Margherita & Luca

LE BELLISSIME GAMBE DI MARGHERITA
 
Era la Regina del quartiere.
Quando passava tutti gli occhi erano solo ed unicamente per lei.
I complimenti che le rivolgevano erano ricercati e fioriti come solo i romani autentici, quelli 'de core' sanno trovare.
Quello che le faceva più piacere, però, era quando si sentiva apostrofare con la frase "Sei mejo d'a Roma!".
Sarà stata anche una espressione usata ed abusata, certo non originale, ma per lei che aveva quella squadra nel cuore e nell'anima era il massimo.
Del resto in un quartiere di provata ed antica fede giallorosa non poteva esserci qualcosa di più poetico.
Lì intorno vi erano tante belle ragazze, bionde, more, rosse, ma Margherita aveva una cosa in più che le altre non avevano.
Margherita aveva uno stacco di gambe da mozzare il fiato, due cosce perfette e ben modellate che avrebbero resuscitato un morto.
L'entusiasmo che suscitava nei ragazzi del quartiere era paragonabile solo ad una rete di Montella, ad un rigore che spaccava la porta tirato da Totti: erano cose impagabili, irraggiungibili.
E Margherita ne era consapevole.
Per questo, tranne in casi molto rari, indossava sempre ed unicamente minigonne vertiginose che esaltavano ed accentuavano la sua bellezza.
Perché, poi, avrebbe dovuto coprirle? Per qualche vecchia pinzochera invidiosa? Per amore di qualche moglie gelosa e livida di rabbia?
Margherita era una forza della natura, un dono del Cielo: sarebbe stato un delitto di lesa maestà celare al resto del mondo ciò di cui bisognava invece andare fieri.
Che si coprissero le altre, quelle che avevano ben poco da mostrare!
Lei era una Fata, una Dea venuta a regalare dei bei sogni ai poveri mortali.
Ma in quel quartiere benedetto da Dio, e fatto di gente semplice, quella di una volta, mancava una cosa sola: un bel ritrovo per tutti i tifosi della squadra dell'Amore.
Sarebbe stato bello incontrarsi tutti lì, giovani e meno giovani, in mezzo ai colori così cari delle loro bandiere e scambiarsi le proprie idee, per poi organizzarsi per le partite in casa e fuori casa.
Ma c'era un problema che a prima vista pareva proprio insormontabile.
L'unico locale disponibile, quello che faceva al caso loro, era di proprietà del Sor Filippo Mezzamanica, ed il sor Filippo, che viveva da un'altra parte della città, era un irriducibile laziale.
Era stato inutile cercare altrove dei posti utilizzabili: per una maledizione egiziana sembrava che, al di fuori del magazzino del Sor Filippo, non ci fosse altro.
I ragazzi furono subito presi dalla disperazione.
"Ci conviene rinunciare e dimenticarcene." disse infine Righetto, che del gruppo romanista era l'anima ed il leader, "Er Sor Filippo non ci darà mai quel locale."
Ma, proprio quando tutto sembrava perduto, ad Ulisse si illuminarono gli occhi.
Ulisse aveva sempre qualche idea e, proprio come l'Ulisse di Omero, era furbo come una volpe.
"Ma noi ce l'abbiamo il nostro asso nella manica!" esclamò.
Tutti lo guardarono interrogativamente.
"Ma come, ragazzi, non lo avete capito a chi sto pensando?. Margherita!"
"Margherita?!"
"Ma si, si, Margherita. Proprio lei."
Si strinsero tutti attorno ad Ulisse ed ascoltarono.
Il giorno dopo qualcuno bussò all'ufficio del Sor Filippo Mezzamanica, situato in una zona centrale di Roma.
Quando l'uomo aprì la porta per poco non ebbe un infarto.
Margherita era più bella che mai con quella minigonna nera microscopica ed aderentissima che le arrivava appena sull'inguine.
La maglietta dello stesso colore, scollatissima e sbracciata, la fasciava come una seconda pelle.
"Posso entrare, Sor Filì?" chiese la ragazza con un sorriso radioso.
"Prego, si accomodi signorina." balbettò Mezzamanica.
Per l'occasione aveva anche indossato un paio di scarpe con degli altissimi tacchi a spillo che davano alla sua falcata delle movenze provocanti.
Quella Venere si sedette ed accavallò le sue gambe favolose con una mossa studiata.
Il Sor Filippo, nel vedere quello stacco di cosce nude davanti ai suoi occhi, si passò il dito nel colletto, nervosamente.
"Di che cosa mi voleva parlare?" disse l'uomo accomodandosi, ma senza staccare lo sguardo dalle gambe di Margherita.
"Vede, ero venuta per parlarle di una questione che mi sta molto a cuore. A dire il vero sta a cuore a me ed a molti altri del quartiere."
"Mi dica pure."
Margherita sfoderò un altro sorriso e si passò con fare noncurante le mani sulla pelle nuda delle cosce. "Io so che lei è un uomo di affari sempre preso da tante faccende. Mi scuso se sono venuta a disturbarla ma confido nella sua gentilezza e nel suo garbo per poter portare a termine un affare vantaggioso."
"Che affare?"
Margherita scavallò e riaccavallò le gambe, mentre le pulsazioni del Sor Filippo assumevano un ritmo sempre più accelerato.
"Ecco, ci sarebbe quel locale di sua proprietà dalle nostre parti. sa quello dove prima c'era l'ortolano?."
"Si, ho capito di che sta parlando. E allora?"
"Allora io e la gente del posto lo vorremmo acquistare da lei, al prezzo che deciderà, per
poterci fare un circolo."
"Non mi sembra che ci siano difficoltà, se potete pagare. Di che circolo si tratta?"
"Beh." Margherita fece ondeggiare la caviglia a cui quel giorno aveva messo un braccialetto che la rendeva ancora più stuzzicante. ".Beh, il locale sarebbe dedicato alla nostra squadra: la Roma."
Al sentire quelle parole il cuore laziale del Sor Filippo ebbe un sobbalzo.
"La Roma?! Piuttosto lo affitto ai terroristi, ad un gruppo di beduini! Ma un locale mio in mano ai romanisti mai!"
Margherita si sentiva sicura di sé e sapeva già l'effetto che le sue gambe divine stavano facendo su quel marpione.
"Suvvia, Sor Filì, un uomo così di classe come lei non può lasciarsi vincere da questi sentimenti, non è vero?"
Margherita lo guardava con un'aria terribilmente maliziosa, sottolineando il suo concetto con delle abili mosse dei suoi polpacci carnosi.
Il Sor Filippo, in effetti, di fronte a quella Ninfa, sentiva di stare per soccombere.
Davanti a lui riusciva a vedere solo due gambe dalla bellezza magnetica che lo stavano facendo sciogliere.
Le ultime parole dette da Margherita avevano già fatto breccia nella sua scorza impenetrabile.
Ma quello che la ragazza aggiunse bastò a dargli il colpo di grazia.
"Sor Filippo, io lo so che posso fidarmi di lei. Lei mi ispira tanta, tanta fiducia." sussurrò quella maga, e poi aggiunse ".Non per farle un complimento, ma lo sa che visto così da vicino somiglia a Harrison Ford?."
Fu la fine per il povero Cavalier Mezzamanica.
Non poteva avere nessuna speranza di vittoria di fronte a quella artiglieria pesante.
Quando il contratto fu firmato Margherita, felicissima, scoccò un bacetto sulla guancia al Sor Filippo e se ne andò ringraziandolo, mentre il poveretto dovette sedersi per riaversi dall'emozione, o sarebbe andato secco per terra.
Quando tornò a casa sventolando soddisfatta il foglio a riprova del suo successo, la portarono in trionfo.
Il locale si aprì di lì a poco tempo e fu chiamato "Cuore giallorosso".
La morale di questa storia?
Potrei dirne tante, belle e ricercate, magari difficili, ma preferisco la semplicità, come semplice ed antica è questa storia: la Roma non si discute, si ama.