gli insediamenti rupestri medioevali

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LA VITA DEI CONTADINI

Il semplice contadino nell’epoca medioevale ebbe un ruolo molto importante nella società del tempo, soprattutto quando si ebbe la riprese economica grazie all’opera dei benedettini nei secc. IX, X e seguenti.

Lo stesso Carlo Magno emise una fitta rete di ordinanze per istruire i suoi amministratori sul modo d’amministrare le terre, ma anche come farle coltivare, in quanto dall’operosità dei contadini che lavoravano e vivevano sulle terre di proprietà dei monasteri o del signore, dipendeva la ricchezza e agiatezza del “manso” o contado.

La vita dei contadini era dura, legata, anzi dettata dalle stesse esigenze della terra e, tuttavia, il contadino la accettava e la viveva con amore e tenacia, cogliendone tutti gli aspetti e sfumature. Per conoscere l’organizzazione di questa vita agricola e campestre o del piccolo villaggio prendiamo la famiglia di un contadino che vive presso l’Abbazia di Saint Germane in Francia, ma potrebbe anche vivere in Germania o in Italia e la cui vita verrà riprodotta nei villaggi rupestri allorché le vicende storiche costringeranno gli abitanti dei villaggi a rifugiarsi nelle grotte, rendendole abitabili.

L’Abbazia o “Manso principale”, era gestita dagli stessi monaci ed era costituita da una piccola casa di 3 o 4 stanze che si affacciava su un cortile interno su un lato del quale si trovava un gruppo di edifici adibiti a locali dove vivevano e lavoravano le serve appartenenti alla casa e tutt’intorno erano sparse piccole case di legno, le botteghe degli artigiani, una cucina grande, un essiccatoio, i granai, le stalle e il tutto era recintato da una fitta siepe; al di là di questa si estendevano i campi coltivati. Allorché si rifugiarono nei villaggi rupestri, i contadini raccolti intorno alle cripte dei monaci, mantennero la stessa organizzazione e struttura, oltre che le stesse attività e modi di vita, utilizzando le varie grotte come vere e proprie case dando origine ai villaggi rupestri di cui troviamo tracce a Mottola (Casalrotto – Petruscio).

I lavori dei contadini erano dettati dal calendario naturale e consistevano nella: aratura, semina, mietitura, potatura, raccolta dei frutti (mele, melograni, uva, gelsi, ecc.) e dei cereali (grano e segale), vendemmia, pigiatura, produzione di vino ed olio, battitura del frumento e sarchiatura.

Accanto ai contadini stabili, c’erano i contadini migranti, molto numerosi, soprattutto quelli a industria mista, cioè addetti alla campagna e all’allevamento delle pecore da lana, attività che divenne ben presto una vera industria a livello europeo con l’allevamento di diversi tipi di pecore.

Grazie alle innovazioni e alla incessante operosità dei monaci benedettini, furono introdotte nuove colture provenienti da terre lontane, nuove tecniche di coltivazione e nuovi mezzi che alleviassero il lavoro, quali:l’accetta, il forcipe a lama doppia (per estirpare radici), la falce a manico corto, l’erpice a triangolo e il collare rigido al cavallo, l’argano a puleggia con contrappeso per attingere acqua dai pozzi, la falce a manico lungo, l’ascia a tripla lama,l’erpice quadrato con doppio attacco, l’aratro a vomere guidato da manubrio, il rastrello.

Alla donna erano destinati lavori quali: la filatura, la tessitura, la coloritura, la confezione degli abiti, l’accudire agli animali domestici, pagare i tributi, confezionare spazzole e oggetti di uso comune, oltre che accudire alle faccende domestiche e al governo della casa.

 

SCUOLA MEDIA STATALE "ALESSANDRO MANZONI"  di Mottola 

                                             e-mail: manzonimottola@tiscali.it 

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