MARIO MAGNANELLI
L'ATTESA DEL BIANCO
UNA MAESTRA AMICA PER RICOMINCIARE
IL SUONO, I COLORI, LA MUSICA
LA VISITA DEL NOBEL
IL MARE D'INVERNO INCANTA BILL GATES
SOSPESO TRA CIELO E TERRA
PITTORE RANDAGIO A VIA MARGUTT
LO STIDIO NELL'ANTICO BORGO
TRAFITTO DA UN RAGGIO DI SOLE
 
LA SIEPE DI LEOPARDI MEMORIA
UNA GITA DOMENICALE
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Mario Magnanelli
(Photo by photoscreen)
 

 

 
 
 
     
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   



 
       
       
 
   
 
Prima di conoscere Mario Magnanelli ho conosciuto i suoi quadri e a veder di tenui nevicate, di pallidi fiori paesaggi appena emersi da lievissima luce, veniva da supporre - quando si dice il rapporto tra uomo e opera - che dietro questo lirismo chiarista vi fosse un pensoso, morandiano uomo d'arte, tutto dedito ai silenzi di quella parte di Romagna che si sposa con le Marche, unendo due culture, quella contadina e quella marinara in un unicum linguistico, lirico per davvero.

Ed in effetti, così è, visitando lo studio di Magnanelli, a San Giovanni in Marignano, vicino a Rimini: si vede lontano un miglio che l'artista è abituato a dipingere coi mattinali chiarori delle marine di Romagna (provate ad attendere l'alba sull'Adriatico, quando il mare è in pace "con se stesso e con gli uomini") o a percorrere i radi pianori alle falde dell'appennino Marchigiano, che s'innevano tardi, verso gennaio.

Lavora di getto, di prima intenzione, ma la superficie dell'opera, pur nella temperie impressiva a cui è sottoposta, mantiene una meravigliosa consonanza di cromie e vede rispettata quella sorta di legge cosmogonica non scritta (ma avvertita dall'artista) che porta "all'innata genìa" da cui germina l'equilibrio dell'impressione figurativa: le linee dinamiche che Magnanelli fa emergere dal nulla grafico esistente vano a campire il tessuto fondale in un tutto armonico e istintuale che pure rende "l'idea-madre" da cui l'artista si diparte e a cui vuole tornare.

Ed ogni volta che egli s'allontana dalle aridità geometriche del mondo, per contraccolpo , quasi per forza d'inerzia, si lascia prendere da quella descrizione senza leggi fisiche che è la poetica del colore.

Non si può tralasciare, per conoscere l'artista nella sua complessità espressiva, il suo "periodo blù", che qui citiamo non certo per fare confronti storicamente impropri ma per meglio orientare il lettere di queste note e delle opere sui sentieri di campagna della sua terra riletti dal pittore come invenzioni compositive di un paesaggio sentito, di situazioni stilistiche che possono risalire ad un nuovo antico chiarismo.

Magnanelli guarda ad un paesaggio diverso, il circostante che verrà, personalmente suo; inconfondibile nello stile e nell'adozione del colore, dove com'è ( o come è stato) nella vita dell'artista, vi sia una fascia nuagèe tra passato e futuro, tra "appartamento esistenziale", nel senso di vivere isolato in un proprio studio/fortezza, circondato dall'affetto delle proprie opere il futuro che ci cresce intorno coi suoi modernismi che - ahinoi! - lasciano sempre meno spazio al lirismo romantique... e ti ritrovi con un fervido uomo di mondo e di cultura, un sanguigno difensore della vita, così come vita s'intende sulla costa della Romagna.

Ecco, dunque, che questi intimistici paesaggi, questi fiori assorti, queste silenti nature morte, pur appartenenti al passato di Magnanelli, sono il nostro futuro. C'è del metafisico in questa asserzione, del paradossale: eppure tra i rumori della civiltà del contempo e i silenzi tonali delle opere, la scelta è "naturale", cioè il naturale che è nelle sue opere.

Una tavolozza d'intensa e muta espressività, certamente votata al chiarismo più acclarante, pochi colori col bianco dominante su tutto, verissimamente portata ad un amore, terreno e laico, per quanto sa di essenza naturalistica, profumo di terra, di sole e di mare.

E le risultanze tecniche accentuano questa differenziazione antico moderno: il bianco su bianco del "senso della neve", le intense eppure diafane lineazioni floreali; i pochi tratti di pennello per mettere il mare, un mare appena intuito da una mano di colore, tra il dire mnemonico delle trasferte romane di gioventù e il fare arte romantica in un'"epoca" che ha masso il romanticismo in cantina.

Salvo, per il fruitore di cose che sanno d'ambiente, andarlo a respirare sui quadri di Magnanelli, insieme all'odore di acqua ragia e delle vernici, tipico quando si varca la soglia di un atelier d'arte.


 
Donato Conenna "Ambiente 2000", luglio 1999