Gabriele
D'Annunzio nacque a Pescara il 12 Marzo 1863 dall'agiato proprietario
terriero Francesco Paolo Rapagnetta-D'Annunzio e da Luisa de Benedictis,
terzo di cinque figli.
Dopo
un'infanzia serena, nel corso della quale sviluppò un particolare
attaccamento per la madre, apprese i primi rudimenti in casa, da un
insegnante privato. Superato brillantemente l'esame di ammissione al
liceo-ginnasio di Chieti, nel 1874 il ragazzo venne iscritto alla classe
prima del Colleggio Cicognini di Prato, ove si distinse non solo per il
brillante ingegno e la diligenza nello studio ma anche per la volontà
di primeggiare in ogni campo.
Nel 1878,
vivamente entusiasto della lettura delle Odi barbare, il giovane
D'Annunzio iniziò a comporre i primi versi, pubblicati nel dicembre
1880 a spese del padre con il titolo "Primo Vere".
Nonostante
l'influsso Carducciano fosse fortissimo, in questa prima raccolta
appaiono alcuni tratti già tipicamente dannunziani, ovvero l'esuberante
e prepotente sensualità, il gusto un po’ barocco per la sonorità dei
versi e il minuzioso descrittivismo.
Diplomatosi
nel 1881, ritornò a Pescara, dove conobbe il pittore Francesco Paolo
Michetti, al quale sarebbe stato legato anche negli anni successivi da
una profonda amicizia.
Alla fine
di quell'anno si trasferì a Roma, ove si iscrisse alla Facoltà di
Lettere e Filosofia, i cui corsi tuttavia trascurò quasi del tutto,
preferendo invece lanciarsi nel vortice della vita mondana. Iniziò a
collaborare assiduamente a due nuove riviste romane il <<Capitan
Fracassa>> e la <<Cronaca Bizantina>>, con le quali
l'intraprendente editore Angelo Sommaruga si proponeva di raggiungere il
grosso pubblico mescolando sapientemente la divulgazione letteraria alla
cronaca mondana e galante.
Per lo
stesso editore D'Annunzio pubblicò nel 1882 i racconti di "Terra
vergine", ove appare manifesto l'influsso zoliano e verghiano,
e la sua seconda raccolta poetica,"Canto novo", i cui
versi sono dedicati in gran parte al suo primo grande amore, Elda
Zucconi, poeticamente chiamata Lalla.
Nel
giugno 1883, innamoratosi di una giovane aristocratica, Maria Hardouin
del Gallese, per vincere le resistenze della sua famiglia si rese
protagonista con lei di un'avventurosa fuga a Firenze, cui fecero
seguito un mese dopo le inevitabili nozze riparatrici.
Lo stesso
mese apparve la sua terza raccolta poetica, "Intermezzo di
rime", che suscitò un notevole scandalo nell'opinione pubblica
per la scabrosità delle situazioni e la licenziosità del linguaggio:
con lei D'Annunzio spingeva sino alle estreme conseguenze il sensualismo
delle opere precedenti.
Dopo il
viaggio di nozze, il poeta si recò assieme alla moglie a Pescara, ove
soggiornò per sfuggire ai numerosi creditori.
Poco
prima di rientrare nella capitale come redattore della
<<Tribuna>>, ruppe definitivamente con Sommaruga.
Negli
anni successivi, parallelamente ad un'intensa attività giornalistica,
si dedicò quella letteraria, scrivendo poesie e i diciassette racconti
di San Pantaleone.
Fu questo
un periodo molto movimentato per il poeta, che sostenne due duelli
(conclusi entrambi con ferita), divenne due volte padre ed ebbe la sua
prima relazione adultera con la giornalista napoletana Olga Ossani.
Nel 1887,
infine, conobbe Barbara Leoni, con la quale iniziò una lunga e
appassionata storia d'amore che avrebbe causato negli anni successivi la
definitiva rottura con la moglie.
Trasferitosi
nuovamente a Roma, il poeta continuò a scrivere versi d'amore per
Barbara Leoni. Il luglio dell'anno seguente, però, si dimise dalla
<<Tribuna>> per ritirarsi nella casa di Francavilla
dell'amico Michetti, ove restò sei mesi intento a compiere il romanzo "Il
Piacere" (1889), l'opera più significativa del periodo romano,
di cui costituisce in un certo senso il bilancio. Con essa D'Annunzio si
colloca a buon diritto nell'ambito del decadentismo europeo.
Il
protagonista della vicenda è il conte Andrea Sperelli, un giovane
aristocratico dotato di una raffinata sensibilità per l'arte.
Educato
dal padre a <<fare la propria vita, come se fosse un'opera d'arte>>
e ad assaporare con avida voluttà ogni piacere, egli smarrisce
fatalmente <<ogni volontà ed ogni moralità>>, improntando
la sua vita alla menzogna e all'artificio.
La
lettura dei romanzi russi e l'esperienza del servizio militare, cui
D'Annunzio dovette necessariamente sottoporsi fino al novembre 1890,
segnarono in lui una svolta in senso umanitario.
Successivamente
scrisse "L'Innocente" che rappresenta la testimonianza
più importante della <<conversione>> di D'Annunzio ai buoni
sentimenti e il conseguente rifiuto degli ambienti mondani corrotti e
viziosi, già apertamente condannati alla fine del periodo romano nel
Piacere.
Frattanto
il poeta, ormai separatosi definitivamente dalla moglie, si era
trasferito a Napoli, ove trascorse due anni da lui definiti di
<<splendida miseria>>, durante i quali fu costantemente
oberato dai debiti e perseguitato dai creditori.
Nella città partenopea
strinse una nuova relazione con un'altra donna sposata, Maria Gravina,
in seguito alla quale dovette rompere con Barbara Leoni e affrontare nel
1893 un processo per adulterio.
Tornato
in Abruzzo, completò il "Trionfo della morte" (1894),
romanzo in cui fa la sua prima comparsa il mito del
<<superuomo>>.
Abbandonata
la Gravina andò a vivere con la celebre attrice Eleonora Duse; che poco
tempo dopo abbandonò per convivere con la contessa Alessandra di
Rudinì.
In questo periodo egli compose i primi tre libri delle "Laudi"
(Maia, Elettra, Alcione).
Dopo aver
tentato invano di risollevare la sua disastrosa situazione finanziaria,
il poeta si trasferì infine in Francia, ove risiedette
ininterrottamente fino al 1915 per sfuggire ai creditori.
Anche
qui, comunque, condusse una vita eccessivamente dispendiosa, per pagare
i costi della quale fu costretto a lavorare giorno e notte ad un
considerevole numero d'opere.
Il 4
maggio 1915 D'Annunzio ritornò in Italia per partecipare alla campagna
interventista orchestrata dal movimento nazionalista per costringere il
governo e il Parlamento a entrare in guerra contro l'Austria.
Dopo
l'ingresso dell'Italia in guerra il poeta, nonostante i suoi
cinquantadue anni, si arruolò volontario come ufficiale, rendendosi
protagonista di numerose imprese in cui dimostrò notevole audacia e
sprezzo del pericolo e riportando in un incidente aereo una ferita che
gli provocò la perdita dell'occhio destro.
All'esperienza
della guerra dedicò il "Notturno" (1921), raccolta di
prose liriche scritte su diecimila strisce di carta durante il periodo
di forzata immobilità seguito all'incidente aereo.
Finita la
guerra, D'Annunzio si rese protagonista di una nuova clamorosa
esperienza militare. Scontento per la mancata assegnazione all'Italia
dell'Istria e della Dalmazia, il 12 settembre 1919 occupò con un corpo
di volontari la città di Fiume, dalla quale però dovette allontanarsi
il 21 dicembre 1920 in seguito al Trattato di Rapallo.
Dopo
quest'ultima avventura, si ritirò nella villa Cargnacco a Gardone
Riviera dove morì nel 1938.
|