Non è obbligatorio assicurare lo stesso
tenore di vita del matrimonio
Alla ex moglie non spettano tutti i lussi
(Cassazione 3792/2000)
Non tutti i lussi sono dovuti alle ex mogli, nonostante abbiano un ex marito benestante, perché
"il mantenimento del tenore di vita goduto durante il matrimonio non può essere assunto come risultato
indefettibile della separazione". Lo ha stabilito la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, che ha
negato ad una signora divorziata un ulteriore aumento del già cospicuo assegno dovuto dall’ex marito: più
di 5 milioni al mese, oltre alle spese per la scuola del figlio e per le attività connesse, nonché
per le cure dentistiche e mediche; per non parlare dei lavori di manutenzione extra dell’ex casa coniugale, anche
essi a carico dell’uomo. Tutto questo per la Suprema Corte può bastare, considerato che , come rilevato
dai giudici di appello, "il possibile ridimensionamento del precedente elevatissimo standard di vita era essenzialmente
da imputare alla scelta di continuare a vivere nella grande e lussuosa casa coniugale"; quindi niente aumento
per l’ex moglie che non sa rinunciare ai lussi. (11 maggio 2000)
Sentenza della Prima Sezione Civile n.3792/2000
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
(…)
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C. N., elettivamente domiciliata in ROMA VIA C. B. VICO 1, presso l'avvocato PROSPERI MANGILI
FRANCO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato BALDISSERA DANILO, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
G. G.;
- intimato -
e sul 2° ricorso n° 09494/98 proposto da:
G. G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SARDEGNA 29, presso l'avvocato VASI GIORGIO, che
lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
C. N., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. B. VICO 1, presso l'avvocato PROSPERI MANGILI
FRANCO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato BALDISSERA DANILO, giusta procura a margine del ricorso
principale;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1318/97 della Corte d'Appello di MILANO, Sezione delle Persone, dei Minori
e della Famiglia, depositata il 29/04/97;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/11/99 dal Consigliere Dott.
Maria Gabriella LUCCIOLI:
udito per il ricorrente l'Avvocato Prosperi Mangili che ha chiesto l'accoglimento del ricorso
principale e rigetto del ricorso incidentale;
udito per il resistente e ricorrente incidentale l'Avvocato Vasi che ha chiesto il rigetto del
ricorso principale e l'accoglimento dell'incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Antonio MARTONE che ha concluso
per il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza dell'8 febbraio - 12 aprile 1994 il Tribunale di Como pronunciava la separazione
personale dei coniugi G. G. e N. C., affidava il figlio minore alla madre, assegnava a quest'ultima la casa coniugale,
poneva a carico del marito l'obbligo di versare la somma mensile complessiva di L. 5.000.000 per il mantenimento
della moglie e del figlio, rivalutabile in base agli indici ISTAT.
Proposto appello dalla C. ed appello incidentale dal G., con sentenza del 28 febbraio - 28 aprile
1997 la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma, determinava in L. 3.500.000 l'assegno mensile per il mantenimento
della C. con decorrenza dal novembre 1990 e con rivalutazione ISTAT dal febbraio 1995 in relazione al febbraio
1994; determinava in L. 2.000.000 il contributo mensile per il mantenimento del minore, con la stessa rivalutazione
ISTAT, e poneva a carico del padre tutte le spese concernenti la frequenza scolastica e le attività connesse,
nonché quelle per cure dentistiche ed in generale per cure mediche straordinarie; poneva infine a carico
del G. le spese di manutenzione straordinaria della casa coniugale; confermava nel resto.
Osservava in motivazione la Corte di merito che la statuizione in ordine all'ammontare dell'assegno
a carico del marito, commerciante nel settore tessile, non poteva fondarsi sulle dichiarazioni dei redditi dal
medesimo prodotte, che apparivano del tutto inconciliabili non solo con l'opulento tenore di vita del predetto
e della famiglia durante la convivenza, ma con le stesse conclusioni del G., che si era dichiarato disponibile
a versare alla moglie somme di importo quasi pari a quello dei redditi dichiarati. Aggiungeva che sulla base delle
risultanze istruttorie doveva considerarsi accertato che la famiglia aveva goduto di un tenore di vita assai elevato,
vivendo in una prestigiosa abitazione in un ampio parco, godendo di lunghe e frequenti vacanze, affrontando spese
voluttuarie ingenti che se pure negli ultimi anni, e soprattutto dopo la separazione, si era verificata una qualche
contrazione nei redditi del G., ciò non aveva tuttavia determinato un rilevante abbassamento del suo tenore
di vita, e dunque una diminuzione delle sue capacità economiche tale da giustificare una riduzione dell'assegno.
Osservava al contrario che la determinazione dell'assegno operata dal primo giudice doveva essere modificata in
aumento, essendo emerso che dalla partecipazione ad una società immobiliare la C. traeva redditi saltuari
ed assolutamente modesti, dell'ordine di alcune centinaia di migliaia di lire al mese. Riteneva pertanto che l'ammontare
complessivo dell'assegno andasse fissato globalmente nella misura di L. 5.500.000 mensili e che occorresse procedere
alla sua ripartizione tra la moglie ed il figlio con l'attribuzione alla prima della somma di L. 3.500.000 mensili,
in considerazione degli oneri gravanti sulla medesima, ed al figlio della somma residua. Aggiungeva che se pure
da tale quantificazione poteva derivare un certo ridimensionamento del tenore di vita precedentemente goduto, tale
risultato, peraltro proprio della quasi generalità delle separazioni, era in larga misura imputabile alla
volontà della stessa C. di continuare ad abitare nell'enorme e costosa villa familiare.
Avverso tale sentenza la C. ha proposto ricorso per cassazione deducendo due motivi. Il G. ha
resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale fondato su due motivi illustrati con memoria, cui
ha a sua volta resistito con controricorso la C..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale,
ai sensi dell'art.335 c.p.c., in
quanto concernenti la medesima sentenza.
Deve essere preliminarmente esaminata l'eccezione del controricorrente di nullità della
procura apposta a margine del ricorso, sul duplice rilievo che il suo tenore fa chiaro riferimento al giudizio
di merito e che la mancanza di data rende impossibile stabilire con certezza se essa sia stata rilasciata dopo
il deposito della sentenza impugnata.
L'eccezione è infondata.
In relazione al primo rilievo va ricordato che costituisce orientamento assolutamente prevalente
di questa Suprema Corte, dopo le note sentenze a Sezioni Unite n. 2646 e n. 2642 del 1998 - che deve essere in
questa sede riaffermato che la procura speciale rilasciata in calce o a margine del ricorso - ed a seguito della
legge n. 141 del 1997 anche la procura rilasciata su foglio separato, ma congiunto materialmente all’atto
cui si riferisce, stante la piena equiparazione operata dalla norma dell'ipotesi considerata a quella della procura
apposta in calce - pur se priva di specifici riferimenti al giudizio di legittimità, ove non contenga espressioni
che univocamente inducano a ritenere che la parte abbia inteso riferirsi ad altro giudizio deve considerarsi provvista
del necessario requisito di specificità, assicurato dall'inscindibile collegamento tra la procura stessa
ed il ricorso (v. per tutte, più di recente, Cass. 1999 n. 5945; 1999 n. 5519; 1999 n. 463; 1999 n. 288;
1998 n. 10033; 1998 n. 3981; 1998 n. 3425; 1998 n. 3422; 1998 n. 2676 ).
In relazione alla mancata indicazione della data, è da osservare che la circostanza. essenziale
ai fini dell'ammissibilità del ricorso, che la procura sia stata rilasciata anteriormente alla notifica
del ricorso stesso ed in epoca successiva alla pronuncia della sentenza oggetto di impugnazione può ritenersi
comprovata quanto al primo requisito, dal richiamo di detta procura nell'intestazione del ricorso e dalla trascrizione
di essa nella copia notificata, e, con riguardo al secondo dato temporale, dalla menzione della sentenza gravata
contenuta nell'atto a margine del quale la procura è apposta (v. per tutte, più di recente, Cass.
1999 n. 4038; 1999 n. 1430; 1999 n. 462, 1998 n. 7995; 1998 n. 4357). La presenza di tutti i richiamati elementi
nella fattispecie in esame esclude la configurabilità del vizio prospettato.
Con il primo motivo di ricorso, denunciando contraddittorietà di motivazione su un punto
decisivo, si deduce che la Corte di Appello, dopo aver accertato la fiorente situazione economica del G., rilevando
l’esistenza di suoi interessi anche nel settore dell'edilizia, a fronte della modestissima condizione della C.,
ha illogicamente e contraddittoriamente aumentato in misura del tutto esigua l’importo dell'assegno determinato
dal primo giudice, così da vanificare sostanzialmente l'accoglimento delle censure dalla medesima formulate.
Con il secondo motivo, denunciando violazione o falsa applicazione di norme di diritto, si sostiene
che la Corte di Appello ha dichiaratamente violato il principio secondo il quale il coniuge più debole ha
diritto alla conservazione di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, affermando l'inevitabilità
di un certo ridimensionamento del tenore di vita precedente, pur in mancanza di oggettive difficoltà del
marito a garantire alla moglie ed al figlio la continuazione di detto standard.
Con i due motivi del ricorso incidentale, denunciando rispettivamente insufficienza e contraddittorietà
della motivazione su punto decisivo e violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 comma 1 e 2729 comma 1 c.c., si deduce che la Corte di
Appello ha ritenuto accertata la titolarità da parte del G.di redditi elevati pur in mancanza di qualsiasi
elemento di prova ed ha fondato il proprio convincimento al riguardo su circostanze erroneamente considerate come
incontestate in giudizio. Si aggiunge che la C. non ha adempiuto all'onere di provare l’inadeguatezza dei propri
mezzi a conservare il tenore di vita goduto durante il matrimonio, essendo anzi emerso nel corso del giudizio di
merito che la medesima è titolare di redditi da capitale, immotivatamente ritenuti ininfluenti dalla Corte
di Appello. Si deduce infine che la stessa Corte non ha tenuto conto dell'utilità che la C. trae dall'assegnazione
della casa coniugale, dell'imposizione delle spese per il mantenimento del figlio quasi in via esclusiva a carico
del padre, nonché del valore della partecipazione della predetta alla s.r.l. Villa Lalla come cespite patrimoniale,
e non solo come fonte di reddito da capitale.
Tutti i motivi così sintetizzati del ricorso principale e di quello incidentale vanno
trattati congiuntamente, in quanto riguardanti sotto opposte prospettive la medesima statuizione relativa ai rapporti
patrimoniali tra le parti.
Essi sono infondati.
Come è noto, condizioni per l’attribuzione dell'assegno di mantenimento al coniuge cui
non sia addebitabile la separazione sono la non titolarità di adeguati redditi propri, ossia di redditi
che consentano al richiedente di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio,
e la sussistenza di una disparità economica tra le parti (v. per tutte Cass. 1998 n. 3490; 1997 n. 7630;
1997 n. 5762; 1996 n. 5916; 1995 n. 4720; 1995 n. 2223; 1990 n. 11523;1990 n. 6774).
Si è al riguardo precisato da questa Suprema Corte che il parametro di riferimento ai
fini della valutazione di adeguatezza dei redditi, del soggetto che invoca l’assegno, è dato dalle potenzialità
economiche complessive dei coniugi durante il matrimonio, quale elemento condizionante la qualità delle
esigenze e l'entità delle aspettative del medesimo richiedente (v. per tutte sul punto Cass. 1998 n. 3490,
cit.; 1996 n. 10463; 1995 n. 4720, cit.; 1994 n. 7437 )
E tuttavia il mantenimento del tenore di vita precedente non può essere assunto come risultato
indefettibile della separazione, imponendo l'art. 156 comma 2 c.c. che la determinazione del quantum sia effettuata
"in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato ", ossia con riguardo a tutti gli elementi
di ordine economico suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti, quali l'assegnazione al coniuge beneficiario
della casa coniugale o la diversa entità delle spese gravanti a seguito della separazione sul coniuge onerato
(v. in particolare sul punto Cass.1997 n.7630).
E' altresì noto che la valutazione delle condizioni economiche delle parti ai fini dell'attribuzione
dell'assegno non comporta la necessità di determinare l’esatto importo dei redditi posseduti, attraverso
l'acquisizione di dati numerici, essendo sufficiente un'attendibile ricostruzione delle complessive situazioni
patrimoniali e reddituali dei coniugi nel rapporto delle quali risulti consentita l'erogazione a quello più
debole di una somma corrispondente alle sue esigenze (così Cass 1999 n. 4679; 1994 n. 6612; 1990 n. 11523
).
A tali principi si è pienamente attenuta la sentenza impugnata, la quale - investita soltanto
della questione relativa all’ammontare dell'assegno (onde il profilo di censura formulato dal G. in ordine alla
mancata prova da parte della C. della non titolarità di adeguati redditi propri, in quanto inerente alla
spettanza dell'assegno, si profila chiaramente inammissibile) - ha analiticamente esaminato e valutato il tenore
di vita dei coniugi durante il rapporto matrimoniale, desumendolo da una serie di circostanze considerate univocamente
indicative di una condizione di estremo benessere ha proceduto quindi, anche sulla base di elementi di valutazione
prospettati dalla C. e non specificamente contestati dal G., all'apprezzamento delle disponibilità economiche
attuali del predetto, ritenendo - con motivazione non censurabile in questa sede - che la crisi in atto nei settori
nei quali il medesimo svolge la propria attività non avesse comportato una significativa contrazione dei
suoi redditi; ha conclusivamente ritenuto che le entrate complessive dell'intimato consentissero l'erogazione dell'assegno
di separazione e del contributo per il mantenimento del figlio nella misura suindicata, oltre il carico delle spese
di manutenzione straordinaria della casa coniugale e di quelle concernenti la frequenza scolastica del ragazzo
e le attività collegate alla scuola, nonché di quelle dentistiche e mediche straordinarie al medesimo
relative; ha infine rilevato che il possibile ridimensionamento del precedente elevatissimo standard di vita era
essenzialmente da imputare alla scelta della C. di continuare a vivere nella grande e lussuosa casa coniugale.
In tale complesso argomentativo non si ravvisano carenze o contraddittorietà motivazionali,
mentre ogni ulteriore doglianza delle parti diretta a sollecitare un diverso apprezzamento degli elementi esaminati
e valutati dal giudice di merito o a proporre la valutazione di altri elementi non considerati non può trovare
ingresso in questa sede di legittimità.
Parimenti inammissibile è il profilo di censura svolto nel primo motivo del ricorso principale,
nella parte in cui appare diretto a censurare l'esiguità dell'aumento dell'assegno statuito dal giudice
di appello in riforma di quello del Tribunale, ormai caducato dalla pronuncia del giudice del gravame, senza estrinsecarsi
in una critica autonoma alle argomentazioni che hanno indotto a tale diversa quantificazione.
I due ricorsi devono essere pertanto rigettati.
L'esito della lite giustifica la compensazione tra le parti delle spese di questo giudizio di
cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
Riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della prima sezione civile il 29 novembre
1999. Depositato in cancelleria il 29 marzo 2000