Centro Culturale Man Ray Cagliari

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Wanda Nazzari

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Locandina

COMUNE DI QUARTU S.E. - Assessorato alla Cultura

Wanda Nazzari
Di luoghi e di tempo

a cura di Alessandra Menesini
Casa Olla - Quartu S.E.

Inaugura l'Assessore alla Cultura Elena Ledda
sabato 9 ottobre 1999 - ore 19,30

dal 9 al 19 ottobre 1999 - 10,00 - 13,00 / 18,00 - 20,00


C E N T R O    C U L T U R A L E    M A N    R A Y

SPAZIO POLIVALENTE DEDICATO ALLE SPERIMENTAZIONI ARTISTICHE CONTEMPORANEE
via Lamarmora, 140 - 09124 Cagliari - Tel e Fax 070/283811 - 0347/3614182

Di luoghi e di tempo

A policromi legni si affidano i rifugi segreti di Wanda Nazzari, che smonta e incide, dipinge e incolla, tesse fili di pace e affila punte guerresche, costruisce e sottrae fino a dare nuova identità ai materiali che rende diversi e obbedienti alla passione della sua ricerca e al rigore della sua tecnica.

Legno disossato e ricomposto con il colore, tavole su cui uno scavare inesausto costruisce friabili alveoli in rilievo, in un viola che pesca nel blu con una lontana eco di rossi primigeni. Il colore della rigenerazione, il viola regale, è il primo attore di una rappresentazione della duttilità della materia, del legno forgiato e quasi dissolto verso la tensione del movimento. Sottili menhir allineati in formazione geometrica si fanno sfuggire una scheggia roteante e colorata, un irriverente guizzo, un atomo ribelle. E sempre il colore copre e illumina, sorprendente e inatteso in sfaccettature che si fatica a individuare tutte, in un gioco continuo di pieno e di vuoto, di luminose oscurità che intrecciano scolpito e dipinto facendo di colore e materia un unico mezzo.

Tinte screziate in dosatissimi toni scandiscono cromaticamente gli spazi e le pause e soprattutto i segreti meandri dei paesaggi dell’anima e il suo girovagare e il suo continuo cercare e la sosta – per poco – in microscopiche nascoste caverne.

Nidi accennati sulle pareti dei polittici nascondono il loro nucleo più fondo con tracce depistanti di colore. Distrarre il predatore, allontanare il curioso e così mantenere un’ombra discreta su ogni storia che il nido protegge. Il bosco salvifico ha i suoi misteri, i graffiti che lo segnano possono venir decifrati solo da attenti cacciatori di segni.

Al di là di un impatto visivo di grande valore estetico, le opere di Wanda Nazzari propongono livelli di lettura profondi e stratificati in una analisi che può individuare i cambiamenti di direzione, lo spezzarsi di una linea, lo sfiorarsi di curve su faticate superfici fitte di solchi o accontentarsi di un complessivo sguardo d’insieme comunque appagante.

C’è uno sdoppiarsi tra il mostrare e il celare che Wanda Nazzari esercita con continua attenzione, ricorrendo alle bende, ai veli, alle reti e anche a punte avvolgenti di colore che catturano la luce o si rifiutano di mostrarsi, come camaleonti di notte.

Nella sua poetica della comunicazione dissemina piccole icone di croci rovesciate, apici che si avvicinano fino quasi a toccarsi, trame sfilacciate che si incontrano in una ritrovata armonia. Stende ali su molti pannelli o su piccole tavole, poi le asciuga, le assottiglia e infine le nega, lasciando di loro soltanto il ricordo. Simboli stilizzati che tornano con la stessa tensione e la stessa forza evocativa su tutta la produzione di un’artista che pone come ragione prima della sua necessità di esprimersi la relazione con gli altri.

"Di luoghi e di tempo" è titolata questa mostra che costruisce in uno spazio fisico gli spazi della mente, tra snelle sagome tra le quali si può girare, aperto labirinto dove i passi possono esitare ma da cui si può vedere il cielo e rintracciare i propri passi perduti.

Sotto i colori di lava e la loro energia, c’è un’urgenza di voci, una moltitudine di appigli, variegati asili. Ogni incavo può essere un’ora, ogni traccia una giornata del mondo. Qui il tempo si frammenta guadagnando una quantità di attimi, il tempo fermo della riflessione.

Alessandra Menesini


I legni dei Polittici vivono forti e fieri delle loro ferite come gli alberi sopravvissuti al fulmine, i quali trovano nelle riserve di cui la natura li ha abbondantemente dotati, la capacità di continuare a vivere. Avvicinandoci alle "stele", costruite ed assemblate con una grande intensità partecipativa e creativa, si ha la sensazione di essere attratti da una corrente destabilizzante il nostro reale, attraverso la quale si entra in un universo onirico, carico di un senso di ignoto e di infinito. In questo universo non si percepisce, però, l’ineluttabilità di uno spazio fagocitante e distruttivo, ma la serenità di un nascondiglio accogliente, luogo di memoria, di riflessione, angolo di meditazione e, perché no, di preghiera che ognuno di noi potrebbe adattare, spostando i singoli pezzi, alla propria realtà esistenziale.
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Maria Luisa Frongia
dalla presentazione "Ai margini del viola", 1998

Ne risulta un cromatismo inedito, ricco, di bellissimo effetto: col mutare dei punti di vista e quindi con l’alterno apparire dell’una o dell’altra stesura coloristica, il legno subisce un processo di animazione che lo rende instabile e vibrante. Emblematico, da quel punto di vista, è uno dei pezzi in mostra in cui dalla superficie oscura sembrano affiorare recessi d’uno rosso vivo, quasi la percorressero sotterranei rivoli di lava.
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Marco Magnani
(La Nuova Sardegna, 1997)

Profondamente sensibile alle lacerazioni della vita, la Nazzari esorcizza la sua sofferenza interiore attraverso il faticoso lavoro di scavo inferto alle sue opere, siano esse quadri o stele. In questo senso, non c’è quasi differenza fra un lavoro bidimensionale e uno tridimensionale dell’universo espressivo di quest’artista. Si potrebbe parlare di pittura scultorea, perché ciò che va indagando attraverso i solchi contro filo che infligge alla materia lignea ha un valore che va oltre al pittorico. Anche se è proprio sugli effetti dei pigmenti colorati, prevalentemente viola ma anche blu, verde petrolio o rosso ardente, che l’artista punta per manifestare la sua problematica ma pur sempre positiva adesione alla vita. È come se la Nazzari aggredisse la materia per poi lenirne le ferite con un sapiente, quasi accattivante, uso del colore: che fa emergere, vibrare, accendere, trattandolo proprio come se fosse qualcosa di vivo.
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Raffaella Venturi
(L’Unione Sarda, 8 novembre 1998)

Rispetto alle installazioni degli ultimi tempi, più risolte su un piano scenografico, le opere in mostra sembrano recuperare l’originaria valenza artigianale della realizzazione, mantenendo però una connotazione concettuale messa a punto nei lavori recenti.
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Il legno, era definito come pagina o come solido plastico, si stratifica in frammenti di segni che reagiscono diversamente a seconda della luce e del punto di osservazione. Nel variare dei formati e delle soluzioni plastiche le combinazioni di forme e di segni compongono un complesso gioco di rimandi linguistici che spostano l’attenzione dal risultato pittorico al significato mentale del processo costruttivo.
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Gianni Murtas
(La Nuova Sardegna, 17 dicembre 1998)

L’opera diventa il luogo simbolico di una riflessione profondamente sofferta: bagliori rossi di magmi incandescenti affiorano a tratti dalle trame slabbrate e sfibrate dei grandi piani monocromi, mentre le superfici così lacerate delle tavole catturano la luce e la rilasciano con dinamiche impercettibili che producono vibrazioni cromatiche e luministiche di forte intensità e suggestione.
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Giannella Demuro
dalla presentazione "Wanda Nazzari", aprile 1997)



Wanda Nazzari cerca una sua cifra autonoma e la trova in un linguaggio in cui convivono l’immediatezza e l’asperità espressionista, la tattilità materica, e la purezza dell’astrazione.
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Il legno, materia prima conosciuta, amata ed esaltata in anni di paziente lavoro, viene ora lacerato in piccoli pezzi, graffito, inciso, scavato e ricomposto, con una stratificazione sapiente, in nuclei espressivi carichi di valenze interiori. I nidi sono diventati i luoghi dell’uomo del nostro tempo, e il bianco e il rosa tenero, d’intonaco di stanza, sono le tracce di una violazione intima. I rimandi alla guerra nascono spontanei, ma il nido non è solo la casa, il palazzo, la città dell’uomo, è l’uomo stesso, è la stessa artista nel suo vissuto e nel momento creativo.
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Francesca Angela Zaru
(dalla presentazione di "pagine", maggio 1994)


Mostre personali e installazioni
1980Wanda Nazzari, galleria La Bacheca, Cagliari
1982Tra segno e colore luce, galleria La Bacheca, Cagliari
1985Wanda Nazzari, ’84-’85, galleria La Bacheca, CA
1987Wanda Nazzari Incisioni, Stamperia L’aquilone, CA
1987The totemic genesis, installazione, Sa Itria, Gavoi
1992Wanda Nazzari, Legni, tele, galleria La Bacheca, CA
1992Ritmi azzurri, installazione, Cagliari
1992Penelope ’92, install., per "Arte di passaggio", CA
1993Mystica, installazione, Cripta di S.Domenico, Cagliari
1993A Sarajevo ancora, install., galleria Capidepoche, CA
1994Pagine, galleria La Bacheca, Cagliari
1996Ali, installazione, Centro Culturale Man Ray, Cagliari
1996Quando sull’orizzonte ferito, installazione, Cagliari
1997Pittura e scultura, Centro Kairos, Sassari
1997Silenzi, Centro Culturale Man Ray, Cagliari
1998Spazi d’emozione, installazione, Palazzo Viceregio, CA
1998Riconciliazione, installazione, Cittadella dei Musei, CA
1998Ai margini del viola, Centro Culturale Man Ray, CA
1999Spazi udibili, installazione piazza Indipendenza, CA
1999Stanze, installazione, Centro Culturale Man Ray, CA
1999Di luoghi e di tempo, Casa Olla, Quartu S.E.