GENERALITÀ

( ultimo aggiornamento di questa pagina 7/12/01 )


Indice

 


La mammella normale

La mammella è una ghiandola esocrina deputata alla produzione del latte, stimolata dal riflesso della suzione.

Da un punto di vista anatomico la mammella è costituita da 15-18 lobi, ognuno dei quali contiene più lobuli (strutture ghiandolari deputate alla produzione del latte) ed un dotto galattoforo principale, che si apre nel capezzolo (consente il passaggio del latte dai lobuli al capezzolo). Ogni dotto principale si suddivide in dotti di calibro progressivamente inferiore, fino all’unità funzionale di base, rappresentata dall'unità dottolobulare terminale (TDLU).

E’ inoltre presente uno stroma, costituito da tessuto di sostegno e da tessuto adiposo, che circonda i lobuli, i dotti, i vasi sanguigni ed i vasi linfatici.

Figura - Schema della mammella normale


Cos’è il carcinoma della mammella

Definizione

Il termine tumore viene impiegato per indicare l’accrescimento di un gruppo di cellule in modo autonomo, afinalistico, progressivo ed indipendente. Generalmente il tumore prende il nome dall’organo nel quale origina. In questa definizione rientrano sia i processi caratterizzati da un accrescimento lento e progressivo, con conseguenze di scarso rilievo sullo stato generale del paziente (tumori benigni), sia processi capaci di condurlo a morte più o meno rapidamente (tumori maligni). La ghiandola mammaria è costituita da due principali tipi di tessuto: il tessuto ghiandolare, deputato alla produzione del latte e il tessuto stromale, di sostegno. Il termine carcinoma della mammella indica un tumore maligno che origina dalle cellule epiteliali della ghiandola mammaria. Si possono inoltre rilevare, raramente, tumori della mammella originanti da altri tipi di tessuti. 

Tipi di carcinoma

I carcinomi della mammella possono essere distinti in carcinomi non infiltranti (o in situ) ed infiltranti.

A) CARCINOMI NON INFILTRANTI

Caratterizzati da una proliferazione di cellule epiteliali maligne che non superano la membrana basale. Tale proliferazione può avvenire all’interno del lobulo (carcinoma lobulare in situ) o del dotto (carcinoma duttale in situ).

 - c. lobulare in situ (CLIS)

Nella maggior parte dei casi rappresenta un reperto occasionale, poiché raramente è palpabile, non è sempre evidenziabile con la mammografia, è multicentrico nel 70% dei casi e bilaterale nel 30-40% dei casi. Il rischio di sviluppare successivamente in entrambe le mammelle, un carcinoma infiltrante è di 8-10 volte superiore rispetto alla popolazione sana nei primi 15 anni successivi alla diagnosi. Per questo tipo di tumore non è indicato alcun tipo di intervento chirurgico, ma un accurato follow-up.

 - c. duttale in situ (CDIS)

Rappresenta il 25-30 % dei carcinomi mammari non palpabili. Il suo riscontro può essere occasionale, oppure si può presentare sotto forma di nodo palpabile od ancora può essere identificato con la mammografia o come reperto anatomo-patologico incidentale. L'evoluzione verso le forme infiltranti varia a seconda dei caratteri citologici della proliferazione neoplastica. Nel 20% dei casi un carcinoma infiltrante concomita con il CDIS. Il trattamento terapeutico di questa varietà di tumore è controverso: la tendenza è verso il trattamento chirurgico conservativo o radicale, in rapporto alle dimensioni del tumore, associato o meno alla radioterapia.

B) CARCINOMI INFILTRANTI

Sono caratterizzati dal superamento della membrana basale e, quindi,  dalla presenza di invasione stromale. 

 - c. duttale infiltrante (CDI)

È il più frequente tra i carcinomi della mammella. Generalmente si manifesta sotto forma di nodo o di addensamento parenchimale. Non raramente è associato al carcinoma duttale in situ.

- c. lobulare infiltrante (CLI)

È il secondo tumore maligno della mammella in ordine di frequenza. Si manifesta per lo più sotto forma di addensamento parenchimale e raramente contiene microcalcificazioni. È spesso multifocale e multicentrico ed in una percentuale variabile a seconda delle casistiche (dal 6 al 28%) è bilaterale.

 - c. midollare

È un tumore ben circoscritto e rappresenta l’1% dei carcinomi mammari. Prevale nelle donne giovani, di età inferiore ai 35 anni. Ha un’ottima prognosi.

- c. mucinoso

È un tumore di raro riscontro. Prevale nelle donne più anziane. Clinicamente si presenta come il CDI, cioè sotto forma di nodo. E’ un tumore a bassa malignità.

- c. tubulare

È un tumore raro, rappresentando il 2% dei tumori della mammella. L’età media di insorgenza è tra i 44 ed i 49 anni. Ha in genere dimensioni inferiori ai 2 cm. E’ un tumore a buona prognosi.

- mastite carcinomatosa

Rappresenta l’ 1% dei tumori mammari; si manifesta con una infiammazione della mammella. I segni clinici di presentazione di questo tumore sono indistinguibili da quelli di una flogosi benigna, ovvero eritema, aumento della temperatura, edema. Anche i segni radiologici della mastite carcinomatosa non sono caratteristici e non si differenziano da quelli di un processo flogistico.

- morbo di Paget

Si presenta come una lesione simil-eczematosa del capezzolo, talora ulcerata, che può rappresentare l’unico segno di manifestazione della malattia, senza alterazioni mammografiche.

>B) ALTRE LESIONI NEOPLASTICHE DELLA MAMMELLA

La mammella può essere sede di lesioni neoplastiche non originanti dalle cellule epiteliali della ghiandola mammaria.

- tumore filloide

L’età media di insorgenza è 45 anni. Soltanto il 25 % circa dei tumori filloidi è maligno. La diagnosi di tumore filloide benigno o maligno è soltanto istologica. Anche dal punto di vista clinico non è possibile distinguere le due forme.

- sarcoma

E’ un tumore rarissimo, rappresentando meno dell’1% dei tumori della mammella. Ha una estrema variabilità di dimensioni (da 1 cm. a 30 cm). Ha una crescita rapida.

- linfoma

Il linfoma maligno mammario rappresenta lo 0.15% dei tumori mammari. L’età media di insorgenza è di circa 55 anni. Generalmente si presenta sotto forma di nodo più frequentemente unico, associato nel 30-50 % dei casi a linfonodi ascellari palpabili.

- metastasi

La mammella può essere sede di localizzazioni metastatiche di tumori di altri organi. Evento molto raro. Generalmente si presentano come nodi multipli, con margini ben definiti.

 


Epidemiologia

Il carcinoma mammario è il tumore femminile più frequente nei paesi industrializzati.

Esiste una differenza di incidenza nelle popolazioni di diverse aree geografiche: è più alta nei paesi occidentali e settentrionali, ovvero nei paesi economicamente sviluppati. Tale differenza tende a scomparire per effetto della migrazione dei popoli. Nelle donne di origine giapponese emigrate negli Stati Uniti, ad esempio, l’incidenza si avvicina progressivamente a quella della popolazione femminile dell’America del Nord.

I tassi di incidenza in Europa oscillano da 40,6 per 100.000 in Grecia a 81 per 100.000 in Olanda (tassi standardizzati sulla popolazione mondiale), con una tendenza all’aumento negli ultimi 20 anni. Tale aumento è in parte dovuto alla diagnosi precoce dovuta alla maggiore diffusione dei programmi di prevenzione secondaria, ivi compresi i programmi di screening, mentre in parte è reale.

In Italia i tassi di incidenza grezzi nel periodo 1988-1992 sono stati superiori ai 100 per 100.000 donne per anno al Nord (es. 122,4 per 100.000 a Torino città) e inferiori ai 70 per 100.000 al Sud.

Il tasso standardizzato sulla popolazione mondiale a Torino nel periodo 1988-1992 è stato di 67,6 per 100.000 donne per anno.

La frequenza per età del cancro della mammella mostra un aumento progressivo fino ai 50 anni, ovvero in corrispondenza dell’età corrispondente alla menopausa; dai 60 ai 65 anni si osserva una stasi, mentre dopo i 65 anni l’incidenza cresce nuovamente con l’età.

I tassi di mortalità per tumore mammario in Italia hanno anch’essi subito un aumento negli ultimi 30 anni, passando da 32.6 a 42.1 per 100.000 dal 1965 al 1985 (tasso annuo standardizzato per età sulla struttura etaria della popolazione mondiale), mentre dopo la metà degli anni ottanta si sono stabilizzati. La stessa tendenza si è evidenziata anche in altri paesi europei come Francia e Germania.

In Italia i tassi di sopravvivenza per pazienti con tumore diagnosticato nel periodo 1986-1989, secondo il rapporto Eurocare sono del 95 % ad un anno e del 77 % a cinque anni, ovvero superiori alla media europea. Nel periodo 1978-1989 si è registrato un aumento dei tassi di sopravvivenza (del 2 % ad un anno e del 6 % a cinque anni) in quasi tutti i paesi europei, ivi compresa l’Italia. Tale aumento si è verificato in tutte la fasce di età ad eccezione di quella dai 15 ai 44 anni.

 


Dieta e tumore della mammella

Il carcinoma della mammella è riscontrato raramente prima dei 25 anni. In seguito la frequenza aumenta progressivamente con l’età.

Negli ultimi anni sono stati pubblicati molti lavori scientifici che hanno dimostrato uno stretto rapporto tra un certo regime dietetico e alcune malattie croniche: l’eccessiva introduzione di sale e l’ipertensione, l’effetto protettivo delle fibre e il cancro al colon, il cosiddetto “paradosso francese” (protezione verso le malattie cardio-vascolari conferita dalla quotidiana assunzione di piccole quantità di vino) sono solo alcuni esempi. Ogni volta queste scoperte sono accolte con molto entusiasmo: in presenza di situazioni che sembrano fuori del nostro controllo, è sempre positivo sapere che il cibo può influenzare il corpo (se non possiamo cioè fare molto altro, possiamo almeno decidere quel che mangiamo…).

La dieta è associata in qualche modo anche al rischio di sviluppare un tumore al seno. Il tipo di alimentazione seguito durante la gravidanza, l’infanzia e la giovinezza possono avere un significato speciale.

Occorre ricordare che questa malattia è fino a sei volte più comune nei paesi occidentali rispetto ai paesi asiatici. Queste differenze geografiche ed etniche sono attribuibili a fattori ambientali e non a fattori genetici, in quanto le donne che emigrano da paesi a basso rischio in paesi ad alto rischio ed adottano le abitudini alimentari del paese ospite raggiungono nell’arco di due generazioni lo stesso tasso di mortalità per tumore della mammella.

In generale i paesi con alto consumo di calorie hanno un rischio maggiore di sviluppare il cancro al seno e un incremento nazionale delle calorie della dieta comporta un aumento della mortalità per tumore della mammella. E’ stato notato che la correlazione è più forte tra i livelli di consumo degli anni ‘60 e la mortalità nei ’90 rispetto al consumo e mortalità attuale. Inoltre l’incidenza della malattia sta aumentando in Giappone e in altri stati dove il consumo è aumentato circa 30 anni fa nelle bambine e nelle giovani. Una possibile spiegazione è che sia la dieta dell’infanzia, e forse anche della gravidanza, ad influenzare la suscettibilità al tumore. 

In seguito a queste osservazioni epidemiologiche, c’è stato un intenso sforzo scientifico per provare un legame tra la dieta e il cancro al seno. Il lavoro compiuto è stato arduo e a volte deludente le aspettative. I risultati fino ad ora ottenuti possono tuttavia suggerire alcuni comportamenti alimentari orientati alla prevenzione.

Ruolo dei grassi

Grassi e calorie sono intimamente legati nella dieta. Un elevato consumo di grassi è quasi sempre associato con un maggior consumo totale di energia. Per questo gli studi che vogliono valutare l’influenza dei grassi della dieta sono difficili da interpretare. In relazione al cancro post-menopausale, le donne che hanno seguito una dieta ricca in grassi, soprattutto animali, presentano un rischio maggiore. I grassi saturi (contenuti in prevalenza nelle carni rosse, nel burro) ne sarebbero infatti i principali responsabili.

Ruolo di frutta e verdura

Kristi Steinmetz e John Potter (World cancer research Fund di Londra) hanno recentemente revisionato più di 200 studi compiuti su umani e animali per rispondere alla domanda : “Il consumo di frutta e verdura riduce il rischio di cancro?” .Ne è risultata una chiara evidenza di effetto protettivo di circa il 50% per il tumore dell’esofago, stomaco, polmone, endometrio, pancreas e colon. Per il tumore della mammella il 75% dei lavori scientifici riesaminati afferma l’esistenza di un qualche fattore protettivo.

La vitamina A (presente in forma di provitamina in carote, pomodori, peperoni, zucca gialla, spinaci, erbette, bietole, cicoria, broccoli, indivia, lattuga, radicchio verde, albicocche, pesche, meloni, cachi, papaia) regola la moltiplicazione cellulare. Studi ne dimostrano l’effetto protettivo del 20-30%. Gli stessi risultati tuttavia non si raggiungono con l’introduzione della vitamina come supplemento in pillole. 

Le fibre (contenute nei vegetali e nei cereali non raffinati) hanno una funzione protettiva in quanto riducono il riassorbimento intestinale degli estrogeni. Il livello di estrogeni nel sangue è correlato al rischio per il tumore della mammella (maggiore è il livello, maggiore è il rischio).

La soia

Alcuni studi epidemiologici hanno associato il consumo di prodotti di soia al ridotto rischio di cancro al seno e di altri tumori delle popolazioni asiatiche. Le osservazioni epidemiologiche sono supportate dai risultati di studi su animali in cui l’alimentazione a base di soia è stata protettiva verso tumori indotti sperimentalmente alla mammella ed altri organi. La soia contiene sostanze chiamate isoflavoni che possiedono una debole azione estrogenica. Il consumo di soia può modulare i livelli di ormoni ovarici: i livelli ematici di estrogeni sono in generale più bassi per le donne che vivono in paesi a basso rischio o sono di recente emigrate in paesi ad alto rischio.

Latticini

I prodotti caseari potrebbero avere un ruolo favorente (indipendentemente dal loro elevato tenore di grassi) con la mediazione dell’insulin-like growth factor.

Alimentazione nei primi anni di vita

L’importanza della dieta nell’infanzia e nell’adolescenza, di cui si è già accennato, risulta da altre considerazioni: nelle donne che erano bambine durante la seconda guerra mondiale (periodo di restrizione dietetica) si rileva un rischio di malattia più basso; l’alimentazione inoltre influenza la precocità del menarca: una dieta ricca di carne riduce mediamente di un anno l’età del menarca, aumentando il rischio di sviluppare un tumore al seno. Infine minore è l’età in cui si raggiunge il massimo peso e maggiore è il rischio di cancro.

Conclusioni

Il consiglio è di seguire un tipo di alimentazione ricco di cereali (il più possibile integrali), frutta, verdura e povero di cibi grassi e proteici. Nella gravidanza e nell’infanzia dei nostri figli una dieta corretta può avere un particolare significato preventivo.

Nelle donne che hanno subito un intervento al seno e che quindi hanno un rischio più elevato rispetto alla popolazione generale, la giusta alimentazione e il costante esercizio fisico (che servono anche ad evitare l’obesità, altro fattore di rischio) sicuramente hanno un ruolo nel ridurre la probabilità di recidive della malattia.

Riassunti di articoli significativi sull'argomento.

 


Fattori di rischio

- età

Il carcinoma della mammella è riscontrato raramente prima dei 25 anni. In seguito la frequenza aumenta progressivamente con l’età.

- storia personale

Le donne che hanno avuto un tumore in una mammella, presentano un rischio 3-4 volte maggiore di sviluppare un tumore nella mammella controlaterale, rispetto alle donne che non hanno mai avuto un carcinoma alla mammella.

- familiarità

I familiari di primo grado delle donne che sono state colpite da carcinoma della mammella, presentano un rischio quasi doppio di sviluppare la neoplasia rispetto a chi non ha familiari colpiti.

- precedente biopsia della mammella

Donne che abbiano eseguito in passato una biopsia della mammella, anche con esito benigno, presentano un rischio maggiore di sviluppare un carcinoma alla mammella. Anche le donne con un precedente riscontro bioptico di carcinoma lobulare in situ o di iperplasia atipica hanno un aumento di rischio. 

- mestruazioni

Le donne con un menarca precoce (prima di 12 anni) e con una menopausa tardiva (dopo 50 anni), presentano un rischio maggiore di sviluppare un carcinoma alla mammella.

- gravidanza

Una gravidanza portata a termine prima dei 30 anni, rappresenta un fattore di protezione nei confronti del carcinoma della mammella.

- alcool

Non viene considerato come un significativo fattore di rischio, anche se le pubblicazioni sull’argomento sono controverse.

- fumo

Il fumo rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo della maggior parte dei tumori, incluso quello della mammella.

- dieta ed obesità

L’associazione tra dieta ricca di grassi ed aumentato rischio di sviluppo di carcinoma della mammella è molto discussa ed ancora oggetto di studio.

- precedente radioterapia

Le donne che sono state sottoposte in età giovanile ad irradiazione del torace per la terapia di un altro tumore, presentano un rischio maggiore di sviluppare un tumore della mammella.

- terapia ormonale sostitutiva

Lavori recenti evidenziano un possibile lieve incrementato rischio di carcinoma mammario nella terapia ormonale sostitutiva, con l'associazione di estrogeni e progestinici. Tale associazione ormonale ha, però, un effetto protettivo per il carcinoma dell' endometrio.

Non esistono, invece, dati certi sulla sola terapia estrogenica.

Gli estrogeni, impiegati per ridurre la sintomatologia menopausale, esercitano un'azione protettiva per le fratture ossee e per l'infarto del miocardio.

 


E’ possibile determinare il rischio?

Per valutare se una donna presenta un aumentato rischio di sviluppare un tumore alla mammella, si prendono in considerazione alcuni singoli fattori di rischio. Il National Cancer Institute (NCI) ha creato un semplice questionario, che consente alla donna ed al suo medico curante di valutare velocemente il rischio relativo per il tumore della mammella.

Se desideri effettuare il questionario premi qui

 


Fattori genetici

I familiari di primo grado di una donna affetta da carcinoma della mammella presentano un rischio di sviluppare questa neoplasia quasi doppio rispetto alla popolazione senza familiarità.

E’ però importante sottolineare il fatto che il carcinoma della mammella sporadico è così frequente, che la maggior parte delle donne con un parente affetto, non appartiene a famiglie ad alto rischio.

La situazione cambia se i familiari ad essere colpiti dal tumore sono due o più di due, soprattutto in giovane età e/o con tumori bilaterali.

Nella maggior parte di queste famiglie esiste una mutazione genetica nei geni brca-1 (breast carcinoma 1) o brca-2 (breast carcinoma 2), che è alla base della maggior parte dei carcinomi mammari ereditari a trasmissione dominante.

Il gene brca 1 è anche un fattore predisponente per il carcinoma dell’ovaio.


BRCA1 e BRCA2

L’identificazione di nuclei familiari che presentavano più casi di tumore della mammella e dell’ovaio (4 o più donne affette) ha indotto fin dagli anni ’80 ad ipotizzare l’esistenza di una predisposizione geneticamente determinata allo sviluppo di questi tumori, con ereditarietà di tipo autosomico dominante e verosimile eterogeneità genetica. Negli anni ’90 queste ipotesi hanno ricevuto una conferma con l’identificazione di due geni, noti come BRCA1 e BRCA2, associati allo sviluppo di tumori della mammella e dell’ovaio.

E’ stato stimato che il 5% dei tumori della mammella possano essere associati a mutazioni dei geni BRCA 1 e 2 e che 1 ogni 200-800 individui sia portatore di una mutazione predisponente per il carcinoma mammario.

Il rischio di ammalarsi di tumore per il portatore dei geni predisponenti non è noto con assoluta certezza e sembra essere variabile anche all’interno della stessa famiglia o gruppo etnico portatore della stessa mutazione; tuttavia è stato stimato un rischio di ammalare di carcinoma mammario che può arrivare al 85% ai 70 anni di età per le portatrici di mutazione del BRCA1 e 2 ed un rischio di ammalare di carcinoma ovarico variabile dal 20 al 40% per le portatrici di mutazioni del BRCA1 e del 20% per il BRCA2. Inoltre i geni BRCA1 e 2 sono stati associati ad un rischio aumentato per altri tumori come il carcinoma prostatico e il carcinoma del colon.

E’ possibile sapere se si è portatori di questi geni?

Le mutazioni genetiche potenzialmente responsabili di malattia oggi riconosciute sono numerose ed alcune sono più frequenti di altre, soprattutto in certe etnie.

Ai nuclei familiari fortemente suggestivi della presenza di una forma di predisposizione familiare è oggi tecnicamente possibile offrire una analisi genetica per la ricerca di mutazioni germinali nei geni BRCA 1 e 2. L’esame si effettua a partire da pochi ml di sangue venoso (cioè un comune prelievo di sangue).

L’analisi genetica di un nucleo famigliare considerato “a rischio” dovrebbe essere effettuata, qualora possibile, a partire dal familiare affetto da malattia con più precoce età di insorgenza.

In cosa consiste una consulenza genetica?

E’ opportuno che l’indicazione ad effettuare tale analisi sia valutata in sede di consulenza genetica. La consulenza genetica è innanzi tutto un colloquio informativo per il soggetto.

Sarà infatti compito del genetista, il quale potrà avvalersi dell’ausilio del clinico oncologo e dello psicologo, portare al soggetto in esame le informazioni sul rischio a priori di essere portatore di un gene deleterio e sul significato dell’esame che si va a praticare nonché sul valore predittivo dell’esito positivo o negativo del test.

Dopo il test infatti i risultati verranno ancora discussi con il consulente genetico, il clinico oncologo e lo psicologo per l’importante impatto di tipo psicologico, sociale e clinico che il test stesso può comportare.

E’ infatti compito delle persone giunte in consulenza genetica di informare gli altri membri della famiglia circa i contenuti della consulenza stessa e della eventualità di verificare se anch’essi hanno ereditato o meno il difetto genetico. L’analisi infatti consente, una volta identificato il difetto genetico presente in ciascuna famiglia, di distinguere fra le donne a rischio, quelle effettivamente predisposte, e quindi meritevoli di programmi mirati di screening o di profilassi.

La decisione di sottoporsi al test deve comunque essere libera ed assolutamente personale e presuppone l’espressione di un consenso informato.

A chi è consigliata la consulenza genetica?

Indipendentemente dalla storia familiare di cancro:

- A soggetti affetti da carcinoma della mammella e dell’ovaio

- A soggetti affetti da carcinoma della mammella diagnosticato prima dei 36 anni di età

- A soggetti maschi con carcinoma della mammella.

In presenza di storia familiare di cancro:

- A soggetti affetti da carcinoma della mammella o dell’ovaio con due o più parenti di primo grado affette da carcinoma della mammella o dell’ovaio, o un parente maschio affetto da carcinoma della mammella

- A soggetti affetti da carcinoma bilaterale della mammella con un parente di primo grado affetto da carcinoma della mammella o dell’ovaio

- A soggetti affetti da carcinoma della mammella diagnosticato prima dei 50 anni di età con un parente di primo grado affetto da carcinoma della mammella prima dei 50 anni di età o da carcinoma della mammella bilaterale o da carcinoma dell’ovaio.

- A soggetti affetti da carcinoma dell’ovaio con un parente di primo grado affetto da carcinoma della mammella prima dei 50 anni di età, carcinoma della mammella bilaterale o carcinoma dell’ovaio.


Carcinoma della mammella e gravidanza

Il carcinoma della mammella durante la gravidanza è una condizione patologica di raro riscontro (1-3,9/10.000 ).

Recenti pubblicazioni (Von Schoultz) hanno evidenziato come le modificazioni ormonali associate alla gravidanza non abbiano alcuna influenza sulla prognosi.

Ovviamente la prognosi è legata ad una diagnosi precoce ed ad un tempestivo approccio terapeutico.

La maggior parte dei tumori evidenziati durante la gravidanza è benigna (cisti, fibroadenomi), anche se naturalmente un carcinoma non deve mai essere escluso.

Il comportamento del senologo di fronte ad un nodo della mammella di una donna gravida, deve essere sempre e comunque il normale iter diagnostico (ecografia, mammografia, se necessario agobiopsia ed eventualmente biopsia chirurgica).

 


Recidive neoplastiche

Talvolta il carcinoma della mammella, dopo la terapia, può recidivare.

Esistono tre tipi di recidive:

  • recidiva locale:si verifica quando l’asportazione del tumore primitivo non è stata radicale; alcune cellule neoplastiche restano nella mammella residua e si riproducono.

  • recidiva regionale: un nuovo tumore cresce nella stessa sede del precedente

  • recidiva a distanza: il tumore si riproduce in un organo diverso dalla mammella. Tale situazione viene definita malattia metastatica della mammella.


La malattia metastatica

Con il termina malattia metastatica si indica una condizione in cui le cellule tumorali, dall’organo di origine del carcinoma, si disseminano ad altri organi distanti.

Il carcinoma metastatico della mammella rappresenta uno stadio avanzato del tumore (stadio IV). Le cellule neoplastiche si diffondono in una prima fase ai linfonodi del cavo ascellare, per poi crescere e riprodursi in altri organi.

Gli organi che sono più frequentemente interessati dalle metastasi sono le ossa, il polmone ed il fegato.

Figura - Localizzazioni più frequenti delle metastasi del carcinoma della mammella

 


Lesioni benigne della mammella

In questo gruppo vengono compresi, oltre alle lesioni nodulari vere e proprie, alcuni quadri clinici, di frequente riscontro, sostenuti da alterazioni anatomo-patologiche che rientrano nel normale ciclo evolutivo della mammella nel corso della vita di una donna. La mammella è, infatti, una ghiandola che modifica continuamente la sua struttura, in relazione alle fluttuazioni cicliche degli ormoni che regolano il ciclo mestruale.

Figura - Schema delle più comuni lesioni benigne della mammella; per confronto è raffigurato anche il tumore maligno

- malattia fibrocistica-displasia mammaria benigna 

Il termine malattia non è sempre appropriato per definire questa condizione che è la più frequente nelle donne di età compresa tra i 25 ed i 45 anni.

Con questo termine si vuole indicare un gruppo eterogeneo di alterazioni anatomo-patologiche elementari combinate in maniera variabile. Possono essere solo l’espressione di una sproporzionata risposta di un’area ghiandolare ad uno stimolo ormonale, che si manifesta clinicamente con una diffusa nodularità, per lo più bilaterale, frequentemente associata a mastodinia. In una bassa percentuale di casi, però, queste alterazioni anatomo-patologiche costituiscono una malattia benigna.

Le alterazioni benigne di più frequente riscontro sono le cisti, la metaplasia apocrina, la fibrosi dello stroma, l’infiltrato flogistico, l’adenosi, l’iperplasia duttale e lobulare tipica ed atipica. Solo l’iperplasia epiteliale duttale e lobulare sia tipica che atipica rappresentano una condizione di rischio di sviluppo successivo di un carcinoma invasivo, rischio aumentato rispettivamente di due volte e di cinque volte.

Le cisti sono delle formazioni nodulari a contenuto liquido.Possono andare incontro a rottura, inducendo una risposta infiammatoria dello stroma circostante (infiltrato flogistico). Rappresentano la manifestazione di malattia fibrocistica di più frequente riscontro ed anche l’unica diagnosticabile radiologicamente.

Molti autori indicano come malattia fibrosa o fibrosi dello stroma, una condizione di fibrosi stromale più o meno localizzata.

Nell’adenosi si ha un aumento numerico degli acini ghiandolari, con un conseguente ingrandimento delle unità lobulari.

L’iperplasia epiteliale tipica (duttale e lobulare), è rappresentata da un aumento numerico delle cellule epiteliali, senza atipie cellulari.

Al contrario, nell’iperplasia epiteliale duttale e lobulare atipica, vi è un’iperplasia epiteliale con atipie cellulari.

- lesioni sclerosanti benigne

In questo gruppo vengono incluse l’adenosi sclerosante, la lesione scleroelastosica (radial scar) e l’adenoma duttale.

Nella maggior parte dei casi, tali lesioni non danno alcuna manifestazione clinica ed il riscontro è occasionale durante l’esecuzione di una mammografia.

Si possono manifestare radiologicamente sotto forma di opacità con o senza microcalcificazioni, di distorsioni parenchimali o di microcalcificazioni e la diagnosi differenziale con i tumori maligni è spesso impossibile, per cui è necessario ricorrere alla biopsia percutanea o all’exeresi chirurgica.

- fibroadenoma

E’ una patologia di frequente riscontro nell’età giovanile, tra i 25 ed i 30 anni.

Clinicamente si manifesta come un nodo di consistenza parenchimatosa, mobile, singolo, ma che nel 20% dei casi può essere multiplo sia nella stessa mammella che bilateralmente.

Ha dimensioni variabili, mediamente comprese tra uno e quattro centimetri. Più raramente può avere una rapida crescita, raggiungendo dimensioni rilevanti (fibroadenoma gigante), rendendo difficile una diagnosi differenziale con il tumore filloide.

Può aumentare di volume durante la gravidanza e ridursi di dimensioni dopo la menopausa.

Le probabilità che un fibroadenoma possa degenerare in lesione maligna sono praticamente nulle (0.1-0.3%). L’indicazione all’exeresi chirurgica esiste solo quando esista un dubbio diagnostico o se le dimensioni del nodo creano problemi estetici o psicologici.

- adenoma mammario

E’ un tumore benigno molto raro e se ne riconoscono due varianti: l’adenoma tubulare e l’adenoma secernente.

L’adenoma tubulare è un nodo singolo a limiti ben definiti, tipico dell’infanzia e dell’adolescenza.

L’adenoma secernente si manifesta durante la gravidanza o il puerperio come nodo singolo o multiplo.

- papilloma intraduttale

E’ una condizione patologica che si riscontra ad ogni età, con un picco di incidenza tra i 30 ed i 50 anni.

E’ una patologia che coinvolge i dotti galattofori di medio e di grande calibro.

Il papilloma è singolo nel 90% dei casi, multiplo nel restante 10%.

Si manifesta con una secrezione monoorifiziale sieroematica od ematica dal capezzolo.

L’atteggiamento terapeutico è chirurgico nel caso di papillomi multipli, poiché molti Autori descrivono per questa entità un aumentato rischio di sviluppo di carcinoma e una possibile associazione con il carcinoma duttale in situ.

- lipoma

E’ un tumore molto frequente nelle donne obese in età premenopausale.

Si manifesta come nodo singolo, rotondeggiante, molle alla palpazione, mobile e non dolente.

L’indicazione chirurgica esiste solo nel caso in cui il lipoma abbia raggiunto dimensioni ragguardevoli, tali da deformare il profilo mammario.

- mastite 

E’ un processo infiammatorio della mammella che interessa generalmente giovani pazienti. Se la flogosi si manifesta durante l’allattamento, si parla di mastite puerperale.

Clinicamente si manifesta con arrossamento di tutta o parte della mammella, dolore, edema cutaneo, secrezione di pus dal capezzolo, segni che possono essere accompagnati da sintomi generali, come malessere ed ipertermia.

Se la mastite non è adeguatamente trattata con terapia medica, può evolvere in un ascesso, con successiva eventuale fistolizzazione cutanea.

 


Le informazioni qui contenute possono essere utilizzate unicamente a fini educativi. In nessun caso possono essere impiegate in sostituzione o in alternativa ad una diagnosi/terapia espressa da un medico.


Vai all'inizio                              Homepage