S. Lorenzo da Brindisi (1559-1619)
Ha salvato il cristianesimo e la democrazia nel mondo, infatti, se ad Albareale (alle porte di Vienna) il soverchiante esercito dei turchi, di oltre 600.000 soldati non fosse stato sconfitto da appena 300.000 soldati cristiani, oggi saremmo tutti musulmani.
Il personaggio storicamente più influente del suo tempo non si trova citato nei libri di storia pubblicati dai comunisti.
IMPRIMATUR - Bari, 17 aprile 1959 - Mons.
Michele Samarelli, Vie. Gen. - Da parte dell'Ordine nulla osta per la stampa -
Bari, 6 - I - 1959. Fr. Arcangelo da Barletta, Prov. Capp. V. 3281 - propRIETà RISERVATA - EDIZIONI PAOLINE -
BARI
PRESENTAZIONE
Quattrocento anni fa le Puglie generose
donavano alla Chiesa il genio, impetuoso e grande, di Lorenzo da Brindisi:
gloria di questa terra, fulgido onore dell'Ordine Cappuccino, esempio di
purissima vita, di fortezza e di sapienza cristiana.
Il velo del tempo ha forse tentato di attenuare il ricordo di tanta luce che pure resta, nel ciclo dell'eterno e nella storia della Chiesa, intensa e intramontabile per la sua vivida potenza: un tentativo che è stato vano, e lo dimostrano le celebrazioni che un po dovunque, in prossimità dell'anno centenario, hanno ricordato e glorificato S. Lorenzo da Brindisi; (a Taranto, per es.. Gli è stata dedicata una delle nuove parrocchie).
I suoi scritti sono
ancor oggi testimonianza della sua profonda e vasta dottrina che, unita al dono
d'una prodigiosa memoria, che lo rese gigante.
Ricco di tutte le risorse
della Teologia positiva, con la sua parola fu strenuo difensore della Fede e
questa riaccese e rinvigorì in tanti animi smarriti o dubbiosi; fu efficace e
battagliero predicatore contro gli errori del protestantesimo ponendo argine al
pensiero e alle conquiste di Lutero; fu innamorato, candido e mirabile cantore
delle glorie di Maria; fu straordinario e poderoso nella conoscenza e nell'uso
della Sacra Scrittura.
Cappellano
dell'armata imperiale d'Ungheria, grande nella sua fede possente, umile nella
sua santità francescana, guidò eserciti a difesa del Cristianesimo e li
condusse alla vittoria nel nome di Cristo, rinnovando il miracolo di Lepanto.
L'esempio
della sapienza, del coraggio e della santità di Lorenzo da Brindisi risuonino
richiamo alla nostra fede e alla nostra vita: ecco il motivo per cui
sinceramente plaudo alla fatica e all'opera dell'illustre cappuccino Padre
Agostino da Triggiano (1),
che ne pubblica la biografia, redatta con
tanto calore e tanta profondità di critica e di studio.
E al piacere di
presentare questo volume mi è gradito unire, per doverosa e affettuosa
riconoscenza, l'ammirazione per l'opera provvidenziale, così ricca di senso
apostolico, che i Padri Cappuccini di Puglia, oggi come sempre, vanno svolgendo
in questa nostra terra per il trionfo di Gesù, incentivo unico e supremo del
cuore e dell'azione di San Lorenzo da Brindisi.
Taranto, 6 gennaio 1959. +
GUGLIELMO MOTOLESE
Vescovo Titolare di Eutime
Amministratore Apostolico
di Taranto (Oggi: Arcivescovo di Taranto)
(1) E' il nome di
religione dell'Autore di queste pagine.
22 luglio 1559.
Giulio Cesare Russo
(Lorenzo) nacque a Brindisi, nelle Puglie, il 22 luglio 1559, da Guglielmo
Russo ed Elisabetta Masella.
1561 –1565
Allorché intraprese gli studi nelle scuole esterne dei Francescani
Conventuali di San Paolo Eremita in Brindisi, era già orfano del padre,
scomparso dopo il 1561 e prima del 1565.
L’obiettivo del
piccolo Giulio Cesare è la santità, sono incredibili le sofferenze e le
penitenze a cui si sottopone volontariamente e segretamente per rendere maturo
il suo uomo interiore.
22 luglio 1559
In
questo periodo tradizioni variamente riportate collocano le prime sortite
pubbliche del futuro santo; il riferimento è all'uso dei Conventuali di far
predicare i fanciulli in determinate solennità.
1565 – 1567
Tra il 1565 e il 1567 prese l'abito dei
conventuali e passò dalla scuola esterna a quella per oblati e candidati alla
vita religiosa.
Studiò nelle scuole esterne dei
Francescani Conventuali di San Paolo Eremita in Brindisi.
L'usanza dei Conventuali di far predicare i fanciulli
in alcune solennità fa iniziare la sua predicazione pubblica.
La morte della madre oltre che a lasciarlo solo,
crea a Giulio notevoli difficoltà economiche, senza per questo ricevere l'aiuto
dei parenti, neppure di quel Giorgio Mezosa, che è suo insegnante presso i
Conventuali.
Il futuro santo, orfano ora anche di madre, è in notevoli
difficoltà economiche.
I parenti, fra questi Giorgio Mezosa suo insegnante presso i
Conventuali, non pare se ne prendessero.
1573
“…
e forse” per questo che Giulio Cesare, quattordicenne, si trasferisce in
Venezia presso uno zio sacerdote che dirigeva una scuola privata e aveva cura
dei chierici di San Marco.
Fenomeni soprannaturali sono presenti da subito nella vita dell’ardente
giovinetto, ardente ed ambizioso del solo amore di Dio!
Ma il suo educatore-insegnante deruba il ragazzo delle offerte che
i fedeli han date durante una sua omelia, infatti, il santo chiede la carità
per potersi provvedere di un nuovo abito perché quello che indossa è diventato
indecentemente corto e striminzito.
Rimasto
con il suo assai umiliante e ridicolo abito, assistiamo ad un fenomeno
miracoloso, questo abito incomincerà a crescergli letteralmente addosso come
una pelle e si dilaterà in tutte le direzioni, crescendo di 20 centimetri in
altezza.
Non
si trova bene a Brindisi perché non trova luminosi esempi di santità.
Il
ragazzo quattordicenne si trasferisce allora a Venezia presso uno zio
sacerdote, direttore di una scuola privata e curatore dei chierici di San
Marco, potendo così proseguire gli studi e maturare la vocazione nell'ordine
dei Cappuccini Minori.
Questa scelta, infatti, gli consente di proseguire i suoi studi e
consolidare la vocazione all'ordine dei Minori Cappuccini.
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Nel tentativo di maturare la vocazione dei cappuccini, orfano dei
genitori a 14 anni, è accolto a Venezia da uno zio sacerdote canonico di S.
Marco e da sua Zia che con tre figliole gli offre finalmente il calore di una
famiglia.
Ma in questo periodo moltiplica i digiuni assoluti a quelli
parziali, dorme sul pavimento, si flagella a sangue e ha frequenti rapimenti
estatici.
E’ leader nella sua comitiva ed è molto allegro, lo definiremmo
“simpatico”, perché i ragazzi amano stare in sua compagnia.
I
compagni sono affascinati dalla sua persona, dal suo temperamento affettuoso,
socievole e autorevole.
Il desiderio di essere cappuccino era giustificato dal fatto che
era l’ordine più severo e le molte richieste di adesione erano respinte con
carità, ma tra i pochi che erano accettati, ancor meno erano quelli che
superavano la selezione.
Quasi unicamente, ad assistere gli appestati erano i cappuccini,
che non avevano nessun timore di perdere la vita.
Così
tutti gli incarichi rischiosi e pericolosi vedevano protagonisti i cappuccini
che sfidavano la prepotenza dei signorotti e dei principi per difendere i poveri
o che si recavano alla ricerca del martirio nel tentativo di evangelizzare
musulmani ed evangelici.
L’unica
violenza che essi compivano era quella contro se stessi, arrivavano ovunque
seguendo la parola del Signore:
“Vi
mando come agnelli in mezzo ai lupi”.
Ma vediamo quale era la formazione che doveva ricevere un frate
cappuccino: Manzoni non esagera quando nel P. Cristoforo presenta il ritratto
del Cappuccino: uomo di preghiera e di azione, di penitenza e di lotta.
La spiritualità cappuccina era (non si può
fare un paragone con i cappuccini attuali) l’ordine di S. Francesco andrebbe
riformato ancora? Certo quella vita cappuccina era come il frutto del fico
d'India: è spinosa di fuori, ma dolce e polposa di dentro.
Fatta di austerità e dolcezza.
Su questo binario corre l'opera educativa cui il
Maestro dei novizi attende con estremo impegno.
Sarà per i giovani rampolli dell'Ordine il padre
dalla mano ferma e
sicura, ma ad un tempo — e forse più — la madre dal
cuore soave, che conosce quanto può la forza dell'amore particolarmente
nell'età in cui la vita chiede più amore.
La giornata del noviziato, vista di fuori, è
uniforme e grigia come un'autostrada deserta. Dal mattutino notturno alle
ultime preci della sera, essa è tutto un interminabile rosario di preghiere, di
penitenze, di lavoro, d'umiliazione, croci e contraddizioni a buon mercato. Uno
sguardo innocente è punito con la classica... benda; una parola fuori posto o
tempo, con lunghe giornate di silenzio; un mancato intervento all'orazione
della notte, col terribile supplizio del « pane ed acqua» preso a mensa in
ginocchio. E per ogni distrazione o trascorso — volontari o meno - le «
discipline » fioccano e le cantate del P. Maestro non si fanno attendere.
Al reo — vero o falso — è concessa l’unica difesa
del doveroso ringraziamento con l'inalterabile giaculatoria : « Sia per amor di
Dio la sua santa carità! ». Proprio come s'insegna nel Vangelo :« A chi ti
schiaffeggia sull'una, porgi sorridendo anche l'altra guancia ».
Eppure, a dispetto di tutto questo Calvario.
L'anno di noviziato è quello che più si rimpiange nella vita religiosa. Come un tesoro non sufficientemente apprezzato quando si possedeva.
Giacché, se l'uomo vecchio è in quell'anno martoriato, l'uomo nuovo impara le poche verità veramente essenziali alla vita, e vi gusta le dolcezze della pace profonda del cuore.
Un noviziato perfetto, anche nella sembianza esteriore — smagrita ma perfusa di luce spirituale — è un angelo di passaggio sulla terra bruciata dal peccato.
Il Beato Crispino da Viterbo, fu attratto all'Ordine Cappuccino dalla visione di siffatti angeli, nel loro andare umile e assente per le vie della sua città natale.
Fra
Lorenzo da Brindisi, nel suo anno di noviziato, ebbe a Maestro un santo: P.
Rufino da Sant'Orso.
Già
eremita di San Girolamo, Padre Rufino, verso i trent'anni, era entrato
nell'Ordine dei Cappuccini per raffermarvi il suo spirito già tanto avanti
nell'esercizio delle virtù fondamentali : amore di Dio e del prossimo, e
crocifissione completa al mondo, al demonio e alla carne.
Primo
in Coro ad ogni ora di orazione notturna e diurna — era l'ultimo ad uscirne,
dopo ore di contemplazione estatica.
Impiegava
un'ora a prepararsi alla Messa, e due ore per la celebrazione di essa.
Il
ringraziamento aveva un tempo illimitato. Vestiva un abito tutto toppe sulla
carne nuda.
Nella
formazione dei giovani non lesinava penitenze; ma aveva ad un tempo un tratto
così dolce, che rubava senza volere il cuore dei novizi.
Dalla
sua scuola di perfezione uscirono degli autentici eroi.
Primo, fra Lorenzo da
Brindisi. Nonostante la malandata salute, fra Lorenzo portava il peso della
«regolare osservanza» e della disciplina del noviziato, come se fosse un
fardello di piume.
Un
documento dice di lui: « Era più devoto, più modesto ed osservante degli altri
novizi; e era cosi puro e semplice, che pareva un angelo » (1).
E stava così assorto in pensieri di cielo, che
neppure nel breve tempo della ricreazione apriva la bocca o faceva alla
ginnastica.
Se proprio occorreva parlare, si limitava a ripetere
alla lettera qualche brano del libro devoto che s'era letto alla mensa durante
i pasti. Solo una volta parve eccepire a questa invariabile regola.
Per la Pasqua, alcuni benefattori avevano mandato ai
frati un agnello vivo. Fra Lorenzo prese a carezzarlo e a divertirsi con esso.
« Forse — nota un antico biografo — egli vedeva in quell'innocente creatura
"l'immacolato Agnello Gesù Christo (2)"».
Fu in quest'anno di grazia che fra Lorenzo diede un
saggio della sua sorprendente memoria. Dopo d'aver ascoltato una predica
lunghissima la riscrisse nei minimi dettagli.
(1) Cit. dal da
Carmignano, ib., I, p. 141, n. 44.
(2) Cit. da id.,
ib., p. 140, n. 43.
Per un solo
voto, a motivo della sua salute non solida di quel periodo, otterrà l’ingresso
nell’ordine cappuccino, colui che doveva salvare le sorti del mondo.
Il
soprannaturale ormai è diventato invadente nella vita di questo ragazzo… che
non mi dilungo nel descriverli.
Nel
1574
Di
una tal fatta di uomini chiedeva di far parte don Gilio Cesare, nel luglio del
1574 ai 15 anni compiuti.
Studia a Verona e a Padova, poi ancora a Venezia. Si sprofonda in
studi che compiere con avidità per meglio comprendere ed esprimere i misteri di
Dio.
Si formerà un tale bagaglio culturale da renderlo uno degli uomini
più colti della sua epoca.
E’ in grado di leggere e tradurre senza vocabolario, il greco, il
latino e l’ebraico (cosa che gli sarà utile quando disputerà con uno dei
massimi rappresentanti culturali dei protestanti).
Il
18 febbraio 1575
Il 18 febbraio 1575 gli è concesso l'abito francescano a Verona,
che indosserà.
Il
19 febbraio 1575
Il 19 febbraio 1575, gli è imposto dal vicario provinciale, padre
Lorenzo da Bergamo, il suo stesso nome: da quel momento sarà padre Lorenzo da
Brindisi.
18
dicembre 1582
Mandato a Padova a seguire i corsi di logica e filosofia e a
Venezia quello di teologia, il 18 dicembre 1582 diviene sacerdote.
nel 1586
nel
1586 è maestro dei novizi, e poi avrà sempre cariche nell'Ordine, fino a quella
di Generale.
Lui è uomo da libri,
conoscitore eccezionale della Bibbia (che può citare a memoria anche in
ebraico), e diviene famoso come predicatore, appunto per la vasta cultura,
aiutata poi dalla bella voce e dalla figura imponente.
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1589
La sua ascesa nell'ordine è rapida; nel 1589 è vicario generale di
Toscana;
1594
nel 1594 provinciale di Venezia;
1596
nel 1596 secondo Definitore Generale;
1598
nel 1598 vicario provinciale di Svizzera;
1599
Sempre nel 1599 è posto a guida dei missionari che i cappuccini,
su invito del Pontefice, inviano in Germania.
E’ ancora Definitore Generale: - le molteplici capacità di
servizio lo portano nel 1599 ad essere rieletto definitore generale e
incaricato di fondare l'Ordine in Boemia.
1600
Nel corso del 1600 fondò due conventi, a Vienna e Graz .
Predicò in tutta l'Europa centrale e fu nominato cappellano
dell'esercito dell'arciduca Mattia, che combatteva contro i turchi; con le sue
preghiere e con i suoi avveduti consigli militari contribuì alla vittoria dei
cristiani.
1601 – battaglia di Albareale
Qui, a divulgare e ad accrescere la sua fama di santità contribuì
un episodio avvenuto nell'ottobre del 1601; il brindisino volle essere uno dei
quattro cappellani necessari per assistere spiritualmente le truppe cattoliche
nella campagna in atto contro i turchi ed il 9 ottobre giunse ad Albareale,
l'attuale Székeshefer vár in Ungheria, ove era accampato l'esercito imperiale.
Fu quindi destinato all'accampamento imperiale di Albareale in
Ungheria, dove giunse il 9 ottobre e dove si distinse per l'aiuto e per la
fermezza durante l'attacco turco.
Padre
Lorenzo, quando il nemico sferrò l'attacco, fu d'esempio sia con la parola che
con l’esempio.
Tutti
pensavano ad una resa vista la sovrastante imponenza dell’esercito avversario,
che Maometto II aveva radunato dopo aver fatto uccidere i suoi 21 fratelli per
eliminare tutti i possibili contendenti al trono.
I turchi lo ritennero un negromante e un mago, puntando su di lui
inutilmente tutte le loro armi.
I cristiani già da tempo lo riconoscevano come un santo.
La carneficina dei turchi non avvenne per un errore di strategia
militare, ma per un evento soprannaturale: i proiettili di cannone e di
archibugio venivano arrestati da un muro invisibile.
Ben sei cavalli furono colpiti a morte mentre S.Lorenzo li
cavalcava in prima linea armato del suo crocifisso.
I turchi furono subito presi dal panico e cercarono in tutti i
modi di uccidere il Padre Lorenzo che primo tra i soldati si lanciava nei
nemici.
S. Lorenzo da Brindisi, fu determinante alla vittoria di Albareale
nell'ottobre del 1601, che a tutti sembrò una impresa impossibile e disperata.
La
santità di padre Lorenzo era già universalmente riconosciuta già prima del
1601, ma dopo la battaglia di Albareale (poi Szekesfehervar, in Ungheria)
contro i Turchi, molti soldati imperiali (cattolici ed evangelici) riconobbero
l’intervento soprannaturale nella sua persona, vedendolo passare disarmato tra
i nemici e illeso tra frecce, pallottole e scimitarre, per incoraggiare le
truppe, guidò i suoi uomini alla vittoria, più di un condottiero.
Questo frate, Lorenzo da Brindisi, è
principalmente uno studioso, ma le vicende del tempo fanno della sua vita
un'avventura continua.
Lo mandano sulle prime linee più difficili: in Boemia, per
esempio, dove in gran parte la popolazione si è staccata dalla Chiesa
cattolica.
Accolto ostilmente, picchiato e creduto morto in più occasioni, si
dedica a un'intensa predicazione, sostiene controversie, guida l'opera dei
Cappuccini.
L'evidente coerenza tra le sue parole e la sua vita lo fa
rispettare anche da autorevoli avversari.
Un principe tedesco protestante giura di ucciderlo perché lui ha
confuso e costretto alla fuga un famoso teologo protestante sulla presenza
reale della Eucaristia.
Ma il padre Lorenzo, pronto a morire bussa alla porta del castello
di questo principe nel ruolo di povero fratello questuante, chiede la carità
per amore di Dio e come un agnello si mette nelle mani del suo carnefice, che
di fronte a tale santità scoppia in lacrime.
Per motivi dinastici e per motivi di religione sono molte le
occasioni per costruire conflitti fratricidi, ma S. Lorenzo è mediatore di
situazioni disperate che riesce a scongiurare.
Ci troviamo
forse di fronte al personaggio storicamente più importante della sua epoca. Ma
dove è citato nei libri di storia che hanno subito la deformazione ideologica
dei comunisti?
Quando celebra la messa, poi, lo si vede davvero
"rivivere" il sacrificio della Croce rinnovato sull'altare si può
respingere la sua fede, ma non si resta indifferenti di fronte al suo modo
appassionato di sentirla e di manifestarla.
I papi e vari principi europei gli affidano continue missioni
diplomatiche che lui risolve percorrendo l’Europa più volte a piedi.
Per tre anni frate Lorenzo rappresenta la Santa Sede in Baviera.
E i napoletani che non ne possono più del duca di Ossuna (vicere
spagnolo), vogliono lui come loro ambasciatore presso Filippo III di Spagna.
Appunto
nel corso di questa missione lo coglie la morte per avvelenamento e immediata
si divulga la voce della sua santità.
24
maggio 1602
Il 24 maggio 1602, quasi
all'unanimità, padre Lorenzo viene eletto vicario generale dell'ordine; e
visita tutte le province europee, a piedi. con l'alta carica gli è affidato il
compito di visitare tutte le province oltre le Alpi.
1604
Nel
triennio del generalato, il 1604, può tornare a Brindisi ove decide la
costruzione di una chiesa sotto il titolo di Santa Maria degli Angeli con
annesso monastero per le claustrali.
Finanziatori dell'opera, che doveva svilupparsi sul luogo stesso
in cui era la casa natale del santo, saranno il duca di Baviera, la principessa
di Caserta e altre personalità che il cappuccino aveva avuto modo d'incontrare
durante le sue missioni in Europa.
Più
volte, dopo il 1604, pensa di tornare a Brindisi ma non vi riesce per gli
incarichi di somma responsabilità che sia l’imperatore che il papa gli
affidano.
1606
Infatti,
Paolo V al principio del gli ordina di
ritornare in Boemia.
Tra
il 1607 e 1609
Tra il 1607 e 1609 compone l'opera
apologetica Lutheranismi hypotyposis.
Nel
1613
Nel 1613, definitore generale, visita la
provincia di Genova e viene eletto ministro provinciale.
1616
a Piacenza
Frate Lorenzo Russo è a Piacenza malato
grave, ma ancora vivo.
Anzi, guarirà. Ma intanto il duca Ranuccio I di Parma, si fa già
promettere dai Cappuccini la consegna della salma, da tenere come reliquia.
Dal
1614 al 1619
Dal
1614 al 1619 intraprende molte missioni diplomatiche.
nel
1618
Quando,
finalmente, nel 1618 è ormai diretto in Puglia, è costretto a mutare itinerario
e fermarsi a Napoli.
Qui è convinto dal patriziato napoletano a
recarsi in Spagna per esporre al re Filippo III le malversazioni del vicere don
Pietro Giron duca di Ossuta che lo farà avvelenare. Era stato messo in guardia
da Signore di altre occasioni di avvelenamento, ma quello era evidente era l’appuntamento
che il Signore cercava con il suo servo fedele.
Il
25 maggio 1619
Il 25 maggio 1619, evitati sicari e ostacoli d'ogni genere, padre
Lorenzo raggiunge il re, padre Lorenzo viene ricevuto alla corte di Filippo
III.
A Lisbona ricevuto il giorno seguente, a conferma delle sue parole,
soggiunse che era sicuro di ciò che riferiva quanto del fatto che presto
sarebbe morto, e che il re, se non avesse provveduto al bene dei propri
sudditi, sarebbe deceduto entro due anni, cosa che avvenne realmente.
Il 22 luglio del 1619
Il 22 luglio del 1619, probabilmente
avvelenato, il frate brindisino moriva.
Nel 1619 il frate
muore a Lisbona, in casa di don Pedro di Toledo (già governatore spagnolo di
Milano), e questi vuole il suo corpo per mandarlo ad un monastero della Galizia
fondato da sua figlia.
Il 22 luglio
1619 muore a Lisbona e il suo corpo viene trasportato a Villafranca del Bierzo
(Galizia) e tumulato nel monastero delle francescane scalze.
Il 31 marzo
1621, come profetizzato, si spegneva anche Filippo III, che aveva ignorato le
richieste napoletane e aveva favorito il vicere Ossuna.
Morì,
così, a Lisbona durante una delle sue missioni diplomatiche;
Nel
1959 è stato dichiarato dottore della Chiesa.
Nel
1783 Padre Lorenzo viene beatificato da papa Pio VI.
Nel
1959 viene proclamato dottore della chiesa, col titolo di "doctor
apostolicus", da papa Giovanni XXIII.
La
causa canonica, però, viene bloccata dai decreti di papa Urbano VIII
(1623-1644) che modificano i procedimenti per i santi.
Riprenderà
nel XVIII secolo, concludendosi con la canonizzazione ad opera di Leone XIII
nel 1881.
I
suoi scritti rimangono inediti fino all'edizione integrale negli anni 1925 -
1956, in seguito alla quale Giovanni XXIII proclamerà san Lorenzo da Brindisi
Dottore della Chiesa con la qualifica di "doctor apostolicus", il 19
marzo 1959.
Dai
"Discorsi" di san Lorenzo da Brindisi, sacerdote.
Predicazione
Per
sostenere la vita spirituale, che abbiamo in comune con gli angeli del cielo,
creati come noi ad immagine e somiglianza di Dio, é certamente necessario il
pane della grazia dello Spirito Santo e della carità di Dio.
Ma la grazia e la carità senza la fede non valgono nulla, perché
senza la fede é impossibile piacere a Dio.
Né la fede può svilupparsi senza la predicazione della parola di
Dio: "La fede dipende dalla predicazione, e la predicazione a sua volta si
attua per la parola di Cristo" (Rm 10, 17).
Pertanto la predicazione della parola di
Dio é necessaria alla vita spirituale, come la semina al sostentamento della
vita corporale.
Perciò Cristo dice: "Il seminatore
uscì a seminare la sua semente" (Lc 8, 5).
Il seminatore uscì come banditore della giustizia e proprio di
essa leggiamo che un tempo si fece banditore Dio, come quando nel deserto diede
a tutto il popolo, dal cielo, a viva voce la legge della giustizia.
Altre volte fu un angelo del Signore a rimproverare, nel luogo dei
piangenti, il popolo per la trasgressione della legge divina (cfr. Gdc 2, 4-5).
Per questo tutti i figli d'Israele, udite le parole dell'angelo,
pentiti di cuore piansero a dirotto con alte grida.
Anche Mosé predicò a tutto il popolo la
legge del Signore nelle steppe di Moab, come appare dal Deuteronomio.
Finalmente a predicare la parola di Dio venne Cristo, Dio e
uomo, che a tal fine inviò gli apostoli, come prima aveva inviato i profeti.
Perciò la predicazione é un compito
apostolico, angelico, cristiano, divino.
La parola di Dio é talmente ricca di ogni
bene che é come un tesoro di tutti i beni.
Da
essa sgorgano la fede, la speranza e la carità.
Da essa derivano tutte le virtù, tutti i
doni dello Spirito Santo, tutte le beatitudini evangeliche, tutte le opere
buone, tutti i meriti della vita, tutta la gloria del paradiso:
"Accogliete con docilità la parola che é stata seminata in voi e che può
salvare le vostre anime" (Gv 1, 21).
Infatti
la parola del Signore é luce per l'intelletto e fuoco per la volontà, perché
l'uomo possa conoscere e amare Dio.
Per l'uomo interiore, che per mezzo della
grazia vive dello Spirito di Dio, é pane ed acqua, ma pane più dolce del miele
e acqua migliore del vino e del latte. Per l'anima é un tesoro spirituale di
meriti, perciò viene chiamata oro e pietra assia preziosa.
E' invece un maglio contro un cuore
duramente ostinato nei vizi. E' una spada contro la carne, il mondo e il
demonio per distruggere ogni peccato.
Anime
mie care, conosciamo, vi prego, l'infinita carità di Cristo verso di noi
nell'istituzione di questo sacramento dell'Eucarestia.
Ci
vuole un cuore nuovo, un nuovo amore, un nuovo spirito, perché l'amore sia
spirituale.
Cristo non ci ha amati con cuore carnale, ma spirituale, per
pura grazia e carità, con amore gratuito, con amore supremo e ardentissimo.
Ah, bisogna riamarlo di tutto, tutto, tutto,
tutto, di vivo, vivo, vivo, di vivo, di vero, vero, vero, vero cuore!
(s.
Lorenzo da Brindisi)