TAUFIK IBRAHIM
LO SPIRITO UMANISTA NELL'ISLAM
Istituto dell'America Latina - Mosca 24/11/93
All'interno
della cultura musulmana si svilupparono differenti tipi di umanesimo:
individualista, universalista, laico e religioso.
La
forma religiosa dell'umanesimo si rivelò in modi più chiari nel sufismo - vale
a dire il misticismo musulmano - , e le sue radici risiedono nel Corano, che è
la Parola di Dio e negli Hadith, che sono i detti del Profeta Maometto.
Più
avanti ci soffermeremo su alcune idee umaniste prese da queste fonti della
rivelazione divina.
Nella
versione musulmana dell'universo, l'essere umano non è soltanto una delle più
perfette creature; egli rappresenta lo specchio nel quale osservare Dio stesso.
"Io",
dice il Creatore, "sono stato il tesoro nascosto e voglio essere
riconosciuto: per questo ho creato il mondo".
Ma, all'inizio, prima di creare l'essere
umano, il mondo sembrava uno specchio non levigato.
Ogni
cosa in esso rifletteva uno degli infiniti "nomi" del Dio, uno degli
aspetti dell'Assoluto.
Prese
tutte insieme nella forma dell'Universo, le creature consistevano in qualcosa
di intero, che corrispondeva alla coscienza dell'Assoluto, di se stesso.
Ma,
senza l'essere umano, l'universo non può rappresentare qualcosa di intero, di
vero: solamente l'uomo è colui che sintetizza tutte le forme dell'essere,
solamente egli plasma in sé l'integrità del mondo e, ciò che è più importante,
solamente egli è capace di prendere coscienza di questa integrità.
L'uomo,
l'Adamo si è fatto vero, "uno specchio levigato", nel riflesso
divino.
Nell'uomo,
attraverso l'uomo, il Dio Assoluto arriva a prenderò coscienza di se stesso.
L'uomo occupa il luogo centrale nell'universo perché egli è la causa
dell'apparizione del mondo: "Se non fosse per te, io non creerei il
cielo".
E
ancora, concordemente con una delle leggende del profeta, l'uomo serve come
paradigma che genera il modello del futuro universo.
In
tal modo, l'uomo non è la copia sminuita dell'universo, il suo microcosmo, ma è
il mondo stesso a rivelarsi come il riflesso dell'uomo, come macroantropo.
Nel
racconto coranico della Creazione dell'Uomo, di Adamo, si dice che "Dio ha
dato al primo uomo la figura che è stata composta nella maniera migliore".
In uno degli Hadith si precisa: "Dio creò Adamo a propria immagine e
somiglianza".
L'essere
umano prese una delle dimensioni divine quando il Creatore, secondo il Corano,
"gli diede una parte del suo spirito".
L'uomo,
che è fatto a immagine di Dio e che partecipa dello spirito di Dio, fu inviato
da Dio per fare da Ministro o Califfo sulla Terra e così Egli lo pose al di
sopra delle altre creature che la popolano.
Gli
angeli adorarono l'uomo. Adamo, secondo una delle versioni, meritò questo tipo
di onore per aver mostrato la superiorità della propria conoscenza rispetto a
quella degli angeli. Essi non poterono dar nome alle cose, e Adamo mise i nomi
alle cose. Dopo di che, si dice in uno degli Hadith, Dio si diresse agli angeli
e disse: "Ora è chiaro che Adamo è colui che sa e voi siete coloro che
pregano, e uno che sa è molto migliore di migliaia che pregano.
Dovunque
vi sia qualcuno che prega, questi deve riconoscere la supremazia di colui che
sa".
In
tal modo, l'antropocentrismo musulmano si complementa con una delle idee
umaniste che, a prima vista, sembra un po' paradossale: il riconoscimento della
ragione umana come valore supremo, un accento speciale sulla supremazia del
sapere rispetto alla pietà.
Il
primato dell'intelletto, della sapienza, si rifletté nei seguenti discorsi del
Profeta: "La riflessione di un'ora è meglio del servizio di settanta
anni"; "Di sicuro l'inchiostro dei saggi è più prezioso del sangue
dei martiri".
Nell'Islam
il prestigio della conoscenza è molto più grande che in altre civilizzazioni.
E'
con questa deduzione che termina il libro "Il trionfo della saggezza"
("Knowledge triumphant"), del famoso conoscitore dell'Oriente, il
nordamericano F.Rosenthal. E' necessario dire che nel racconto coranico della
creazione dei primi esseri umani è assente un dettaglio come la creazione di
Eva dalla costola di Adamo.
Nell'Islam,
perciò, nessuno poneva domande riguardo al fatto se la donna è un essere umano
e se possiede un'anima, questioni che i cristiani discutevano nei loro
concilii.
L'antropologia
coranica non era terreno fertile per un tipo di conclusioni sulla forma metafisica
secondaria della donna come le seguenti: se Adamo fu creato prima di Eva la
donna dovrebbe stare sempre zitta, non può insegnare, come vien detto da San
Paolo, non può essere testimone, non può giudicare, come disse Sant'Agostino.
Secondo
uno degli Hadith, Eva fu creata insieme ad Adamo ed era sua sorella gemella.
Nella
tradizione musulmana ci sono al riguardo altre leggende che riproducono la
versione biblica della creazione di Eva dalla costola di Adamo.
Ma
in bocca al Profeta questa leggenda assume un altro senso, che non è diretto
contro la donna, ma in sua difesa: "Ella è creata dalla costola incurvata
e, per questo, volendo tenerla più dritta, potrebbe succedere che la si
rompa".
Non
vi sono ragioni per l'antifemminismo nella storia coranica del peccato dei
primi esseri umani.
Non
c'è alcuna traccia del ruolo di Eva come la prima a violare la proibizione
divina di mangiare il frutto dell'albero, né del fatto che ella per prima abbia
ceduto alle tentazioni di Satana.
Ancora
più sostanziale é, dal punto di vista della prospettiva umanista, il modo in
cui la tradizione islamica sminuisce il significato del peccato originale e lo
riduce solamente ad un piccolo errore.
Adamo,
secondo il Corano, semplicemente dimenticò il Testamento Divino e poi si pentì.
Dio
accettò la sua penitenza, "E lo avvicinò a sé e lo indirizzò verso la
retta via". La fuga di Adamo ed Eva dal Paradiso può esser vista non come
un castigo, ma come una possibilità data all'uomo di guadagnare col suo lavoro
sulla terra il paradiso della vita futura.
Come
si vede, all'Islam è completamente estranea l'idea del peccato originale come
il grande crimine che cambiò sostanzialmente l'integrità degli uomini e che, in
particolare, li privò della somiglianza con Dio, così come gli è estranea
l'idea della responsabilità che tutte le generazioni future devono sopportare.
Secondo
gli studi islamici, l'essere umano è per sua natura innocente: non solo nasce
puro, senza peccato, ma anche credente, e si trasforma in qualcosa di
differente solo sotto l'influenza dell'educazione e dell'ambiente.
Il
Corano non contiene informazioni sui castighi conosciuti, ai quali, secondo il
racconto biblico, furono sottoposti i primi uomini e, successivamente, i loro
discendenti come conseguenza del peccato originale. In particolare, secondo
l'Islam, "guadagnarsi il pane col sudore" per mantenere la propria
famiglia, non è il castigo per il peccato originale, ma é, al contrario, una
delle azioni più devote.
Ciò
viene espresso nei detti del Profeta: "Ci sono altri peccati, per redimere
i quali si può solamente guadagnare il pane di ogni giorno" o, secondo un'altra
versione: "grazie al lavoro, mantenere la famiglia". Anche
"partorirai i tuoi figli nel dolore", non è un castigo per Eva e, con
essa, per qualsiasi donna in generale, ma al contrario, si tratta, secondo
l'Islam, di uno degli atti più grandi di autosacrificio.
Secondo
il Profeta, il Creatore stabilì che ogni qual volta una donna soffre durante il
parto, si tiene conto delle sue sofferenze e verrà poi premiata come una
martire divina. Se il parto è andato a buon fine, le vengono perdonati tutti i
suoi peccati precedenti, anche se sono stati molti, anche se sono tanti quanti
la schiuma del mare.
Inoltre,
se una donna muore durante il parto, viene considerata una martire e starà in
Paradiso fino all'ultimo giorno, quello della resurrezione, quando potrà
riunirsi a suo marito, superando, per di più, per settanta volte le donne del
Paradiso, le vergini.
La
glorificazione della donna madre trovò la sua più chiara incarnazione in queste
altre parole del Profeta: "Il Paradiso si trova sotto i piedi delle madri".
L'orientamento
umanista della fede musulmana si rivela con particolare chiarezza
nell'attenzione continua per gli interessi terreni e per le necessità
dell'uomo: "Il migliore di voi", dice il Profeta, "non è quello
che rifiuta il terreno per il divino o viceversa, ma colui che prende da tutti
e due".
E'
nello spirito della vocazione coranica "non proibire i beni permessi da
Dio". Il Profeta metteva in guardia tutti affinché non fossero estremisti
nel compimento degli obblighi religiosi.
Egli
rifiutava la devozione esagerata che si riscontra, tra l'altro, nel rinunciare
ai beni terreni ed ai piaceri.
E'
molto conosciuta la sua reazione estremamente negativa davanti alla decisione
di uno dei musulmani che aveva fatto voto di celibato: "Tu hai preso la decisione
di essere un seguace di Satana o vuoi essere un monaco cristiano, quindi se
vuoi farlo, fallo apertamente.
Se
sei uno dei nostri allora devi seguire i nostri costumi, che comprendono la
vita nel matrimonio". In modi più laconici, la posizione antiascetica del
Profeta si rivela in una formula molto diffusa: "Non ci sono monaci
nell'Islam".
Affermando l'erotismo amante della vita,
l'Islam respinge il timore davanti alla carne e il rifiuto della vita sessuale
come peccato, come macchinazione del Diavolo.
"Quando
i coniugi si accarezzano", dice il Profeta, "Dio li guarda con uno
sguardo pieno di bontà".
Il
tratto umanista dell'etica sessuale dell'Islam consiste nel sottolineare la
parte della donna nelle relazioni intime come soggetto in condizioni di
eguaglianza.
E'
obbligo del marito essere attento alla soddisfazione dei desideri sessuali
della moglie.
In
una delle lezioni del Profeta si dice: "Non gettatevi sulle vostre donne
come fanno gli animali, costruite un ponte fatto di dolci parole e di baci".
L'Islam
non diffondeva tra i suoi credenti una visione apocalittica, basata sul timore
costante di prossime catastrofi.
Se
pure viene sottolineato il carattere ineludibile della fine del mondo, viene
anche detto che "Bisogna sforzarsi in questa vita come se essa fosse
eterna".
Uno
degli aspetti dell'umanesimo musulmano è relazionato con un modo speciale di
amare l'essere umano, la bontà divina.
"Nel
nome di Dio, benevolo e misericordioso", con questa formula si apre il
Corano ed ognuno dei suoi cento quattordici capitoli.
Il
Dio coranico si propose di essere misericordioso.
Terminata
la creazione delle creature, dice uno degli Hadith, il Creatore scrisse queste
parole e le mise sul suo trono: "La mia misericordia è più grande della
mia ira". In un altro Hadith si dice che Dio, dopo aver creato la
misericordia, la divise in cento parti uguali.
Una
di queste parti la distribuì fra tutte le creature ed è per ciò che ogni tipo
di amore, affetto, pietà e compassione sono parte di questo mondo.
Le
altre novantanove parti Dio le tenne per sé e le distribuirà fra la gente il
Giorno del Giudizio Finale. Dio può perdonare tutti i peccati senza eccezione,
si dice nel Corano.
Solamente
chi ignora la dottrina non crede nella Misericordia Divina: "Giuro su di
Lui, che ha in mano la mia anima", disse una volta il Profeta, "che,
se voi non commetteste peccati, il Supremo creerebbe altri affinché pecchino,
si pentano e ricevano il suo perdono".
La
rivelazione più chiara dell'amore di Dio per la gente e della sua indulgenza
consiste nell'ordine da Lui stabilito, in base al quale tenere il conto delle
azioni. Se l'uomo ha l'intenzione di commettere un atto buono, esso viene
contato come un atto buono. Se l'uomo porta a termine questo atto buono, esso
vale da dieci a settecento atti buoni.
Se
l'uomo ha intenzione di commettere un'azione cattiva, non se ne tiene conto.
Dopo
che l'azione cattiva è stata commessa, essa viene conteggiata solamente come
una azione".
Inoltre,
un peccatore pentito può sempre contare sul perdono divino, come disse il
Profeta: "Dio si rallegra di più per la penitenza del suo schiavo che tu
del ritrovamento insperato di una cosa persa"; "A chi si avvicina a
Dio di un passo, Dio gli si avvicinerà di cento passi; mentre uno si dirigerà
al suo incontro camminando, Dio lo farà correndo".
Non
è mai tardi perché un peccatore si diriga a Dio per chiedere il Suo perdono.
Inviando
Adamo sulla terra Dio gli promise: "Non chiuderò mai le porte della mia
Misericordia davanti alla penitenza dei tuoi discendenti, anche quando si
pentissero solo nell'estremo istante".
Tuttavia
il peccatore che non ha trovato il tempo di pentirsi durante la sua vita non
deve perdere le speranze di salvazione, poiché coloro che, nel giorno del
giudizio finale, saranno condannati alle sofferenze dell'inferno possono
contare sull'aiuto degli angeli, dei profeti, dei saggi, dei martiri, compresi
gli abitanti "semplici" del Paradiso.
Va
fatta una speciale menzione per il diritto dato ai bambini di difendere i
propri genitori. Il bambino innocente, il quale ha la salvezza garantita,
desisterà dall'andare da solo in Paradiso.
Perciò, aggrappandosi alle vesti dei
genitori, condannati per i loro peccati, li porta con sé in Paradiso, con il
permesso di Dio.
Anche
quelli che vanno all'inferno, dopo aver scontato le proprie colpe di peccatori,
vengono fatti uscire da lì.
Questo
felice finale spetta per primi ai musulmani - nel senso stretto della parola, i
seguaci di Muhamad - e in un senso più ampio, ai monoteisti in generale.
Poi,
a tutti coloro che hanno una briciola di fede nel cuore; e, infine, secondo
l'opinione di quasi tutti gli interpreti del Corano, a tutti i peccatori che
abitano nell'inferno.
Nessuno
deve disperarsi. Tutti possono sperare nel perdono, inclusi gli ultimi
peccatori e il nemico acerrimo di Dio, Satana.
Non
è forse detto nelle Scritture: "La mia pietà è universale"
http://www.dialogo.org/docs/islam1.htm