Aleardo Aleardi

 

Poeta italiano, Verona 1812 - 1878; di antica famiglia, collaborò , a Padova, al periodico "Il Caffè Pedrocchi". Deputato e senatore dopo l'unità d'Italia, ottenne una cattedra di estetica a Firenze. Esordì, come poeta, con Arnalda di Roca, 1844, un poema di argomento storico, pervaso da suggestioni ossianesche e byroniane, e si affermò con le Lettere a Maria, 1846, dove affiora quello stato d'animo languido e vaporoso che lo avvicina, nel quadro del "secondo romanticismo", all'ispirazione di G. Prati. C'è tuttavia, in Aleardi, un più vivo senso della forma, come appare dal capolavoro, Monte Circello, 1856, ove la visione del funesto paesaggio delle paludi pontine detta al poeta versi autenticamente commossi, mentre la rievocazione di remote ere preistoriche gli consente di adottare un linguaggio raffinato, quasi parnassiano (dal parnassianismo, scuola letteraria francese di fine Ottocento, che prese il nome dalla rivista "Parnasse Contemporain"; contro il Romanticismo, affermò le esigenze del culto della tradizione poetica e dell'ideale della bellezza formale); si dispiegano inoltre, nella raffigurazione del duro lavoro dei mietitori d'Abruzzo, le qualità pittoriche dell'arte di Aleardi, e si rivela, nella rievocazione della patetica vicenda di Corradino di Svevia, un appassionato sentimento della storia, che pervade anche una celebre canzone. Le città marinare e commercianti, 1856. L'atteggiamento populistico di Aleardi subisce un drastico ridimensionamento con l'opera Il comunismo, 1859, dove il diritto di proprietà viene tenacemente difeso nei confronti delle rivendicazioni del proletariato. L'espressione più genuina della poesia di Aleardi, raccolta nei Canti, 1864, è da ravvisare, al di là dell'ispirazione "civile", in una mal dissimulata sensualità, non senza indulgenze verso motivi macabri, che ha indotto la critica più recente a riconoscere nella lirica aleardiana anticipazioni di una sensibilità decadente, anche se soffocata dalle convenzioni del linguaggio classicheggiante.