Libertà religiosa: l'Aiuto alla Chiesa che Soffre denuncia la
persecuzione dei cristiani nel mondo, l'"Inquisizione laicista" in
Francia - una lunga intervista a "La Stampa"
"La mattanza dei cristiani"
di
Marco Tosatti ("La Stampa", 15 marzo 2001)
CENTOSESSANTAMILA
morti nel 1999, molti di più nel 2000. E’ un allarme mondiale: la persecuzione
nei confronti dei cristiani sta crescendo, praticamente in ogni area del
pianeta, anche in regioni dove fino a qualche anno fa l’equilibrio religioso e
etnico (vedi l’Indonesia) sembrava un dato acquisito. L’allarme viene da più
parti:
Nazioni Unite,
Organizzazioni dei diritti umani,
la Commissione Giustizia e Pace,
la Federazione protestante di Francia, Cristiani contro la Tortura,
Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS),
-
tutte in queste settimane presentano denunce, chiedono interventi, o
attenzione, da parte dei media distratti. A maggio la sede centrale di ACS,
un’organizzazione cattolica che gestisce aiuti per 70 milioni di dollari annui
(circa 150 miliardi di lire) in 150 paesi, pubblicherà il suo Rapporto 2000
sulla libertà religiosa nel mondo .
Già ora però la «filiale» olandese dell’ACS
ha reso noti i dati relativi ai cristiani (non solo i cattolici, ma i cristiani
di tutte le confessioni), e ha stilato una mappa dei vari livelli di pressione,
in tre gradini dell’intolleranza:
-discriminazione,
-discriminazione con accenni di
persecuzione,
-persecuzione.
Il rapporto cita la proiezione di un
professore di statistica statunitense, David B. Barrett, di Richmond, secondo
il quale i martiri cristiani per la fede sarebbero saliti nel 2000 a 165 mila.
«Specialmente
in India, Sudan, Indonesia, Timor Est e Egitto ci sono molte vittime - afferma
Gyula Orban di ACS Olanda -.
Approssimativamente il 10 per cento dei due
miliardi di cristiani nel mondo sono perseguitati. Questo significa che circa
200 milioni di cristiani soffrono a causa della loro religione». Non sono i
soli, naturalmente.
Gli spazi di libertà religiosa si sono
ristretti in maniera sensibile in molti paesi, e persino in Francia un progetto
di legge, teoricamente contro le sette, è fermo in Parlamento dopo le proteste
della Chiesa cattolica, della Comunità Israelitica e dell’Unione Evangelica.
«Vengono introdotti criteri sanzionatori
nei confronti delle idee, in mano al Ministero dell’Interno - ci spiega Attilio
Tamburrini, direttore generale dell’Aiuto alla Chiesa che soffre.
- Si è tanto detto contro l’Inquisizione, e ora la facciamo in
chiave laicista»? L’obiettivo è quello di creare un Osservatorio permanente
dello stato della libertà religiosa nel mondo.
Generale, si badi bene, non limitato solo
ai cristiani.
«Il
Papa ha ripetuto più volte che il diritto alla libertà religiosa non è qualcosa
che riguardi questa confessione o quell’altra; è un diritto naturale che
riguarda tutti gli uomini in quanto tali.
E recentemente l’ha ribadito anche
all’ambasciatore iraniano. Quindi noi diciamo: andiam o a vedere la situazione
della libertà religiosa in quanto diritto naturale. E non è un problema di interesse
astratto: se uno Stato ha il diritto di intervenire sul modo di pensare di
chiunque, e se io gli riconosco questo diritto, allora domani può intervenire
anche su di me».
Con Tamburrini compiamo una rapida ricognizione della situazione
nella aree di peggioramento.
C’è stato un irrigidimento non previsto, a
Cuba; «Forse dipende dall’età di Fidel, man mano che si avvicina il trapasso,
la paura del cambiamento provoca dei blocchi».
L’Africa è un dramma, ma il problema non è tanto e non solo la
persecuzione organizzata, quanto l’instabilità generale. «In particolare
nell’Africa nera, abbiamo un mondo al suicidio».
Un continuo scontro tribale,
finanziato da chi ha interessi in loco, «dove l’attività del missionario, ma
anche del missionario laico di Medecins sans frontières è a rischio ogni
giorno.
Spesso il missionario è visto male
dai due contendenti, è visto come un possibile testimone dall’uno e
dall’altro».
In Sudan la situazione si complica perché
alcuni gruppi armati hanno perso connotazione politica, si sono trasformati in
bande, e non rispondono più a nessuno: «Allora non c’è più solo la ribellione
contro il Nord, contro l’islamizzazione forzata».
Le Molucche e l’Indonesia sono una ferita
aperta. Incancrenita dagli odi tribali: «Ci sono tribù cristiane e tribù di
altre religione.
Di fatto, siamo al massacro; noi non siamo la Congregazione per le
Cause dei Santi che deve accertare il martirio "in odium fidei",
registriamo che i cristiani soffrono».
L’Islam è un problema anche dal punto di
vista della denuncia: «C’è il grave handicap che i paesi considerati più
filo-occidentali, come l’Arabia Saudita, sono i più duri dal punto di vista
religioso.
E’ facile impostare una campagna quando
coincide con gli interessi occidentali. Se c’è da attaccare l’Iraq, non si
hanno problemi.
Ma per esempio con la Cina è più difficile».
In tutti i paesi islamici le conversioni o sono proibite
esplicitamente, o di fatto rese quasi impossibili dalla pressione sociale.
Problemi anche in Vietnam, ma ovunque si profila una fuga, almeno parziale.
«Questi regimi hanno un grosso problema di
controllo con Internet.
Quando è stato imposto l’obbligo di
registrazione per chi si collega con la rete, solo a Saigon in un mese ci sono
state quarantamila domande.
Non c’è burocrazia che tenga: Internet
rompe un muro altrimenti invalicabile». Infine Tamburrini suggerisce una
«griglia» di valutazione per ogni cittadino dei paesi sotto esame:
«Ho diritto alla conversione, a manifestare pubblicamente la mia
fede, e ad avere relazioni internazionali con chi condivide la mia fede».
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