di applicazione molto più ampio, sia nel senso che estende   l’intervento al campo penale ( criminalizzazioni, cooperazione giudiziaria e di polizia, diritto di asilo), sia nel senso che non  contiene riferimenti territoriali o ad una specifica organizzazione.

Pertanto ad essa non è collegata una lista stilata da un organismo del consiglio di sicurezza: i singoli Stati ed organizzazioni regionali sono liberi di individuare in concreto i terroristi destinatari delle misure .

L’efficacia vincolante delle Risoluzioni ha imposto l’adozione di normative internazionali a carattere regionale, e, a pioggia, nazionali, sia in relazione alle sanzioni economiche, ed in primo luogo il congelamento beni, sia in relazione alle previsioni di tipo penale, come l’obbligo di criminalizzazione e di cooperazione giudiziaria e di polizia rafforzata.

Di queste ultime abbiamo detto, perché per quanto riguarda l’UE le decisioni quadro sono appunto le misure principali che la UE ha assunto per conformarsi alla Risoluzione 1373.

  Per quanto riguarda invece il congelamento dei beni dei terroristi, sia di quelli islamici indicati nelle liste del Consiglio di sicurezza, sia degli altri, cui fa riferimento la 1373, l’Europa si è  adeguata attraverso strumenti della Comunità, come tali idonei a recepire le misure di tipo economico contenute nelle Risoluzioni.

Si tratta di Regolamenti che impongono agli stati membri il  congelamento di ‘’tutti i capitali,  attività finanziarie e risorse economiche ‘’ di cui i terroristi detengano la proprietà o il possesso’’

Il  Regolamento 881/2002 prende  in considerazione i soggetti e le organizzazioni collegati ed al-Qaeda

Esso è, collegato alle Risoluzioni 1267,1333 e 1390, dirette contro la rete terroristica islamica e  rinvia, quanto ai soggetti destinatari delle sanzioni, alla lista dei terroristi ed organizzazioni terroristiche compilata ed aggiornata dal Comitato Sanzioni del Consiglio di Sicurezza.

 Il Regolamento n. 2580/2001 è  invece finalizzato a dare attuazione alla Risoluzione 1373 , nella parte in cui come le altre prevede il congelamento dei beni dei terroristi.

Poiché come detto alla Risoluzione non è allegata una lista predeterminata dal consiglio di sicurezza, i soggetti destinatari delle sanzioni sono individuati in concreto in una lista periodicamente aggiornata e redatta dal Consiglio dell’Unione, riferita a individui ed organizzazioni terroristiche di varia matrice, anche endoeuropea.

Criteri per l’inclusione: in base all’ Articolo 2,3 il Consiglio deve includere nella lista  solamente persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità  che commettono o tentano di commettere o facilitano  atti terroristici, ovvero sono controllate da terroristi.

 La relativa valutazione viene effettuata  ‘’sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulta che un’autorità competente’’ -  segnatamente un’autorità giudiziaria- ha assunto decisioni o aperto indagini nei confronti del soggetto per atto terroristico .

Le segnalazioni di nominativi da inserire nell’elenco sono effettuate dagli Stati membri, attraverso le autorità all’uopo designate, che per l’Italia è il Comitato di Sicurezza Finanziaria istituito con legge 14 dicembre 2001, n. 431.

La lista consolidata della UE ed autonomamente redatta dal Consiglio   costituisce uno strumento a vocazione universale contro il terrorismo internazionale, indipendentemente dalla sua matrice ideologica e dalla sua collocazione geografica.

Essa contiene, infatti, gruppi mediorientali, turchi iraniani), sudamericani (come Sendero Luminoso) , asiatici, nonché interni alla Unione Europea.

L’ala terrorisa di Hamas, Gama’ al- Islamiya, Jihad islamica palestinese.

PKK e DHKP/C- Turchia

MKO- Iran

Come la giapponese Aum Shinrikio, responsabile dell’attentato al gas nervino nella metropolitana di Tokio nel 1995.

Tra gli altri gli spagnoli ETA e GRAPO, i gruppi nord-irlandesi IRA,LVF,OV,RHD,UDA/UFF, i greci ELA, 17 novembre.

 

L’inserimento di questa o quella organizzazione nell’elenco è frutto di un processo lungo ed alquanto faticoso,  soprattutto con riferimento alle organizzazioni  la cui attività è al limite tra sovversione ed estremismo politico legale, e per le c.d. ‘’umbrella organisations’’, cioè quelle organizzazioni che – pur operando legittimamente a livello politico – contengono al loro interno o sono strettamente collegate ad organizzazioni di dichiarata matrice terroristica.

L’Italia come gli altri paesi ha emesso una legislazione di attuazione, stabilendo la nullità degli atti compiuti in violazione delle disposizioni dei regolamenti, cioè essenzialmente gli atti di disposizione dei beni degli individui indicati come terroristi. (articolo 1 l. 27 novembre 2001 n. 415).

Cioè la legge opera un rinvio.

 Va tuttavia ricordato che il meccanismo del congelamento è automatico, nel senso che basta l’inclusione nella lista per far scattare il congelamento dei beni del soggetto.

 Allo Stato  spetta , in concreto, operare il congelamento del bene, apprendere il bene, ma non gli non compete alcuna valutazione sulla congruità dell’inserimento del soggetto nella lista :  la  valutazione di sostanza dei presupposti della inclusione è, infatti, sottratta alle autorità giudiziarie o amministrative dello Stato cui spetta apprendere materialmente il bene, ed  è rimessa  al Consiglio, nel momento in cui decide l’inclusione di un nominativo . Tanto è vero che i ricorsi vanno presentati alla corte di Giustizia, contro il consiglio dell’Unione.

Tre leggi, destinate le prime due - le leggi 415 e 431/2001- a recepire i Regolamenti comunitari, e la terza - la legge 438/2001- per recepire le posizioni comuni e gli altri strumenti dell’Unione fino a quel momento adottati, nonché la 1373.

 

I regolamenti non si indirizzano alle autorità giudiziarie. Tuttavia rilevano sotto almeno due punti di vista :

1)        La legge 14 dicembre 2001 n. 431 che  ha introdotto un Comitato di Sicurezza Finanziaria interministeriale (di cui fa parte anche la Direzione nazionale Antimafia) prevede  all’articolo 2-ter, che l’autorità giudiziaria  trasmetta ogni informazione ritenuta utile ai fini della legge.

2)        Hanno un valore interpretativo, per quanto riguarda la qualifica di terrorista da attribuirsi alle organizzazioni ed individui contenuti nelle liste, anche se va ribadito che costoro sono indicati come ‘’terroristi’’ al limitato fine del congelamento dei beni.

 

 

NAZIONI UNITE

 

 

1- Le dodici convenzioni delle nazioni Unite contro il terrorismo

 

L’Italia è parte di tutte le convenzioni delle nazioni Unite contro il terrorismo.

Le Nazioni Unite cominciarono ad elaborare convenzioni contro il terrorismo nei primi anni settanta, su iniziativa dei paesi del G7, ed in funzione di contrasto ai movimenti di liberazione nazionale, e segnatamente all’OLP.

All’epoca i fenomeni più clamorosi erano i dirottamenti aerei e la presa d’ostaggi. Le prime intese di coordinamento dei paesi occidentali furono, pertanto, dirette a contrastare queste ed altre condotte, che in quegli anni apparivano tipiche del terrorismo internazionale. Ne risultarono otto convenzioni settoriali, presto integrate da due protocolli, tesi a colmare le lacune delle prime.

Le convenzioni settoriali erano piuttosto scarne, nei settori della  prevenzione e della  cooperazione di polizia e giudiziaria. Ampio spazio veniva lasciato  alla applicazione, fra le parti,  dei trattati bilaterali o multilaterali di cooperazione di volta in volta  applicabili, anche se era  già contemplato l’importante obbligo dell’aut dedere aut judicare.

A partire dal 1997 una nuova generazione di convenzioni vide la luce.

 Il  terrorismo internazionale non si limitava ormai più a dirottare aerei, ma colpiva in modo generalizzato obiettivi civili, con armi micidiali : Dar el Salaam, Nairobi, Irlanda del Nord, Colombo, Manchester, Tokyo.

Il terrorismo a mezzo esplosivi ed il finanziamento del terrorismo divennero la principale preoccupazione della comunità internazionale.

 Ciò indusse le Nazioni Unite ad elaborare due nuove convenzioni, nelle quali per la prima volta la parola ‘’terrorismo ‘’ compariva nel titolo, anche se non nel corpo dello strumento.

Ci si riferisce alla Convenzione per la soppressione del terrorismo a mezzo bombe del 1997 ed alla Convenzione  contro il finanziamento del terrorismo, proposta  dal Ministro degli esteri francese Hubert Vedrine ed adottata nel 1999.

Queste convenzioni costruirono sulle precedenti e le svilupparono.

Fu estesa sensibilmente la sezione dedicata alla cooperazione giudiziaria e di polizia : non più soltanto l’imposizione del principio aut dedere aut judicare, ma disposizioni dettagliate in materia di rogatorie ed estradizione.

 Per la prima volta fu stabilita un’eccezione al tradizionale divieto d’estradizione per reato politico: l’attacco ai civili, si disse, non può essere in alcun modo giustificato.

Alto grado di specificità fu raggiunto altresì nel settore delle misure di prevenzione

 La Convenzione contro il finanziamento del terrorismo si è rivelata, anche a posteriori, strumento fondamentale.

 Essa   è espressione di una visione avanzata della lotta al terrorismo attraverso strumenti pattizi, per la forte caratterizzazione sul piano preventivo.

 E’ tesa alla interruzione dei flussi finanziari  e, pertanto, al  controllo del livello organizzativo del gruppo terroristico.

L’obbligo di criminalizzazione investe il finanziamento intenzionale del terrorismo,  tanto diretto quanto indiretto - punto cruciale- ed indipendentemente dal compimento, in concreto, di uno specifico atto  terroristico : il fatto del finanziamento è criminalizzato in sé.

 

 

2- La Convenzione globale contro il terrorismo e la definizione di terrorismo

 

La convenzione più recente negoziata dalle Nazioni Unite  è la Convenzione globale contro il terrorismo. Essa, benché giunta alla sua settima sessione negoziale, non è stata ancora conclusa, e si dispera oramai di vederne l’esito.

Strumento non ancora adottato.

Sembra, tuttavia, utile farvi breve cenno, per una migliore comprensione della tematica relativa alle convenzioni contro il terrorismo.

Invero, ciò che ostacola la conclusione del negoziato è la questione centrale della definizione di terrorismo.

Il  tema non è nuovo, ma è sempre attuale. 

Dire che cosa si intenda per terrorismo significa, in effetti, stabilire i confini del fenomeno, con riferimento non solo ai reati comuni dello stesso tipo - omicidio, sequestro di persona ecc.-  ma anche, e soprattutto,  rispetto a condotte che il diritto internazionale considera o legittime o, comunque, disciplinate da strumenti internazionali diversi dalle convenzioni penali sul terrorismo e, segnatamente, dal diritto umanitario internazionale.

 Tale tematica da tempo divide i paesi islamici dagli occidentali, ed influenza il negoziato non solo delle convenzioni , ma in genere degli strumenti internazionali delle Nazioni Unite in materia di terrorismo.

Il mondo non concorda per nulla su chi debba considerarsi terrorista e chi no, e sembra, anzi, che non vi sia un solo terrorista, in giro, che sia unanimemente considerato tale.

Le divergenze di vedute non investono solo i casi – limite, ciò le organizzazioni la cui attività è al limite tra sovversione ed estremismo politico legale, e le cd.  ‘’umbrella organisations’’, che pur operando legittimamente a livello politico – contengono al loro interno o sono strettamente collegate ad organizzazioni di dichiararata matrice terroristica.

Il punto focale  è costituito dalla   qualificazione delle condotte poste in essere nel quadro delle lotte di liberazione nazionale.

Molti paesi (in particolare i 58 paesi aderenti all’Organizzazione della Conferenza Islamica) vorrebbero che le condotte compiute nel quadro di queste lotte fossero escluse dal campo di applicazione delle Convenzione globale, vale a dire non fossero ricomprese nella nozione di terrorismo.

    Tale posizione ha una base di fondamento nel diritto internazionale : in linea generale, il diritto internazionale le considera legittime o, quantomeno, disciplinate da strumenti internazionali diversi da quelli penali , quali quelli rientranti nel diritto umanitario internazionale.

 Il punto non può essere sviluppato, ma è molto rilevante: è, qui, coinvolta la delicatissima questione della  giustificabilità degli atti di terrorismo, anche da un punto di vista strettamente penale : si pensi al rilievo della questione della motivazione politica della condotta ed alle conseguenze in tema di estradizione.

Gli eventi dell’11 settembre hanno, d’altra parte, determinato l’accelerazione di un processo che era già in atto sul piano internazionale, e che si risolve nella caduta di una serie di barriere, in materia soprattutto  di cooperazione giudiziaria e  di diritto di asilo , nei confronti di chi venga considerato  ‘terrorista’, e nella applicazione di tutta una serie di sanzioni ( congelamento dei beni, embargo ecc.) nei loro confronti.

La questione ha anche rilievi pratici.

Il contributo che qui  può darsi è l’invito a  tenere presente che   dagli anni ottanta in poi vi è stata  una graduale affermazione del principio che gli atti di terrorismo sono di per sé illegittimi sotto il diritto internazionale.

 A ciò corrispose la graduale accettazione di tale principio da parte dell’opinione pubblica.

Corollario di tale principio, ed ulteriore passaggio ,è stato l’affermazione che gli atti di terrorismo non possono trovare giustificazione in forza della motivazione che li ha ispirati.

Se, pertanto, è indifferente la motivazione – ideologica, religiosa o altro- degli autori e la qualità di questi ultimi, viene molto ridotto lo spazio per distinguere   tra terrorismo in senso stretto e lotte di liberazione.

Ciò conduce solo apparentemente ad una oggettivazione della nozione di crimine terroristico.

Nei fatti ciò che si sta verificando è l’ opposto, cioè una ‘soggettivazione’ della nozione di terrorismo.

Ogni paese si sente autorizzato a interpretare il concetto sulla base della propria personale concezione, e di risolvere autonomamente la questione della distinzione con movimenti di liberazione o simili.

Ciò da un lato definitivamente elimina ogni speranza di riuscire a fissarne i confini in uno strumento internazionale di portata universale.

Dall’altro lato può creare problemi per l’interprete.

Il sistema delle liste dei terroristi ed organizzazioni terroristiche, introdotto dal Consiglio di Sicurezza ai fini del congelamento dei beni, e fatto proprio dall’Unione europea, ne costituisce un esempio lampante. Il fatto di introdurre una lista di terroristi riduce grandemente le  possibilità,  per l’interprete di ritenere che una organizzazione non è una organizzazione terrorista ma un movimento di liberazione nazionale.

In conclusione, se il giudice resta libero , sia nei procedimenti penali interni, che nell’adempimento di richieste di cooperazione giudiziaria internazionale, di attribuire o meno la qualifica di terrorista ad un individuo o organizzazione, sulla base degli elementi di cui dispone ed ai fini di volta in volta penalmente rilevanti, è indubbio che la cornice normativa internazionale venutasi a creare dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre, ed in continua  evoluzione,  riduce in qualche modo gli spazi di autonoma interpretazione, nel momento in cui, specularmente, fornisce ad essa un supporto   interpretativo.

 

 

Roberta Barberini

Magistrato, esperto giuridico del Ministero degli Affari Esteri



[1] Vanno  ricordati , tra gli strumenti dell’Unione precedenti all’11 settembre,  oltre naturalmente alla Convenzione Europol del 18 luglio 1995 ed alla Decisione del Consiglio 3 dicembre 1998 che estese il mandato di Europol ai retai di terrorismo, le importanti  convenzioni relative alla procedura semplificata di estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea  (10 marzo 1995) ed all'estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea  (27 settembre 1996), il cui articolo 1 stabilisce che uno dei fini della convenzione è facilitare l'applicazione da parte degli Stati membri della UE della convenzione europea sulla repressione del terrorismo. Tra gli strumenti dell’UE in materia di terrorismo, preesistenti all’11 settembre 2001,  va anche   annoverata  l'azione comune del 21 dicembre 1998, relativa alla punibilità della partecipazione a un'organizzazione criminale negli Stati membri dell'Unione europea, che  affronta il tema dei reati di terrorismo, e l’azione comune del 15 ottobre 1996 sull’istituzione e l’aggiornamento costante di un repertorio di competenze, capacità e conoscenze specialistiche nel settore dell’antiterrorismo, per facilitare la cooperazione fra gli Stati membri nella lotta al terrorismo.

 

[2] n. 2002/475/ GAI

[3] ‘’L’azione comune nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale comprende :…..e) la progressiva adozione di misure per la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati ed alle sanzioni, per quanto riguarda la criminalità organizzata, il terrorismo ed il traffico illecito di stupefacenti’’. Altrettanto è previsto  dal paragrafo 46 del Piano d’Azione del Consiglio e della Commissione relativo alle modalità ottimali di attuazione delle disposizioni del trattato di Amsterdam relative alla creazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia.

[4]In base al quale  gli strumenti da utilizzare per il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri sono appunto le decisioni quadro.

[5] Art. 34,2,lettera b del  TUE..

[6] Si rammenti, peraltro, che già l’articolo 3,1 lettera a) della Convenzione sulla estradizione della Unione Europea , del 27 settembre 1996, prevedeva che , a certe condizioni, la doppia incriminabilità non potesse costituire base per il rifiuto di una richiesta di estradizione in ordine a reati associativi in materia di terrorismo. Lo stesso è previsto nella Decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo, sempre limitatamente ai reati di terrorismo.

[7] ‘’Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinchè  siano considerati reati terroristici gli atti intenzionali di cui alle lettere da a) a i) definiti reati in base al diritto nazionale che, per loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un paese o ad una organizzazione internazionale, quando sono commessi al fine di :

-          intimidire gravemente la popolazione,o

-          costringere indebitamente i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto,o

-          destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali , economiche o sociali di un paese o un’organizzazione internazionale:…’’  

[8] V. nota precedente.

[9] Segnatamente all’ articolo 2, 1, lettera b)  della Convenzione Internazionale per la soppressione del finanziamento del terrorismo delle Nazioni Unite ( New York, 1999) , che fa riferimento ad ‘’…ogni atto…la cui finalità per natura o contesto, sia quella di intimidire una popolazione o di costringere un governo o una organizzazione internazionale a fare o ad omettere qualche atto..’’.  

[10]Ad onta di ciò, è assai raro riscontrare la menzione esplicita della finalità politica come finalità tipica del terrorista  non solo in strumenti internazionali ( convenzionali o no), ma neppure nelle legislazioni antiterrorismo nazionali. Nelle legislazioni nazionali la tecnica utilizzata è , per lo più, quella di menzionare espressamente la finalità di ‘’terrorismo’’ senza definire il fenomeno. Tecnica analoga fu utilizzata nella Convenzione contro il terrorismo del Consiglio d’ Europa del 1977. In Italia come è noto sono utilizzati entrambi i sistemi : si parla sia di ‘’finalità di terrorismo ’’che  e di ‘’finalità di eversione dell’ordine democratico ‘’ ( si veda ad esempio l’articolo 280 c.p, ove le nozioni sono utilizzate congiuntamente, ciò che ha indotto  parte della dottrina a distinguere tra scopo dell’atto intimidatorio e scopo più propriamente di eversione  ).

[11] Il rispetto dei  diritti e principi fondamentali , in tutti i settori cui si applica il Trattato di Amsterdam è d’altra parte  imposto dall’articolo 6 del Trattato sull’Unione europea e  costitusce uno dei principi su cui si fonda l’Unione . Nel progetto originario della Decisione quadro, depositato dalla Commissione immediatamente dopo l’11 settembre, non era contenuto alcun richiamo ai diritti  dei terroristi. Il complesso delle disposizioni era, inoltre, improntato a maggiore intransigenza. Sul mutamento di indirizzo fra gli Stati membri  ( dovuto soprattutto all’azione di Francia e Svezia) ha sicuramente inciso il superamento della fase di emergenza, e forse una gestione di quest’ultima da parte degli americani non  condivisa da vasti settori dell’opinione pubblica dei paesi europei..

[12] N. 98/733/GAI.

[13]  Art. 2:‘’Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinchè siano punibili i seguenti atti intenzionali:..’’; articolo 1 :’’ Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinchè siano considerati reati terroristici gli atti intenzionali…’’

[14] Si veda , in proposito, la nota n. 9.

[15] 2002/465/GAI

[16] Art. 34,2,lettera b del  TUE..

[17] Quanto alla partecipazione di Europol, occorrerà , tuttavia,  attendere che sia appositamente emendata la Convenzione Europol . Sul punto,  peraltro, è stato  già raggiunto l’accordo politico ( si veda oltre).

 

[18] Terrorismo, traffico di droga, immigrazione illegale e traffico di persone, contraffazione monetaria, traffico in materiali radioattivi, riciclaggio.

[19] Istituita con Piano d’azione del 1997 al fine del contrasto al crimine organizzato. È composta di esperti degli Stati membri, che si incontrano periodicamente ed hanno il compito di facilitare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri fornendo informazioni pratiche in materia di cooperazione giudiziaria agli operatori del diritto nazionali e stranieri  .. Il compito è portato avanti attraverso punti di contatto, nominati dai singoli Stati.

[20] N. 2002/584/GAI.

[21] In tal caso, tuttavia, in base all’Articolo 5, la consegna può essere subordinata alla condizione che la persona , dopo essere stata interrogata, sia rinviata nello Stato di esecuzione per scontarvi la pena irrogata dallo Stato emittente.