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( ultimo aggiornamento di questa pagina 7/12/01 )


Indice

 

 


CAD Mammografico

Ubaldo Bottigli - INFN Pisa

Grazie alla forma digitale delle immagini è possibile estrarre da esse informazioni non accessibili con i sistemi tradizionali di lettura intervenendo su di esse mediante una serie di algoritmi e strategie di analisi. Ad esempio si possono effettuare estrazioni di caratteristiche morfologiche e/o funzionali, definizioni di organi virtuali per trattamenti radioterapici, oppure utilizzare le immagini per la telemedicina e/o la Computer Aided Diagnosis (CAD).

Vi sono attualmente nel mondo, almeno quattro progetti di CAD mammografico. Uno di essi viene sviluppato in Italia: il progetto CALMA (Computer Assisted Library in Mammography).  Tale progetto è una collaborazione fra le Sezioni dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), i Dipartimenti di Fisica delle Università di Bologna, Pisa ed Udine e gli Ospedali di Bari, Livorno, Massa, Sassari, Torino ed Udine. Lo scopo di questa collaborazione è la costruzione di un sistema di CAD (Computer Assisted Diagnosis) per mammografie, basato su reti neurali e/o sistemi esperti.

Le prestazioni della mammografia, in termini di riconoscimento precoce delle lesioni tumorali, crescono se il mammogramma è analizzato indipendentemente da due senologi. L’obiettivo finale di CALMA è il miglioramento di queste prestazioni sostituendo “il secondo radiologo” con una macchina “intelligente”. A tal fine la macchina deve essere educata a riconoscere al meglio le lesioni presenti sul mammogramma; deve essere quindi disponibile un gran numero di immagini digitalizzate corredate di una diagnosi coerente con la localizzazione nell’immagine delle lesioni. Quindi CALMA, utilizzando l’enorme patrimonio di immagini mammografiche presente negli Ospedali della collaborazione, ha iniziato una campagna di digitalizzazione sistematica di mammogrammi costruendo, a tutt’oggi, il più grande database mammografico digitale europeo contenente circa 4300 mammogrammi digitalizzati a 85 microns di passo con una profondità di 12 bit (4096 livelli di grigio). Su questo database sono stati fatti dei lavori di riconoscimento automatico del tessuto di base della mammella, di sviluppo temporale del tumore in termini di dimensioni e contrasto visibile sull’immagine, di riconoscimento automatico delle lesioni stellate e di cluster di microcalcificazioni.

Utilizzando i risultati ottenuti sono in costruzione, presso il Centro di Senologia di Bari,  l’Istituto di Radiologia dell’Università di Udine ed il Centro di screening mammografico dell’Ospedale Molinette  di Torino, delle stazioni di CAD (composte da un digitalizzatore ed un calcolatore corredato dal software prodotto dalla Collaborazione CALMA) capaci di fornire, per ogni mammogramma, una probabilita’ di occorrenza di una lesione stellata oppure di un cluster di microcalcificazioni.


Mammografia Digitale

Pasquale Delogu - INFN Pisa

Negli ultimi anni, grazie ai notevoli progressi della tecnologia, sono stati progettati e poi prodotti dei sistemi mammografici digitali, cioè capaci di produrre immagini di alta qualità direttamente gestibili dal computer.

I vantaggi di questi sistemi, rispetto al mammografo tradizionale, sono:

1)   Possibilità di correggere la luminosità e il contrasto e favorire in tal modo la perfetta visione dell’immagine.

2)   Possibilità di costruire grandi archivi di immagini (10 casi possono essere contenuti dentro un normale compact-disc). Gli archivi digitali  possono essere consultati molto più velocemente rispetto agli archivi su lastra. I supporti per la conservazione delle mammografie digitali (compact-disc, DVD ecc.) sono inalterabili al contrario delle lastre che in certe condizioni possono degradarsi.

3)   Possibilità di trasmettere a distanza e in tempo reale le mammografie (telemedicina) e quindi di rendere molto più agevole il consulto fra senologi.

4)   Possibilità di usare gli strumenti numerici per l’analisi dei dati, in particolare il CAD (Computer Aided Diagnosis).

I sistemi mammografici digitali sono composti da un tubo a raggi X del tutto simile ai tubi in uso nei mammografi tradizionali, un “rivelatore” che sostituisce la lastra e produce l’immagine digitale, un monitor dedicato che consente la visione dell’immagine, un sistema per l’archiviazione e una stampante per la produzione di copie su lastra.

Attualmente i sistemi in commercio sono essenzialmente di due tipi:

1)   Mammografi con piastre ai fosfori;

2)   Mammografi con sensore in silicio amorfo ed elettronica TFT.

I mammografi con piastre ai fosfori sono dei mammografi tradizionali nei quali la lastra è sostituita da una piastra fotosensibile che viene impressa, letta con un dispositivo chiamato scanner e riutilizzata. L’immagine viene quindi trasferita al computer per la correzione, l’archiviazione e la visualizzazione.

I sistemi con rivelatore al silicio sono dei dispositivi dedicati nei quali la piastra fotosensibile è collegata direttamente al computer. Il trasferimento diretto dell’immagine consente tempi morti inferiori.

La ricerca, sia industriale che accademica, studia nuove soluzioni per la radiologia digitale. L’intento  è quello di ottenere immagini di qualità sempre più alta (questo implica la possibilità di diagnosi sempre più precoce), con dosi di radiazioni sempre più basse (questo implica la possibilità di poter fare controlli più frequenti).

Attualmente vengono studiati sistemi “a rivelazione diretta” che, benché allo stadio di prototipo, dovrebbero presentare caratteristiche migliori rispetto alle piastre ai fosfori e a quelle al silicio amorfo.


La storia naturale del carcinoma della mammella  

Làszlo Tabar, Stephen W. Duffy, Bedrich Vitak, Hsiu-Hsi Chen, Teresa C. Prevost

Cancer, August 1, 1999

Riassunto

Articolo di grande interesse, riassume l’esperienza degli autori in screening mammografico.

La disponibilità di una mole enorme di dati epidemiologici provenienti dallo Studio delle Due Contee, in Svezia, fornisce la possibilità di studiare la storia naturale del carcinoma della mammella e come l’istituzione di un programma di screening mammografico possa intervenire nel modificarla.

Lo Studio svedese delle Due Contee è un trial randomizzato e controllato di screening mammografico nel corso del quale 77.080 donne hanno ricevuto l’invito per partecipare allo screening, mentre altre 55.985 non sono state invitate.

Durante l’intero trial sono stati diagnosticati 2468 casi di carcinoma.

Gli autori hanno esaminato gli effetti dello screening sulla sopravvivenza, la mortalità e le caratteristiche anatomopatologiche dei tumori. Inoltre sono stati valutati i benefici indotti dallo screening a causa della interruzione della progressione della malattia.

Gli autori giungono alla conclusione che il tumore della mammella non nasce come malattia sistemica “ab initio”: il tumore, infatti, origina come malattia localizzata alla mammella e solo dopo un intervallo di tempo più o meno lungo può diffondersi al resto dell’organismo e dare metastasi, diventando quindi malattia sistemica.

Il tumore della mammella è quindi una malattia progressiva, il cui sviluppo può tuttavia essere efficacemente bloccato in un buon numero di casi mediante l’effettuazione della mammografia periodica: il punto più o meno precoce al quale tale progressione viene bloccata è essenziale ai fini della prognosi a distanza.

Infatti la diagnosi precoce di tumori di piccole dimensioni, inferiori a 15 mm, che non hanno ancora dato metastasi ai linfonodi ascellari, consente, in presenza di idonea terapia, di salvare la vita in un elevatissima percentuale di casi e permette, inoltre, terapie più conservative.

La diagnosi precoce può quindi ridurre l’incidenza di tumori in stadio avanzato, riducendo il rischio di metastasi linfonodali e prevenendo il peggioramento del grado istologico dei tumori.

Le conclusioni cui giungono gli autori sono molto importanti per la comprensione dell’evoluzione del tumore; lo screening mammografico può quindi intervenire efficacemente nel modificare in modo favorevole tale evoluzione. Tali conclusioni pongono infine le basi per una più razionale organizzazione dei programmi di screening.

Infatti, la progressione del tumore verso forme più avanzate avviene più rapidamente, ed in una percentuale maggiore di casi, nelle donne giovani, tra i 40 ed i 49 anni. Pertanto la mammografia deve essere eseguita ad intervalli più ravvicinati in questa fascia di età al fine di diagnosticare in tempo utile neoplasie che tendono a svilupparsi più rapidamente. L’esecuzione della mammografia con intervallo annuale dovrebbe rappresentare la condizione più favorevole.


Correlazione tra aspetto mammografico e  sopravvivenza a distanza in donne con tumore della mammella di dimensioni comprese tra 1 e 14 mm

Laszlo Tabar et al.

THE LANCET, vol 355. February 5, 2000

Donne affette da tumore di piccole dimensioni (1-14 mm) hanno generalmente una buona sopravvivenza a distanza. Tuttavia alcuni piccoli tumori, anche di pochi mm di diametro, possono condurre a morte la paziente.

Gli autori hanno valutato l’utilizzo dell’aspetto mammografico dei carcinomi della mammella di dimensioni comprese tra 1 e 14 mm come fattore predittivo della sopravvivenza  a distanza.

I tumori sono stati classificati in 4 gruppi a seconda dell’aspetto mammografico:

1 - lesioni stellate senza calcificazioni

2 - lesioni rotondeggianti od ovalari senza calcificazioni

3 - lesioni stellate, rotondeggianti od ovalari con calcificazioni non-casting-type

4 - lesioni con calcificazioni casting-type

Risultati

Sopravvivenza complessiva, a 20 anni, per tutti i tumori da 1 a 14 mm di qualunque aspetto mammografico: 87%

Sopravvivenza  complessiva, a 20 anni, per tumori da 1 a 14 mm con calcificazioni casting-type: 55%

Lo stato dei linfonodi ascellari e il grado istologico di malignità non sono un buon fattore predittivo della sopravvivenza a distanza per tutti i tumori tra 1 e 14 mm di diametro (anzi, non vi è correlazione tra stato dei linfonodi ascellari e grado istologico di malignità con la sopravvivenza a distanza).

Numero decessi in relazione all’aspetto mammografico per tumori tra 1 e 9 mm:

calcificazioni casting-type: 73%

lesioni rotondeggianti: 18%

lesioni con calcificazioni non-casting-type: 9%

lesioni stellate: 0%

Nel gruppo di tumori tra 1 e 9 mm le lesioni con calcificazioni casting-type, pur rappresentando solo il 14% dei tumori, hanno determinato il 73% dei decessi.

Conclusioni

L’aspetto mammografico del tumore rappresenta un buon fattore predittivo della sopravvivenza a distanza in tumori tra 1 e 14 mm di diametro; il valore prognostico dell’aspetto mammografico aumenta con il diminuire delle dimensioni del tumore.

Questi risultati dovrebbero determinare notevoli ripercussioni sull’atteggiamento terapeutico da adottare.

Infatti i casi di tumore da 1 a 14 mm con calcificazioni casting-type richiedono un trattamento terapeutico aggressivo, con escissione chirurgica ampia e chemioterapia adiuvante, indipendentemente dagli altri fattori prognostici, non attendibili.

Per contro, i tumori da 1 a 14 mm senza calcificazioni casting-type richiedono un trattamento terapeutico meno aggressivo; in particolare la chemioterapia adiuvante rappresenta probabilmente un sovratrattamento non necessario.


La mammografia diventa digitale: allo studio un nuovo sistema più preciso e meno invasivo

Tuttoscienze - La Stampa (mercoledì 10 Maggio 2000)

Eugenio Zanon Giovanni Gandini

Il carcinoma della mammella è il tumore più comune nel sesso femminile e la mammografia è la migliore tecnica a disposizione per la sua diagnosi precoce. Attualmente l'esame viene eseguito impiegando apparecchiature radiologiche che, per la formazione dell'immagine, utilizzano la tradizionale pellicola radiografica: le radiazioni ionizzanti emesse dal tubo radiogeno del mammografo attraversano la mammella e vanno a impressionare la pellicola, che viene quindi sviluppata con un procedimento analogo a quello impiegato per le pellicole fotografiche. Questa tecnica, sebbene notevolmente perfezionata nel corso degli anni, non è in grado tuttavia di riconoscere la totalità delle lesioni neoplastiche mammarie: i dati più recenti dicono che dal 10 al 20 per cento dei tumori non vengono diagnosticati con la mammografia. Le cose stanno migliorando grazie alla mammografia digitale. Qui la pellicola radiografica è sostituita da un rivelatore che assorbe i raggi X trasmessi attraverso la mammella e converte la loro energia in segnali elettronici, che vengono digitalizzati e fissati nella memoria di un computer. Dall'insieme di questi dati si ricava un'immagine: la mammografia digitale.

Sono attualmente allo studio diversi tipi di rivelatori digitali. Il sistema più utilizzato è costituito da un sottile pannello di silicio amorfo ricoperto da uno strato di cristalli di ioduro di cesio. Lo strato di ioduro di cesio funge da scintillatore: è di un materiale che, colpito da raggi X, emette radiazioni luminose. Il silicio amorfo ha la funzione di fotodiodo, cioè converte il segnale luminoso in segnale elettronico.

La mammografia tradizionale è un'immagine su pellicola che, al pari di una fotografia, non è più modificabile. L'immagine digitale può invece essere elaborata dal computer anche dopo la formazione: può quindi essere opportunamente modificata variando i parametri di contrasto, luminosità, ingrandimento, rendendo così possibile la corretta visualizzazione di ogni diversa area della mammella. Il rendimento complessivo del sistema, in particolare per quanto riguarda la risoluzione di contrasto, è superiore al sistema convenzionale. Questo consente di ottenere immagini di ottima qualità diagnostica con una minore dose di radiazioni. L'acquisizione digitale rende possibile l'utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale per migliorare le immagini e assistere il radiologo nella loro interpretazione; sono in fase di avanzata sperimentazione sistemi che consentono l'analisi dell'immagine e la ricerca, da parte del computer, di alterazioni possibile espressione di neoplasia mammaria. La disponibilità di immagini in forma digitale consente la creazione di archivi informatici completi, comprendenti sia tutte le notizie cliniche riguardanti le pazienti sia le relative immagini. Infine la mammografia digitale può essere trasmessa in rete con diverse possibili applicazioni: trasmissione dal luogo di esecuzione al luogo di refertazione, trasmissione a centri di riferimento per teleconsulto.

Università di Torino


Studio di dosimetria effettuato presso il centro di screening mammografico dell'Ospedale Molinette di Torino

Scopo del lavoro

Scopo di questo lavoro è valutare la dose assorbita dalla mammella durante un esame mammografico eseguito con apparecchiature di ultima generazione quali quelle utilizzate presso il Centro interdipartimentale di screening mammografico dell'Ospedale Molinette di Torino e determinare, in base a tale dose, quale possa essere il rischio per la paziente di sviluppare un carcinoma mammario radioindotto.

Materiali e metodi

Sono state esaminate in totale 28 pazienti con età variabile da 51 a 70 anni (età media 61,8 anni). Dallo studio sono state escluse le pazienti che avevano subito un intervento chirurgico alla mammella. Delle 28 pazienti ne sono state selezionate 21, suddivise, a seconda del tipo di mammella (a prevalenza di tessuto adiposo, a prevalenza di tessuto ghiandolare o misto), in tre gruppi di 7 pazienti ciascuno.

Presso il Centro di screening mammografico dell'Ospedale Molinette di Torino sono in dotazione due mammografi Senographe DMR GE, entrambi utilizzati per lo studio.

L’apparecchio è provvisto di due fuochi (grande e fine) ciascuno di due diversi metalli (Rodio e Molibdeno) e di filtri in Molibdeno, Rodio ed Alluminio.

Tutte le mammografie sono state eseguite con uso di fuoco grande in modo AOP (Automatic Optimization Parameters) con opzione Standard. Con questa modalità il mammografo seleziona automaticamente la configurazione di anodo, filtro e kv in funzione della qualità dell’immagine e dello spessore e densità della mammella. L’opzione standard è un compromesso tra ottimizzazione di contrasto e di dose.

Per ogni paziente sono state effettuate due proiezioni per mammella: cranio-caudale (C-C) ed obliqua medio-laterale a 45°(OBL). Sono state utilizzate pellicole Kodak Min-R 2000, sviluppate da un daylight Kodak Miniloader 2000 P. Sono state considerate per lo studio solo pazienti su cui è stato possibile utilizzare il formato 18x24 cm. La distanza fuoco-pellicola è di 66 cm.

Per ogni paziente, e per ogni proiezione, bilateralmente, sono stati registrati su una scheda lo spessore della mammella compressa, i kv, i mas, l’anodo ed il filtro utilizzati dal mammografo e segnati sul display di quest’ultimo.

Per lo studio dosimetrico sono stati utilizzati dosimetri a termoluminescenza (TLD-100) costituiti da Fluoruro di Litio (lif) sotto forma di bastoncini. I dosimetri sono stati inseriti in capsule di cellulosa (Fig. 1) e fissati alla cute con cerotto di carta (Fig. 2). Per ogni proiezione sono stati utilizzati due dosimetri posizionati simmetricamente a 4 cm dal capezzolo in direzione parallela all’incidenza del fascio (Fig. 3). Nella proiezione obliqua la coppia di dosimetri è stata spostata di 45° secondo l’incidenza del fascio; l’immagine che deriva dalla capsula con il dosimetro sulla pellicola è di scarso disturbo ai fini diagnostici, anche in considerazione della doppia proiezione (Fig. 4).

I TLD sono stati tarati facendo riferimento ad una camera di ionizzazione piatta da 0,03 cc nelle condizioni usuali di utilizzo per l’esame mammografico.

La DGM è stata calcolata a partire dalla dose di entrata e di uscita ricavando la curva di assorbimento esponenziale per ciascuna paziente. Il valore a metà spessore è stato, quindi, derivato per ogni paziente dalla curva esponenziale ricavata dalle valutazioni sperimentali in vivo effettuate da Mechakra Tahiri.

E’ stata effettuata una correlazione statistica fra la dose assorbita dalla mammella ed i parametri tecnici relativi alla impostazione dell’esame; ciò al fine di ricavare quale di questi parametri sia più correlato alla DGM.

La stima di rischio di tumore mammario radioindotto è stata effettuata mediante il modello di rischio relativo. La percentuale di incidenza di tumore mammario radioindotto sull’incidenza spontanea è stata ricavata dalla tabella riportata dal lavoro di Feig. Il numero di tumori radioindotti letali è riferito alla dose totale assorbita, dalla prima mammografia effettuata, al momento in cui inizia a manifestarsi il rischio relativo (considerato dopo 10 anni dall’esposizione); è stato utilizzato il tasso di mortalità della città di Torino, ridotto del 15 % secondo le previsioni del Protocollo del programma regionale di screening. E’ stato calcolato il numero di tumori radioindotti sia dopo cinque mammografie (ovvero dieci anni di screening), sia dopo tutte le mammografie previste dal nostro protocollo di screening dai 50 ai 69 anni.

Infine è stato calcolato il rapporto beneficio/rischio fra il numero di pazienti salvate (in relazione alla diminuzione di mortalità prevista) dalla mammografia di screening ed il numero di pazienti che manifesteranno un tumore mammario letale radioindotto. Tale rapporto è stato calcolato sia dopo 10 anni di screening, che dopo il programma completo effettuato dai 50 ai 69 anni.

Risultati

Lo spessore medio della mammella compressa in proiezione C-C è stato di 42,6 mm (da 23 a 62 mm), in proiezione OBL di 47,1 (da 25 a 69 mm). Lo spessore medio per tutte le proiezioni è stato di 44,8 mm.

La DGM su un totale di 84 esposizioni è stata in media di 1,81±0,44 mgy (da un minimo di 0,93 ad un massimo di 3,70 mgy), ovvero in linea con i risultati dei maggiori studi internazionali degli ultimi anni.

L’analisi statistica ha evidenziato che i parametri più significativamente correlati alla DGM sono stati i mas ed il tipo di filtro (Molibdeno o Rodio) (Fig. 5 e 7); i meno correlati il tipo di mammella e lo spessore. Lo spessore, tuttavia, influenza direttamente i mas erogati dal mammografo e, quindi, la dose (Fig. 6), mentre il valore dei kv ha poca variabilità. Il tipo di anodo non ha mostrato, nel nostro caso, alcuna correlazione con la dose, in quanto per tutte le proiezioni esaminate il mammografo aveva selezionato l’anodo in Molibdeno.

Per quanto riguarda il tipo di filtro utilizzato dal mammografo, la fig. 7 mostra una aumento di dose da 1,6 a 2 mgy passando dal filtro in Molibdeno a quello in Rodio. Il filtro in Rodio viene più facilmente scelto dal mammografo nelle mammelle di maggiore spessore ed è, quindi, logico aspettarsi un aumento della dose assorbita in relazione a questo tipo di filtro.

La tabella 1 mostra il numero di tumori radioindotti fatali previsti su 100.000 donne esposte, in rapporto all’incidenza spontanea ed alla mortalità della città di Torino. Si noti che per i primi 10 anni successivi all’esposizione non sono previsti tumori radioindotti (colonna E), mentre la mammografia di screening ha un effetto sulla riduzione della mortalità (colonna F).

Nella fascia di età dai 70 ai 79 anni non sono riportati casi salvati (colonna F) perché le donne non sono più incluse nel programma di screening.

Il numero riportato nella colonna D si riferisce ai tumori fatali che insorgeranno in quelle donne che hanno effettuato la prima mammografia di screening 10 anni prima con cadenza biennale. Nelle pazienti in fascia di età 75-79 che hanno eseguito la prima mammografia a 65 anni (colonna D) il rischio di tumore radioindotto è calcolato solo su cinque anni perché il programma termina a 69 anni.

Il numero di tumori fatali radioindotti è trascurabile: 0,118 su 100.000 donne nella fascia di età 60-64 anni dopo 10 anni di mammografie biennali a partire da 50 anni e 0,180 su 100.000 donne in fascia di età 70-74 anni per le donne che hanno eseguito tutte le mammografie previste dal programma di screening.

Il numero di tumori radioindotti fatali (colonna D) raggiunge il massimo nella fascia di età 65-69 anni a causa del picco che l’incidenza spontanea raggiunge in questa fascia di età (colonna B). Di conseguenza anche il rapporto beneficio/rischio nella medesima fascia di età è più svantaggioso rispetto alla fascia di età precedente (colonna G).

Il numero di tumori mammari radioindotti letali, inoltre, se paragonato col numero di pazienti con tumore potenzialmente letale che saranno salvate, grazie all’anticipo diagnostico, dalla mammografia di screening, fornisce un rapporto beneficio/rischio decisamente positivo (colonne G e H). Per quanto riguarda i primi 10 anni dopo la prima mammografia tale rapporto non è quantificabile, ma è da considerarsi di valore elevato in quanto si ipotizza che nessun tumore radioindotto possa manifestarsi prima di 10 anni di screening mammografico.

Dopo 10 anni 113 donne, nella fascia di età 60-64 anni, saranno salvate dallo screening a scapito di una donna che morirà per tumore mammario radioindotto. Per le donne con età superiore a 69 anni (termine del protocollo di screening) il rapporto beneficio/rischio non è più valutabile in quanto il numero di casi salvati è zero; pertanto, in questo periodo, esiste ancora un rischio di tumore radioindotto legato alle mammografie a cui le pazienti sono state sottoposte 10 anni prima.

Considerando, infine, le donne che arrivano al termine del programma di screening e che hanno eseguito tutte le mammografie previste, a partire dai 50 anni, il rapporto beneficio/rischio rimane positivo (122 a 1).

Conclusioni

I dubbi che normalmente vengono posti dalle pazienti invitate ad un programma di screening mammografico, e talvolta dai medici curanti, riguardano molto spesso i rischi legati all’esecuzione della mammografia ed alla ripetizione di questa nel tempo. E’ difficile dirimere tali dubbi facendo solo riferimento agli studi sulle grandi popolazioni, che esprimono il beneficio in termini di riduzione della mortalità ed il rischio da tumore mammario radioindotto come trascurabile. E’ logico, infatti, che la paziente chieda quale sia il rischio che lei stessa corre.

Lo studio che abbiamo compiuto presso il nostro Centro, permette di rassicurare la paziente sul rischio di tumore mammario radioindotto fatale, che, in termini numerici, è di 1-2 su un milione a seconda del numero di mammografie eseguite. E’ possibile affermare, inoltre, che, sulla base dei dati della tabella 1 (colonne G e H), su 1 donna che manifesterà un tumore mammario radioindotto letale, circa 100 donne saranno salvate da un tumore letale spontaneo grazie alla diagnosi precoce. I nostri risultati sono confrontabili con quelli ottenuti da Mettler (27), tenendo conto della diversa incidenza del tumore mammario in Italia e negli Stati Uniti, della dose minore considerata da Mettler e della percentuale di riduzione di mortalità valutata in modo più pessimistico nel nostro studio.

Iconografia

Fig 1 -I TLD sono stati inseriti in capsule di cellulosa.

Fig. 2 -La capsula viene applicata alla cute con un cerotto di carta e la mammografia viene eseguita secondo le normali procedure: in questo caso si può osservare la mammella compressa in proiezione OBL.

Fig. 3 -Posizione delle capsule contenenti i TLD nella proiezione cranio-caudale (a) ed obliqua medio-laterale (b) della mammella di destra. Le frecce piccole indicano la distanza dal capezzolo delle capsule che è di 4 cm.

Fig. 4 -Mammografia bilaterale in due proiezioni: l’immagine riferibile alle capsule contenenti i TLD (in sede retroareolare, bilateralmente) non comporta un significativo disturbo ai fini diagnostici.

Fig. 5 -Curva dose/mAs: la dose ghiandolare media aumenta in maniera lineare all’aumentare dei mAs erogati dal mammografo.

Fig. 6 -Curva dose/spessore: la dose ghiandolare media aumenta in maniera lineare all’aumentare dello spessore della mammella compressa.

Fig. 7 –Curva dose/filtro: passando dal filtro 1 (Molibdeno) al filtro 2 (Rodio), la dose passa da 1,6 a 2 mGy.

Tabella 1

A B C D E F G H

Età

Incidenza annuale

specifica per età

per 100.000

Mortalità annuale

specifica per età

per 100.000

N° tumori radioindotti fatali

per fascia d'età

su 100.000 dopo 10 anni

N° tumori radioindotti fatali

per fascia d'età

su 100.000 dai 50 anni

N° casi salvati

per fascia d'età

su 100.000

Rapporto beneficio/ rischio

dopo 10 anni

Rapporto beneficio/ rischio 

dai 50 anni

50-54 189,1 56,6 0 0 8,5    
55-59 202,7 73,5 0 0 11,0    
60-64 237,2 89,2 0,118 0,118 13,4 113,4 113,4
65-69 273,8 96,2 0,137 0,118 14,4 105,3 122,3
70-74 251,3 123,7 0,062 0,180      
75-79 296,5 142,3 0,037 0,180      

 

Esposizione a radiazioni e rischio di tumore radioindotto -Nella seconda e terza colonna (B e C) sono riportati, rispettivamente, i tassi di incidenza e mortalità a Torino nel periodo '88-'92, nella quarta (D) il numero di tumori fatali radioindotti dopo 10 anni di mammografie con cadenza biennale, mentre nella quinta (E) il numero totale di tumori fatali radioindotti nel caso in cui la paziente entri nel programma di screening ed esegua tutta le mammografie previste. La sesta colonna (F) riporta il numero di pazienti salvate grazie alla riduzione di mortalità prevista dallo screening. La settima ed ottava colonna (G e H) riportano il rapporto beneficio/rischio.

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Valutazioni dosimetriche in corso di iniezione di tracciante radioattivo per linfonodo sentinella

INTRODUZIONE

La biopsia del linfonodo sentinella mediante tecnica linfoscintigrafica è una metodica innovativa che, in pazienti con carcinoma mammario e linfonodi ascellari non palpabili, consente di predire l'interessamento metastatico ascellare senza ricorrere alla loro completa asportazione, limitando in tal modo la morbilità ed i costi legati alla dissezione chirurgica (3,6).

Tale metodica prevede l'iniezione di tracciante radioattivo in sede peritumorale; il personale medico e paramedico è pertanto potenzialmente sottoposto a rischio dal punto di vista radioprotezionistico. In caso di lesione non palpabile, la somministrazione del radiofarmaco è effettuata con guida ecotomografica o mammografica stereotassica (5).

Data l'importanza e la diffusione che tale metodica sta acquistando negli ultimi anni,  abbiamo ritenuto utile eseguire alcune valutazioni radioprotezionistiche mediante misure di contaminazione ambientale e di dose assorbita dagli operatori nel corso della procedura di somministrazione del radiofarmaco con guida stereotassica ed ecotomografica.

MATERIALI E METODI

Dal 14 ottobre al 23 dicembre 1999, 7 pazienti con diagnosi di carcinoma mammario e candidate all'intervento chirurgico sono state sottoposte ad iniezione di tracciante radioattivo. Tutte le pazienti sono state sottoposte a intervento chirurgico il giorno successivo alla somministrazione locoregionale del radiofarmaco.

Il linfonodo sentinella è stato individuato utilizzando albumina umana nanocolloidale di dimensioni pari a circa 80 nm., marcata con 18 MBq  di Tc99m, in un volume di 0.5 ml. Il radiofarmaco è stato somministrato mediante ago da 22G in sede peritumorale sotto guida ecotomografica in 6 pazienti e sotto guida mammografica stereotassica in una paziente.

Per effettuare valutazioni radioprotezionistiche relative a tale indagine diagnostica sono stati eseguiti test di contaminazione ambientale nelle strutture (SMEAR TEST) e misure di esposizione globale e di dose assorbita dalle mani degli operatori coinvolti nell'esecuzione di tale metodica mediante posizionamento di film-badge, anello e bracciale provvisti di dosimetro a termoluminescenza.

I campioni ottenuti tramite SMEAR TEST sono stati analizzati con rivelatori al Germanio iperpuro e catena spettroscopica a 8.000 canali.

RISULTATI

L'Attività (A) di tutti i campioni ambientali analizzati (SMEAR TEST) è risultata inferiore all'attività  minima rilevabile che, per il Tc 99m, risulta essere di 0.3 Bq cm-2.

La dose assorbita dagli operatori e stimata mediante diversi tipi di dosimetro, anello, bracciale e film-badge, è risultata globalmente inferiore a 20 mGy.

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

L'utilizzo di sostanze radioattive  nella pratica clinica deve essere giustificato dal vantaggio che ne deriva alle pazienti, senza comportare rischio eccessivo per il personale medico e paramedico (3).

Nel carcinoma mammario, se i linfonodi ascellari non sono coinvolti dal processo di metastatizzazione potrebbero essere lasciati in sede e quindi l'importanza della biopsia del linfonodo sentinella  sta nel fatto che essa consente di avere informazioni sullo stato dei linfonodi ascellari in modo minimamente invasivo (7,8).

I risultati del nostro studio, in accordo con quanto riportato in letteratura (1,2,4), hanno dimostrato che, quando viene utilizzata una metodica ben standardizzata, con operatori ben addestrati, non si ha contaminazione nelle strutture e l'irradiazione agli operatori è contenuta data la bassa attività del radiofarmaco utilizzato e il tempo di contatto breve.

Riteniamo pertanto che la procedura di iniezione di tracciante radioattivo per il linfonodo sentinella possa essere validamente eseguita, essendo tale metodica semplice, poco invasiva e sicura in termine di radioprotezione.

BIBLIOGRAFIA

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3.        Luini A, Paganelli G, Cassano E e Coll: Intraoperative  localization of non-palpable breast lesions with Tc 99m colloidal albumin and a gamma detecting probe. J Nucl Med 38: 235 P, 1997.

4.        Miner TJ, Shriver CD, Flicek PR e Coll: Guidelines for the safe use of radioactive materials during localization and resection of the sentinel lymph node. Ann Surg Oncol  6(1):75-82, 1999.

5.        Paganelli G, De Cicco C, Cremonesi M e Coll: Gamma probe guided resection of sentinel node in breast cancer. J Nucl Med 38: 33P, 1997.

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7.        Veronesi U, Paganelli G, Viale G, Galimberti V, Luini A e Coll.: Sentinel lymph node biopsy and axillary dissection in breast cancer: results in a large series. J Natl Cancer Inst 1999 Feb 17;91(4):368-73.

8.        Zurrida S, Galimberti V, Orvieto E, Luini A e Coll.: Radioguided sentinel node biopsy to avoid axillary dissection in breast cancer. Ann Surg Oncol 2000 Jan- Feb;7(1):28-31.


Sistema di telepatologia presso il Centro interdipartimentale di senologia dell'Ospedale Molinette di Torino.

La biopsia con ago sottile (FNAB, fine-needle aspiration biopsy), o agoaspirato, effettuato con guida clinica, ecotomografica o mammografica, riveste un ruolo fondamentale nella diagnostica del carcinoma della mammella.

La procedura viene generalmente effettuata nel reparto di radiologia. La presenza dell’anatomo patologo, tuttavia, consente la valutazione estemporanea immediata del prelievo con ovvi benefici nella gestione della paziente: in caso di prelievo non idoneo, infatti, la manovra viene immediatamente ripetuta dal radiologo, eventualmente anche più volte, fino a quando l'anatomopatologo non ritenga di avere materiale sufficiente per un giudizio diagnostico.

La presenza dell'anatomopatologo alla seduta di agoaspirato è inoltre importante per la immediata discussione multidisciplinare nel caso.

Tuttavia questo comporta problemi organizzativi e costi non indifferenti. Infatti vi è un continuo incremento della richiesta di tali prestazioni, con necessità di programmare un numero sempre maggiore di sedute di agobiopsia mammaria. Inoltre l’ospedale è di grandi dimensioni, con organizzazione a padiglioni, per cui vi sono lunghi tempi di trasferimento tra una struttura e l’altra. La presenza dell'anatomopatologo, quindi, costa molto in termini di tempo, di impegno ed economici. Anche per questi motivi in molti centri la presenza costante dell'anatomopatologo alle sedute di biopsie non è possibile.

E' stato pertanto sperimentato un sistema di telepatologia in grado di consentire la digitalizzazione delle immagini anatomopatologiche dei prelievi effettuati e la loro trasmissione dalla radiologia al servizio di anatomia patologica tramite la rete informatica dell'ospedale. Scopo di questo lavoro è presentare le modalità attuative del sistema, le caratteristiche tecniche ed i risultati raggiunti.

Materiali e metodi

Il sistema prevede due postazioni operative, la prima presso il centro di screening mammografico (sede di effettuazione delle agobiopsie), la seconda presso il servizio di anatomia patologica.

La postazione in radiologia è costituita da un microscopio a cui è collegata una telecamera CCD e da un PC. La telecamera digitalizza l'immagine proveniente dal microscopio e la trasmette al computer della radiologia.

La postazione in anatomia patologica è costituita da un computer identico a quello presente in radiologia. Le due postazioni sono collegate tra loro tramite la rete informatica interna dell'ospedale. Sui due computer è installato un sistema operativo denominato SABBIA: si tratta di un sistema sviluppato dallo CSELT di Torino (Centro Studi Telecom) e successivamente modificato per le specifiche esigenze cliniche.

Descrizione della procedura

Il materiale prelevato in corso di agoaspirato viene immediatamente consegnato dal radiologo al tecnico di laboratorio di anatomia patologica che provvede alla fissazione ed alla colorazione immediata.

Il vetrino preparato viene posizionato sul microscopio. L'immagine viene digitalizzata dalla telecamera CCD collegata e da questa trasmessa al computer in radiologia. Qui l'immagine compare sul monitor e può essere analizzata dal personale presente in radiologia. Dalla prima postazione l'immagine viene trasmessa praticamente in tempo reale alla postazione in anatomia patologica. Qui l'immagine viene analizzata dall’anatomopatologo che stabilisce l'idoneità o meno del prelievo.

Il sistema consente non solo la trasmissione dell'immagine statica, ma anche di immagini in movimento, quindi con possibilità di analizzare e trasmettere campi diversi del vetrino e a differenti ingrandimenti. Inoltre vi è la possibilità di audiocomunicazione, che consente al patologo di dare indicazioni al personale che gestisce l'immagine al microscopio su quali campi desideri esaminare, a quale ingrandimento, che movimenti effettuare.

L’audio (e video) comunicazione bidirezionale consente inoltre lo scambio di opinioni e la discussione del caso fra radiologo e patologo. Qualora il patologo ritenga il materiale esaminato non sufficiente per esprimere un giudizio diagnostico, il prelievo viene ripetuto ed il materiale viene esaminato con le stesse modalità.

Quando il patologo ritiene di avere materiale sufficiente, la procedura è terminata.

Il sistema consente la archiviazione delle immagini più significative.

Risultati

Il primo risultato raggiunto è la verifica dell'idoneità del preparato citologico a distanza, senza che sia necessaria la presenza dell'anatomopatologo in radiologia. Questo è reso possibile dal sistema di telepatologia sperimentato che offre un'ottima qualità delle immagini, superiore alla qualità dei sistemi di videoconferenze standard e paragonabile alla visione diretta dal microscopio; anche la audio comunicazione bidirezionale fra radiologo, tecnico ed anatomopatologo si è dimostrata di grande utilità.

Il sistema, inoltre, permette l'archiviazione digitale: di conseguenza può essere creato un database completo anche delle immagini citologiche e/o istologiche per ogni paziente.

Il risultato finale è un'ottimizzazione dei tempi e dei costi del personale con un migliore e più efficiente servizio offerto al pubblico. Non è trascurabile, infine, la possibilità di arricchimento culturale per il radiologo con l'apprendimento della correlazione fra immagine anatomo-patologica e radiologica.

Discussione e conclusioni

I buoni risultati ottenuti durante la fase di sperimentazione hanno determinato l'introduzione permanente di questa soluzione di teleconsulto nel processo quotidiano di diagnosi del tumore della mammella. Ulteriori sviluppi sono allo studio per introdurre nuove funzionalità nel sistema.  Sono, inoltre, ipotizzabili futuri sviluppi: innanzitutto la refertazione diretta dell’esame citologico tramite computer con invio immediato del referto ed  ulteriore risparmio di tempo.

In secondo luogo, la conferenza digitale con eventuale collegamento anche con altri centri per migliorare la preparazione del personale mediante la discussione dei casi più interessanti e più difficili.

 


Riassunto di articoli significativi su "Dieta e tumore della mammella"

“Riduzione degli ormoni ovarici durante una dieta contenente soia”

Lee-Jane W.Lu, Karl E.Anderson, James J.Grady, Fortune Kohen and Manubai Nagamani

Cancer Research 60, 4112-4121, August 1, 2000 

 

Introduzione. I livelli di ormoni ovarici ed i fattori riproduttivi influenzano lo sviluppo del tumore al seno. Livelli aumentati di estrogeni nel sangue e nelle urine sono correlati ad un aumentato rischio di cancro alla mammella. Il 17-beta estradiolo stimola la proliferazione cellulare nella mammella e nell’endometrio.

Le donne che vivono in aree a basso rischio o sono emigrate di recente in aree ad elevato rischio hanno in generale livelli ematici di estrogeni e testosterone più bassi.

Il consumo di prodotti di soia può in parte spiegare la variazione geografica nell’incidenza del tumore della mammella. La soia contiene sostanze chiamate isoflavoni che hanno una debole azione estrogenica.

Scopo dello studio è determinare se l’alimentazione a base di soia riduca i livelli circolanti di ormoni ovarici e gonodotropine.

Meteriali e metodi. Dieci donne con ciclo regolare hanno consumato una dieta con contenuto costante di soia partendo il secondo giorno di un ciclo mestruale fino al secondo giorno del ciclo successivo. Si sono ottenuti campioni di sangue e urine ogni giorno prima e dopo l’assunzione di soia.

Risultati e conclusioni. Il consumo giornaliero di soia ha ridotto i livelli di 17-beta estradiolo del 25%.

Una dieta con apporto calorico mantenuto e contenente soia è efficace nel ridurre i livelli circolanti di ormoni ovarici in donne in premenopausa senza un effetto apparente sui livelli di gonadotropine. L’analisi dei dati suggerisce che i componenti della soia possono modulare i livelli di ormoni ovarici direttamente e l’effetto non è mediato dalle gonadotropine.

Dal momento che ridotti livelli ormonali ovarici possono ridurre la proliferazione delle cellule ed il rischio di tumore della mammella, i risultati ottenuti hanno implicazioni per la prevenzione del tumore della mammella attraverso la dieta.


"Studi in corso per identificare i fattori di rischio ambientali nel carcinoma della mammella”

Marian C. Johnson-Thompson, Janet Guthrie

Cancer Supplement March 1, 2000 / Volume 88 / N. 5

 

L’esposizione ambientale, il tempo e la durata dell’esposizione e la suscettibilità genetica insieme contribuiscono allo sviluppo e alla progressione del carcinoma della mammella. Lo scopo del presente articolo è riportare le cause ambientali già note e quelle sospette, identificare dei fattori di rischio ambientali che possono rappresentare dei fattori di rischio significativi per certi gruppi e descrivere gli studi attualmente in corso.

I fattori di rischio noti e sospetti includono i pesticidi organoclorati e altri prodotti chimici di sintesi, fattori ormonali (endogeni ed esogeni), dieta, fumo, alcool, radiazioni e campi magnetici.

Alcuni composti organoclorati, pur non essendo strutturalmente simili agli estrogeni, hanno la capacità di evocare una risposta estrogenica. Questi composti includono il difenile policlorinato (PCBs), la diossina e pesticidi come la dieldrina, il DDT e il DDE (metabolita del DDT). Le donne esposte precocemente a questi composti possono avere un aumentato rischio per malattie e disordini ormonali che includono il carcinoma della mammella.

Studi su animali forniscono la maggior parte dei dati sulla tossicità dei composti ambientali. Tra tutti i composti testati il dietilstilbestrolo è il solo carcinogeno implicato nello sviluppo del tumore della mammella.

Numerosi studi si stanno eseguendo sull’influenza dell’esposizione di campi elettro-magnetici sul tumore del seno. Gli studi compiuti sugli animali non hanno finora dimostrato una responsabilità dei campi elettro-magnetici. 

In almeno il 50% dei casi di carcinoma della mammella, nessun fattore di rischio riconosciuto (suscettibilità genetica, familiarità di primo grado, menarca, menopausa) è riscontrabile. E’ probabile che la componente ambientale sia responsabile di molti dei casi rimanenti. Un fattore di rischio presente solamente in una certa area deve essere studiato con attenzione perché offre la migliore speranza di prevenzione. Il comprendere perché le donne afro-americane abbiano una forma più aggressiva di carcinoma della mammella, pur ricevendo un adeguato trattamento, e come questi fattori contribuiscano ad aumentare il tasso di mortalità richiede ulteriori indagini. Occorre studiare i dati che dimostrano l’incidenza più bassa fra le donne asiatiche, il rapporto con la dieta povera di grassi e ricca di fitoestrogeni e come questo possa divenire un modello per tutte le donne. Infine devono essere ancora investigate le differenze culturali, etniche ed economiche tra i diversi gruppi di donne per determinare come questi fattori contribuiscano ad aumentare o ridurre il rischio di carcinoma della mammella.


"Comportamento attuale e disponibilità a cambiare il proprio stile di vita tra uomini e donne a cui è stato diagnosticato un carcinoma della prostata e della mammella allo stadio iniziale”

Wendy Demark-Wahnefried, Bercedis Peterson, Colleen McBride, Isaac Lipkus, Elisabeth Clipp

Cancer February 1,2000 /Volume 88/ N.3

 

Introduzione. Coloro che hanno avuto un cancro sono maggiormente a rischio di sviluppare un secondo tumore, diabete, osteoporosi e malattie cardiovascolari. Per questo motivo essi rappresentano un importante popolazione bersaglio per interventi di carattere sanitario. Poco tuttavia si sa sui comportamenti di queste persone e sul loro interesse nel seguire una dieta appropriata, nel fare esercizio fisico, nello smettere di fumare.

Materiali e Metodi. Un questionario con 65 domande e’ stato inviato a 1667 pazienti a cui era stato diagnosticato un carcinoma del seno o della prostata allo stadio iniziale. Gli argomenti su cui si è indagato comprendevano il loro stile di vita attuale, la loro disponibilità a smettere di fumare, a praticare esercizio fisico, ad aumentare il consumo di frutta e verdura, a ridurre quello di grassi e il loro interesse verso programmi relativi alla salute.

Risultati. Il 55% di coloro che hanno risposto dichiara di mangiare meno di cinque porzioni di frutta e verdura al giorno, il 69% di seguire una dieta povera di grassi, il 58% di praticare regolare esercizio fisico. Solo l’8% riferisce di essere fumatore. E’ emersa una chiara associazione tra i comportamenti: chi segue una dieta ricca di grassi e povera di frutta e verdura non pratica esercizio fisico. C’è un forte interesse verso i programmi di promozione della salute. La maggior parte dei pazienti desidererebbe l’invio a casa di informazioni entro sei mesi dalla diagnosi di tumore.

Conclusioni. I risultati dello studio suggeriscono che, sebbene una buona quota dei pazienti già conduca uno stile di vita salutare, c’è una parte notevole di essi che non lo fa. Sono necessari interventi soprattutto per aumentare il consumo di frutta e verdura; comunque, vista la tendenza al raggruppamento tra i comportamenti alimentari e l’esercizio fisico, interventi su multipli fattori di rischio sono proponibili. Vi è inoltre una elevata recettività per programmi di promozione della salute, soprattutto nel primo periodo dopo la diagnosi.

 

 

 


Le informazioni qui contenute possono essere utilizzate unicamente a fini educativi. In nessun caso possono essere impiegate in sostituzione o in alternativa ad una diagnosi/terapia espressa da un medico.


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