Centro Culturale Man Ray Cagliari

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Stefano Grassi

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METROPOLI

A cura di Alessandra Menesini

Annalisa Achenza, Erik Chevalier, Marisa Delzotto,
Simone Dulcis, Stefano Grassi, Ombretta Locci,
Dionigi Losengo, Marina Madeddu, Antonio Mallus, Alessandro Meloni,
Nico Orunesu, Raffaello Ugo, Beppe Vargiu


Inaugurazione venerdì 16 giugno 2000 - ore 19:00
dal 16 al 27 giugno - tutti i giorni (esclusa la domenica) ore 18.30/20.30


C E N T R O    C U L T U R A L E    M A N    R A Y

SPAZIO POLIVALENTE DEDICATO ALLE SPERIMENTAZIONI ARTISTICHE CONTEMPORANEE
via Lamarmora, 140 - 09124 Cagliari - Tel e Fax 070/283811 - 0347/3614182


Riflessioni sulla realtà urbana contraddittoria e magnetica, stratificata dalla storia e segnata dalla contemporaneità, caotica e asfittica o adrenalinica e vitale, contrapposta alla pace campagnola eppure irresistibile sirena.

Scenari artistici per scenari metropolitani.

Nico Orunesu incide con neri caratteri cuneiformi le mappe della sua metafora di una comunicazione al punto zero, tracciando su tavole di legno un misterioso accurato alfabeto.

Paesaggio verticale nell’opera di Antonio Mallus, una sagoma umana centrata e trafitta da una spinta centripeta a forma di piramide, scabro e penetrante cuneo fisico e mentale.

Ruota su se stesso il radar di Raffaello Ugo, in un lento captare i messaggi vaganti nell’etere. Grande Fratello in lamiera zincata, spia super tecnologica con un filtro di stoffa.

Alla città di superficie appartiene lo scorcio architettonico della plastica geometria di Dionigi Losengo, camera con vista sui volumi accorpati in linee dinamiche accese da un tocco di rosso.

Vedute aeree e radenti insieme, in una planimetria visionaria e tattile di concrezioni e trasparenze, raffigurano lo spazio costruito e abitato di Beppe Vargiu.

Marina Madeddu costruisce piccole sculture colorate nate per l’arredo urbano, prototipi gioiosi per scuotere, con la levità del gioco, un ambiente color asfalto.

Sotto le strade, sotto il visibile, i segni underground delle tribù dei graffiti, affiorati dalla città sotterranea, calda e senza luce, nel corroso pannello dipinto da Simone Dulcis.

Nell’opera di Annalisa Achenza campeggia una figura femminile in una stanca posa di rassegnazione. Occupa quasi completamente lo sfondo – in ombra – di un territorio ai margini.

Su un devastato risveglio non più protetto dal buio della notte si alza l’alba metropolitana di Erik Chevalier, miseri rifiuti mischiati a chiari sassolini di fiume.

Catturando luce e movimento, l’obiettivo di Stefano Grassi blocca in un veloce frammento sfuocato la paura della notte. Fuga dalla violenza senza nome di fantasmi con coltelli veri.

Color cenere (secoli di polvere) per un passo di donna sempre più pesante. Scarpe eleganti fatte in terra cruda e sporche di calce, nell’installazione di Ombretta Locci.

Marisa Delzotto sintetizza in un bruciacchiato perimetro un universo di lattine e plastiche indistruttibili, gli avanzi della festa di distratti nomadi (in)urbani.

Rosso nero bianco in bilanciati equilibri su tessere composte a formare un quadrato. Di matematica precisione ma infiammato da un’energia che sconvolge la forma regolare della micro-città di Alessandro Meloni.