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ATTRAVERSAMENTI 2001
una generazione di mezzo
Casa Olla [Quartu S.E.], 19 maggio, 26 giugno 2001

 
     
 
GIANNI NIEDDU

Eloquente esempio di una creatività giocata tra poesia e ironia è il lavoro di Gianni Nieddu, infaticabile visitatore di un mondo dimesso e infinitesimale, chiuso, solitamente, nei cassetti delle cartolerie o abbandonato negli scaffali di negozi polverosi e oscuri, nei cui odori acri e pungenti ama cercare i segni di una quotidianità inghiottita da gesti ripetitivi. Quegli oggetti dall'invisibilità scontata, al di là del bello e del brutto, sono reinventati in una nuova dignità che li rifunzionalizza e li riscatta dall'umiltà di una condizione negata come vita propria. Sono etichette adesive, spilli, punte metalliche, fili insignificanti e, ora, piccole trappole per topi e piccoli topi per piccole trappole. Se la poetica che sottende questi lavori è quella di una straniante visione della realtà, il processo che la crea è, prima di tutto, quello del riconoscimento. Riconoscere nella semplice banalità del dato oggettivo (sia un gancino o un gessetto, una cimosa o un feltrino) la sua "natura altra", cioè la sua versatile mutevolezza, è l'atto che fonda il percorso operativo. L'atto seguente è il suo assemblaggio, la sua contestualizzazione in un insieme dove a prevalere è, senza dubbio, l'estetica compositiva che può nascere solo dal gusto educato al rigore e all'eleganza formale. I tre pannelli neri che recano infissi una miriade di spilli lasciano pendere piccole etichette su cui sono stilizzate teste di gatti in versione nera e in contrasto bianco. L'opera così composta richiede una doppia possibilità di lettura: a distanza, dove s'impone la razionalità strutturale dell'impaginazione equilibrata e simmetrica, gli scarti cromatici del nero-cupo e del bianco-luce, l'armonia tra pieni e vuoti, che ricrea un'operazione "classica" nel linguaggio della contemporaneità. Ravvicinata, l'opera scopre il suo intento ironicamente votato all'illusionismo e fortemente attraente nel richiamo visivo: le piccole tessere oscillano nel breve spazio a disposizione, rivelano la loro inconsistenza e sorridono dei segni raffigurati che, nell'impercettibile moto, pongono in vibrazione la superficie dichiarando l'effimero realismo della propria esistenza.

Gli oggetti senza identità di Gianni Nieddu sono dunque, nella smaterializzazione dell'opera, nella leggerezza dei volumi e dei pesi, una sorta di gioco segreto dove vigono regole e casualità, ambiguità percettive e disarmante naturalezza ma dove l'amorevole e preziosa cura nella composizione trasforma i materiali poveri e discreti in piaceri visivi continuamente rinnovati.
La sua personale mitologia si arricchisce, a Casa Olla, di un nuovo personaggio: topini di peluche intrappolati in infernali meccanismi, semplici in apparenza, micidiali nella presa.
Si dispongono sulla parete come fuggiti da una tana e bloccati nella folle corsa dallo scatto senza scampo della trappola. All'immagine drammatica ed enfatizzata del topo intrappolato non corrisponde un contenuto altrettanto tragico; semmai, ancora una volta, Gianni Nieddu ironicamente rivela, nel gioco compositivo, sottili inquietudini o segrete sensazioni che l'artificio dell'arte annulla e controlla nell'estetica della soluzione scelta. E, ancora una volta, l'opera manifesta la sua duplicità semantica di oggetto inerme e sprovvisto di un significato estetico e di elegante decorativismo nell'arabesca ombra di forme fissate e liberate sul muro.
È chiaro, comunque, in entrambi i lavori e, in genere nella sua intera produzione, che l'utilizzo ripetitivo dell'oggetto scelto diviene segno simbolico e l'accumulazione di forme intensamente reiterate non può non generare livelli di significato che trascendono l'oggetto stesso per porsi come dato di una particolare condizione esistenziale. Così, se negli scuri pannelli è la vita segreta delle cose che prende forma, nell'immagine dei piccoli ratti intrappolati si proietta l'immaginario collettivo di una realtà che ci appartiene ma su cui vale la pena comunque sorridere perché a quella realtà tanto