http://www.lavoce.it/articoli/20011102021.asp
La strage di
cristiani in Pakistan
Uno scontro dentro l’Islam
"Allah Akbar" per alcuni
significa Dio è grande, ma per altri, i "guerrieri di Dio, come suona il
titolo di un libro di Elena Doni (Rizzoli), significa semplicemente
“all’attaco!”, un grido di guerra.
Così come il jihad, che per alcuni indica
la "via nel cammino di Dio", lo sforzo per essere dei veri credenti e
osservanti, per altri significa prevalentemente lotta contro i nemici
dell’Islam.
Quanti siano gli uni e quanti gli altri, nel multiforme universo
musulmano, nessuno può dirlo. Non esiste un’autorità universale capace di dare
direttive univoche.
Questo produce disorientamento, pericolo di
generalizzazioni in un senso o in un altro e sospetti invincibili.
Il tragico 11 settembre ha scatenato sedimentati risentimenti e
materializzato in atti violenti il disprezzo e i pregiudizi anticristiani da
una parte e antislamici dall’altra.
L’identificazione di cristianesimo con
mondo occidentale, la confusione tra guerra anti-terrorismo americana e
crociata perdurano e sono riportati in vita in questo triste periodo di storia.
In Pakistan, nella città di Bahawalpur, una
piccola chiesa cattolica condivisa da una comunità evangelica, viene attaccata
da un gruppo denominato Jamat Ulema Islam, composto da islamismi integralisti
fanatici e rimangono a terra venti persone, bambini e donne, vittime innocenti.
Innocenti sì, ma non inconsapevoli, sapendo
che da tempo si sentivano chiusi in un ghetto controllato e minacciato.
Molti musulmani pakistani si sono schierati
dalla parte dei cristiani ed hanno condannato l’atto terroristico e il governo
si è impegnato a punire i colpevoli.
Prima ancora di essere contro i cristiani questi gruppi estremisti
sono contro una parte della loro stessa società.
Il mondo che si riferisce alla religione
musulmana sta attraversando un periodo decisivo di trasformazione nel confronto
con la modernità che assume sempre di più un'ampiezza globale e si trova ad un
bivio.
Modernizzare l’Islam o islamizzare il mondo
moderno. E’ uno scontro di civiltà, che ha luogo all’interno dell’Harb - al
Islam (la terra dell’Islam) stessa.
In questo contesto sono da porre gli scatti
d’ira e le violenze di chi ha paura di perdere la propria identità.
I cristiani non possono dimenticare di essere
stati tali anche in tempo di persecuzione e in situazioni di sofferenza e il
mondo occidentale non può esimersi dal dare il meglio di sé offrendo esempi di
dignitosa umanità e una cultura di pace, in cui il grido "Dio è
grande" abbia un significato solo religioso e pacifico simile a
quell’annuncio evangelico "gloria a Dio e pace agli uomini".
Piangiamo i nostri martiri cristiani e
piangiamo anche il baratro morale, spirituale e culturale in cui si trovano i
terroristi che uccidono senza capire che le loro vittime in realtà erano i loro
migliori amici, capaci di amare anche i nemici e di mettersi al servizio anche
dei malfattori, avendo ricevuto il comando di non rispondere al male con il
male e ad essere sempre pronti a dare ragione della speranza che è in loro.
La cristianità mondiale a sua volta ha il
dovere di aiutare e proteggere le minoranze cristiane che vivono nel pericolo e
nella precarietà, in situazioni dove mancano garanzie giuridiche di esistenza e
privati della libertà di testimoniare pubblicamente la loro fede.
Così
come nei paesi occidentali devono esserci (e in gran parte ci sono) garanzie
giuridiche di vita per le minoranze etniche e religiose, sempre nel rispetto
dei diritti fondamentali degli uomini.
Elio
Bromuri AGGIORNAMENTO 7/3/2002