Grazie!
Come
potremmo non essere riconoscenti alla dottoressa Pia Maria Vincenti Guzzi per
la sua dedizione, accompagnata da vero spirito di sacrificio, volta a non far
cadere nell'oblio la drammatica storia di Vanja Moiseev, una vicenda che ha
fatto il giro del mondo svegliando l'interesse per la Chiesa Perseguitata oltre
la Cortina di Ferro.
L'ateismo
soffocante e tiranno dei Paesi dell'Est per ben settant'anni ha ridotto allo stremo
la chiesa cristiana di ogni confessione, così come i seguaci di qualunque credo
religioso che sotto quel regime osassero praticare la propria fede.
In
quel clima di terrore, tra i tanti, innumerevoli credenti imprigionati e
torturati per la loro fede, venne alla luce la figura ingombrante del Pastore
Richard Wurmbrand, che dopo 14 anni di carcere e di torture in Romania, suo
Paese natale, fu 'venduto' con la moglie Sabina e il figlio Mihai a una
Missione Evangelica Norvegese, dietro un compenso di 2.500 sterline.
A Washington, nel maggio 1966, l'audace Richard Wurmbrand testimoniò di fronte alla Sottocommissione della Sicurezza Interna del Senato Americano e si svestì fino alla vita per mostrare ben diciotto profonde cicatrici che coprivano il suo corpo:
il
risultato delle torture subite.
La sua storia vissuta fece il giro del mondo;
con ampi spazi ad essa dedicati in tutti i mass-media, e lo stesso Wurmbrand
assunse la voce della Chiesa Perseguitata nei Paesi a regime comunista,
fondando la Missione per la Chiesa Perseguitata, un'organizzazione
rappresentata in più di cinquanta nazioni, che sostiene coloro che soffrono per
la propria fede.
Questo
avviene, naturalmente, in un'ottica davvero ecumenica, perché la sofferenza non
conosce distinzioni di credo.
Il
Pastore Richard Wurmbrand, veterano nella sofferenza e nella testimonianza per
Cristo, è sempre riuscito ad avere immediatamente tutte le notizie sulla
tragedia della vita quotidiana dei prigionieri cristiani e di quelli di
coscienza nei Paesi comunisti, diventandone portavoce al di là delle differenze
confessionali e denominazionali.
In
questo contesto, già nel lontano 1972 veniva prontamente trasmesso dal Pastore
Wurmbrand il comunicato, ricevuto clandestinamente da parenti di prigionieri
cristiani, con cui si portava a conoscenza che il l6 luglio di quell'anno; a
Kerc', cittadina della Crimea, il giovane Vanja
Moiseev, appena ventenne e sotto il servizio militare, era stato
ferocemente torturato e ucciso per la sua fede religiosa di credente
evangelico-battista.
Tale
notizia suscitò dapprima incredulità e dovunque venne gettato discredito sulla Missione
per la Chiesa Perseguitata.
Ma
ci volle pochissimo tempo perché le nostre notizie trovassero, purtroppo, la
tragica conferma.
La storia di Vanja Moiseev
vinse anche il cuore di una ragazzina cattolica di quindici anni che decise di
non darsi pace finché non avesse rintracciato personalmente la famiglia di
Vanja.
Per
facilitare le sue ricerche, volle subordinare al suo scopo anche le scelte
scolastiche, indirizzandosi allo studio delle lingue, in particolare il russo.
E
così, dopo anni di tenace impegno, la dottoressa Pia Maria Vincenti Guzzi ha
finalmente trovato la famiglia Moiseev e, grazie anche alla fattiva
collaborazione del marito dottor Gianfranco Guzzi, ci presenta oggi un profilo
del giovane credente Vanja Moiseev, torturato per il suo amore verso Cristo,
vittima di un atroce martirio che vuole, però, essere anche un grido di
vittoria.
Grazie,
Pia, per questa fatica!
Quasi certamente, anche io
come la signora Pia ho visto la foto che la famiglia ha scattato al proprio
figlio Vanja, trattasi di una foto terribile, sia per la nitidezza dei
particolari che per una facile ricostruzione di come si siano potuti
trascorrere, molto
Sono altresì riconoscente
all’autrice che ha deciso di non pubblicare tale terribile ed inequivocabile documento…
battiture per tutto il corpo, dalle tempie alle gambe, diverse bruciature
profonde da pece bollente su tutto il torace, diverse pugnalate nella zona del
cuore e infine un annegamento in acque basse, perché la vitalità del nostro
martire superò la resistenza dei suoi carnefici. A distanza di tanti anni non
ho potuto dimenticare quella foto. Scarola@interfree.it
http://www.infinito.it/utenti/lorenzo.scarola
Il Signore benedica ogni
lettore attento e sensibile alla voce dello Spirito. Pastore Giuseppe E. Laiso
- Direttore dell'Editrice Uomini Nuovi e della Missione per la Chiesa
Perseguitata, ramo italiano, a Marchirolo (Varese).
La vita e la testimonianza
di Ivan Vasil'evic Moiseev scritte con competenza e passione da Pia Maria
Vincenti Guzzi, non possono non suscitare nel lettore, insieme alla più viva
commozione, la lode a Dio onnipotente per la grazia così abbondante elargita a
questo giovane, che ha amato e testimoniato il suo Signore fino all'effusione
del sangue.
Ma queste pagine sono anche
un grande servizio alla causa dell'ecumenismo: Vanja, infatti, era un cristiano
appartenente non alla Chiesa Cattolica, ma alla Chiesa Evangelico-Battista in
Moldavia.
Ora, la lettura di questa
vita ci insegna a conoscere e a stimare i nostri fratelli cristiani anche non
cattolici. E ci dice nel contempo quanto vere siano quelle parole del Concilio
Vaticano II:
“È
necessario che i cattolici con gioia riconoscano e stimino i valori veramente
cristiani, promananti dal comune patrimonio, che si trovano presso i fratelli
non cattolici. Riconoscere le ricchezze di Cristo e le opere virtuose nella
vita degli altri, i quali rendono testimonianza a Cristo, talora fino
all'effusione del sangue, è cosa giusta e salutare: perché Dio è sempre
stupendo e sorprendente nelle sue opere.” (Unitatis Redintegratio 4, 8)
+
Francesco Coccopalmerio - Vescovo Ausiliare di Milano e Presidente della
Commissione Diocesana per l'Ecumenismo e il Dialogo
“... Sii fedele sino
alla morte e ti darò la corona della vita. (Ap 2:10)
Quando dal libro Samizdat:
cronaca di una vita nuova nell'URSS appresi la tragica storia del soldato
evangelico-battista, di nazionalità moldava, Ivan (Vanja) Vasil'evic Moiseev
torturato e ucciso nel 1972 ' in odio alla fede, era il 1976, avevo quindici anni
e quella beata incoscienza dei giovani figli dell'Occidente 'risparmiato' che
credono, finché l'impatto con il mondo non li convinca del contrario, che in
esso tutto sia e debba sempre essere amore e verità. Lo scontro con quella
realtà di persecuzione e sofferenza così atroce, l'incontro con quella
testimonianza di fede così ardita e pura, fu forte e mi segnò.
Promisi
allora a me stessa che a qualunque costo, ci avessi impiegato l'intera vita,
avrei trovato i famigliari di Vanja(1) Edito a Milano nel 1974 dal
Centro Studi Russia Cristiana di Seriale (Bergamo) e dalla Mimep di Pessano
(Milano); ristampato nel 1975 in collaborazione con la Missione per la Chiesa
Perseguitata di Marchirolo (Varese); successiva ristampa nel 1977 a cura della
Cooperativa editoriale La Casa di Matriona di Milano.
Vanja
tanto aveva patito per la sua morte e che tanto già sentivo di amare, ma il
libro 'galeotto', però, riportava solo le sue fotografie e il testo della
lettera inviata dai genitori e dai fratelli al Consiglio delle Chiese Cristiano
Evangelico-Battiste dell'URSS e al Consiglio dei Parenti dei Prigionieri
Cristiano Evangelico-Battisti dell'URSS; l'indirizzo non era segnalato e, in
assenza di precisi elementi da cui iniziare, non avevo altro all'infuori della
preghiera che potesse unirmi a loro.
Per
essere spiritualmente e moralmente vicina a chi stavo cercando, mi impegnai in
un'attività di volontariato presso vari centri che si battevano in difesa dei
Diritti dell'Uomo violati nei Paesi dell'Est.
Se
ripenso, oggi, a quel periodo di militanza a contatto con situazioni terribili
e che sembravano senza fine, di cui dovevo informare un mondo, il nostro,
libero e per molti aspetti fortunato, capace anche di grandi gesti, ma per lo
più distratto e noncurante; se ripenso alla fatica di quel lavoro che per me, è
stato più di un servizio o di una missione (fatica premiata nel 1986 dalla
scoperta dell'indirizzo, che ha poi permesso una corrispondenza affettuosissima
e rivelatrice, di un fratello minore di Vanja, Roman, condannato nel'1984 a due
anni di reclusione per attività religiosa), capisco che ci sono progetti che
Dio ha su di noi per i quali non è dato il potere di accorciare o, viceversa,
dilatare i tempi: tutto deve avvenire secondo un ordine prestabilito, all'intersecarsi
di precise coordinate spazio-temporali e ogni tappa raggiunta, ogni successo o
insuccesso - perché contano pure quelli - è già segnato in anticipo e ha un suo
significato preciso.
Le
mie visite ai genitori e ad alcuni fratelli di Ivan, ormai sposati e con figli,
la gioia di una lunga, ansiosa attesa scioltasi nel calore degli abbracci e del
reciproche confidenze, la libertà stessa di cui finalmente gode anche la
Moldavia,
…Di
ritorno dal mio quarto viaggio in Moldavia, essendo ormai in, possesso di tutto
il materiale disponibile per questo libro su Vanja, mi accingo a scrivere con
l'intenzione - che è poi un sogno lungo diciassette anni - di realizzare, prima
che una biografia, il racconto documentario di un'esistenza breve ma intensa da
cui, nonostante le crudezze che vi devono comparire perché così nella realtà
purtroppo è stato... E ancora: bandita ogni indulgenza al sensazionalismo e al
pietismo, perché non sono certo questi i fini del mio lavoro, nei quindici
capitoli del libro – quindi come le stazioni della via crucis di cui
l'ultima è la Risurrezione - voglio fare rivivere Vanja attraverso sua
vibrante, appassionata testimonianza che scaturisce dalle lettere alla
famiglia, dal diario e dal suo discorso registrato, sfuggiti alle perquisizioni
del KGB.
Trattandosi
di documenti il cui contenuto attiene per la maggior parte alla sfera del
mistero e del sovrannaturale, ho ritenuto opportuno limitarmi a tradurli senza
aggiungere commento: di fronte a esperienze così particolari come quelle da lui
vissute, è preferibile a qualsiasi parola un silenzio carico di profondo
rispetto e, per chi crede, di senso del divino.
E
scrivo soprattutto perché anche da noi che facciamo parte di questo Occidente frettoloso
e superficiale, facile a commuoversi e a dimenticare, il suo sacrificio venga
conosciuto, non sia scordato e crei coscienza.
Perché
i cristiani, a qualunque confessione appartengano, lo prendano come esempio di
fedeltà e di abnegazione e siano sempre capaci, come lui, di perdonare.
Perché
tutti, credenti e non credenti, ne traggano una lezione di vita e di coerenza.
Perché anche attraverso
questo libro Dio venga glorificato e, come già avvenne dopo la morte di Ivan,
molti cuori si aprano alla luce della fede.
Perché nessuno rimanga
tiepido e indifferente, che è poi la condizione peggiore in cui ci si possa
arenare se è vero, come Fédor Michailovic Dostoevskij ne I demoni fa
dire a Tichon, che: “...l'ateismo assoluto è più rispettabile dell'indifferenza
mondana... L'ateo assoluto sta sul penultimo gradino prima della più perfetta
fede (che lo superi o no), mentre l'indifferente non ha più nessuna fede...” Milano,
aprile 1993 - aprile 1994
Desidero
ringraziare la famiglia moiseev non
solo per avermi fornito il materiale documentario che è servito alla stesura di
questo libro, ma anche per essersi resa disponibile in ogni momento a
rispondere alle mie molte domande su di lui; mi ha dato così la possibilità,
nonostante l"incontro postumo, di conoscerlo bene e di apprezzarlo ancora
di più.
Un
grazie poi a tutti coloro che con saggezza e professionalità mi hanno saputo
consigliare e orientare:
S. E. Mons. francesco coccopalmerio, Vescovo
Ausiliare di Milano e Presidente della Commissione Diocesana per l'Ecumenismo e
il Dialogo; giovanni codevilla, Docente
di Diritto dei Paesi Socialisti presso l'Università degli Studi di Trieste;
Lucio dal santo, Docente di
Letteratura Russa presso l'Università
Cattolica del Sacro Cuore
di Milano; johann jundt, Evangelista
Itinerante di Meckenheim (Germania); giuseppe
E. laiso, Pastore e
Direttore dell'Editrice Uomini Nuovi e della Missione per la Chiesa
Perseguitata, ramo italiano, a Marchirolo (Varese); paolo spanu, Pastore della Chiesa Evangelico-Battista di
Milano.
Un grazie a tanti altri
amici che mi hanno aiutato e incoraggiato: anche la loro generosità mi ha
permesso di proseguire.
Un grazie particolare a
mio marito gianfranco che con
amore e pazienza mi ha accompagnato in questi mesi di lavoro, offrendomi
suggerimenti preziosi e tutto il calore della sua solidarietà.
E’ domenica 16 luglio per
l'ultima volta il fratello Vanja si sedette al volante. Cosa successe dopo,
solo il Signore lo sa. Come si fecero scherno di lui gli anticristi! Rimasero ustioni
sul petto, lividi intomo alla bocca, segni di violenze sulle gambe e sul dorso.
Non ci furono altri giorni per lui sulla terra.
Prima
i carnefici lo massacrarono, poi lo condussero sulla riva del mare e lo
annegarono crudelmente. (versi inviati da anonimo alla famiglia qualche mese
dopo la morte di Vanja)
“Non piangere per Me,
Madre, vedendomi nella tomba…ma là, dove muta stava la Madre, nessuno osò
neppure guardare.”(La crocefissione, da Requiem di Anna
Andreevna, 1889-1966. Traduzione di Michele Colucci)
Il
1° agosto 1972 i famigliari di Vanja Moiseev, residenti a Volontirovka,
distretto di Suvorov, nella repubblica Socialista Sovietica della Moldavia,
inviando una coraggiosissima lettera di denuncia…ma per questo scritto subirono
pesanti ritorsioni e la loro casa fu più volte perquisita dalla polizia che
sequestrò materiale e documentazioni personali riguardanti Ivan.
Inutilmente
si chiese di far luce sulla morte del giovane, al ministro della Difesa dell'Unione
Sovietica Grecko, al segretario generale del Comitato Centrale del PCUS Breznev
e, per conoscenza, al segretario generale dell'ONU Waldheim, al Comitato
Internazionale per la Difesa dei Diritti dell'Uomo presso l'ONU, al presidente
dell'Accademia delle Scienze dell'URSS, al presidente dell'Unione degli
Scrittori dell'URSS, alla redazione dei quotidiani Travda', 'Izvestija' e
'Sovetskaja Rossija', al Consiglio delle Chiese Cristiano Evangelico-Battiste
dell'URSS, al Consiglio dei Parenti dei Prigionieri Cristiano
Evangelico-Battisti dell'URSS
e a tutti i cristiani:
"II 16 luglio 1972 a
Kerc', dopo essere stato orrendamente torturato, è morto per le sue convinzioni
e la sua fede in Dio nostro figlio e fratello Moiseev Ivan Vasil'evic, nato nel
1952, in servizio militare presso il reparto n. 61968 T. Ferito e seviziato, in
presenza del tenente colonnello Malsin è stato annegato ancora vivo nel mar
Nero in un punto profondo un metro e cinquantasei centimetri; la sua statura
era di un metro e ottantacinque. Il certificato di morte individua come causa:
- Asfissia meccanica da annegamento - ; ma il referto autoptico attesta,
invece, che: ' Il decesso è avvenuto in seguito a violenze '. Giunti a Kerc',
abbiamo deciso di seppellirlo nel villaggio natale; ci è stato mostrato solo il
suo volto nella bara e poi subito la cassa di zinco è stata saldata...fu
intimato alla famiglia di non dissaldarla!
Per
trasportare il feretro e presenziare al funerale, sono stati inviati dal
reparto il capitano Platonov, un maresciallo maggiore e un soldato semplice che
sono arrivati a Volontirovka il 20 luglio. Consegnataci la cassa, abbiamo
deciso di esaminare il corpo e di fotografarlo e abbiamo perciò iniziato a
dissaldarne il cofano. Alla vista di ciò che facevamo, il capitano Platonov e
il maresciallo maggiore, agitatissimi, si sono defilati…
Ora inizia la turpe messa
in scena delle autorità sovietiche che getteranno calunnie sui parenti e sulla
comunità battista evangelica, mentre riempiranno di minacce e
-Del 9 giugno 1973: “ Nostro figlio è andato ad
aggiungersi al numero di coloro che sono stati immolati per la Parola di Dio.
Nonostante il dolore, ci rallegriamo per il suo atto eroico; più di tutto in
vita egli ha amato Gesù e lo ha dimostrato. Nelle lettere scritte prima della
morte spesso ci ammoniva: ' Se al mondo amate qualcosa o qualcuno più di Gesù,
non potrete seguirlo. '
Tenendo
fisso lo sguardo sul Buon Maestro, ha creduto e sofferto con fermezza.
Possa
questo fiore vivo che ha effuso sulla croce il profumo della sua giovinezza
servire da esempio per tutta la gioventù cristiana. Sappia essa amare Cristo
come nostro figlio Vanja Lo ha amato... Vi preghiamo di comunicare attraverso
il 'Bollettino' che siamo stati sottoposti a una grande prova(…), ma Dio, che è
fedele, ci aiuterà a superarla." La Comunità Evangelico-Battista alla
quale apparteneva Vanja era una di quelle non registrate.
La registrazione delle
Chiese imponeva una dipendenza assoluta al regime comunista, nonchè la piena
collaborazione dei pastori autorizzati che erano trasformati in spie del
servizio segreto, da qui la necessità di istituire una chiesa clandestina. I
pastori collaborazionisti credevano così di salvare la chiesa, mentre i
comunisti erano così convinti di poterla sradicare completamente, ovviamente
avevano ragione i comunisti.
Art. 17: 'Alle
associazioni religiose è fatto divieto:
a. di creare casse di
mutuo soccorso, cooperative, associazioni di produzione e in genere di
utilizzare i beni di cui dispongono per qualsiasi altro scopo che non sia
quello del soddisfacimento delle necessità religiose;
b. di prestare assistenza
materiale ai propri membri;
e. di organizzare sia
riunioni di preghiera o altre destinate in modo speciale ai fanciulli, ai
giovani e alle donne, sia comuni riunioni bibliche, letterarie, per lavori a
mano, di lavoro, per l'insegnamento della religione e simili, gruppi, circoli,
sezioni, come pure di organizzare escursioni e giochi per bambini, aprire
biblioteche e sale di lettura, organizzare sanatori e assistenza medica.
Negli edifici e nei locali
di preghiera possono essere custoditi soltanto i libri necessari per la
celebrazione del rispettivo culto.'
Art. 19: 'L'ambito di
attività dei ministri del culto, dei predicatori religiosi, degli insegnanti,
eccetera, è limitato al domicilio dei membri dell'associazione religiosa da
essi servita e al luogo in cui è ubicato il rispettivo edificio di preghiera.
L'attività
dei ministri del culto, dei predicatori religiosi che servono regolarmente due
o più associazioni religiose è limitata al territorio in cui abitualmente
vivono i credenti che fanno parte di queste associazioni religiose.'
La dottoressa
Pia Maria Vincenti Guzzi, porta avanti un lavoro rigorosissimo fatto di
documenti e legislazione sovietica e di testimonianze e fonti tali da mettere
il lettore nella libertà di poter trarre le sue deduzioni e di vedersi proiettato
nella realtà storica e sociale degli avvenimenti.
Non
posso violare i legittimi diritti d’autore e non parlerò dei miracoli, dei
fenomeni soprannaturali che hanno interessato i due anni di servizio militare
di Vanja, del come anche col corpo sia stato portato da un angelo in un pianeta
di una lontana galassia e di come abbia visto da lontano la Gerusalemme del
Cielo.
Di
come ha profetizzato il momento della sua morte, ne di tutte le terribili
torture che ha raccontato e scritto dopo averle subite durante il servizio
militare, di come rimanevano svergognati i suoi superiori che cercavano di
metterlo in ridicolo sul piano filosofico, ecc.
Tribolazioni
a cui è andato incontro lucidamente sia come obiettore di coscienza che come
evangelizzatore indomabile fino alla morte.
So
soltanto che di questo grande testimone della Risurrezione sentiremo ancora
parlare, perché molto su di lui potrebbe ancora essere rivelato.
Vanja
nostro fratello è rappresentante di 45.000.000 di martirizzati del XX sec.,
massimamente caduti ad opera del comunismo e dell’islam. Evviva il comunismo!