Centro Culturale Man Ray Cagliari

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Wanda Nazzari

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COMUNE DI QUARTU S.E. - Assessorato alla Cultura

Giocattoli d'artista
Progetto e allestimento di Wanda Nazzari, testo di a cura di Anna Maria Janin, schede di Alessandra Menesini

Luisanna Atzei, Gianni Atzeni, Zaza Calzia, Erik Chevalier, Salvatore Coradduzza, Antonello Dessì, Ombretta Locci, Carla Orrù, Lidia Pacchiarotti, Maura Saddi, Puccio Savioli, Raffaello Ugo.

CASA OLLA - QUARTU S.E.
Inaugurazione venerdì 10 dicembre 1999 ore 18,30
dal 10 al 19 dicembre - ore 10,00 - 13,00 / 18,00 - 20,00


C E N T R O    C U L T U R A L E    M A N    R A Y

SPAZIO POLIVALENTE DEDICATO ALLE SPERIMENTAZIONI ARTISTICHE CONTEMPORANEE
via Lamarmora, 140 - 09124 Cagliari - Tel e Fax 070/283811 - 0347/3614182

Nella dedica de Il piccolo principe, Antoine de Saint-Exupery ha scritto: "Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano". Un’osservazione talmente vera da apparire ovvia.

Allora, provando a ricordare...

C’erano una volta i giocattoli, oggetti molto desiderati che ricevevo in quantità moderata in occasione delle festività natalizie e degli anniversari, per la perdita dei primi dentini o per qualche malattia infantile, oppure quando i miei genitori tornavano da un viaggio. Per esempio ricordo un carrettino siciliano di legno variopinto, col cavallino impennacchiato, e un carico di gingilli e scatolette che, a grattarle con l’unghia, rilasciavano un intenso profumo di bergamotto: una sensazione tattile-olfattiva così nuova e piacevole che l’ho ancora perfettamente presente.

E siccome al tempo della mia infanzia si donava con parsimonia, quegli oggetti erano anche molto amati, molto usati e molto indagati, spesso fino a guastarli e addirittura distruggerli. Ma evidentemente la curiosità era tale da renderne sopportabile la perdita. Oggi è diverso: i bambini di fine millennio ne ricevono in quantità impressionante e se ne stancano quasi subito abbandonandoli a stipare cesti, cassetti, scaffali. Ben presto desiderosi di riceverne altri, in una precoce ansia da possesso che fin dalla più tenera infanzia li predispone a consumismo. Con un meccanismo psicologico che i pubblicitari ben conoscono, riuscendo con le loro martellanti sollecitazioni a convincere genitori e parenti che la felicità del bambino sta nella quantità di giocattoli che gli vengono donati, e non piuttosto nella loro qualità: cioè nella potenzialità informativa e formativa e nella capacità di stimolare la fantasia infantile.

Ormai sottoposti alle leggi del mercato come qualunque altro prodotto, in questi ultimi decenni i giocattoli hanno subito trasformazioni radicali i vecchi materiali – legno, latta, celluloide, cartapesta, terracotta, panno – sono stati sgominati dalla plastica. I congegni meccanici, solitamente a molla, che li facevano muovere col gesto quasi magico-rituale di dare la carica, sono stati surclassati dalle più efficienti pile e batterie. Che, oltre ad avere un impatto negativo sull’ambiente, hanno tolto al bambino quel ruolo di manualità attiva che era tanto importante per la consapevolezza del collegamento con il congegno interno, anima di ogni giocattolo. Ora è sufficiente il gesto insignificante di premere un pulsante sempre uguale per ottenere effetti diversi: movimento, luce, suono. Con l’avvento dell’elettronica, questa trasformazione ha assunto i caratteri di una vera e propria rivoluzione del concetto stesso di gioco e quindi di giocattolo. Una rivoluzione che si è ormai affermata e consolidata anche grazie a strutture progettate ad hoc, come la Città dei bambini realizzata recentemente a Genova in collegamento con la Cité des enfants di Paris-La Villette. Strutture perfettamente studiate e gestite per intrattenere le nuove leve al passo con i tempi.

Io però, forse per una ragione sentimentale o forse per incapacità di adeguarmi ai tempi nuovi, quando penso al gioco e ai giocattoli continuo ad immaginarli come quelli della mia infanzia. Non credo comunque di essere la sola, anzi sono sicura di essere in buona compagnia. Il regista Enzo D’Alò per esempio, per il bellissimo cartone animato La freccia azzurra, tratto da un racconto di Gianni Rodari, ha rappresentato tutto un mondo di giocattoli "antichi": dal trenino alla barchetta, dalla paperottola all’orsacchiotto, dai birilli alle bambole. Che non assomigliano affatto alle moderne Barbie, né alle stereotipate protagoniste dei cartoon più diffusi; meno che mai alle orride eroine virtuali tipo Lara Croft. Evidentemente, la fantasia di quell’artista è rimasta legata al mondo della sua infanzia.

È anche perciò che, in questo momento di passaggio epocale, sollecitare gli artisti a produrre giocattoli sembra una scommessa intrigante. Che, se anche non darà una risposta a chi continua a chiedersi se l’artista sia un eterno bambino, regalerà a quanti vedranno la mostra un momento di riflessione gioiosa e giocosa. Forse anche qualcosa di più. Non è un caso che la Sardegna vanti illustri precedenti in questo campo, come i poetici giocattoli in cartone colorato realizzati da Edina Altara o lo stupefacente microcosmo di legno policromo creato da Eugenio Tavolara e Tosino Anfossi.