LETTERE AL DIRETTORE
La Rai e i cristiani all’Est
Avvenire,
27-04- 02
Caro Direttore,
ho
il cuore e la mente oppressi da dolore e sdegno per quanto ho visto nelle due
inchieste dal titolo "Cristo nel freddo dell’Est" trasmessi da
Raiuno.
Per
il mio lavoro ho compiuto decine di missioni dal 1960 al 1976 nei Paesi
comunisti; in particolare mi sono recato un centinaio di volte a Berlino, Est
ed Ovest, subendo sempre gli umilianti controlli al passaggio "Muro".
Permanenze lunghe, talora estese oltre
misura a causa delle difficoltà ambientali proprie di quelle società: problemi
logistici, estenuanti trattative, pesantezza punitiva delle procedure
burocratiche, reticenza, ambiguità, arroganza degli interlocutori, condizioni
tutte che stabilivano una atmosfera generale di insicurezza e di disagio per i
visitatori.
Ho comunque potuto conoscere in profondità
situazioni di grave sofferenza e persecuzione di validi dirigenti (alcuni
spinti poi addirittura al suicidio) e di persone comuni non allineate, di
operai ed operaie costretti a lavorare in condizioni impensabili per i nostri
sindacalisti, di suore e preti mascherati dall’abito civile ma tenuti
costantemente sotto "occhiuto controllo".
Ho
raccolto molte grida di dolore e invocazioni dl aiuto, ben conscio dei rischi
ai quali mi potevo esporre, ma anche frustrato dall’impossibilità dl rispondere
perché nel nostro "benestante" Paese non si credeva alla dura realtà
di quei regimi di tirannia assoluta.
Ma quanto mi è stato svelato di tremende
punizioni per vescovi e preti, suore e laici da queste due inchieste è andato
ben al di là di quanto avrei potuto immaginare, assai oltre quanto già visto e
mostrato dalla caduta del Muro.
Stalin era già morto ai tempi dei miei
viaggi, ma nei cortei ai quali ho assistito, troneggiavano gigantografie di
Marx, Engels, Lenin.
Ora sento proclamare qui, da noi, con toni
di rabbiosa rivincita, che il "comunismo si deve rifondare", quasi
che, ripudiato Stalin venga lavato come d’incanto, senza una obbligatoria e
sincera dichiarazione di pentimento, tutto il sangue, cancellate tutte le
infami persecuzioni, dimenticate le sofferenze fisiche morali, la miseria del
popolo di quei Paesi.
Quanti tra coloro che ne promuovono la
rifondazione lo hanno conosciuto nella sua crudele applicazione?
Chiedo quindi che la Rai senta l’obbligo,
per una corretta informazione, di riproporre alla intera società civile
italiana quelle inchieste trasmesse a tarda ora.
Dopo ciò che ho visto sono portato a
riconoscere che quella che fu chiamata la "Chiesa deI silenzio" venga
meglio battezzata la Chiesa dei Santi e dei martiri.
Di
fronte a tanto dolore, innegabile e documentato (nomi e date come mi insegnava
il professore di storia), coloro che si ritengono "onorati di essere
comunisti" dovrebbero smorzare i toni del loro orgoglio.
Almeno
qualcuno per tutti senta il dovere di battersi il petto.
Non
abbia paura, perché molte vittime innocenti hanno già perdonato, E poi, Stalin
non è già morto?
Pino Cattaneo - Gorla Minore (Va)
Il
desiderio di (altrui) gogna ci è estraneo, come non ci piace infierire nei
confronti di alcuno.
L’aspirazione
alla verità storica non risponde a spirito di vendetta, ma al desiderio che
così si possa sradicare culturalmente dal nostro mondo ogni residua - e
oggettivamente pericolosa -fiducia che il comunismo rappresenti uno prospettiva
ancora portatrice dl potenzialità urnanizzani.
L’"ideale
politico" nel cui nome si è consumata nei Paesi dell’Est una tragedia
dalle dimensioni sconvolgenti - uccidendo, imprigionando, torturando milioni di
persone, devastando un patrimonio secolare di cultura e spiritualità - non può
significare per alcuno un traguardo ancor’oggi valido.
È
questa un’ingenuità infantile o interessata. che si sottrae dal guardare In
faccia alla realtà: non c’è un solo caso In cui l’applicazione dell’ideologia
totalitaria comunista non abbia prodotto tragedie, ritorcendosi proprio contro
coloro che pretendeva di liberare, i più poveri e deboli - dall’Unione
Sovietica alla Cambogia, dalla Cina a Cuba, dall’Africa alla Corea del Nord.
Ma
la realtà e le dimensioni di tale tragedia sono sottoposte nel nostro Paese ad,
una reticenza da Minculpop: chi osa infrangere il veto a discuterne viene
ancora etichettato come "democraticamente inaffidabile" - per lui non
c’è spazio neppure nei talk show che raschiano il fondo del barile di ogni
argomento.
Finché
resisterà questo muro di gomma, che ancora pretende una patente di nobiltà
originaria per un’ideologia che ha partorito mostri e ha soffocato nell’oppressione
una grande porzione di umanità bisognerà continuare a rivendicare la verità,
anche irridendo la grottesca "rinuncia" a Stalin compiuta- da
Bertinotti qualche settimana addietro, ma soprattutto non permettendo che una
tragedia di dimensioni forse maggiori di quella del nazismo affondi nel sonno
della memoria (titolo di, un bel libro proprio su questo argomento di Barbara
Spinelli).
Un
virus è ancora endemìcamente presente nella nostra società se c’è qualcuno che
si sente autorizzato - l’altro ieri a Cagliari - a fischiare il tiglio di
Perlasca perché il padre era sì un eroe buono, ma "fascista".
Bene
farebbe, quindi la Rai a raccogliere la sua sollecitazione; proporre in orario
meno impervio "Cristo nel freddo dell’Est" non sarebbe gesto di piaggeria
verso chicchessia, bensì la documentazione che il cristianesimo non è vernice
scrostata sulla superficie del nostro Continente, ma la sua radice profonda,
che ha saputo resistere anche al grande gelo del comunismo e che, forse - un
dubbio positivo che dovrebbe coinvolgere’ anche tanti laici - può avere una
speranza da offrire anche oggi all’Europa. Un’Europa libera eppure smarrita sul
senso della propria storia ed il proprio destino.
http://digilander.libero.it/rassegnastampa1/marz-apri_2002/03.htm